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 Fiordo svedese... di Carla
 

“Mi chiedo cosa si provi a possedere un corpo.”
Ophir. Codice vivente

 

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 

Ed eccoci arrivati al post conclusivo della serie di articoli dedicata alla Trilogia del Vuoto dell’autore britannico Peter F. Hamilton e anticipata dal mio intervento a FantascientifiCast dello scorso novembre.
Nel primo post vi ho illustrato brevemente i libri che costituiscono la trilogia, sia nell’edizione inglese che in quella italiana, e vi ho raccontato l’antefatto della trama. Nel secondo, invece, mi sono soffermata sugli aspetti religiosi e spirituali presenti all’interno della storia, analizzandone alcuni e mettendo in evidenza come l’autore ami partire da queste tematiche per poi riportare tutto in termini materiali.
In questo ultimo post vorrei, infine, esprimere un mio commento su questo autore.
 
Peter F. Hamilton è senza dubbio uno dei miei autori preferiti. Lo è diventato proprio leggendo la Trilogia del Vuoto. Lo è, prima di tutto, perché scrive delle storie complesse con diversi piani di lettura. Questo che riguarda la spiritualità è solo uno di essi, che può essere tranquillamente ignorato dal lettore che non è interessato a questo tipo di tematiche, poiché la bravura di questo autore, a mio parere, è data dalla capacità di misurare i vari elementi che costituiscono i suoi libri, senza che alcuno di essi risulti troppo invadente. E così i romanzi di Hamilton sono in grado di soddisfare l’appassionato di fantascienza che predilige per esempio l’azione, oppure l’aspetto socio-politico, anch’esso tipico della space opera, o ancora quello relativo all’uso della realtà virtuale, l’approfondimento dei personaggi, che sono sempre molto ben caratterizzati anche dal punto di vista emotivo, e così via.
 
A dire la verità, alcuni lo considerano un po’ prolisso, d’altronde stiamo parlando di un autore che difficilmente scrive romanzi sotto le 600 pagine (a caratteri minuscoli). La lunghezza delle sue storie non riguarda solo la complessità della trama, che già di per sé basterebbe, ma anche il modo dilatato in cui narra certe scene, soffermandosi spesso su lunghi dialoghi o dettagli dell’azione, dando l’impressione di un certo rallentamento del tempo durante il loro svolgimento.
Facendo un esempio banale, in una scena in cui un personaggio apre una porta e spara, Hamilton è capace di raccontare il fiume di pensieri che passano per la mente dell’interessato in quella frazione di secondo, ma anche il processo mentale, fisico e tecnologico dell’atto compiuto. Questa sua caratteristica ha il pregio di permettergli di mostrarci per davvero la scena, facendoci quasi sentire parte del libro, soprattutto laddove ciò che ci sta raccontando va molto al di là dell’immaginario comune.
 
Numerosi passaggi della Trilogia del Vuoto si svolgono nella mente dei esseri umani potenziati che nell’arco di un istante vedono icone, attivano processi virtuali, richiamano applicazioni, comunicano tramite l’Unisfera e così via. Si tratta di atti che non possono essere trasferiti in immagini, per esempio ne è impossibile una trasposizione cinematografica, ma tramite le sue parole, l’autore rallenta l’azione riuscendo a farci comprendere tutti questi dettagli, che in breve tempo la nostra immaginazione riesce a gestire con facilità, senza per questo influenzare negativamente la sospensione dell’incredulità.
 
Mi sono trovata più volte a leggere queste scene lunghissime, divertendomi nel farlo e allo stesso tempo soffrendo per la curiosità di sapere cosa sarebbe successo dopo, un dopo che tardava ad arrivare. E andava a finire che leggevo decine e decine di pagine senza neanche rendermene conto. E così i suoi libri con capitoli di 100 pagine in media e questa stessa trilogia che supera abbondantemente quota 2500 si leggono in tempi più brevi di quanto si possa pensare.
 
Al di là di questo, ciò che mi piace di lui è la capacità di immaginare scenari inediti, mescolare elementi noti della letteratura fantascientifica con idee originalissime, e di mettere davvero tanta roba nei suoi libri, capace di aprirti la mente e ispirare anche chi la fantascienza, come me, la scrive. E Hamilton mi è stato di grande ispirazione nei romanzi scritti finora, compresi quelli non pubblicati, persino di generi diversi dalla fantascienza. Oltre ad alcuni spunti da cui ammetto di aver attinto (in fondo lo scrivere è sempre un po’ caratterizzato dal copiare, talvolta non intenzionalmente, le idee altrui ed rielaborarle), la lettura dei suoi libri mi ha insegnato a non avere fretta nel portare a termine le scene, a fermarmi ad analizzarne i dettagli, emotivi, sensoriali, o relativi al ragionamento, per poter mostrare meglio l’azione al lettore, nella speranza di coinvolgerlo il più possibile. Facendo così mi sono ritrovata io stessa a sentirmi più coinvolta nelle scene che scrivevo e, credo, ad avere una vaga idea di quanto lo stesso Hamilton possa divertirsi a concepire e realizzare delle narrazioni così complesse.
 
