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 Malta... di Carla
 

“Mi chiedo cosa si provi a possedere un corpo.”
Ophir. Codice vivente

 

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 07/07/2017 @ 09:30:00, in Scrittura & pubblicazione, linkato 2262 volte)

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Buona estate e buone letture estive!
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Di Carla (del 27/06/2017 @ 09:30:00, in Luoghi dei romanzi, linkato 3312 volte)
dgmiami, CC BY-NC-ND 2.0
A Londra c’è un’area che occupa gran parte della Città di Westminster e del Borgo di Camden Town, e che è semplicemente nota col nome di West End, cioè estremità occidentale (foto accanto di dgmiami, CC BY-NC-ND 2.0). Questo riferimento geografico deriva dalla sua posizione rispetto alla City, l’antica Londra romana, con cui confina a est, cosa che in passato l’aveva resa appunto l’estremità occidentale della capitale britannica. Adesso però il West End di fatto è una parte consistente del centro dell’attuale metropoli londinese.
 
Si tratta di un’area molto grande, che comprende diversi luoghi descritti negli articoli precedenti di questa serie: Marylebone, New Scotland Yard (sia quella vecchia che quella nuova) e Leicester Square. Ma per tutto il mondo West End è perlopiù sinonimo di Theatreland, cioè la zona dei teatri, che occupano soprattutto il quartiere di Covent Garden. Tant’è che esiste la terminologia “teatro del West End” per definire la pratica del teatro professionale di Londra, che, insieme al teatro di Broadway a New York, rappresenta l’apice del teatro commerciale anglofono mondiale.
Più in generale il West End è il fulcro dell’intrattenimento notturno londinese, data l’elevata concentrazione di teatri, ma anche di cinema, ristoranti e pub, dove si mangia, si beve e si ascolta musica dal vivo.
West End è stato anche il primo nome del duo britannico dei Pet Show Boys, che hanno poi dedicato a quest’area il famoso brano “West End Girls”.

© WestendTheatre.com

Tra i tanti teatri del West End c’è il Savoy Theatre (vedi foto dell’interno del teatro, presa da WestendTheatre.com), situato in Savoy Court, un vicolo che sbocca nello Strand, quest’ultimo è una delle più famose vie di Londra, che partendo da Trafalgar Square raggiunge il confine della City. Ci si arriva facilmente a piedi dalla stazione della metropolitana di Charing Cross oppure da quella di Embankment.
L’odierno teatro Savoy ha la peculiarità di essere costruito sotto il livello della strada e sopra di esso è situato l’omonimo hotel. Come la maggior parte dei teatri londinesi, si sviluppa soprattutto in altezza, con ben due logge che sovrastano la platea (in tutto comprende 1158 posti), riducendo al minimo la distanza tra spettatori e palco, e favorendo il godimento dello spettacolo. Essendoci stata di persona nel 2008, per vedere il musical “Never Forget”, basato sulle canzoni dei Take That, ve lo posso confermare!
 
Il sito del teatro Savoy, però, ha una storia di ricostruzioni e rinnovamenti che risale a ben prima del 1881, quando per la prima volta venne inaugurato. In precedenza quello stesso sito aveva avuto destinazione d’uso ben diversa.
Nel 1246 vi venne costruito il Savoy Palace per Pietro, il Conte di Richmond, cui era stato concesso il terreno dal Re Enrico III. Il titolo di Conte di Richmond era stato concesso sempre dal re al Conte Pietro di Savoia, zio di sua moglie (Eleonora di Provenza), e da lui deriva appunto il nome Savoy, che è arrivato fino ai giorni nostri.
 
Di quel palazzo non restava già nulla nel primo teatro Savoy, poiché venne incendiato nel 1831. Successivamente sulle sue rovine venne costruito un ospedale (1505), finché anche quest’ultimo non venne distrutto dall’incendio. Solo nel 1881 sarebbe diventato un teatro.
Da allora il suo interno venne completamente ricostruito nel 1929, mentre il suo successivo rinnovamento, iniziato nel 1990, subì una battuta d’arresto per via dell’ennesimo incendio. L’ultima riapertura risale 1993, nella forma attuale, per cui si è cercato il più possibile di riproporre la sua struttura originale.
 
