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 Il mare de La Pelosa a Stintino... di Carla
 

"Devi scegliere, Anna: la tua scoperta o la Terra." Deserto rosso - Nemico invisibile

 

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 24/08/2017 @ 09:30:00, in Luoghi dei romanzi, linkato 4588 volte)

Lasciandoci alle spalle il palazzo del parlamento e avviandoci lungo Victoria Embankement, il nostro sguardo viene immediatamente catturato da un’enorme ruota panoramica bianca situata sul lato opposto del Tamigi, tra il ponte di Westminster e quello Hungerford: il London Eye.
Si tratta di una delle attrazioni di Londra più recenti. Costruito nel 1999 e aperto al pubblico nel marzo 2000, il London Eye è la ruota panoramica più grande d’Europa e, fino al completamento dello Shard, è stato anche il punto più elevato da cui ammirare la città.
 
Protendendosi sulle acque del Tamigi, il London Eye è sostenuto da una struttura ad A, i cui tiranti sono ancorati su una piccola area dei Jubilee Gardens.
Se attraversiamo il fiume sul ponte di Westminster e ci avviciniamo alla ruota, non possiamo fare altro che sollevare sempre più il naso all’insù nell’avvicinarci a essa, nel tentativo di abbracciarla per intero col nostro sguardo. Sebbene non ci sia mai salita (finora), in tutti i miei viaggi a Londra successivi alla sua costruzione (le foto presenti in questo articolo sono state scattate nel 2008, a eccezione dell’ultima che è del 2012) mi sono ritrovata ogni volta ad ammirarla dal basso con un leggero senso di vertigine.
 
 
La biglietteria è situata nell’edificio posto quasi di fronte (un po’ sulla destra) a quello di accoglienza per l’ingresso alle cabine, in ogni caso, visto che si tratta dell’attrazione più popolare della città (3,5 milioni di visitatori l’anno) è opportuno prenotare online il proprio biglietto, sul sito ufficiale, ottenendo anche un piccolo sconto.
La durata della corsa in una delle trentadue cabine (dotate di guide interattive), che si muovono lentamente tanto da permettere di salire e scendere senza fermarle, è in tutto di trenta minuti. Si tratta senza dubbio di un’esperienza esaltante, ammesso che le condizioni climatiche non riducano la visibilità.
 
Il London Eye è gestito dalla Merlin Entertainment (la stessa che gestisce il Madame Tussauds, ma anche Gardaland!) e cambia il suo nome ufficiale ogni certo numero di anni (variabile) acquisendo di volta in volta quello dello del suo sponsor.
Per raggiungere il London Eye, la stazione della metropolitana più vicina è quella di Waterloo, ma Charing Cross, Embankement e Westminster sono abbastanza vicine. L’attrazione possiede anche un molo, il London Eye Pier, dove si fermano le imbarcazioni di Thames Clippers e di City Cruises.
 
Il London Eye ha un ruolo molto importante nel libro finale della trilogia del detective Eric Shaw. Oltre a essere situato esattamente sul lato opposto del Tamigi rispetto al Curtis Green Building (nuova sede di New Scotland Yard), e quindi visibile persino dall’ufficio di Eric, tutta l’area posta nelle sue immediate vicinanze è teatro di una drammatica scena d’azione in “Oltre il limite”, che coinvolge una delle vittime del chirurgo plastico, ma anche Eric, Miriam Leroux (detective della Omicidi), il sergente Mills (della Omicidi) e l’agente Cora Patel (un nuovo personaggio). Non posso però dirvi di più senza rischiare di rovinarvi la sorpresa nello scoprire, durante la lettura, cosa succederà in questa scena e, soprattutto, come si concluderà.
 
Di notte il London Eye diventa ancora più bello grazie alle luci colorate che illuminano la ruota e l’interno delle cabine.
 
