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 I personaggi di "Deserto rosso"... di Carla
 

“Non avevo mai ucciso qualcuno prima d’oggi.”
Affinità d’intenti

 

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 08/01/2017 @ 17:26:00, in Interviste, linkato 2154 volte)

Qualche tempo fa sono stata intervistata sul Gialloecucina (ma l’intervista è stata pubblicata solo di recente), un blog in cui si parla di libri, soprattutto di gialli, thriller e generi affini, cui si aggiungono i libri di cucina. L’intervista è stata condotta da Miriam Salladini e, nonostante i temi del blog, abbiamo finito per parlare perlopiù dei miei libri di fantascienza, anche per via della recente uscita di “Ophir. Codice vivente”, ma in fondo, come amo spesso puntualizzare, i miei libri sono tutti in un modo o nell’altro dei thriller, sebbene talvolta si svolgano in contesti fantascientifici.
 
Nonostante le tante interviste che mi sono state fatte, ogni volta salta fuori qualche argomento di cui non avevo mai parlato in passato, se non consideriamo ovviamente ciò che riguarda i nuovi libri. Questa volta, in particolare, mi sono trovata a ripercorrere i miei ricordi e le mie aspirazioni da bambina, perlomeno quelle di cui è rimasta traccia nella mia memoria. Mi è stato chiesto, infatti, che sogni avessi da piccola e se l’idea di diventare una scrittrice ne avesse mai fatto parte.
Ma la domanda più divertente di tutta l’intervista è stata l’ultima, in cui ho dovuto spiegare la mia ricetta preferita. L’unico problema è che io non amo cucinare e cucino pochissimo! Ho comunque provato a rispondere.
 
Per il resto abbiamo parlato di “Deserto rosso” e il ciclo dell’Aurora, di self-publishing, dell’esistenza o meno del blocco dello scrittore, delle mie letture preferite e, ovviamente, della trilogia del detective Eric Shaw.
 
Se siete curiosi, potete leggere l’intervista a questo link e magari lasciare un vostro commento (facendo clic sulla nuvoletta con il segno +).
 
Ringrazio ancora Miriam Salladini e Luca Mariani!
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Di Carla (del 04/01/2017 @ 09:30:00, in Eventi, linkato 4169 volte)

Anche se con un certo ritardo, volevo condividere con voi alcune osservazioni sul convegno “Il mercato del self-publishing in Italia”, di cui sono stata relatrice, tenutosi il 10 dicembre a Roma, nell’ambito di Più Libri Più Libri, la fiera italiana della piccola e media editoria.
 
Non sto a ripetervi di cosa si è parlato, poiché è stato riportato e commentato in numerosi altri articoli. In particolare vi segnalo l’interessante resoconto di alcuni self-publisher presenti tra il pubblico: Giovanni Venturi, Francesco Zampa, Cetta De Luca e Nunzia Assunta D’Aquale. Ognuno di loro ha messo in evidenza aspetti diversi dell’evento e proposto delle considerazioni personali che meritano di essere lette.
Un altro resoconto molto accurato del convegno si trova su Cronache Letterarie, in cui è anche riportata una trascrizione quasi completa del mio intervento. Se poi volete proprio ascoltarlo direttamente, qui trovate un video del mio intervento ripreso e pubblicato da Extravergine D’Autore, che colgo l’occasione per ringraziare.
 
Quindi non vi ripeterò neppure cosa ho detto o in generale la mia opinione sull’argomento, piuttosto vorrei proporre alcune considerazioni, a partire dall’indagine sul self-publishing in Italia (i cui risultati sono riassunti in questo comunicato stampa), che ha occupato circa metà del tempo del convegno, riducendo al minimo l’intervento dei relatori (oltre a me, c’erano Lorenzo Fabbri di Ilmiolibro.it, Giovanni Peresson della AIE, Vittorio Anastasia della Ediciclo Editore e Cristina Mussinelli della AIE, che ha fatto da moderatrice) e impedendo del tutto che il pubblico potesse rivolgerci delle domande.
Premetto che dalla posizione in cui ero seduta non riuscivo a leggere bene le slide e quindi le ho controllate di tanto in tanto, mentre per il resto ho ascoltato l’esposizione di Giovanni Peresson. Comunque già le prime mi hanno suscitato delle perplessità, poiché l’indagine si basa unicamente sui libri, in particolare sugli ebook (che sono il formato principale nell’ambito del self-publishing), con ISBN italiano. Inoltre dal discorso relativo al fatturato complessivo del self-publishing digitale è escluso completamente ciò che passa attraverso Kindle Direct Publishing di Amazon (cui compete almeno l’80% del mercato), poiché l’azienda non rivela questo tipo di informazioni.
 
Sul fatturato non faccio commenti, poiché i dati, anche solo per l’assenza di Amazon, non sono un granché significativi.
Ma anche su tutto il resto mi viene difficile fare un’analisi, senza avere l’impressione che abbia un’utilità abbastanza limitata. Infatti, secondo quanto riportato dall’indagine gli ebook in Italia nel 2015 erano circa 25 mila. Si parla però di ebook con ISBN italiano.
Questo dato è lontanissimo dall’indicare il numero reale di ebook in lingua italiana disponibili sul mercato. Per farsi un’idea molto più precisa basta infatti andare su Amazon (in cui si può dire che siano in vendita tutti o quasi gli ebook esistenti in italiano), nella pagina del Kindle Store dedicata agli ebook in lingua italiana e scoprire quanto riportato nell’immagine (è uno screenshot fatto alle 1.12 del 4 gennaio 2017).
Sono elencati qualcosa come 168.578 ebook (vedi foto accanto). Ho controllato questo dato circa due settimane fa e ce n’erano più di mille in meno (e cinque ore fa 28 in meno), quindi tendo a pensare che, se state leggendo questo articolo in una data futura, troverete un numero ancora più alto. In ogni caso è una bella differenza rispetto ai 25 mila dell’indagine. È chiaro, questi dati si riferiscono al gennaio 2017, ma dubito che in poco più di un anno ci sia stata una crescita così mostruosa.
 
Ma sono interessanti anche gli altri dati. Gli ebook in lingua italiana presenti su Kindle Unlimited, cioè in esclusiva su Amazon nel caso dei self-publisher (agli editori tradizionali non è richiesta questa esclusiva, ma i loro titoli inseriti nell’offerta sono un piccolo numero rispetto al totale), sono oltre 32 mila, ancora superiori a quei 25 mila. Guardando inoltre il riquadro delle novità, si evince che negli ultimi 90 giorni sono stati pubblicati oltre 9 mila titoli, di cui più di 3 mila nell’ultimo mese.
Se poi si fa clic su ebook Kindle, si entra nella divisione per generi, in cui, volendo, si possono fare tutta una serie di considerazioni, tenendo però conto che ogni libro può essere inserito in due categorie (per i self-publisher) o più (per gli editori tradizionali) e questo è il motivo per cui la categoria della narrativa non di genere è molto affollata (ne fa parte addirittura “Crypto” di Dan Brown, il primo indicato in questo momento in ordine di popolarità, che è senza dubbio un libro di narrativa di genere; per non parlare del primo libro di Harry Potter, che si trova al secondo posto; vedi screenshot sotto).
 