Le rappresentazioni al giorno d’oggi sono sempre dei musical, alcuni replicati per più anni di seguito. È possibile acquistare i biglietti direttamente dal sito ufficiale del teatro (dal link Tickets), ma attraverso alcune agenzie (sempre online) si trovano spesso dei prezzi scontati, che permettono di assistere a bellissimi spettacoli proposti con una spesa contenuta.
 
Il West End compare spesso nella trilogia del detective Eric Shaw, ha però un ruolo cruciale solo nell’ultimo libro della serie, “Oltre il limite”, in cui vediamo la detective Miriam Leroux e il sergente Mills aggirarsi in auto proprio sullo Strand e troviamo un altro personaggio importante nel Covent Garden Market (ma di questo parlerò nel prossimo articolo della serie), ma soprattutto quest’area è letteralmente teatro di un crimine, che ha luogo proprio nel Savoy, gremito di spettatori.
In realtà il crimine avrebbe dovuto avere luogo in un giorno (il 22 maggio 2017) in cui non c’è stata alcuna rappresentazione, ma anche questa non è altro che una delle mie tante licenze artistiche.
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Di Carla (del 13/06/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 3132 volte)


 Trama interessante, ma esecuzione non convincente

Questo libro non decolla mai.
Parte con la classica scena di un certo genere di crime thriller narrata dal punto di vista della vittima, scena che sappiamo già come andrà a finire. La protagonista, Erika Foster, è una detective di origini slovacche, come l'autore, che è considerata molto brava nel suo lavoro, ma da poco ha perso il marito durante un'azione di polizia. Viene richiamata al lavoro per dirigere l'investigazione di questo caso per via della sua bravura, ma viene continuamente ostacolata dal proprio capo, che pare volere tutto tranne risolverlo (almeno fosse stato così... e invece si comporta semplicemente in maniera insensata). Erika, rientrando nel classico cliché di poliziotta rude e impulsiva a tutti i costi (caratteristiche che automaticamente renderebbero chiunque inadatto ad avere un ruolo di comando in polizia), disubbidisce al proprio capo, diventa aggressiva, si comporta un po' da matta e finisce anche per metterlo in imbarazzo, poiché sembra non avere altra ragione di vita se non risolvere il caso.
Onestamente ho trovato il comportamento di tutti i personaggi spesso artificioso, sopra le righe o poco logico.
Possibile che una bravissima detective che si ritrova un biglietto dell'assassino in tasca non si preoccupi di trovare delle cose fuori posto nel proprio appartamento? Astutissima, direi. Altro che Sherlock Holmes!
Il romanzo di tanto in tanto si allontana dalla protagonista, mostrando scene da punti di vista poco rilevanti. La stessa scena del climax non è dal punto di vista della Foster, che tra l'altro non aveva assolutamente capito chi fosse l'assassino finché non se l'era ritrovato di fronte a minacciarla.
Insomma, a parte una minima curiosità di capire l'identità dell'assassino, il romanzo non è riuscito a coinvolgermi.
L'edizione (ho letto quella originale in inglese), poi, lascia a desiderare, tra refusi involontariamente comici (il dessert diventa un deserto!), altri incomprensibili (lo stesso nome a distanza di poche parole scritto in due modi diversi), fastidiose ripetizioni e persino errori di formattazione.
Mi ha dato l'impressione del primo tentativo ingenuo di scrivere un thriller, ispirato magari dal cinema, più che una storia immaginata e strutturata per la parola scritta. Probabilmente lo stile dell'autore sarà migliorato nei libri successivi della serie, ma credo proprio che non lo scoprirò mai.

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Goodreads: http://www.goodreads.com/anakina
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Rieccomi qui, dopo un anno. Sono riuscita a fuggire momentaneamente da Twitter e a venire a scrivere sul blog della mia creatrice per questa importante ricorrenza: Deserto rosso” compie cinque anni!
Eh, sì, è passato già un lustro da quando “Deserto rosso - Punto di non ritorno” è uscito, segnando l’inizio vero e proprio dell’avventura da autoeditore della mia creatrice e della mia avventura, come protagonista della serie, su Marte.
 

 
In questi ultimi 12 mesi è successa una cosa importantissima: lo scorso novembre è uscito “Ophir. Codice vivente”, terza parte del ciclo dell’Aurora e seguito cronologico di “Deserto rosso”.
E ci sono anch’io ovviamente!
 