C’è poi da dire che questo autore non si tira mai indietro quando deve inserire aspetti controversi nelle sue storie, di certo adatti soltanto a un pubblico adulto. Nei romanzi di Hamilton non manca mai il sesso, raccontato nelle situazioni più variegate, e dei concetti di famiglia decisamente alternativi (poligamia, rapporti sentimentali e sessuali con entità virtuali, con più persone di vari generi, con personaggi la cui coscienza è condivisa da più corpi, reali o virtuali, ecc…), ma il tutto viene trattato in maniera naturale, senza alcun senso di proibito, e rappresenta solo un altro dei piani di lettura cui facevo riferimento prima, che il lettore può decidere o meno di trascurare.
 
Per me Hamilton è stato, in un certo senso, una rivelazione e ha contribuito non poco nell’accrescere il mio amore per la narrativa di fantascienza, sia come lettrice che come scrittrice. Una cosa che dico sempre è che se leggi Hamilton e ne esci vivo, cioè riesci ad apprezzarlo nonostante la sua complessità e l’eccessiva lunghezza delle sue opere, dopo puoi leggere davvero di tutto. E ne sono tuttora convinta.
Se non avete mai provato a leggere un suo libro, non posso che consigliarvi di farlo, magari proprio con la Trilogia del Vuoto. Dopo sarà tutto in discesa!
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Di Carla (del 19/01/2014 @ 22:34:06, in Lettura, linkato 2925 volte)

 Cuori infranti… in serie
 
Dopo il romanzo “Un patto con una sconosciuta” e la novella “Gemelle incompatibili”, Martina Munzittu si cimenta in una storia rosa più classica, in cui i patimenti sentimentali delle protagoniste sono però sempre affiancati dall’ironia tipica dei suoi scritti, cui si aggiungono elementi drammatici sapientemente misurati. Ma la vera peculiarità di questa novella (anzi, quasi un romanzo breve) è che si tratta a tutti gli effetti dell’episodio pilota di una serie.
Ma andiamo per ordine. Le vicende narrate ruotano intorno a una sorta di associazione di mutua assistenza fra donne (e uomini) con problemi amorosi fra i più disparati, fondata da Nonna Pina, un’italiana trapiantata a Londra, e chiamata “Il Rifugio dei Cuori Infranti”. La serie ha uno sviluppo di tipo episodico, vale a dire che nell’ambito di una puntata vengono seguiti due “casi” che vengono risolti prima della sua fine. Allo stesso tempo esistono delle sottotrame che sospetto verranno sviluppate nel corso dei prossimi episodi. Inoltre verso la fine compare un nuovo personaggio, che anticipa l’episodio successivo. Il format è senza dubbio perfetto. Le due storie vanno avanti in parallelo, con un ritmo abbastanza sostenuto, costringendo il lettore, anche grazie allo stile leggero e coinvolgente della Munzittu, a girare una pagina dopo l’altra, finché non arriva alla conclusione. Il tutto è infarcito da elementi ironici, che strappano più di una risata, e altri più seri che spingono alla riflessione. Sullo sfondo la Londra odierna, scorci di vita quotidiana e location ben conosciute.
Il risultato soddisfa appieno le buone premesse. In questo episodio in particolare, intitolato “Tradimento”, si affronta questo tema molto comune in ambito sentimentale da due prospettive ben diverse, addirittura opposte, ma sempre in maniera misurata e convincente, grazie alla sensibilità dell’autrice che riesce ancora una volta a farci divertire e un po’ anche arrabbiare insieme ai suoi personaggi.
La brevità, se da una parte penalizza l’approfondimento delle storie e dei personaggi, ha dalla sua il fatto che permette al lettore di non dover attendere troppo per vedere soddisfatta la sua curiosità su come andrà a finire e nel contempo lo lascia col desiderio di leggere nuove storie come questa.
 