Vi chiederete il perché di questa discrepanza tra i dati dell’indagine dell’AIE e quello che ognuno di noi può facilmente vedere con un paio di clic su Amazon. La risposta è semplice: gli ebook mancanti non hanno un ISBN italiano o non ce l’ha affatto (su Amazon l’ISBN per gli ebook non è necessario, benché in Italia sia consigliato averne uno in modo da ridurre l’IVA dal 22 al 4%).
 
E perché molti ebook italiani su Amazon dotati di ISBN non ne hanno uno italiano?
I motivi principali sono tre:
1) arrivano su Amazon attraverso un aggregatore estero che fornisce gratuitamente un ISBN (come Draft2Digital);
2) sono libri di autoeditori stranieri tradotti in italiano (fenomeno in forte crescita), quindi, se hanno l’ISBN, si tratta di uno preso nel proprio paese;
3) gli ISBN italiani per l’authorpublishing, come vengono definiti dall’agenzia ISBN italiana, cioè per i self-publisher senza una partita IVA (quasi tutti, poiché aprire una partita IVA come self-publisher diventa una spesa inutile, se non si hanno degli incassi elevati; gli autori, si sa, tranne rari casi guadagnano poco), costano troppo: 80 euro più IVA l’uno, fino a un minimo di 68 euro più IVA per un blocco di cinque.
Si tratta di una cifra notevole, considerando che la maggioranza dei libri vendono poche copie, che non possiamo scaricare questa spesa dalle tasse né recuperare l’IVA (non avendo una partita IVA; d’altronde, se ce l’avessimo, potremmo comprare gli ISBN in blocchi almeno da dieci, spendendo molto meno per ciascuno), ma soprattutto perché come self-publisher preferiamo di certo spendere dei soldi per produrre un libro di qualità, piuttosto che per ottenere un semplice codice di classificazione (che, ripeto, ha solo la funzione di ridurre l’IVA su Amazon; non appare neppure nella pagina del prodotto), visto che esiste la possibilità di acquistarlo a meno di 10 dollari altrove (qui, per esempio) o molto meno, se ne acquistiamo una certa quantità in blocco, magari insieme ad altri colleghi.
 
Di certo tra gli ebook senza ISBN ci sono spesso veri e propri esperimenti e quello che può essere definito trash-publishing (da libri pubblicati alla prima stesura, senza il minimo tentativo di revisione, a quelli tradotti da altre lingue usando Google Translate, e così via), ma tendo a pensare che un self-publisher italiano che si sia preso la briga di premunirsi di ISBN estero, per ridurre l’IVA sul prezzo e aumentare il proprio margine di guadagno a parità di prezzo, abbia perlomeno l’intenzione di fare sul serio, anche perché lo sta facendo in modo tale da evitare ulteriori spese inutili, visto il costo inferiore rispetto a quello italiano.
Io rientro in questa categoria.
 
Al di là di questo discorso, ciò che è apparso palese a qualunque autoeditore presente al convegno è che l’editoria tradizionale ha una conoscenza molto approssimativa del self-publishing. Il motivo penso sia dovuto al fatto che gli editori tradizionali hanno visto questo fenomeno fin da subito come una minaccia. La stessa presentazione del convegno lo dice chiaramente. E, invece di cercare di comprenderlo, hanno preferito chiudersi in una sorta di negazionismo.
Il fatto che abbiano deciso di organizzare questo convegno e soprattutto l’interesse mostrato nelle conversazioni che ho avuto prima e dopo l’evento con i due rappresentanti dell’AIE sono la dimostrazione che adesso c’è finalmente la volontà da parte dell’editoria tradizionale di comprendere l’autoeditoria e il suo impatto sul mercato editoriale nazionale, perché, che loro lo vogliano o meno, noi facciamo parte del mercato, siamo editori, perciò non possono più ignorarci.
Ma la risposta alla minaccia che secondo loro rappresentiamo non è snobbarci o, peggio, tentare di osteggiarci, bensì iniziare a pensare a noi come partner in possibili collaborazioni. Collaborazione non significa solo pescare nel self-publishing per fare scouting né tanto meno vedere gli autoeditori come clienti da sfruttare cui vendere i propri servizi. No. Collaborazione significa creare delle sinergie alla pari che siano convenienti per entrambe le parti, cosa particolarmente adatta alla media e piccola editoria, che, ben più della grande editoria, subisce gli effetti di un’eventuale concorrenza da parte dell’autoeditoria digitale.
Basti pensare ai prezzi degli ebook dei self-publisher che, nell’ambito della narrativa, di genere o meno, raramente raggiungono i quattro euro e hanno 2,99 euro come prezzo preferito, poiché è il più basso che permette di ottenere una royalty del 70% al netto dell’IVA su Amazon (parlo di libri che vengono di fatto acquistati dai lettori; quelli con prezzi più elevati tendono a essere fuori mercato e quindi al lato pratico non contano, indipendentemente dal loro numero totale), e il più delle volte, soprattutto in certi generi della narrativa, sono venduti a 99 centesimi o addirittura offerti gratis. Sono tutte letture che tolgono spazio ad altre più dispendiose tra quei lettori che si interessano a determinati generi, ma non si affezionano necessariamente a determinati autori famosi, che comunque non pubblicano più di un libro all’anno, salvo rari casi.
 
Ricordiamoci anche che chi compra gli ebook in genere poi li legge, poiché, a differenza dei libri cartacei, non può utilizzarli come regalo o per arredare la casa. Se li compra, lo fa solo con l’intenzione di leggerli, prima o poi.

A ciò si aggiunge poi la tendenza di una buona parte dell’autoeditoria a rivolgersi a settori di nicchia, anche nell’ambito della narrativa, che interessano poco all’editoria tradizionale, poiché non abbastanza sfruttabili dal punto di vista commerciale per un’azienda, ma che sono ben sufficienti al singolo autoeditore per portare avanti economicamente il proprio progetto. Questo aspetto, su cui ci sarebbe tanto da dire, di certo ha come conseguenza un evidente vantaggio per il lettore: una maggiore scelta di letture.
 
E, parlando invece di collaborazione tra autoeditoria e editoria tradizionale, colgo l’occasione di citare un esempio concreto: l’uscita in edicola del prossimo 7 gennaio con il Corriere dell’Umbria, in collaborazione con TAU Editrice, del romanzo “Doppio omicidio per il maresciallo Maggio” del collega Francesco Zampa (vedi foto accanto, proveniente dal blog dell'autore), il primo della sua serie di gialli autoprodotti.
Tale collaborazione non ha richiesto la cessione dei diritti primari sull’opera, né quella esclusiva dei diritti sull’edizione cartacea. Si tratta di un accordo tra editori (Francesco Zampa, TAU e l’editore del quotidiano) per un tempo limitato e per una specifica edizione cartacea, con lo scopo di raggiungere una fetta di mercato che di fatto è al momento preclusa ai self-publisher in Italia: edicole (e quindi anche grande distribuzione) e in futuro librerie (intesa come presenza sugli scaffali, non solo possibilità di ordinare il titolo). In contemporanea il libro non smetterà di essere disponibile su Amazon nella sua precedente edizione cartacea pubblicata dall’autore.
 