A dire la verità, chi ha letto “L’isola di Gaia”, la seconda parte del ciclo, sa che faccio una breve apparizione anche in quel libro, ma di “Ophir. Codice vivente” sono uno dei personaggi principali. Non ho più il ruolo di protagonista, che stavolta è nelle mani di Melissa Diaz (!), ma mi do il mio bel da fare per incasinarmi la vita, come al solito, e per fare altrettanto con quella degli altri, se mi riesce.
La storia è ambientata in due periodi temporali distinti. Il primo è appena tre anni dopo la fine di “Deserto rosso”, nel secondo invece ci si sposta di altri nove anni. Mi muovo tra Los Angeles, Londra e Francoforte, e mi ritroverò coinvolta di nuovo, mio malgrado, nelle faccende dell’Agenzia Spaziale Internazionale.
 
Insomma, se avete seguito le mie vicende nella serie di “Deserto rosso”, non potete non leggere “Ophir. Codice vivente”, ma vi consiglio di passare per “L’isola di Gaia”, rispettando l’ordine di pubblicazione dei libri.
 
Nel frattempo il numero di persone che ha letto i libri del ciclo dell’Aurora è salito ancora rispetto a un anno fa, superando abbondantemente quota 11.000!
 
Cosa ci aspetta adesso?
Be’, la mia creatrice porterà avanti il ciclo fino al suo completamento previsto per il 2020. Il prossimo anno (2018) sarà la volta di “Sirius. In caduta libera. Stavolta la voce narrante sarà quella di Hassan, ma nel romanzo ci sarò anch’io.
Magari per il prossimo anniversario sarò in grado di darvi qualche anticipazione. Che ne dite?
 
E poi ci sarà il gran finale con l’ultimo libro del ciclo, da cui deriva il suo nome: “Aurora”. È previsto per il 2020 e ci sarò un’intera parte, delle quattro di cui sarà composto, di cui sarò la voce narrante, esattamente l’ultima. Sarò, infatti, io, che ho dato inizio a questa saga, ad accompagnarvi fino alla sua conclusione, in un luogo molto lontano dalla Terra e da Marte.
 
Ma c’è ancora tempo e, intanto, vi invito come sempre a visitare il sito monotematico dedicato al ciclo dell’Aurora: www.desertorosso.net
Potete invece trovare me come sempre sul mio account Twitter, dove pubblico costantemente link ad articoli in inglese sulle ultime novità relative all’esplorazione di Marte.
 
È stato bello parlarvi anche quest’anno, ma adesso devo proprio andare, prima che la mia creatrice si accorga della mia intrusione.
Ci vediamo tra le pagine dei suoi libri… e nei vostri sogni!
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Di Carla (del 03/06/2017 @ 10:00:00, in Eventi, linkato 2589 volte)

Il 26 maggio ho avuto il piacere di presentare la trilogia del detective Eric Shaw al folto pubblico intervenuto alla Biblioteca Comunale di Carbonia nell’ambito della rassegna Carbonia Scrive. Mi ha fatto particolarmente piacere parlare dei miei romanzi nella città in cui sono nata e dove ho frequentato il liceo, davanti a tante persone che conoscevo, alcune delle quali non vedevo da molto tempo.
 
Insieme ad Anna Paola Peddis, che ha moderato l’evento, abbiamo ripercorso questi ultimi cinque anni che mi hanno visto intraprendere la strada dell’autoeditoria e pubblicare ben dodici libri, dalle prime esperienze con “Deserto rosso”, passando per il contratto con AmazonCrossing per la pubblicazione in inglese de “Il mentore”, fino al completamento della trilogia del detective Shaw con “Sindrome” lo scorso anno e “Oltre il limite” il 21 maggio 2017.
 
 
Mi è stato chiesto di raccontare del mio approccio nei confronti della scrittura, che non è un qualcosa mosso dall’ispirazione del momento, ma un mestiere fatto di disciplina, progettazione e scadenze, in cui non c’è posto per capricci come il cosiddetto “blocco dello scrittore”. E poi ho avuto modo di accennare come lo scrivere sia solo la prima parte del mestiere ben più complesso dell’autoeditore.
 