 
Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su:
aNobii:
http://www.anobii.com/anakina/books
Goodreads: http://www.goodreads.com/anakina
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La settimana scorsa ho inaugurato questa serie di post dedicata alla Trilogia del Vuoto di Peter F. Hamilton, facendo una carrellata dei libri che la costituiscono, sia in lingua originale che in italiano, e riassumendo l’antefatto da cui scaturisce la trama della serie. Potete leggere tutto questo nel post precedente.
Oggi invece vorrei soffermarmi proprio sugli elementi spirituali e religiosi contenuti in quest’opera dell’autore britannico. Farò prima un elenco delle tematiche (un approfondimento sulle tematiche religiose comuni nella fantascienza lo trovate in questo post) e poi porterò alcuni esempi, cercando di evitare il più possibile anticipazioni sulla trama.
 
 
Temi religiosi e spirituali della Trilogia del Vuoto
 
1) Presenza di una religione all’interno della storia. In questo caso si parla del Living Dream (Sogno Vivo, nella versione italiana). La religione è un elemento molto diffuso nella space opera, insieme alla politica. In questa serie i due aspetti, come spesso accade nella realtà, si confondono, per cui abbiamo il caso in cui l’elemento religioso ancora il lettore alla vita reale e al contempo supporta la sospensione dell’incredulità.
 
2) Elementi citati all’interno della storia che ricordano temi o archetipi religiosi ben noti. Ci sono numerosi riferimenti soprattutto al Cristianesimo e in generale alle grandi religioni monoteiste, che vengono utilizzati in contesti diversi, rimanendo però del tutto riconoscibili.
 
3) Metafora dello spirito e dell’immortalità dell’anima. Grazie alla tecnologia viene ricreata una forma di immortalità con la perpetuazione della coscienza sotto forma digitalizzata.
 
4) Il vedere gli elementi prodigiosi e magici come una semplice espressione di una scienza che non conosciamo. Questo è anche un tema ricorrente in tutta la bibliografia di Hamilton.
 
 
Esempi di temi religiosi e spirituali nella Trilogia del Vuoto
 
Dopo aver elencato brevemente i temi, di seguito vi presento una serie di esempi tratti dalla serie.
 
Iniziamo ovviamente dal Living Dream (Sogno Vivo). Questo ha una tipica struttura religiosa che può ricordare quella delle varie chiese cristiane. Essendo Hamilton britannico suppongo che si rifaccia all’Anglicanesimo, anche se il modello è riconducibile alla maggior parte delle strutture clericali.
Accanto alla struttura religiosa in sé si pone il fanatismo dei credenti (altro tema molto attuale), che sono molto determinati a trovare il sognatore, perché ritengono di aver bisogno di lui per entrare nel Vuoto e non si fermano davanti a nulla pur di raggiungere il loro scopo.
La religione viene qui utilizzata come motore principale degli eventi, in quanto tutta la storia scaturisce da questa intenzione dei credenti del Living Dream, e contemporaneamente per collegare il lettore all’attualità, in cui fenomeni del genere sono tristemente comuni.
Ma qui si osserva l’astuzia di Hamilton nell’usare sì elementi tipici delle religioni esistenti, ma di fatto nel raccontare un tipo di fanatismo che assomiglia di più a quello rivolto alle celebrità. Sebbene Edeard venga visto come una sorta di messia (e il sognatore come un profeta), in realtà il fanatismo non è di tipo spirituale, bensì molto materialista. I credenti vogliono andare sul Querencia, il pianeta nel Vuoto, per vivere con i loro corpi quella vita meravigliosa vista attraverso i sogni di Inigo. In questo loro desiderio non vi è proprio nulla di mistico.
 
Vi sono poi tutta una serie di riferimenti a temi religiosi all’interno della storia, anche questi usati con astuzia, poiché in ultima analisi di spirituale non hanno proprio nulla.
Per evitare anticipazioni, non vi dico chi è nella storia il Waterwalker o Camminatore sull’Acqua, ma è ovvio che ci ricorda qualcosa del Vangelo, no?
Un altro esempio è la religione esistente su Querencia (una sorta di religione nella religione) in cui si venera una certa Signora ed esistono delle donne (sacerdotesse/suore) che dedicano la loro vita a questa specie di pseudo-divinità. La Signora viene raffigurata in una statua all’interno di una simil-chiesa e apparentemente questa può ricordare la Vergine, sebbene leggendo la storia si scopre essere una figura femminile più simile a Maria Maddalena.
 
È chiaro che queste similitudini non sono casuali, ma sono citazioni magari un po’ irriverenti da parte di Hamilton, fatte per portare davanti al lettore qualcosa di noto e di facile comprensione, in un testo che invece è pieno di elementi che vanno ben oltre la nostra capacità di afferrarne il significato e richiedono un enorme sforzo di immaginazione.
 