Tornando al convegno del 10 dicembre, vorrei in chiusura fare una precisazione, che anche altri colleghi hanno fatto nei loro rispettivi resoconti. Verso la fine dell’evento, Vittorio Anastasia di Ediciclo Editore ha fatto un’infelice uscita in cui metteva in dubbio che i self-publisher pagassero le tasse.
Apriti cielo!
È stata una gaffe involontaria, ne sono certa, gaffe che però pare confermare ancora una volta come l’editoria tradizionale non conosca il self-publishing e raramente faccia qualcosa per cercare di comprenderlo appieno.
 
Ovviamente noi autoeditori paghiamo le tasse, come fanno tutti i lavoratori autonomi, con modalità che variano se riceviamo le royalty in qualità di persona fisica o giuridica.
Inoltre, chi si avvale di una piattaforma di self-publishing italiana, come Ilmiolibro.it, si ritrova nella stessa situazione identica di un semplice autore, poiché la piattaforma (che fa anche da aggregatore/distributore) funge da sostituto d’imposta, come un qualsiasi editore, versando per l’autore la ritenuta d’acconto allo Stato. Per il resto, se l’autore dovrà pagare altro (che in genere verrà stabilito con l’ausilio di un commercialista), ciò dipenderà dal suo reddito totale, che verrà riportato nell’apposita dichiarazione dei redditi.
Chi, invece, utilizza esclusivamente piattaforme estere, si rivolge a un commercialista, che riporta la cifra totale ricevuta (sul conto corrente del self-publisher, quindi completamente tracciabile) sotto forma di royalty, da tali piattaforme durante l’anno solare, nella dichiarazione dei redditi e in particolare nell’apposito campo relativo ad altri redditi derivati da opere d’ingegno. Su quella cifra calcolerà poi le tasse che il self-publisher dovrà versare, come ogni onesto cittadino.
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Di Carla (del 31/12/2016 @ 09:30:00, in Propositi, linkato 2446 volte)

È passato un altro anno, di nuovo! Penso che capiti un po’ a tutti, e sempre più con l’andare avanti con l’età, di avere l’impressione, alla fine di un anno, che sia passato un po’ troppo in fretta. Ci eravamo appena abituati a questo 2016 e adesso ci tocca reimpostare la nostra mente con una nuova cifra: 2017.
 
Devo dire la verità: una volta tanto l’anno che adesso volge al termine non mi è sembrato affatto corto. Se penso a tutto quello che ho fatto, a quanto ho lavorato, questi dodici mesi parevano non finire mai. Forse è perché per una volta attendevo questa fine, poiché corrisponde al quasi totale completamento di tutti i miei progetti in corso d’opera, ma anche alla chiusura del mio primo quinquennio da self-publisher.
Il 3 gennaio sarà infatti il quinto anniversario del giorno in cui iniziai la prima stesura di “Deserto rosso - Punto di non ritorno” con la chiara intenzione di pubblicarlo in maniera indipendente.
A rigor di logica, però, questo anniversario andrebbe festeggiato il 7 giugno, data di uscita ufficiale di questo mio primo libro a pagamento, ma proprio per tale motivo ho deciso di impiegare i cinque mesi che separano queste due date per fare un bilancio più completo della mia esperienza da autoeditore (o autoeditrice, se preferite) e definire in che direzione indirizzare i miei sforzi futuri. Ed è stata forse l’impazienza di iniziare questo particolare periodo a farmi sembrare il 2016 un anno davvero lungo.
Tanto per non smentire la mia tendenza a non riuscire mai a fermarmi del tutto, la mia attesa dovrà durare ancora altre due settimane, che è il tempo di cui avrò bisogno per terminare la prima stesura di “Oltre il limite”. Qui però non ho colpe: è il libro che sta venendo fuori un po’ più lungo di quanto pensassi (è tutta colpa dei personaggi!), il che non mi dispiace affatto.
 
Comunque, tornando al 2016, vediamo un po’ insieme cosa ho combinato:
- ho completato la revisione della prima parte della traduzione in italiano di “Saranythia”, il prossimo romanzo di Richard J. Galloway;
- ho tradotto e pubblicato “Kindred Intentions (l’edizione inglese di “Affinità d’intenti”);
- ho scritto la seconda e la terza parte di “Ophir. Codice vivente” (per un totale di circa 90 mila parole che si aggiungevano alle 45 mila della prima parte scritta nel 2015);
- ho preparato da zero un corso universitario integrativo, intitolato “Laboratorio di self-publishing nei sistemi multimediali”, che poi ho tenuto lo scorso maggio presso l’Università degli Studi dell’Insubria (a Varese) nell’ambito del corso di laurea in Scienze della Comunicazione;
- ho fatto l’editing di “Sindrome, il secondo libro della trilogia del detective Eric Shaw, e l’ho pubblicato il 21 maggio;
- ho fatto l’editing di “Ophir. Codice vivente, la terza parte del ciclo dell’Aurora, e l’ho pubblicato il 30 novembre;
- ho scritto circa 90 mila parole (di cui 50 mila durante il NaNoWriMo di novembre, che ho quindi vinto anche quest’anno) di “Oltre il limite”, il libro finale della trilogia del detective Eric Shaw, che pubblicherò il prossimo 21 maggio;
- ho partecipato come ospite/relatrice ad altri quattro eventi offline, oltre il corso a Varese: una conferenza sul self-publishing e la comunicazione in campo scientifico al Festival della Professione Giornalista il 19 marzo a Bologna, una conferenza sul futuro dell’editoria il 3 maggio, sempre a Varese, una presentazione dei miei libri (la trilogia del detective Shaw e “Ophir. Codice vivente”) il 2 dicembre a Iglesias e un convegno a Roma sul self-publishing il 10 dicembre nell’ambito della fiera della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi. In queste situazioni ho avuto l’opportunità di rivedere alcuni vecchi amici, di incontrare colleghi e lettori conosciuti sul web, ma anche di entrare in contatto con nuove interessanti persone;
- ho letto 52 libri.
 
Quanto riportato sopra include quasi tutti i propositi che avevo elencato un anno fa, più uno di quelli che non dipendevano dalla mia volontà (il corso all’Università degli Studi dell’Insubria) e gli eventi offline, che invece non avevo previsto.
 