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Di Carla (del 16/08/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2506 volte)

 Amore e odio per Napoli
 
 
L’incipit di questo romanzo e tutta la sua prima parte ti investe con immagini, suoni e aromi, dipingendo un affresco impietoso di Napoli, portato sopra le righe da un’improbabile convergenza di eventi, tra il drammatico e il faceto, che travolgono una normale mattinata di lavoro del giovane protagonista. Più che una semplice lettura, è stata una vera e propria esperienza emotiva, quasi sensoriale, che ha messo in evidenza un’ulteriore sfaccettatura dell’indubbio talento dell’autore che non avevo ancora avuto il piacere di incontrare.
Per quanto in esso tornino tutti i temi cari a Giovanni Venturi, questo romanzo è un’opera profondamente diversa dalle precedenti. Dietro di essa si scorge un attento lavoro di strutturazione, ma anche di sperimentazione rispetto alla produzione passata, che crea un intreccio capace di prendere per mano il lettore e condurlo dalla prima all’ultima pagina, attraverso una realtà cruda, che non fa sconti, dove l’amore e la violenza convivono in una quasi incomprensibile normalità.
Dopo il primo impatto che ti lascia a bocca aperta, Venturi presenta più da vicino i suoi protagonisti, focalizzandosi di volta in volta su uno di essi e sul modo in cui percepisce gli eventi, in capitoli insolitamente lunghi, rispetto alle abitudini dell’autore, che costringono a una lettura senza pause. Sta al lettore immedesimarsi nelle prospettive offerte e incastrarle le une con le altre, finché tutti i filoni narrativi convergono nell’avvicinarsi all’epilogo. Questo non offre certezze, ma, come i migliori finali aperti, permette al lettore di fare propria la storia e immaginarne il seguito.
 
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Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su:
aNobii: 
http://www.anobii.com/anakina/books
Goodreads: http://www.goodreads.com/anakina
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Di Carla (del 07/08/2017 @ 09:30:00, in Luoghi dei romanzi, linkato 3728 volte)

Uno dei quartieri più caratteristici della City of Westminster, situato nella zona est del West End, di cui costituisce il cuore pulsante, è Covent Garden. Il suo nome deriva da una storpiatura del termine “Convent Garden”, vale a dire “giardino del convento”, poiché tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo vi sorgeva l’orto di un convento, ma è perlopiù associato a due luoghi storici che si trovano al suo interno: la Royal Opera House, che spesso viene definita semplicemente Covent Garden, e il Covent Garden Market.
Quest’ultimo è situato nella piazza centrale del quartiere e in passato ospitava un vero e proprio mercato, la cui versione moderna è stata trasferita dal 1974 a Nine Elms (New Covent Garden Market). L’attuale Covent Garden Market è più che altro un centro commerciale, che ospita negozi, ristoranti e un mercatino dell’artigianato, chiamato Apple Market.
 
 
Dal punto di vista storico la prima prova dell’esistenza di un mercato a Covent Garden può essere fatta risalire addirittura al 1654, ma l’edificio neoclassico che rappresenta l’attuale cuore del quartiere viene costruito molto più tardi: nel 1830. Negli anni ’60 del ventesimo secolo l’aumento del traffico diviene un grosso problema che spinge a costruire un nuovo edificio a Nine Elms e a trasferirvi il mercato nel decennio successivo. Il vecchio edificio viene quindi convertito nell’attuale centro commerciale e riaperto nel 1980.
 
Per chiunque vada a Londra il Covent Garden Market è una tappa da non perdere per passare un po’ di tempo ad ascoltare musica dal vivo, mentre si beve qualcosa di fresco o di caldo (secondo la stagione), per provare uno dei suoi ristoranti, per fare qualche acquisto o, semplicemente, per fermarsi a guardare l’allegro viavai di persone che lo affollano ogni giorno.
Arrivarci è facile, poiché sulla Piccadilly Line è presente una stazione chiamata Covent Garden, che si trova a due passi dal mercato. Un’altra stazione particolarmente vicina è quella di Leicester Square sulla Piccadilly Line e sulla Northern Line.
 