Nella serie si parla anche di angeli che volano su ali, un altro elemento tipicamente religioso, ma in realtà queste ali sono campi di forza e gli angeli sono astronavi.
 
A un certo punto viene descritta una popolazione chiamata Silfen, che viene presentata in chiave mistica e pastorale (è una sorta di deriva fantasy all’interno dell’opera, un po’ come avviene con le vicende narrate su Querencia). Questo aspetto però è solo una facciata che nasconde una complessa tecnologia. I Silfen, per esempio, usano l’entanglement quantistico per comunicare (lo stesso utilizzato per il Campo Gaiano).
 
Abbiamo poi lo spirito che viene assimilato a dei file salvati in un server, una coscienza digitalizzata, che possono essere caricati nella mente potenziata di un clone di una persona deceduta, illudendosi così di sconfiggere la morte (parlai di qualcosa del genere anche nell’articolo su Battlestar Galactica). Ciò può essere visto come una sorta di metafora dell’immortalità dell’anima.
 
E ancora, il desiderio dei credenti del Living Dream di andare nel Vuoto di certo ricorda l’Esodo degli ebrei e la loro volontà di raggiungere la terra promessa.
 
Allo stesso modo l’astronave con cui i primi abitanti di Querencia vi sono arrivati tanto tempo prima può essere assimilata all’arca di Noè ed essi sono come gli unici sopravvissuti che danno origine a una nuova civiltà, che nasce quindi da una precedente. Si tratta anche questo di un tema molto caro alla fantascienza.
 
Infine lo stesso Vuoto può essere paragonato a una sorta di paradiso.
 
 
Spiritualità ridotta a scienza
 
Questi sono solo alcuni esempi che ancora ricordo a più di tre anni dalla lettura della serie. Probabilmente a una più attenta analisi ne salterebbero fuori molti di più. Il punto però è un altro.
Da una parte abbiamo Hamilton che dissemina in questa bellissima trilogia numerosi elementi religiosi, spirituali e paranormali, ma lo fa solo in apparenza, per poi alla fine dare a tutto una spiegazione pseudo-scientifica. Non è fantascienza hard, perché ci sono i motori ftl e tante altre cose scientificamente impossibili, benché siano meno di quante si possano immaginare, ma comunque l’autore si sofferma a lungo nel riportare tutto in termini materiali che vengono proprio posti in contrasto con la spiritualità stessa che pareva caratterizzarli.
In altre parole abbiamo una trilogia infarcita di spiritualità con lo scopo di negarla.
 
 
Nel prossimo post cercherò invece di proporvi un mio personale commento sul questa serie di Hamilton e in generale su questo autore che, oltre a essere uno dei miei preferiti, è senza dubbio uno dei più interessanti nel panorama della narrativa fantascientifica contemporanea.
Vi ricordo che potete anche ascoltare il mio intervento su Hamilton nella puntata 31 del podcast FantaScientificast.
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Di Carla (del 10/01/2014 @ 01:08:01, in Scrittura & pubblicazione, linkato 5191 volte)

Non è un segreto che la maggior parte dei lettori siano donne e non è un caso quindi che i generi più letti siano quelli amati dalle donne. Non parlo solo di romanzi rosa o erotici o della cosiddetta narrativa femminile in generale, sarebbe troppo facile. In realtà il genere più letto in Italia, anzi in tutto il mondo, è senza dubbio il thriller e, sì, le donne divorano i thriller. È un genere talmente trasversale che raccoglie lettrici di qualsiasi tipo. Lo so anche perché ne faccio parte.
 
Ma la fantascienza?
Tradizionalmente la fantascienza viene considerata un genere maschile. I motivi sono vari e affondano probabilmente le proprie origini nella cosiddetta fantascienza classica, caratterizzata da protagonisti maschili, storie che affrontavano grandi tematiche socio-politiche e ovviamente la scienza. Per quanto la fantascienza sia da sempre considerata un genere di intrattenimento, di fatto molti di questi libri sono abbastanza difficili da affrontare, chi non è interessato a certe tematiche potrebbe persino annoiarsi.
Ma ovviamente c’è sempre stata anche l’altra faccia meno impegnata di questo genere, quella spesso legata ai prodotti di edicola (benché in edicola si trovassero anche quelli che poi sono diventati classici!), caratterizzati da tanta azione, dialoghi improbabili, alieni cattivissimi e così via. Intrattenimento puro, spesso rivolto a un pubblico giovanissimo maschile, che non aveva in sé praticamente nulla che potesse piacere alle donne.
 