Cosa non sono riuscita a fare?
Be’, non ho completato la scrittura di un altro romanzo (“Oltre il limite”), ma questo non lo ritengo un fallimento, poiché si sta semplicemente rivelando più lungo del previsto (supponevo che avrebbe avuto una lunghezza di 80 mila parole, ma ne ho scritto circa 90 mila finora e non è ancora finito). Anzi, nel 2016 ho complessivamente scritto più parole che nel 2015, sebbene neanche un romanzo completo nell’arco dei dodici mesi, perché ne ho finito uno e iniziato un altro, entrambi belli lunghi.
Sono riuscita, come sempre, a mettere da parte un sacco di appunti per nuovi futuri romanzi, la cui lista continua a crescere, ma non ho preparato alcuna outline precisa. Questo è dovuto al fatto che lo scorso giugno, oberata e stressata dal troppo lavoro, ho preso la decisione di non iniziare alcun nuovo progetto, finché non avessi concluso tutti quelli in corso, proprio in vista dei primi cinque mesi del 2017, che tra le varie cose saranno dedicati a un bilancio di questi cinque anni e all’individuazione di nuovi progetti. Per questo motivo non ritengo neanche il venir meno a tale proposito un fallimento, bensì un cambiamento di programma ragionato in corso d’opera.
 
Infine mi ero riproposta di lavorare duro per mantenere un trend in salita nelle vendite.
Di certo ho lavorato duro e tra le varie cose sono molto contenta degli esperimenti fatti durante l’estate con nuove serie di articoli sul mio blog, che hanno avuto un riscontro interessante in fatto di vendite, e le varie brevi promozioni scontate portate avanti in parallelo su Google Play e Amazon. Ho anche provato numerose tecniche di promozione a pagamento, che sono state meno soddisfacenti come ritorno di investimento, ma mi hanno permesso di capire cosa vale la pena fare e cosa lasciar perdere del tutto.
Inoltre mi sono impegnata a ottimizzare il lavoro relativo alla mia presenza sui social network, per mantenerla costante o persino più assidua, riducendo però il tempo impiegato nel renderla tale (no, non ci sono riuscita alterando lo spazio-tempo, o forse sì?).
In quanto ai risultati generali per quanto riguarda i guadagni relativi al self-publishing, purtroppo non sono stati in crescita rispetto al 2015, ma comunque molto migliori dell’anno precedente, per cui non mi lamento, considerando che nel 2016 non ho potuto quasi per niente sfruttare la scia di eventi promozionali esterni (non gestiti né in alcun modo decisi da me) e anche che sono stata dietro a davvero troppe cose tutte insieme, perché poi mi rimanesse il tempo materiale per farmi venire qualche altra buona idea e metterla in pratica.
Nonostante tutto questo, ho mantenuto sempre una base minima di vendite complessive costante, indipendente da tutto il resto, anche nei periodi in cui non facevo proprio nulla, cosa che mi spinge ancora di più a voler riflettere su quale sia il modo migliore di gestire i miei sforzi.
 
Come dicevo un anno fa, infatti, la cosa più importante per uno scrittore è che la creatività rimanga attiva e che si riesca sempre a scrivere qualcosa di cui poi essere fieri.
Il 2016 è stato segnato da periodi in cui la voglia di scrivere rasentava lo zero, nonostante non abbia mai smesso di farlo per stare dietro alle scadenze (un amico incontrato all’evento di Bologna a marzo mi ha definito militare, in riferimento alla mia ferrea disciplina!). Ma sono molto soddisfatta dei risultati, nello specifico di “Ophir. Codice vivente”, che ha superato ogni mia più rosea aspettativa (mi riferisco al mio gradimento personale del libro finito). Non solo: la fatica che ho fatto mi ha dimostrato che, se decido di scrivere, lo faccio e basta. Per uno scrittore, che vive tenendosi a stento a galla in un mare di dubbi, avere una tale sicurezza nei propri mezzi è di grandissimo conforto.
Inoltre negli ultimi due mesi, durante la stesura di “Oltre il limite”, grazie anche al NaNoWriMo, che mi ha spinto a scrivere un nuovo libro anche se non pensavo di essere ancora pronta a farlo (né ne avevo alcuna voglia), ho riscoperto il piacere di vivere dentro i personaggi e lasciare che loro mi mostrino la storia. Sono ancora con loro in questo momento e un po’ mi spiace al pensiero di abbandonarli per sempre alla fine di questo viaggio, visto che si tratta del libro finale di una serie.
Per cui, senza dubbio, concludo l’anno con grande ottimismo.
 
Vi chiederete: ma dal punto di vista economico?
Nel 2015 l’attività di autoeditore era stata la mia principale fonte di reddito.
Nel 2016, sebbene per ovvi motivi non abbia guadagnato le stesse cifre dell’anno precedente, in cui “The Mentor” veleggiava ai primi posti della classifica del Kindle Store su Amazon.com, a conti fatti le royalty complessive ricevute sono state tali da permettermi ancora di dire che vivo di scrittura.
La vera sfida sarà riuscirci anche nel 2017.
 
Quelli che non sono proprio stata in grado di realizzare per questo anno sono due propositi che però dipendevano da fattori e da persone esterne.
Il primo era quello di vedere uno dei miei libri pubblicato in un’altra lingua (diversa dall’inglese, oppure un libro in più rispetto a quello preventivato) o comunque a venderne i diritti di traduzione per una pubblicazione nel prossimo anno, ma sto ancora lavorando alacremente per raggiungere questo risultato e sono in attesa di sviluppi che richiederanno ancora un po’ di tempo. Rimane comunque tra i miei obiettivi a lungo termine.
Il secondo riguardava il riuscire a sfruttare “The Mentor” per mantenere una certa tranquillità economica per il prossimo futuro. Me l’ha data per questo anno, ma non abbastanza per adagiarmi sugli allori per quelli che seguiranno, proprio perché non si è ancora concretizzato il proposito precedente e il libro è ormai troppo vecchio per pretendere di guadagnare ancora direttamente da esso in futuro.
 