Non è mancata l’opportunità di approfondire alcune tematiche dei miei libri, in particolare della trilogia del detective Eric Shaw, che vede come protagonista un antieroe abituato a etichettare il modo in cui ha sempre contravvenuto alle regole definendolo come giusto, poiché atto ad assicurare i criminali alla giustizia, e che vede le proprie certezze vacillare fino a crollare nel momento in cui si scopre ad accettare il comportamento di una persona cui tiene che si è macchiata di efferati crimini per perseguire un senso di giustizia più estremo del suo.
 
Non sono mancati neppure momenti di divertimento, come potete vedere nella prima foto!
 
E come sempre mi è stato chiesto per quale motivo abbia deciso di ambientare questa storia a Londra, cioè in un ambiente lontano dalla mia realtà. E come sempre ho risposto che è proprio questo il motivo: la realtà e la finzione sono due cose distinte e che quando creo una storia lo faccio proprio per allontanarmi dalla mia realtà. Inoltre la finzione merita di essere tanto credibile quanto lo è la realtà e per riuscirci deve avere un’ambientazione adeguata.
Quale migliore città si adatta a una storia di serial killer, se non Londra?
Con i suoi luoghi più popolari in cui si svolgono molte delle scene della trilogia, Londra rappresenta un’ambientazione familiare in cui qualsiasi lettore è in grado di trovarsi a proprio agio a seguire le vicende dei protagonisti e a immedesimarsi in essi, allo stesso modo in cui io, che conosco abbastanza bene questa metropoli (sono stata in quasi tutti i luoghi citati), mi sono trovata a mio agio nel narrarle, mantenendo nel contempo la massima immedesimazione.
 
Ma un momento veramente speciale è stato quello in cui sono stati letti dei passaggi rispettivamente de “Il mentore” e di “Oltre il limite”. Non mi era mai capitato di sentire qualcuno leggere a voce alta qualcosa che io avevo scritto e di realizzare nei visi dei presenti l’effetto che le mie parole avevano su di loro. È stata una sensazione unica, indescrivibile, che ha contribuito a rendere questa serata perfetta.
 
Ringrazio ancora una volta tutte le persone che sono intervenute e quelle che hanno organizzato l’evento, in particolar modo Anna Paola Peddis e la sua collega di cui non ricordo il nome (scusa!), che potete vedere nelle foto insieme a me (altre foto dell’evento sono disponibili su Facebook).
Grazie davvero a tutti!
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Di Carla (del 25/05/2017 @ 09:30:00, in Luoghi dei romanzi, linkato 4622 volte)
Ho già parlato del Madame Tussauds nell’articolo dedicato al quartiere di Marylebone (che vi invito a leggere per avere maggiori informazioni), ma ho pensato che questo famosissimo museo delle cere meritasse un altro articolo tutto incentrato su di esso, visto il ruolo cruciale che svolge nel libro finale della trilogia del detective Eric Shaw, “Oltre il limite”.
 
Esso fa parte di una catena di musei delle cere, presenti in dodici diverse città in tutto il mondo, ma il primo è stato proprio quello di Londra, fondato dalla scultrice Marie Tussaud nel 1835, anno in cui realizzò la prima mostra della sua collezione. Attualmente la catena dei musei Madame Tussauds appartiene all’azienda inglese Merlin Entertainment, che tra le varie cose è proprietaria anche del nostro Gardaland.
 
 
Io ho avuto il piacere di visitare il museo due volte a grande distanza di tempo: una nel 1990 e una nel 2011. Alcune parti dell’esposizione non sono in realtà cambiate più di tanto, soprattutto quelle relative alle ricostruzioni di scene del passato, mentre tutto resto mi è parso completamente rivoluzionato. Infatti, le statue delle celebrità contemporanee tendono sempre a rispecchiare le mode dei tempi e, magari, l’invecchiamento dei personaggi pubblici che rappresentano. Tra le statue storiche in particolare non posso non citare “la bella addormentata”, che pare sia la più antica tuttora esposta. È opera del maestro della Tussaud, il dottor Curtius, ed è datata 1765. Questa è caratterizzata da un movimento del petto che ne simula la respirazione, proprio come se dormisse, e rappresenta Madame Du Barry.
 