Comunque la si guardi la fantascienza in passato non ha mai avuto un gran numero di estimatrici donne, per quanto si possano nominare diverse autrici di questo genere.
Ma perché la presenza di tematiche più o meno impegnate o quella di elementi come l’azione e l’avventura sono sufficienti ad allontanare le lettrici? In realtà non sono questi elementi il vero problema, bensì la mancanza di altro.
 
Spesso i romanzi di fantascienza del passato mancavano di un aspetto fondamentale che invece è il fulcro della narrativa attuale (compresa quella fantascientifica): dei personaggi reali intorno ai quali veniva costruita la storia.
Io sono convinta che un libro che si basi sui personaggi, sulla loro umanità e sulla capacità di creare empatia tra essi e il lettore, qualunque sia il genere, possa essere apprezzato da chiunque (o quasi), sebbene porti con sé tematiche complesse o che il lettore in questione non troverebbe normalmente interessanti. Anzi, il lettore profano di tali tematiche, ancorandosi ai personaggi, potrebbe scoprirle (o riscoprirle) e magari finire per apprezzarle.
 
La fantascienza di oggi non è più come quella di una volta. In essa si possono trovare delle storie che funzionano a prescindere dal fatto che siano ambientate in un contesto fantascientifico, perché appunto si fondano sui personaggi. Nonostante ciò nel nostro Paese la fantascienza è ancora considerata un genere di nicchia (al contrario di come avviene all’estero) e sospetto che ciò sia dovuto al fatto che non è riuscita ancora a convincere le donne, che costituiscono la maggior parte dei lettori, di essere un genere che fa per loro.
È un problema non da poco per chi come me, donna, scrive fantascienza, raccontando delle storie basate sui personaggi, addirittura con una protagonista femminile, mettendo a nudo la sua emotività (ma anche quella dei personaggi maschili), parlando di sentimenti e, sì, di amore, e allo stesso tempo infarcendo la trama di azione, elementi thriller (sì, perché le mie storie sono prima di tutto dei thriller), avventura, scienza e tecnologia descritte in maniera accurata e allo stesso tempo non pesante, argomenti di natura sociale (come l’intolleranza verso il diverso). Una miscela complessa che contiene elementi appetibili sia per il lettore uomo, in particolare l’appassionato di fantascienza, che è di solito molto esigente, che per la lettrice donna, non necessariamente esperta del genere.
 
Eppure la maggior parte dei miei lettori credo proprio che siano uomini e certe volte mi pongo il problema di come arrivare a loro: le lettrici.
Una soluzione vera e propria non l’ho trovata, ma col passare del tempo noto con piacere che, complice il passaparola, qualche lettrice al di fuori della cerchia degli amanti del genere approda alla mia serie, “Deserto rosso”, e la apprezza, spesso stupendosi (addirittura!) di aver trovato tutto questo nei miei romanzi di fantascienza.
 
Prima o poi riusciremo a togliere alla fantascienza questa fastidiosa etichetta di essere “di nicchia” e “maschile” e far capire ai lettori, uomini o donne, che quello scientifico il più delle volte è solo uno spunto, un contesto, nell’ambito del quale si muovono personaggi vivi in cui immedesimarsi, capaci di farci commuovere e talvolta addirittura innamorare?
Io non perdo la speranza.
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Risale a novembre il mio più recente intervento su FantaScientificast con la mia rubrica “Life On Mars?”. E come al solito eccomi a riproporre l’argomento trattato in un post di approfondimento sul mio blog.
Come potete evincere dal titolo o ascoltando il podcast, l’argomento è la Trilogia del Vuoto dell’autore britannico Peter F. Hamilton. Siccome è un tema che mi è molto caro, poiché Hamilton è uno dei miei autori preferiti, e c’è decisamente tanto da dire, ho deciso di dedicargli una serie di ben tre post.
 
Informazioni generali sui libri della serie
 
La Trilogia del Vuoto è una serie dell’autore britannico di fantascienza Peter F. Hamilton ed è inserita nello stesso universo del ciclo del Commonwealth (Federazione, nella traduzione italiana della trilogia), che comprende altri due libri: “Pandora’s Star” e “Judas Unchained”, che però non sono disponibili in lingua italiana. Il primo libro della trilogia è inserito cronologicamente 1200 anni dopo l’ultimo di questi due. La trama fa spesso riferimento a questa saga, ma non leggerla non compromette la comprensione della trilogia.
 