Ma veniamo un po’ ai propositi per il 2017. Sono pochi (si fa per dire) per il momento.
Eccoli:
1) completare (entro le prime due settimane di gennaio) la prima stesura di “Oltre il limite”, farne l’editing e pubblicarlo il 21 maggio prossimo. Voglio dare il massimo per questo libro e per farlo ho deciso di non scrivere nessun altro romanzo fino alla sua pubblicazione (salvo ispirazioni improvvise, di quelle che non lasciano scampo, accompagnate da tempo libero del tutto inatteso e quindi altrettanto improbabile);
2) riservarmi quattro settimane di pausa totale dell’attività editoriale (a partire dalla metà di gennaio) per ricaricare le batterie, dopo anni che non mi fermo, tranne che per qualche breve vacanza;
3) tenere di nuovo il corso di self-publishing, in una versione aggiornata agli ultimi cambiamenti del mercato, presso l’Università degli Studi dell’Insubria, probabilmente a ottobre (salvo problemi burocratici non dipendenti dalla mia volontà). Mi piacerebbe tenere una versione di questo corso anche in altri ambiti, per dare ancora di più il mio contributo per far conoscere e far crescere il self-publishing in Italia e per formare degli autoeditori preparati, e forse ne potrei avere l’opportunità, ma per il momento non mi sbilancio in previsioni;
4) impegnarmi a partecipare a più eventi offline per promuovere la trilogia del detective Eric Shaw. Amo questi tre libri e voglio che raggiungano un numero maggiore di lettori, ma soprattutto mi rendo conto che non hanno ricevuto da me tutta l’attenzione che meritavano per conseguire certi risultati, neppure “Il mentore” che anche in italiano ha venduto molto bene. Questo deve cambiare. Finora ho scritto tanto (sto finendo il mio dodicesimo libro). Adesso è arrivato il momento di dare più spazio a ciò che ho già pubblicato. Lo devo ai miei personaggi. E ciò è particolarmente vero per i miei thriller non fantascientifici, che tendo un po’ a trascurare rispetto ai libri del genere in cui ho più seguito qui in Italia (la fantascienza, appunto);
5) dedicare più tempo a FantascientifiCast (quest’anno ho davvero latitato e me ne dispiace… scusa, Omar!), cui devo la mia popolarità nell’ambito della fantascienza e che deve essere il mezzo per continuare a far sentire la mia voce (letteralmente) in questo contesto e giungere a nuovi potenziali lettori;
6) leggere almeno 52 libri;
7) programmare nei primi mesi dell’anno abbastanza post sui miei blog (italiano e inglese) da non ritrovarmi a doverne scrivere all’ultimo momento, quando ho poco tempo;
8) organizzare meglio il mio tempo in modo da rendere di più in ambito lavorativo, grazie al fatto che ne dedico una quantità maggiore, più giusta, al riposo, all’attività fisica e allo svago (soprattutto culturale, in tutte le sue forme, inclusa la conoscenza ottenuta tramite i viaggi);
9) scrivere tanto, possibilmente più di quanto ho fatto quest’anno (diciamo circa 200 mila parole), ma soltanto quello che desidero, come in queste settimane;
10) fare un bilancio del lavoro di questi cinque anni e concentrarmi sul mio modo unico di essere self-publisher, senza forzarmi in alcun modo di ricercare e copiare presunti metodi vincenti di altri (come dico sempre: non esistono formule magiche), poiché ognuno di noi ha il proprio modo di arrivare ai lettori e di raggiungere la propria definizione di successo. È una cosa che so e che cerco di insegnare agli altri, ma talvolta tendo a dimenticarmene, quando si tratta di me stessa.
 
Be’, credo proprio che sia tutto. Cosa ne pensate?
Su alcuni aspetti sono stata volutamente vaga, perché avrò le idee più chiare entro le prossime sei settimane, quindi non sono ancora in grado di inserire altri elementi in questo elenco.
In generale, come già presagivo un anno fa, è arrivato il momento di tirare le somme della mia attività di autrice e di autoeditore, ma sono felice di farlo, perché so che da esse si genererà l’embrione di nuovi interessanti obiettivi e nuove avventure da vivere per perseguirli.
 
Anche alla fine di questo anno ci tengo a chiudere ringraziando la mia famiglia, i miei amici, i miei collaboratori e i miei lettori, che continuano a starmi accanto come irrinunciabili compagni di questo mio viaggio lavorativo e personale.
Grazie a tutti voi.
 
E ancora a tutti voi che leggete, come sempre, chiedo di rivelare i vostri propositi per il nuovo anno, qui nei commenti o sui social network.
Il 2016 è andato come volevate? Che cosa desirate per il 2017?
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Di Carla (del 28/12/2016 @ 09:30:00, in Eventi, linkato 3138 volte)

Lo scorso 2 dicembre 2016 ho avuto il piacere di presentare la trilogia del detective Eric Shaw e il romanzo di fantascienza “Ophir. Codice vivente” alla Biblioteca Comunale di Iglesias. È stato un evento molto carino, in cui io e la preparatissima presentatrice, Clara Congia, abbiamo parlato per quasi due ore dei miei libri e della mia attività di scrittrice e self-publisher a beneficio di un piccolo ma interessato pubblico.
 
Prima di tutto devo fare i miei più sentiti ringraziamenti, ma anche complimenti, a Clara, che ha condotto l’evento con professionalità e passione, e mi ha rivolto alcune tra le più interessanti e originali domande che mi siano mai state fatte da quando mi occupo di editoria.
 
Abbiamo iniziato col parlare de “Il mentore” e di “Sindrome”, i primi due romanzi della trilogia di crime thriller del detective Eric Shaw. Ho cercato di incuriosire i presenti, raccontando qualche elemento della trama, senza troppe anticipazioni per non rovinare la sorpresa. Il fulcro di tutta la serie è proprio il rapporto tra Eric Shaw, il mentore, e la sua allieva, la cui identità si scopre nel primo libro. Accanto all’investigazione sui casi che vengono sviluppati nei singoli romanzi e che vedono sempre i protagonisti coinvolti personalmente, c’è proprio l’evoluzione di questo rapporto che inizia con “Il mentore”, si sviluppa in “Sindrome”, in cui Eric cerca di capire se può o vuole allontanarsi dalla sua allieva e dai crimini di cui è responsabile, fino a trovare una conclusione del libro finale della trilogia, “Oltre il limite”, che uscirà il 21 maggio 2017 e di cui sto attualmente scrivendo gli ultimi capitoli.
 
Ho raccontato delle numerose licenze che mi sono presa nella stesura di questi libri, alcune dovute al fatto che non ero in grado di reperire certe informazioni al momento della stesura (poiché i libri si svolgono sempre in un periodo successivo alla data in cui sono stati effettivamente pubblicati e quindi diversi mesi dopo la scrittura) e altre che sono stata rese necessarie per rendere la trama più interessante. Sono stata, però, abbastanza rigorosa su due aspetti: quello scientifico (i protagonisti sono tutti agenti della Polizia Scientifica) e quello geografico (i luoghi pubblici di Londra in cui si svolgono le scene corrispondono alla realtà, tanto che, per esempio, la casa in cui si nasconde l’assassino de “Il mentore” esiste davvero!). A entrambi ho dedicato una serie di articoli in questo blog, che vi consiglio di leggere, se non l’avete già fatto: Scena del crimine e Luoghi dei romanzi. Ne pubblicherò altri per l’uscita di “Oltre il limite”.
Infine ho rivelato qualche anticipazione su quest’ultimo libro, ma a tal proposito non posso dirvi proprio nulla!
 
E poi siamo passate a parlare di “Ophir. Codice vivente” e in generale del ciclo fantascientifico dell’Aurora, a iniziare da quella mattina all’alba in cui Anna Persson aveva lasciato di nascosto la Stazione Alfa per avventurarsi nel deserto rosso di Marte.
Mi ha fatto particolarmente piacere essere riuscita nell’intento di spingere chi era venuto lì per i miei thriller ad avventurarsi nella lettura dei miei romanzi di fantascienza. In fondo, tutti i miei libri sono accomunati da temi simili: la storia è mostrata attraverso le sensazioni dei personaggi, hanno antieroi come protagonisti e prima o poi ci scappa sempre il morto!
 