L’esposizione è costituita da un percorso più o meno obbligato in cui si incontrano ambientazioni diverse. Una sala particolare è la cosiddetta sala della festa, in cui le state sono sparse in un ambiente ampio e quasi si confonderebbero con i visitatori, se anche questi indossassero abiti da sera.
Alcune sono isolate, ma altre sono connesse a elementi di arredo. C’è, per esempio, George Clooney seduto a un tavolo e i visitatori gli si possono sedere a fianco o di fronte. E posare la mano sulla sua. Un’altra statua particolare è quella di Julia Roberts, che è in piedi dietro una sedia spesso posta di fronte a un tavolino (gli allestimenti cambiano secondo le esigenze), con le mani poggiate su sulla spalliera. In un certo senso, la sedia fa parte della statua, poiché senza di essa la povera Roberts cadrebbe in avanti. E su questa sedia è possibile sedersi per farsi una foto con lei.
 
E proprio la statua di Julia Roberts è protagonista di alcune scene di “Oltre il limite”. Non vi dico in che modo, ma vi lascio il piacere di scoprirlo da voi durante la lettura del libro.
Nell’immaginare queste scene ho dovuto ovviamente prendermi qualche licenza, poiché la disposizione delle statue nel museo viene cambiata periodicamente e non potevo certo sapere quale sarebbe stata il 21 maggio 2017, giorno in cui sono ambientate le scene in questione, visto che le ho scritte nel novembre 2016.
Tra le altre statue che si vedono (si fa per dire) nel libro c’è appunto quella di Clooney, ma anche quella di Nicole Kidman, di Helen Mirren, di Johnny Depp e quella di Tom Cruise, tutte nella sala della festa.
 
Il biglietto per entrare al Madame Tussauds di Londra è abbastanza caro (al momento in cui scrivo quello base è di 35 sterline), ma si può risparmiare qualcosa prenotandolo online. Inoltre è possibile combinarlo a quello di altre attrazioni, come il London Eye (di cui parlerò in un altro articolo), pagando una cifra molto inferiore a quella della somma dei due biglietti separati.
All’interno del Madame Tussauds c’è anche un sorta di cinema 4D (3D più simulazione di movimento), i cui brevi spettacoli sono compresi nel prezzo.
 
 
Comunque la parte più divertente della visita è farsi le foto con i propri idoli, magari cheek to cheek, e scoprire che alcuni di loro sono più bassi di quanto pensassimo, o più alti.
Nelle foto mi potete vedere con George, tra Helen e Nicole (quanto è alta!), con Julia, con Johnny e col mitico Bruce (Willis).
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Fin dove saresti disposto a spingerti, per proteggere un segreto?
 
Domenica, 21 maggio 2017. È trascorso meno di un anno da quella vorticosa settimana di fine giugno 2016 in cui il detective Eric Shaw ha rischiato la vita. Da allora molte cose sono cambiate per Eric. La sede di Scotland Yard è stata trasferita al Curtis Green Building e con essa la sua squadra, il suo rapporto con la giovane criminologa Adele Pennington si è evoluto in maniera del tutto inaspettata, mentre al contrario quello con la sua figlioccia, la detective Miriam Leroux, sta attraversando un periodo di profonda crisi, causato dal rivangare del passato relativo ai genitori di lei. Nonostante ciò Eric sta vivendo un periodo tranquillo, reso ancora più piacevole dalla possibilità di un’imminente promozione.
 
 
Ed ecco che durante un turno di reperibilità domenicale viene chiamato su una scena del crimine fuori del comune: il celebre museo delle cere Madame Tussauds.
All’interno della cosiddetta sala della festa è stato rinvenuto il corpo senza vita di una giovane donna, perfettamente mimetizzato tra le repliche delle star del cinema. Quello che inizialmente sembrava solo un bizzarro suicidio si rivela qualcosa di più complesso, quando Eric scopre una prova sul cadavere che gli suggerisce un collegamento con un caso del gennaio 2014: gli omicidi di un serial killer cui era stato dato il nomignolo di ‘chirurgo plastico’.
C’è però un problema. Quel caso è stato risolto e l’assassino, Robert Graham (uno specializzando in chirurgia plastico-ricostruttiva), si trova in prigione. A peggiorare le cose c’è il fatto che Eric, all’epoca, aveva aiutato la macchina della giustizia falsificando una prova fisica.
Chi è questo nuovo killer: un complice di Graham, un suo emulatore oppure il vero ‘chirurgo plastico’?
Eric ha forse fatto condannare la persona sbagliata?
 