In lingua originale la serie comprende, ovviamente, tre libri, i cui titoli sono:
The Dreaming Void” (2007)
The Temporal Void” (2008)
 
In italiano stranamente i libri diventano quattro:
Il sogno del vuoto” (2010, Urania Millemondi primavera)
Il tempo del vuoto” (2011, Urania Millemondi primavera)
L’evoluzione del vuoto - parte 1” (2012, Urania Millemondi estate)
L’evoluzione del vuoto - parte 2” (2012, Urania Millemondi autunno)
 
La mia lettura dei libri risale al 2010, quando uscì il primo in italiano e l’ultimo in inglese. Un po’ perché la traduzione dell’edizione di Urania non mi aveva particolarmente soddisfatto (soprattutto a causa dell’astronomico numero di refusi) e un po’ perché non avevo voglia di aspettare, dopo aver letto “Il sogno del vuoto”, ho completato la lettura della trilogia con le edizioni in lingua originale.
 
Inoltre la trama, che è molto complessa e ricca di personaggi, è senza soluzione di continuità, quindi attendere tra un libro e l’altro comporta il rischio di dimenticarsi tutto o quasi. Ci sono addirittura personaggi importanti che compaiono per la prima volta verso la fine del primo libro, che si conclude con un discreto cliffhanger.
Al di là di questo, ho trovato discutibile l’aver diviso l’ultimo libro in due volumi nell’edizione italiana, portando il costo totale di questo romanzo a 15 euro, decisamente alto per un prodotto da edicola.
 
Per chi volesse leggere l’intera trilogia in italiano purtroppo non esiste alcuna possibilità di reperire i primi due libri in maniera diretta, se non tramite qualche mercatino dell’usato. Le due parti de “L’evoluzione del vuoto” sono invece disponibili in formato ebook su Amazon e altri retailer.
Tutto il ciclo del Commonwealth (inclusa quindi la trilogia) è invece disponibile in ebook in lingua originale sempre su Amazon e altri retailer, come numerosi altri libri di questo autore. Inoltre tutti i libri di Hamilton sono disponibili su Amazon in cartaceo.
 
 
Trama
La storia è ambientata nel trentaseiesimo secolo.
Il Vuoto è una sorta di universo auto-contenuto che si trova al centro della galassia ed è studiato da milioni di anni da degli alieni chiamati Raiel. Essi credono che sia una minaccia per la vita nella galassia a causa della sue sporadiche fasi di espansione, che divorano interi sistemi solari vicini al nucleo della galassia. Uno di tali eventi accadde diverse centinaia di migliaia di anni prima, cosa che spinse i Raiel a creare una classe di astronavi interstellari chiamata High Angel con lo scopo di portare in salvo eventuali civiltà senzienti in caso di una nuova espansione. La casta di guerrieri Raiel serve a proteggere il Vuoto da qualsiasi intrusione da parte di altri essere viventi della galassia, poiché essi temono che questa possa scatenare un’ulteriore espansione.
 
Il Vuoto non è però un sistema naturale. Al suo interno c’è uno strano universo con leggi della fisica diverse da quelle che conosciamo.
Nel 3589 un essere umano, chiamato Inigo, ha iniziato a sognare un’esistenza meravigliosa all’interno del Vuoto. I suoi sogni sono stati trasmessi al resto dell’umanità tramite il Campo Gaiano, una sorta di social network delle emozioni, reso possibile negli esseri umani potenziati che contengono un innesto nel loro cervello. Questo permette anche di immagazzinare i pensieri e offre tutta una serie di vantaggi, tra cui collegarsi in tempo reale alla rete (Unisfera), comunicare, caricare programmi, nozioni e così via.
 
Molti esseri umani sono potenziati e vivono per centinaia di anni. I loro pensieri, la loro essenza, coscienza, può essere immagazzinata in server, in caso muoiano e venga creato un clone in cui ricaricarla. In pratica non si muore mai, tant’è che dopo una vita lunghissima gli esseri umani decidono di abbandonare la vita fisica per scaricare la loro coscienza nel cosiddetto ANA (Advanced Neural Activity), una sorta di enorme raccoglitore di questi esseri virtuali, in cui essi continuano a vivere come pensiero, e che è diventato il governo del Commonwealth (Federazione), in altre parole degli esseri umani.
 
I sogni di Inigo raccolgono intorno a sé a folto un gruppo di credenti, che nel tempo costituiscono una religione Living Dream (Sogno Vivo, nella traduzione italiana) e che venerano il protagonista di questi sogni (Edeard). Questi credenti vivono in un pianeta, dove hanno ricreato il modello di vita, e addirittura la città (Makkathran 2), che hanno visto nei sogni di Inigo. Essi sono, infatti, ambientati in un pianeta nel Vuoto chiamato Querencia.
Questi credenti sono così fanatici che vogliono organizzare un pellegrinaggio nel Vuoto per vivere la vita che è stata a loro mostrata. Ma i Raiel e altre specie (compresi gli altri esseri umani) temono che la loro migrazione, che sono certi porterà alla loro morte, possa causare un’ulteriore espansione del Vuoto. Perciò sono pronti a fermare questo pellegrinaggio a ogni costo.
 