Infine ho raccontato un po’ la mia vita da self-publisher: cosa significa essere un autoeditore (o autoeditrice, se preferite), come lavoro a ogni mio singolo libro e le tante piccole soddisfazioni che questo mestiere mi ha dato e continua a darmi.
In chiusura ho avuto l’opportunità di fare quattro chiacchiere con i presenti, rispondere a delle domande e scrivere una breve dedica nelle copie che sono state acquistate.
 
Insomma, è stata davvero una bella serata e conto di avere presto l’opportunità di partecipare ad altri eventi simili, soprattutto, per ovvi motivi logistici, nella mia Sardegna.
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Di Carla (del 20/12/2016 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2262 volte)

 Il segreto custodito dai sicomori
 
Questo romanzo di Grisham, pur essendo ambientato nello stesso luogo e pur avendo lo stesso protagonista de “Il momento di uccidere”, non è un vero seguito e può essere letto senza conoscere la storia del primo, di cui vengono fatti dei brevi cenni solo laddove necessario.
Anche il tema è lo stesso, cioè quello del razzismo. Questa volta Jack Brigance, avvocato di Ford County, una contea del sud degli Stati Uniti dove il razzismo era ancora un grosso problema trent’anni fa (e suppongo che lo sia ancora), è alle prese con un testamento olografo scritto da un ricco bianco che, prima di suicidarsi (stava morendo di cancro), decide di diseredare i figli e lasciare il 90% del patrimonio, 24 milioni di dollari, alla propria cameriera di colore. Da ciò nasce una guerra legale per impugnare il testamento.
Mi è piaciuta molto, come sempre, la caratterizzazione dei personaggi, sia principali che secondari, e la ricostruzione dell’ambientazione (Ford County negli anni ’80). A ciò si aggiunge la solita bravura di Grisham nel raccontare le mille astuzie dietro la preparazione di una causa in grado di fare molto clamore.
Mentre i figli diseredati fanno di tutto per accusare Lettie di captazione (cioè di aver spinto l’uomo a cambiare il testamento, approfittando delle sue condizioni di salute, affinché lasciasse tutto a lei), nessuno sembra domandarsi perché l’abbia fatto, cosa ci sia sotto.
E così, in sordina, si dipana una sottotrama che porta alla verità e che è legata al titolo.
Si tratta di un racconto di qualcosa che potrebbe essere davvero accaduto, realistico in maniera sconvolgente. È una storia che appassiona e lascia il sorriso sulle labbra al momento dell’epilogo.
Ho una sola nota negativa da riferire. Amo il modo in cui Grisham vuole farci entrare nell’ambientazione, raccontando anche tutti i meccanismi legali e i dettagli sui personaggi. In questo libro, però, ho avuto l’impressione che l’info-dump fosse davvero un po’ eccessivo o comunque raccontato in maniera poco coinvolgente.

L’ombra del sicomoro (Kindle, brossura) su Amazon.it.
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L’ultimo evento cui parteciperò quest’anno in qualità di relatrice è il convegno intitolato “Il mercato del self-publishing in Italia” che si terrà il prossimo sabato 10 dicembre nell’ambito della fiera della media e piccola editoria Più Libri Più Liberi al Palazzo dei Congressi dell’Eur, a Roma (piazza Kennedy, 1).
 
 
Parteciperanno all’evento: Vittorio Anastasia di Ediciclo Editore, Giovanni Peresson dell’Ufficio Studi AIE, Lorenzo Fabbri di ilmiolibro.it e Rita Carla Francesca Monticelli (io!).
L’evento sarà moderato da Cristina Mussinelli, consulente AIE per l’editoria digitale, e avrà luogo dalle 12 alle 12.45 presso la Aldus Room (ex Sala Smeraldo).
 
Durante il convegno verrà presentata la prima indagine nazionale sul self-publishing e verranno sviluppati alcuni temi relativi a questo argomento, tra cui: il rapporto tra l’autoeditoria e l’editoria tradizionale, cosa significa essere un autoeditore (self-publisher), quali conseguenze ha avuto l’aumento dei libri autopubblicati sull’editoria in generale, il passaggio di un autore tra i due formati editoriali e i cosiddetti autori ibridi.
Vi invito anche a dare un’occhiata alla pagina dedicata sul sito di Più Libri Più Liberi.
 
La mia partecipazione è in qualità di autrice e, ovviamente, self-publisher a un evento che è stato organizzato dall’Associazione Italiana Editori e che quindi osserva il self-publishing da una posizione esterna. Mia intenzione sarà quella di mostrare l’autoeditoria dall’interno a partire dalla mia esperienza personale e soprattutto mettere in evidenza come i self-publisher professionisti sono persone che hanno imparato a conoscere l’editoria e che vogliono farne parte in prima persona, non solo perché cercano un modo per pubblicare i propri libri.
Pubblicare un libro non viene visto come un traguardo, bensì come il punto di partenza per sviluppare il proprio progetto editoriale e trasmettere il proprio messaggio al pubblico, in un contesto in cui il profitto non è al primo posto tra le priorità, ma può diventare una conseguenza interessante che, come in ogni attività imprenditoriale, dipende in buona parte dall’impegno profuso in tutte le sue fasi: ideazione, creazione, trasformazione in prodotto editoriale di qualità, pubblicazione, commercializzazione e promozione.
 
Colgo l’occasione per ringraziare Giovanni Peresson per l’invito e Claudia Pelizzoli per l’assistenza offertami nell’assicurare la mia presenza all’evento.
Se sabato pensate di andare alla fiera Più Libri Più Liberi o siete a Roma e non avete altri impegni, venite ad ascoltarmi e fatevi riconoscere, così ci facciamo due chiacchiere di persona!
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Di Carla (del 30/11/2016 @ 00:00:00, in Scrittura & pubblicazione, linkato 2064 volte)
CUSy è l’IA che gestisce gli habitat marziani.
CUSy veglia sugli abitanti di Marte, assicura il loro benessere, controlla i sistemi che li mantengono in vita.
Ma chi controlla CUSy?
Anna Persson, Hassan Qabbani, Jan De Wit e, soprattutto, Melissa Diaz, che assurge al ruolo di protagonista, ritornano in “Ophir. Codice vivente”, che riprende le loro storie poco tempo dopo l’epilogo della serie marziana. Sono infatti passati appena tre anni terrestri dall’inizio del programma Aurora, che ha permesso la ripresa dei rapporti tra i colonizzatori di Marte e l’Agenzia Spaziale Internazionale (ISA) sulla Terra. Anche grazie a esso, Ophir è ora diventata una piccola città e, in cambio, gli scienziati terrestri hanno potuto attingere alle tecnologie avanzate sviluppate dai suoi residenti e da quelli degli altri insediamenti presenti su Marte. La leader degli abitanti del pianeta rosso, Melissa, non è però soddisfatta della lentezza con cui il programma sta progredendo. Con l’aiuto dell’IA (intelligenza artificiale) CUSy, detta anche Susy, riesce a violare i sistemi di comunicazione dell’ISA e a infiltrarsi nella rete globale terrestre per cercare un alleato tra i più dotati studenti del mondo, finché non ne individua una giovanissima e particolarmente brillante: Elizabeth Caldwell. Ma ciò che Melissa ignora è che Susy, col passare degli anni, si sta evolvendo ben oltre il proprio codice iniziale. È diventata curiosa, sta coltivando interessi e ambizioni, forse sta persino sperimentando dei sentimenti, e tutto ciò rappresenta l’espressione dell’emergere in lei di qualcosa assimilabile a una coscienza e che potrebbe spingerla ad azioni imprevedibili e potenzialmente pericolose.
 