Mi è capitato di andarci quasi tutte le volte che sono stata a Londra (le foto risalgono al 2011) e così non potevo esimermi dal citarlo anche nella trilogia del detective Eric Shaw.
In particolare il mercato è il luogo in cui si svolge una scena del libro finale, “Oltre il limite”, in cui il detective George Jankowski, collega di Eric e anche lui a capo di una squadra della Scientifica, incontra un giornalista, Burton Phillips, che gestisce un blog di cronaca nera giudiziaria e che nel 2014 ha seguito il processo contro l’uomo ritenuto essere il serial killer denominato “chirurgo plastico”. Nonostante l’uomo sia stato condannato e si trovi in prigione, il recente omicidio di una donna avvenuto al Madame Tussauds fa di nuovo pensare che dietro di esso ci sia lo stesso assassino.
La conversazione tra Jankowski e Phillips si svolge idealmente in uno dei tavolini visibili nella seconda foto in alto. Proprio a questa foto mi sono ispirata per scrivere la scena, tanto che è possibile vedere persino il ragazzo che scatta una foto ai musicisti citato al suo inizio.
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Di Carla (del 22/07/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2035 volte)

Le streghe e gli inquisitori sono tra noi?

Pur non essendo un’amante dell’urban fantasy, sono stata incuriosita dall’originalità della storia: questa presenta una realtà odierna in cui ci sono veramente le streghe ed esiste ancora l’Inquisizione, il tutto ambientato a Milano. A ciò si aggiunge la classica storia d’amore impossibile, stavolta proprio tra una strega e un inquisitore.
Devo dire che Sara Simoni, che qui è alla sua prima esperienza da self-publisher, se l’è cavata egregiamente su diversi fronti. La storia è godibile e si chiude con un finale aperto e non scontato, che allontana il romanzo dal genere puramente romantico, consolidando la propria posizione nell’ambito del fantasy, ma anche che ci fa capire come l’autrice ci abbia mostrato solo un piccolo scorcio di questo suo universo. La scrittura è molto pulita, ma allo stesso tempo caratterizzata da un registro ricercato e mai banale. Il ritmo è veloce, tanto che mi ha spinto a leggere il libro in pochi giorni, proprio perché mi chiedevo cosa sarebbe successo dopo. È inoltre evidente il lavoro di ricerca che mescola con sapienza elementi storici e altri inventati, in maniera tale da rendere invisibile a chi non è un esperto dell’argomento il sottile limite che li separa.
Infine l’edizione appare ben curata, ulteriore elemento di merito che mi ha spinto a dare il massimo dei voti a questo libro, nonostante la trama non sia del tutto nelle mie corde, come gusto personale.
Lo consiglio sicuramente agli amanti del genere che vogliano avventurarsi in qualcosa di diverso dal solito.

La musa della notte (Kindle, brossura) su Amazon.it.
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Di Carla (del 11/07/2017 @ 09:30:00, in Interviste, linkato 2246 volte)

Tempo fa ho avuto il piacere di entrare in contatto col blog letterario Tregua Libresca attraverso l’account Twitter di Eric Shaw, il protagonista della trilogia del detective Shaw. Il misterioso curatore del sito (non mi ha rivelato la sua identità!), dopo aver letto i libri, mi ha chiesto di rispondere ad alcune domande e adesso questa breve intervista è online su Tregua Libresca, che ha dedicato un articolo alla trilogia.
 
Si tratta di appena quattro domande, eppure sono domande che colgono nel segno e che mi hanno permesso di parlare di me senza ripetere le solite cose su ciò che ho fatto in passato e sulla mia attività attuale nell’ambito dell’autoeditoria. Inoltre mi hanno dato l’opportunità di approfondire l’argomento centrale della trilogia, cioè il rapporto tra Eric e la sua allieva, a partire da cosa mi è stato di ispirazione nel crearlo fino all’evoluzione imprevedibile dei personaggi che ne è scaturita. Infine ho avuto modo di spendere qualche parola sull’ambientazione della trilogia: la mia interpretazione di Londra.
 
Per saperne di più, vi invito a leggere l’intervista su Tregua Libresca seguendo questo link. E magari potreste anche lasciare un commento, un mi piace o condividerla.
 