Questo è solo l’antefatto da cui parte la storia che si sviluppa all’interno della trilogia. Nel leggere la trama si notano subito alcuni elementi religiosi e spirituali, che ricorrono spesso nella space opera, ma mi riservo di analizzarli uno per uno nel prossimo post di questa serie, e di mostrare come l’autore giochi con questi temi facilmente riconoscibili, per poi ricondurre il tutto a una sua visione molto razionale della realtà.
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Di Carla (del 02/01/2014 @ 01:22:43, in Propositi, linkato 2259 volte)


Eccoci di nuovo al classico post in cui tiro le somme dell'anno passato ed elenco i propositi per quello appena iniziato.
Iniziamo proprio da quelli del 2013 e vediamo un po' come me la sono cavata.

Rileggendo la lista, che trovate qui, scopro che soltanto uno non è stato portato a termine, cioè il numero 3 'Finire l'editing de "L'isola di Gaia"'. Effettivamente era un proposito un po' difficile da completare, considerando tutti gli altri, ma soprattutto era il meno urgente. Non ho terminato l'editing de "L'isola di Gaia", ma ho comunque completato la seconda stesura e sono assolutamente in linea con la tabella di marcia, che mi permetterà di pubblicarlo entro il 30 novembre 2014.

Devo dire che gli altri invece sono stati un successo:
- ho scritto e pubblicato gli ultimi due episodi di "Deserto rosso", un ad aprile ("Deserto rosso - Nemico invisibile") e l'altro a settembre ("Deserto rosso - Ritorno a casa");
- ho ripubblicato l'intera serie in un unico volume, sia in ebook che in cartaceo, in tempo per Natale;
- ho iniziato la traduzione in inglese di "Deserto rosso", anzi, conto di terminare presto il primo episodio;
- ho continuato a studiare il mercato anglofono, iniziando a sviluppare il mio blog in inglese;
- ho partecipato e vinto il NaNoWriMo, grazie al quale ho completato la prima stesura del romanzo "Affinità d'intenti" (un action thriller);
- ho scritto almeno 150 mila parole, anzi, ne ho scritte ben 220 mila! Qui sono stata davvero brava;
- ho letto 50 libri. Ammetto di aver barato un po', inserendo libri corti e contando anche i libri che ho pubblicato. Ma non si può certo dire che non li abbia letti;
- infine mi ero riproposta di vendere almeno il doppio degli ebook del 2012 (500) e qui è stato un successo totale, perché nel 2013 ho venduto oltre 2700 copie, cioè ho più che quintuplicato tale traguardo.
Non posso che essere molto soddisfatta.

Vorrei spendere in particolare due parole in più riguardo alla serie di "Deserto rosso", che mi ha accompagnato per questi due anni e che con grande malinconia ho chiuso con "Ritorno a casa".
Scrivere e pubblicare una serie di fantascienza di quattro libri in poco più venti mesi, interagendo nel contempo con tutti i voi, è stata un'esperienza fantastica. I personaggi (Anna fra tutti, ma non solo lei) sono diventati miei (e vostri) amici, hanno fatto parte della mia quotidianità. In questo momento mi sembra difficile, se non impossibile, immaginare di creare in futuro un legame altrettanto stretto con altri personaggi di un'altra serie. È anche vero che, sebbene "Deserto rosso" sia terminato, lo stesso non vale per la loro storia e troveremo alcuni di loro in altri libri del ciclo dell'Aurora, ma credo che sentirò per sempre un affetto particolare per questa avventura marziana, per l'intensità con cui l'ho vissuta e per come ha segnato l'inizio di un mio impegno più serio come scrittrice e autrice, e anche come appassionata di esplorazione spaziale, soprattutto di Marte.

A tutto ciò sopra elencato devo poi aggiungere che nel 2013 ho tradotto il romanzo "Amantarra" di Richard J. Galloway, che adesso è disponibile in versione italiana su Amazon e iTunes (presto anche su Kobo). Questo risultato, che non era affatto previsto all'inizio dell'anno, mi ha permesso di diventare a tutti gli effetti una traduttrice letteraria. Spero di ripetere presto un'esperienza simile. Di certo tradurrò i prossimi due libri di Richard, appena saranno pronti.