 
Ophir. Codice vivente” è ora disponibile in formato ebook a 2,99 euro (in offerta fino all’11 dicembre) su Amazon, Giunti Al Punto, Google Play, iTunes, Kobo, Mondadori Store, LaFeltrinelli, Nook (attraverso l’app di Windows), Smashwords e 24Symbols (gratuito per gli abbonati) e in edizione cartacea a 11,99 euro su Amazon e Giunti.
L’edizione ebook è senza DRM in tutti i retailer.
 
 
In occasione dell’uscita della terza parte del ciclo dell’Aurora fino all’11 dicembre sarà possibile acquistare l’edizione ebook delle prime due parti, la raccolta di “Deserto rosso” (4 libri) e il romanzo “L’isola di Gaia”, a soli 1,99 euro ciascuno su Amazon, Giunti Al Punto e Google Play.
Ecco i link.
Deserto rosso”: Amazon, Giunti Al Punto e Google Play.
L’isola di Gaia”: Amazon, Giunti Al Punto e Google Play.
 
Se non siete mai stati su Marte (e in Antartide), non lasciatevi sfuggire l’occasione di andarci con le prime tre parti del ciclo dell’Aurora: potrete scaricare ben sei libri a meno di 7 euro!
 
Scopri di più sul ciclo dell’Aurora su www.desertorosso.net!
 
 
L’offerta è valida solo in Italia.
A partire dal 12 dicembre il prezzo di “Ophir. Codice vivente” salirà a 3,49 euro in tutti i retailer e i prezzi di “Deserto rosso” e “L’isola di Gaia” su Amazon, Giunti e Google Play torneranno rispettivamente a 3,99 e 3,49 euro.
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Il prossimo dicembre sarà caratterizzato da alcuni impegni, per così dire, offline, che mi porteranno davanti a un pubblico di lettori. Il primo di questi è una presentazione alla Biblioteca Comunale “Nicolò Canelles” di Iglesias (in via Gramsci, 11) che avrà luogo venerdì 2 dicembre a partire dalle ore 18.
 
 
Sarà per me la seconda volta che ho il piacere di essere protagonista di un evento nella mia terra, ma stavolta molto più vicino a casa (la precedente è stata la fiera Sassari Comics & Games 2015).
Durante questo incontro con i lettori, avrò modo di parlare della trilogia di crime thriller che ha come protagonista il detective Eric Shaw, vale a dire quella che include il bestseller internazionale “Il mentore”, il suo seguito “Sindrome” e il romanzo che sto tuttora scrivendo, “Oltre il limite”, la cui pubblicazione è prevista per il 21 maggio 2017.
 
Racconterò come nasce, in un’autrice italiana come me, l’idea di scrivere dei romanzi ambientati a Londra e che vedono nei ruoli principali degli agenti della Sezione Scientifica di Scotland Yard, e come questo mio non essere britannica mi abbia spinto a mostrare un’interpretazione del tutto personale del mondo da me narrato e dei personaggi che si muovono al suo interno.
Parlerò delle ricerche fatte prima e durante la stesura dei romanzi, dell’aspetto scientifico che, immancabile, fa la propria comparsa nella storia come conseguenza del mio essere una biologa (anche se ormai pratico questa scienza solo nel campo dell’editoria) e dell’abbondanza di ambientazioni turistiche, che rendono i luoghi in cui si svolgono le trame familiari a chi abbia visitato almeno una volta la capitale britannica, di persona o anche soltanto attraverso la letteratura, la televisione o il cinema.
E poi chiarirò perché i miei libri, pur trattando di omicidi e investigazioni da parte della polizia, non sono dei romanzi gialli, bensì dei crime thriller, in quanto il fulcro della storia è rappresentato dalle vicende degli investigatori, che sono sempre coinvolti in maniera personale nei casi trattati.
 
Nella seconda parte dell’incontro, invece, presenterò il mio nuovo romanzo di fantascienza, “Ophir. Codice vivente”, che uscirà appena due giorni prima di questo evento. Si tratta della terza parte del ciclo dell’Aurora (tecnicamente è il sesto libro, in quanto la prima parte ne contiene quattro), che include anche la raccolta di “Deserto rosso” e il romanzo “L’isola di Gaia”.
Ophir. Codice vivente” nello specifico è il seguito cronologico di “Deserto rosso” e rappresenta il mio ritorno (e quello dei miei lettori) su Marte.
Si tratta di fantascienza hard, cioè con fondamento fortemente scientifico, in particolare nell’ambito delle scienze spaziali, di cui fa parte anche l’astrobiologia. A ciò si aggiunge il tema che sottende tutta la trama, cioè quello dell’intelligenza artificiale e degli eventuali benefici, ma anche rischi, di una sua evoluzione incontrollata. Ma soprattutto è un romanzo ricco di avventura, azione e personaggi complessi, in grado (spero) di smuovere le emozioni dei lettori.
 
Di tutto questo e di tanto altro avrò modo di parlare di persona il 2 dicembre 2016 a Iglesias. L’evento è organizzato e sarà moderato da Clara Congia, che ringrazio pubblicamente per il graditissimo invito.
Se siete in zona, non mancate!
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Di Carla (del 21/11/2016 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2906 volte)