Ringrazio Tregua Libresca per lo spazio concesso a me… e a Eric!
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Di Carla (del 07/07/2017 @ 09:30:00, in Scrittura & pubblicazione, linkato 2303 volte)

Quanti libri riuscite a leggere in un mese?
L’estate è il momento migliore per accettare questa sfida e leggere gratis per 30 giorni tutti i libri che volete tra quelli offerti da Playster, una nuova piattaforma ad abbonamento che permette di accedere a libri, audiolibri, musica, film e giochi. È possibile abbonarsi anche soltanto a una tipologia di prodotti e soprattutto è possibile provare il servizio gratuitamente per un mese.
 
E tra i libri disponibili trovate anche tutti i miei libri!
Se ce n’è quindi qualcuno che non avete ancora letto, questa è l’occasione per mettervi in pari completamente gratis. Se, invece, non avete ancora letto nessuno dei miei libri, perché non sfruttate i 30 giorni offerti per provarne almeno uno?
 
Potete trovare tutti i miei libri (anche quelli in inglese pubblicati direttamente da me) a questo link e iniziare subito la lettura.
 
 
Buona estate e buone letture estive!
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Di Carla (del 27/06/2017 @ 09:30:00, in Luoghi dei romanzi, linkato 3397 volte)
dgmiami, CC BY-NC-ND 2.0
A Londra c’è un’area che occupa gran parte della Città di Westminster e del Borgo di Camden Town, e che è semplicemente nota col nome di West End, cioè estremità occidentale (foto accanto di dgmiami, CC BY-NC-ND 2.0). Questo riferimento geografico deriva dalla sua posizione rispetto alla City, l’antica Londra romana, con cui confina a est, cosa che in passato l’aveva resa appunto l’estremità occidentale della capitale britannica. Adesso però il West End di fatto è una parte consistente del centro dell’attuale metropoli londinese.
 
Si tratta di un’area molto grande, che comprende diversi luoghi descritti negli articoli precedenti di questa serie: Marylebone, New Scotland Yard (sia quella vecchia che quella nuova) e Leicester Square. Ma per tutto il mondo West End è perlopiù sinonimo di Theatreland, cioè la zona dei teatri, che occupano soprattutto il quartiere di Covent Garden. Tant’è che esiste la terminologia “teatro del West End” per definire la pratica del teatro professionale di Londra, che, insieme al teatro di Broadway a New York, rappresenta l’apice del teatro commerciale anglofono mondiale.
Più in generale il West End è il fulcro dell’intrattenimento notturno londinese, data l’elevata concentrazione di teatri, ma anche di cinema, ristoranti e pub, dove si mangia, si beve e si ascolta musica dal vivo.
West End è stato anche il primo nome del duo britannico dei Pet Show Boys, che hanno poi dedicato a quest’area il famoso brano “West End Girls”.

© WestendTheatre.com

Tra i tanti teatri del West End c’è il Savoy Theatre (vedi foto dell’interno del teatro, presa da WestendTheatre.com), situato in Savoy Court, un vicolo che sbocca nello Strand, quest’ultimo è una delle più famose vie di Londra, che partendo da Trafalgar Square raggiunge il confine della City. Ci si arriva facilmente a piedi dalla stazione della metropolitana di Charing Cross oppure da quella di Embankment.
L’odierno teatro Savoy ha la peculiarità di essere costruito sotto il livello della strada e sopra di esso è situato l’omonimo hotel. Come la maggior parte dei teatri londinesi, si sviluppa soprattutto in altezza, con ben due logge che sovrastano la platea (in tutto comprende 1158 posti), riducendo al minimo la distanza tra spettatori e palco, e favorendo il godimento dello spettacolo. Essendoci stata di persona nel 2008, per vedere il musical “Never Forget”, basato sulle canzoni dei Take That, ve lo posso confermare!
 