Ma non c’è spazio per gli esami di coscienza, poiché la sua squadra dovrà ingaggiare una lotta contro il tempo per fermare l’assassino prima che nuove vittime innocenti vengano sacrificate.
Il tutto verrà reso ancora più complicato dal tentativo del detective George Jankowski di ottenere per sé la promozione al ruolo di supervisore della Scientifica e al grado di sovrintendente. Per riuscirci Jankowski si è messo a scavare tra i vecchi casi di Eric e così facendo, senza rendersene conto, si è avvicinato pericolosamente all’inconfessabile segreto che, dal giugno 2014, lega quest’ultimo al serial killer soprannominato ‘morte nera’.
Nel giro di pochi giorni Eric si troverà costretto a compiere delle scelte difficili, da cui dipenderà il suo futuro e quello delle due donne più importanti della sua vita.
 
 
Esiste un solo modo per scoprire l’esito delle sue scelte: leggere “Oltre il limite”, disponibile in ebook a partire da 2,99 euro su Amazon, GiuntiGoogle Play, Kobo, iTunes, Mondadori Store, laFeltrinelli, Nook (tramite l’app di Windows), 24Symbols (gratuito per gli abbonati) e Smashwords e in edizione cartacea a 13,99 euro su Amazon e Giunti.
 
Ecco la descrizione del libro.
 
Il corpo senza vita di una donna in abito da sera viene scoperto nella sala della festa del museo delle cere. Tutto farebbe pensare a un suicidio, ma il detective Eric Shaw, caposquadra della Scientifica di Scotland Yard intervenuto sul posto con la criminologa Adele Pennington, nota subito delle similitudini con il caso del serial killer soprannominato ‘chirurgo plastico’, risolto tre anni prima con l’arresto di un uomo: Robert Graham.
Forse qualcuno lo sta emulando oppure Graham aveva un complice, ma esiste una terza possibilità ed è questa in particolare a preoccupare Eric, che all’epoca, certo della colpevolezza del sospettato, aveva falsificato una prova fisica per assicurarne la condanna.
E se avesse compiuto un errore e mandato in prigione la persona sbagliata?
 
Le indagini lo riportano a lavorare con Miriam Leroux, la giovane detective della Omicidi che fino all’anno precedente collaborava con la sua squadra, e insieme a lei si ritroverà a seguire le tracce di un inafferrabile assassino, in una corsa contro il tempo lunga tre giorni.
Questo potrebbe anche essere il suo ultimo caso importante prima di un’eventuale promozione a sovrintendente, se non fosse per il fatto che il detective George Jankowski, in lizza per lo stesso avanzamento di grado, ha deciso di giocare sporco per mettere in cattiva luce il collega e favorire la propria carriera.
Nel farlo, però, questi finirà per avvicinarsi pericolosamente all’inconfessabile segreto custodito da Eric e dalla sua allieva.
 
 
Essendo il terzo libro di una trilogia, è necessaria la lettura dei primi due per una completa comprensione della trama.
 
 
 
Il mentore”, che è un bestseller internazionale con oltre 170.000 lettori in tutto il mondo, è disponibile in ebook su Amazon, Giunti, Google Play, Kobo, iTunes, Mondadori Store, LaFeltrinelli, Nook (tramite l’app di Windows), 24Symbols (gratuito per gli abbonati) e Smashwords e in edizione cartacea su Amazon e Giunti.
 
Sindrome” è disponibile in ebook su Amazon, GiuntiGoogle Play, Kobo, iTunes, Mondadori Store, laFeltrinelli, Nook (tramite l’app di Windows), 24Symbols (gratuito per gli abbonati) e Smashwords e in edizione cartaceasu Amazon e Giunti.
 
 
Torna a Londra… 
Il destino del detective Shaw e della sua allieva sta per compiersi.
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Di Carla (del 18/05/2017 @ 09:30:00, in Eventi, linkato 1997 volte)
In occasione dell’uscita del libro finale della trilogia del detective Eric Shaw, “Oltre il limite”, ho il piacere di presentare l’intera serie ai lettori di Carbonia (la città in cui sono nata!), nell’ambito della serie di eventi “Carbonia Scrive”.
La presentazione avrà luogo venerdì 26 maggio a partire dalle 18.30 presso la Biblioteca Comunale in viale Arsia (Parco Villa Sulcis) e vedrà, oltre alla mia partecipazione, l’intervento di Emanuela Rubiu (Assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Carbonia).
 