 Intenso, violento, scioccante
 
Questo è un romanzo estremamente complesso e ambizioso, che di certo ha richiesto all’autore un enorme lavoro di ricerca sulle dinamiche del traffico di droga tra Messico e Stati Uniti. Non conosco bene l’argomento, ma l’impressione che ho ricevuto dalla sua lettura è che l’autore racconti fatti reali, anche se ovviamente i personaggi e i dettagli delle loro specifiche storie sono inventati. Sono però assolutamente plausibili.
Durante la lettura ho rivisto nella mia mente alcune scene del film “Sicario” e ho provato la stessa sensazione di disagio, ma mille volte amplificata dal potere evocativo della parola scritta.
La storia sa essere coinvolgente, e quindi scioccante, laddove si arriva a raccontare efferati atti di violenza e omicidio. Alcune sequenze lasciano col fiato sospeso e ti spingono a continuare la lettura finché non sai come va a finire. Essa contiene tanti di quei doppi e tripli giochi che è difficile vedere un colpo di scena mentre arriva. Magari sai che sta per arrivare, ma non hai proprio idea di cosa succederà.
Ho particolarmente gradito, poi, il collegamento tra l’inizio del romanzo e la fine di uno degli ultimi capitoli.
In generale si tratta di un libro che va affrontato con l’intenzione di leggerlo in un breve periodo, poiché l’abbondanza di dettagli mette a dura prova la memoria del lettore. Personalmente trovo che questo sia un aspetto positivo per un romanzo, poiché segno di un gran lavoro di strutturazione della trama e perché mi stimola come lettrice.
Di contro ci sono alcuni aspetti che mi hanno impedito di dargli il massimo dei voti.
Il romanzo presenta tantissimo info-dump sui traffici di droga, la politica e tutto ciò che ci gira attorno. Capisco che sia essenziale per far comprendere il contesto in cui si svolge la trama, ma ho avuto difficoltà a leggere tutte queste informazioni e tendevo a saltarle, senza che questo mi facesse perdere nulla di essenziale sulla comprensione della storia, perché ero più interessata ai personaggi. Tutto ciò spezza parecchio l’azione, facendo sì che nel libro si alternino pagine raccontate, che tendono ad annoiare (a meno che tu non sia interessato all’argomento), ad azione vera e propria.
Ci sono inoltre troppi personaggi. Non è un problema di per sé, ma la loro eccessiva quantità rende faticosa l’immedesimazione in essi. È difficile riuscire a “sentirli” dentro di sé e, quando ci riesci, poi spariscono per decine di pagine.
In particolare la scelta di dedicare ognuno dei primi tre capitoli a un personaggio è abbastanza dispersiva. Sono stata sul punto di abbandonare il libro al secondo capitolo, perché non vedevo alcuna attinenza col primo. Era come se fosse un’altra storia. Solo alla fine del terzo ho iniziato a ricollegare le cose e ad apprezzare l’intreccio, ma non tutti i lettori riescono a spingersi così avanti, anche perché i capitoli sono molto lunghi.
Infine, c’è davvero molta violenza, mostrata in maniera molto diretta, che lo rende non adatto a persone facilmente suggestionabili. Io stessa sono stata contenta di averne finito la lettura, perché a tratti il libro mi stava deprimendo e impressionando. Anche questo aspetto non è di per sé negativo, poiché dimostra quanto il libro riesca a coinvolgere il lettore, ma personalmente non amo questo tipo di coinvolgimento così profondo con atti violenti e spesso disgustosi.
In altre parole, è un grande libro, un romanzo potente, ma avrei preferito non averlo letto, poiché mi ha lasciato con tanti sentimenti negativi. Per questo motivo non credo che leggerò il seguito.
 
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Di Carla (del 18/11/2016 @ 09:30:00, in Luoghi dei romanzi, linkato 5272 volte)
© 2012 Rita Carla Francesca Monticelli
Il ponte sul Tamigi che più di tutti è considerato un simbolo di Londra è senza dubbio il Tower Bridge, cioè il Ponte della Torre, chiamato così poiché collega il borgo di Southwark alla Torre di Londra, situata sul margine ovest del borgo di Tower Hamlets, al confine con la City.
 
Il Tower Bridge è costituito da due torri, collegate da una strada, che ne costituisce la campata centrale, e, in quota, da delle passerelle pedonali. La prima è costituita a sua volta da due porzioni mobili, che possono essere sollevate per permettere il passaggio di imbarcazioni più alte. Ai due lati sono presenti altrettante campate, che sono dei veri e propri ponti sospesi.
 
La sua costruzione è stata completata nel 1894 e inizialmente il meccanismo di apertura era alimentato da dei motori a vapore che sono rimasti in funzione fino a 1976. Al giorno d’oggi questi sono sostituiti dalle ultime tecnologie moderne che ne permettono la completa apertura in appena novanta secondi.
È anche vero, però, che il ponte viene aperto abbastanza di rado (circa mille volte in un anno, quindi meno di tre al giorno), tanto che si dice che vederne l’apertura porti fortuna. I motori vittoriani sono comunque ancora presenti all’interno della struttura e possono essere visitati.
 
© 2012 Rita Carla Francesca Monticelli
 
I pedoni possono accedere anche alle passerelle in quota (rinnovate nel 2009), che presentano un pavimento in vetro, e da lì godere di un’affascinante vista sulla città e sul fiume. Per farlo devono salire quasi trecento gradini, ma possono anche prendere l’ascensore. Le passerelle sono spesso teatro di mostre particolari e altri eventi.
 
L’accesso alle passerelle e alle sale macchine vittoriane è incluso nella Tower Bridge Exibition ed è possibile dietro pagamento di un biglietto, che può essere acquistato anche online (nel sito sono offerte maggiori informazioni anche in italiano). Queste sono aperte tutti i giorni dell’anno, a eccezione del 24, 25 e 26 dicembre.
 
© 2012 Rita Carla Francesca MonticelliIl Tower Bridge è stato sottoposto a un rinnovamento per quattro anni a partire dal 2008 e per renderlo pronto alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi, che si sono tenute a Londra nel 2012. In concomitanza con questi eventi, dalle passerelle sono stati sospesi rispettivamente i simboli delle due manifestazioni (come potete vedere dalle foto scattate da me nell’agosto 2012 con i cinque cerchi olimpici).
Per qualche strano motivo il Tower Bridge viene spesso chiamato Ponte di Londra, in realtà questo è un errore, poiché il London Bridge è un altro ponte ben distinto che si trova alla sua sinistra.
 
Si può arrivare al Tower Bridge dalla stazione della metropolitana di Tower Hill, da cui si giunge agevolmente anche alla Torre di Londra, dove si possono visitare, tra le varie cose, i gioielli della Corona inglese.
Il monumento è in realtà un vero e proprio castello che in passato fungeva anche da prigione (fino al 1952) e dove venivano giustiziati i prigionieri, ma nella sua storia ha avuto molte altre funzioni, tra cui quella di residenza reale. Per maggiori informazioni sulla Torre di Londra, vi consiglio di visitare il suo sito ufficiale, dove è anche possibile acquistare online i biglietti di ingresso con un piccolo sconto sul prezzo.

Se invece si vuole arrivare al Tower Bridge da Southwark, bisogna scendere alla stazione del London Bridge, che è molto vicina allo Shard (nella terza foto sullo sfondo, mentre il primo piano c’è una parte delle Torre di Londra; anche questa foto è stata scattata da me nell’agosto 2012).
 
Il Tower Bridge fa la sua comparsa anche nella trilogia del detective Eric Shaw e in particolare in “Sindrome”. Ciò avviene nella medesima scena in cui appare appunto The Shard, durante la quale la detective Miriam Leroux e il sergente Mills sono protagonisti di uno spettacolare (nella mente di chi lo immagina, spero!) inseguimento in auto, che termina proprio con un incidente sopra il ponte. Per sapere chi i due poliziotti stessero inseguendo e se il fuggitivo sia poi stato acciuffato, dovrete però leggere il libro.
Questo articolo è anche l’ultimo, per ora, della serie dedicata ai romanzi che hanno come protagonista il detective Shaw. Per leggere i precedenti, potete fare clic qui.
Nuovi articoli che descriveranno altre zone di Londra verranno poi pubblicati con l’uscita del libro finale della trilogia, “Oltre il limite”, prevista per il 21 maggio 2017.
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