Il sito del teatro Savoy, però, ha una storia di ricostruzioni e rinnovamenti che risale a ben prima del 1881, quando per la prima volta venne inaugurato. In precedenza quello stesso sito aveva avuto destinazione d’uso ben diversa.
Nel 1246 vi venne costruito il Savoy Palace per Pietro, il Conte di Richmond, cui era stato concesso il terreno dal Re Enrico III. Il titolo di Conte di Richmond era stato concesso sempre dal re al Conte Pietro di Savoia, zio di sua moglie (Eleonora di Provenza), e da lui deriva appunto il nome Savoy, che è arrivato fino ai giorni nostri.
 
Di quel palazzo non restava già nulla nel primo teatro Savoy, poiché venne incendiato nel 1831. Successivamente sulle sue rovine venne costruito un ospedale (1505), finché anche quest’ultimo non venne distrutto dall’incendio. Solo nel 1881 sarebbe diventato un teatro.
Da allora il suo interno venne completamente ricostruito nel 1929, mentre il suo successivo rinnovamento, iniziato nel 1990, subì una battuta d’arresto per via dell’ennesimo incendio. L’ultima riapertura risale 1993, nella forma attuale, per cui si è cercato il più possibile di riproporre la sua struttura originale.
 
Le rappresentazioni al giorno d’oggi sono sempre dei musical, alcuni replicati per più anni di seguito. È possibile acquistare i biglietti direttamente dal sito ufficiale del teatro (dal link Tickets), ma attraverso alcune agenzie (sempre online) si trovano spesso dei prezzi scontati, che permettono di assistere a bellissimi spettacoli proposti con una spesa contenuta.
 
Il West End compare spesso nella trilogia del detective Eric Shaw, ha però un ruolo cruciale solo nell’ultimo libro della serie, “Oltre il limite”, in cui vediamo la detective Miriam Leroux e il sergente Mills aggirarsi in auto proprio sullo Strand e troviamo un altro personaggio importante nel Covent Garden Market (ma di questo parlerò nel prossimo articolo della serie), ma soprattutto quest’area è letteralmente teatro di un crimine, che ha luogo proprio nel Savoy, gremito di spettatori.
In realtà il crimine avrebbe dovuto avere luogo in un giorno (il 22 maggio 2017) in cui non c’è stata alcuna rappresentazione, ma anche questa non è altro che una delle mie tante licenze artistiche.
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Di Carla (del 13/06/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 3213 volte)


 Trama interessante, ma esecuzione non convincente

Questo libro non decolla mai.
Parte con la classica scena di un certo genere di crime thriller narrata dal punto di vista della vittima, scena che sappiamo già come andrà a finire. La protagonista, Erika Foster, è una detective di origini slovacche, come l'autore, che è considerata molto brava nel suo lavoro, ma da poco ha perso il marito durante un'azione di polizia. Viene richiamata al lavoro per dirigere l'investigazione di questo caso per via della sua bravura, ma viene continuamente ostacolata dal proprio capo, che pare volere tutto tranne risolverlo (almeno fosse stato così... e invece si comporta semplicemente in maniera insensata). Erika, rientrando nel classico cliché di poliziotta rude e impulsiva a tutti i costi (caratteristiche che automaticamente renderebbero chiunque inadatto ad avere un ruolo di comando in polizia), disubbidisce al proprio capo, diventa aggressiva, si comporta un po' da matta e finisce anche per metterlo in imbarazzo, poiché sembra non avere altra ragione di vita se non risolvere il caso.
Onestamente ho trovato il comportamento di tutti i personaggi spesso artificioso, sopra le righe o poco logico.
Possibile che una bravissima detective che si ritrova un biglietto dell'assassino in tasca non si preoccupi di trovare delle cose fuori posto nel proprio appartamento? Astutissima, direi. Altro che Sherlock Holmes!
Il romanzo di tanto in tanto si allontana dalla protagonista, mostrando scene da punti di vista poco rilevanti. La stessa scena del climax non è dal punto di vista della Foster, che tra l'altro non aveva assolutamente capito chi fosse l'assassino finché non se l'era ritrovato di fronte a minacciarla.
Insomma, a parte una minima curiosità di capire l'identità dell'assassino, il romanzo non è riuscito a coinvolgermi.
L'edizione (ho letto quella originale in inglese), poi, lascia a desiderare, tra refusi involontariamente comici (il dessert diventa un deserto!), altri incomprensibili (lo stesso nome a distanza di poche parole scritto in due modi diversi), fastidiose ripetizioni e persino errori di formattazione.
Mi ha dato l'impressione del primo tentativo ingenuo di scrivere un thriller, ispirato magari dal cinema, più che una storia immaginata e strutturata per la parola scritta. Probabilmente lo stile dell'autore sarà migliorato nei libri successivi della serie, ma credo proprio che non lo scoprirò mai.