 
Anche in questo caso cercherò di illustrare la trilogia, che include il bestseller internazionale “Il mentore”, “Sindrome” e “Oltre il limite”, evitando il più possibile eccessive anticipazioni sulla trama, per non togliere a chi volesse il piacere di scoprirla leggendo i libri.
Pur non entrando troppo nei dettagli degli eventi narrati, racconterò come è strutturata la trilogia rispetto all’evoluzione del personaggio di Eric Shaw e al rapporto con la sua allieva. Inoltre parlerò delle ricerche svolte per creare la mia Londra e la mia particolare interpretazione della Polizia Metropolitana (quella con sede a New Scotland Yard), soprattutto del Servizio di Scienze Forensi.
Infatti accanto a una Londra in cui vengono messi in risalto alcuni luoghi ben noti, e altri un po’ meno, cosa che dà a certi passaggi un taglio quasi turistico, c’è la vera scienza forense utilizzata dai personaggi per affrontare i singoli casi.
 
Ma l’aspetto più importante è il fatto che l’ambientazione e l’investigazione rappresentano un contorno (spero godibile) di quello che poi è l’elemento posto al centro di tutti i miei libri, cioè la crescita dei personaggi (e i principali sono quasi sempre degli antieroi), cosa che fa sì che questa trilogia sia una serie di crime thriller e non di gialli.
 
Rispetto alla presentazione precedente, che risale a dicembre, si è aggiunto il libro finale e con esso tanti altri aspetti di cui parlare, senza però rivelare elementi cruciali della trama.
 
Se siete a Carbonia o dintorni, spero di vedervi di persona!
Altrimenti qualche giorno dopo provvederò io stessa a scrivere un resoconto dell’evento.
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Di Carla (del 16/05/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 1639 volte)

 Sorprendentemente bello
 
Mi sono imbattuta in questo libro in un mercatino dell’usato. La copertina oggettivamente brutta, che ricorda quella di un manuale, mi stava quasi scoraggiando dall’acquisto, ma convinta dal prezzo irrisorio ho deciso di prenderlo. Nell’iniziare la lettura sono rimasta subito piacevolmente sorpresa dalla scena d’apertura caratterizzata da una certa azione, che ha vinto le mie ultime remore dovute ai numerosi errori del testo (tutte le “i” e le “u” sono accentate al contrario - cosa quasi incredibile, trattandosi di un libro della Fanucci, per quanto sia da edicola - e i refusi, le virgole che separano soggetto e verbo e altri errori si sprecano).
Nonostante il libro originale sia stato pubblicato nel 1990, il futuro in esso raccontato continua a essere abbastanza plausibile, sebbene si noti qualche anacronismo. Ma non sono poi così tanti.
La storia porta avanti in parallelo le vicende di alcuni personaggi, che poi finiscono per intrecciarsi in maniera inattesa. Ho subito legato col personaggio di Christopher, che per la notevole presenza in scena, e per il fatto che viene mostrata una sua approfondita introspezione psicologa, ha un ruolo molto simile a quello di protagonista.
La trama tratta dell’imminente lancio di una nave interstellare, la Memphis, con diecimila futuri coloni di un nuovo mondo, del metodo con cui vengono selezionati e del tentativo di boicottare questa missione da parte di un movimento contrario a essa, poiché i suoi sostenitori ritengono che si debba migliorare la situazione sulla Terra prima di andare in cerca di altri mondi e che, nello specifico, privare il nostro pianeta di alcune delle sue menti più brillanti sia sbagliato. La loro convinzione sfocia nel fanatismo fino al compimento atti di violenza, all’omicidio e porta persino al terrorismo.
Il modo in cui gli appartenenti a questi movimenti ragionano (si fa per dire) fa davvero paura. Ignoranza, follia e crudeltà li contraddistingue e pone delle riflessioni che possono essere tranquillamente applicate a certe uscite aggressive fatte al giorno d’oggi sui social network, quando si parla di colonizzazione di Marte o in generale di esplorazione spaziale. C’è da sentirsi sollevati del fatto che siano solo parole e che non ci sia nessuno, come il Jeremiah di questo romanzo, capace di fomentare tali persone, proprio perché non saprebbero andare oltre l’esibizione della propria ignoranza e lo sfogo delle proprie frustrazioni sul web.
Eppure nella lettura delle terribili azioni svolte dai seguaci di Jeremiah in questo romanzo, per quanto si trattasse di finzione, ho provato lo stesso disgusto velato di timore che certi commenti di questo tipo letti su Facebook riescono sempre più spesso a suscitare.
In tale contesto già di per sé interessante, si inseriscono una serie di personaggi estremamente controversi, come pure lo è per certi versi il tipo di società futura mostrata nel romanzo. Tra essi, per esempio, l’esistenza di matrimoni con più di due persone, spesso addirittura aperti, mi ha fatto storcere il naso, poiché nel modo in cui viene mostrato riduce il concetto stesso di matrimonio all’avere qualcuno per cui si prova attrazione fisica a disposizione nella stessa casa. L’argomento sembrava messo lì per evidenziare alcuni problemi personali di un personaggio, senza però godere di una propria credibilità. E alla fine sono stata contenta del modo in cui quel particolare aspetto si è risolto nella storia di quel personaggio (e devo dire che ciò ha contribuito al gradimento generale del libro).
Comunque, non voglio entrare nel dettaglio, poiché credo che meno si sappia sulla trama di questo libro più si abbia la possibilità di venirne positivamente sorpresi. Dico solo che si tratta di un romanzo complesso, ma talmente ben strutturato da non rendere necessaria una lunghezza eccessiva. Ciò probabilmente dipende dal fatto che la storia originale era quella di un vecchio racconto inedito dell’autore, che poi quest’ultimo ha ampliato, impedendo che esplodesse in mille direzioni, come invece capita quando si parte da un’idea non abbastanza definita. Ne è venuta fuori un’opera che unisce alla sintesi uno sviluppo soddisfacente dei filoni narrativi, impreziositi qua e là da colpi di scena e accelerazioni dell’azione del tutto imprevedibili.
Se amate la fantascienza hard in cui, però, non si trascuri l’introspezione dei personaggi, poiché svolge un ruolo fondamentale nella trama a pari merito con uno dei cosiddetti “grandi temi”, e doveste mai incappare in questo testo, non lasciatevelo sfuggire.
 
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Di Carla (del 11/05/2017 @ 09:30:00, in Scrittura & pubblicazione, linkato 2284 volte)

Alcune settimane fa sono stata intervistata da J. Oscar Lufuluabo, fondatore del sito letterario LibriCity Group, in cui è stato recentemente recensito “Il mentore”.
In questa breve chiacchierata abbiamo toccato i principali aspetti della mia produzione di narrativa, ma attraverso domande insolite.
 
Dal tentativo (come al solito, fallito) di cercare di definirmi, siamo passati a parlare della mia passione per il cinema, dei miei tentativi di scrivere delle sceneggiature, fino alla mia vecchia fan fiction “La morte è soltanto il principio”.
E poi ci siamo addentrati nella fantascienza. Mi è stato chiesto come, da autrice e appassionata di questo genere, vivo il mio rapporto con fantasia e realtà. Da lì sono arrivata a quello che è il tema che si trova un po’ in tutti i miei libri, il confine tra il bene e il male, incarnato nella figura dell’antieroe, a partire proprio dal mitico Darth Vader di Star Wars.
E quando si parla di antieroi, in questo periodo in cui concludo la trilogia del detective Eric Shaw con l’uscita di “Oltre il limite” (21 maggio 2007 in ebook, ma è già disponibile in edizione cartacea), non posso fare altro che pensare a Eric e alla sua allieva.
Andando a leggere, scoprirete come è nato il personaggio di Eric Shaw, se avessi intenzione o meno dall’inizio di scrivere i due seguiti de “Il mentore (“Sindrome” e “Oltre il limite”), perché ho ambientato la storia a Londra (e non in Italia!) e come mi sono documentata.
Infine troverete qualche anticipazione sui progetti futuri.
 
Se vi ho incuriosito, andate a leggere l’intervista a questo link e, se vi va, condividetela con in vostri amici. E magari lasciate un commento.
 
Ringrazio ancora Oscar per la bella chiacchierata!
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