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Rieccomi qui, dopo un anno. Sono riuscita a fuggire momentaneamente da Twitter e a venire a scrivere sul blog della mia creatrice per questa importante ricorrenza: Deserto rosso” compie cinque anni!
Eh, sì, è passato già un lustro da quando “Deserto rosso - Punto di non ritorno” è uscito, segnando l’inizio vero e proprio dell’avventura da autoeditore della mia creatrice e della mia avventura, come protagonista della serie, su Marte.
 

 
In questi ultimi 12 mesi è successa una cosa importantissima: lo scorso novembre è uscito “Ophir. Codice vivente”, terza parte del ciclo dell’Aurora e seguito cronologico di “Deserto rosso”.
E ci sono anch’io ovviamente!
 
A dire la verità, chi ha letto “L’isola di Gaia”, la seconda parte del ciclo, sa che faccio una breve apparizione anche in quel libro, ma di “Ophir. Codice vivente” sono uno dei personaggi principali. Non ho più il ruolo di protagonista, che stavolta è nelle mani di Melissa Diaz (!), ma mi do il mio bel da fare per incasinarmi la vita, come al solito, e per fare altrettanto con quella degli altri, se mi riesce.
La storia è ambientata in due periodi temporali distinti. Il primo è appena tre anni dopo la fine di “Deserto rosso”, nel secondo invece ci si sposta di altri nove anni. Mi muovo tra Los Angeles, Londra e Francoforte, e mi ritroverò coinvolta di nuovo, mio malgrado, nelle faccende dell’Agenzia Spaziale Internazionale.
 
Insomma, se avete seguito le mie vicende nella serie di “Deserto rosso”, non potete non leggere “Ophir. Codice vivente”, ma vi consiglio di passare per “L’isola di Gaia”, rispettando l’ordine di pubblicazione dei libri.
 
Nel frattempo il numero di persone che ha letto i libri del ciclo dell’Aurora è salito ancora rispetto a un anno fa, superando abbondantemente quota 11.000!
 
Cosa ci aspetta adesso?
Be’, la mia creatrice porterà avanti il ciclo fino al suo completamento previsto per il 2020. Il prossimo anno (2018) sarà la volta di “Sirius. In caduta libera. Stavolta la voce narrante sarà quella di Hassan, ma nel romanzo ci sarò anch’io.
Magari per il prossimo anniversario sarò in grado di darvi qualche anticipazione. Che ne dite?
 
E poi ci sarà il gran finale con l’ultimo libro del ciclo, da cui deriva il suo nome: “Aurora”. È previsto per il 2020 e ci sarò un’intera parte, delle quattro di cui sarà composto, di cui sarò la voce narrante, esattamente l’ultima. Sarò, infatti, io, che ho dato inizio a questa saga, ad accompagnarvi fino alla sua conclusione, in un luogo molto lontano dalla Terra e da Marte.
 
Ma c’è ancora tempo e, intanto, vi invito come sempre a visitare il sito monotematico dedicato al ciclo dell’Aurora: www.desertorosso.net
Potete invece trovare me come sempre sul mio account Twitter, dove pubblico costantemente link ad articoli in inglese sulle ultime novità relative all’esplorazione di Marte.
 
È stato bello parlarvi anche quest’anno, ma adesso devo proprio andare, prima che la mia creatrice si accorga della mia intrusione.
Ci vediamo tra le pagine dei suoi libri… e nei vostri sogni!
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Di Carla (del 03/06/2017 @ 10:00:00, in Eventi, linkato 2656 volte)

Il 26 maggio ho avuto il piacere di presentare la trilogia del detective Eric Shaw al folto pubblico intervenuto alla Biblioteca Comunale di Carbonia nell’ambito della rassegna Carbonia Scrive. Mi ha fatto particolarmente piacere parlare dei miei romanzi nella città in cui sono nata e dove ho frequentato il liceo, davanti a tante persone che conoscevo, alcune delle quali non vedevo da molto tempo.
 
Insieme ad Anna Paola Peddis, che ha moderato l’evento, abbiamo ripercorso questi ultimi cinque anni che mi hanno visto intraprendere la strada dell’autoeditoria e pubblicare ben dodici libri, dalle prime esperienze con “Deserto rosso”, passando per il contratto con AmazonCrossing per la pubblicazione in inglese de “Il mentore”, fino al completamento della trilogia del detective Shaw con “Sindrome” lo scorso anno e “Oltre il limite” il 21 maggio 2017.
 
 
Mi è stato chiesto di raccontare del mio approccio nei confronti della scrittura, che non è un qualcosa mosso dall’ispirazione del momento, ma un mestiere fatto di disciplina, progettazione e scadenze, in cui non c’è posto per capricci come il cosiddetto “blocco dello scrittore”. E poi ho avuto modo di accennare come lo scrivere sia solo la prima parte del mestiere ben più complesso dell’autoeditore.
 
Non è mancata l’opportunità di approfondire alcune tematiche dei miei libri, in particolare della trilogia del detective Eric Shaw, che vede come protagonista un antieroe abituato a etichettare il modo in cui ha sempre contravvenuto alle regole definendolo come giusto, poiché atto ad assicurare i criminali alla giustizia, e che vede le proprie certezze vacillare fino a crollare nel momento in cui si scopre ad accettare il comportamento di una persona cui tiene che si è macchiata di efferati crimini per perseguire un senso di giustizia più estremo del suo.
 
Non sono mancati neppure momenti di divertimento, come potete vedere nella prima foto!
 
E come sempre mi è stato chiesto per quale motivo abbia deciso di ambientare questa storia a Londra, cioè in un ambiente lontano dalla mia realtà. E come sempre ho risposto che è proprio questo il motivo: la realtà e la finzione sono due cose distinte e che quando creo una storia lo faccio proprio per allontanarmi dalla mia realtà. Inoltre la finzione merita di essere tanto credibile quanto lo è la realtà e per riuscirci deve avere un’ambientazione adeguata.
Quale migliore città si adatta a una storia di serial killer, se non Londra?
Con i suoi luoghi più popolari in cui si svolgono molte delle scene della trilogia, Londra rappresenta un’ambientazione familiare in cui qualsiasi lettore è in grado di trovarsi a proprio agio a seguire le vicende dei protagonisti e a immedesimarsi in essi, allo stesso modo in cui io, che conosco abbastanza bene questa metropoli (sono stata in quasi tutti i luoghi citati), mi sono trovata a mio agio nel narrarle, mantenendo nel contempo la massima immedesimazione.
 
Ma un momento veramente speciale è stato quello in cui sono stati letti dei passaggi rispettivamente de “Il mentore” e di “Oltre il limite”. Non mi era mai capitato di sentire qualcuno leggere a voce alta qualcosa che io avevo scritto e di realizzare nei visi dei presenti l’effetto che le mie parole avevano su di loro. È stata una sensazione unica, indescrivibile, che ha contribuito a rendere questa serata perfetta.
 
Ringrazio ancora una volta tutte le persone che sono intervenute e quelle che hanno organizzato l’evento, in particolar modo Anna Paola Peddis e la sua collega di cui non ricordo il nome (scusa!), che potete vedere nelle foto insieme a me (altre foto dell’evento sono disponibili su Facebook).
Grazie davvero a tutti!
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