Infine tra i risultati raggiunti nello scorso anno devo senza dubbio annoverare la bellissima esperienza di partecipare come relatore all'evento COM:UNI:CARE Live Conference presso l'Università di Salerno, durante il quale ho parlato di self-publishing.
Vorrei avere più tempo da dedicare a questo tema, per permettere a tutti gli autori indipendenti e a coloro che vogliono diventarlo di avere un maggiore accesso a tutte quelle informazioni che possono tornare loro utili per creare dei prodotti editoriali di qualità. Come dimostrano ampiamente i nostri colleghi internazionali, i self-publisher hanno la potenzialità di crearsi un proprio spazio professionale e con un elevato standard di qualità nell'ambito del mercato editoriale, e vorrei riuscire a dare un mio contributo affinché sempre più di loro ci riescano.

Nel corso di quest'anno ho migliorato e ampliato le mie conoscenze nei confronti di questo mestiere e sono diventata un'autrice indipendente più consapevole e preparata. Il mio essere self-publisher assorbe più del 50% del mio tempo e ciò che spero di fare nel prossimo anno è gettare le basi per rendere questo mio impegno una fonte di guadagno un pochino più sostanziosa.

A questo punto non mi resta che parlare dei propositi veri e propri per il 2014.
Eccoli qui.
1) Completare l'editing e pubblicare "Il mentore" entro la primavera 2014.
2) Fare la terza stesura (che sarà una riscrittura), fare l'editing e pubblicare "L'isola di Gaia" entro il novembre 2014 (in tempo per Natale).
3) Partecipare e vincere il NaNoWriMo 2014. Non ho ancora deciso se lo sfrutterò per scrivere un altro romanzo di circa 50 mila parole o per iniziare la prima stesura di un romanzo più lungo, come per esempio "Ophir", il terzo del ciclo dell'Aurora, che comprende già "Deserto rosso" e "L'isola di Gaia".
4) Terminare la traduzione in inglese di "Deserto rosso" e pubblicarne almeno i primi due o tre episodi. Il massimo sarebbe riuscire a pubblicare tutti e quattro gli episodi entro Natale, ma non sono ancora certa di riuscirci.
5) Sviluppare la mia piattaforma da autrice nel mercato anglofono, preparando un piano di marketing e mettendolo in pratica, possibilmente con successo.
6) Leggere almeno 52 libri, cioè in media uno la settimana.
7) Per quanto riguarda il numero di parole da scrivere in un anno, mi piacerebbe rimanere almeno sulle 200 mila, ciò significherebbe vincere il NaNoWriMo e riscrivere "L'isola di Gaia". Ma so che è molto difficile che io riesca a non scrivere nulla di nuovo fino al prossimo novembre. L'unico problema è il tempo. Eventualmente potrei pensare di partecipare al Camp NaNoWriMo a luglio e aggiungere altre 50 mila parole. Mi riservo di deciderlo più avanti.
8) Infine veniamo alle previsioni di vendita. Sarei perfettamente felice di riuscire a vendere altre 3000 copie. Non ho idea di come andranno le cose sul mercato inglese ed è difficile fare previsioni, ma con cinque titoli all'attivo e almeno altri due sempre in italiano che usciranno nel corso dell'anno dovrei come minimo ripetere i buoni risultati del 2013, in teoria. Mi rendo conto che vendere dei libri a 89 centesimi (e talvolta anche meno) è molto più facile che con prezzi ben sopra l'euro, come sarà sicuramente "L'isola di Gaia", ma staremo a vedere.
Spero vivamente che la realtà dei fatti mi stupisca anche quest'anno!

Cosa ne pensate?
Credo che questa lista sia ancora più impegnativa di quella dello scorso anno, ma l'esperienza fatta negli ultimi dodici mesi mi ha insegnato davvero tanto. L'aver fatto più di ciò che avessi previsto (come per esempio la traduzione di "Amantarra") mi rende fiduciosa sui risultati che potrò aspettarmi per il 2014.
Si tratta ancora una volta di una sfida che sono pronta a raccogliere, ben sapendo che potrò in qualsiasi momento decidere di cambiare o sostituire qualcuno di questi propositi.
So per certo che per raggiungere certi risultati avrò bisogno anche quest'anno del vostro sostegno. Siete voi, amici, collaboratori e lettori, che mi motivate ogni giorno a portare avanti questa mia piccola impresa editoriale e che mi ricordate perché amo tanto scrivere.
Insomma, vi terrò aggiornati!

E adesso veniamo a voi. Siete riusciti a realizzare i propositi espressi lo scorso anno? Quali sono i vostri propositi per il 2014?

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Di Guest blogger (del 28/12/2013 @ 18:10:49, in Scrittura & pubblicazione, linkato 4640 volte)


Oggi il mio blog ospita Viola Veloce, autrice indipendente del bestseller "Omicidi in pausa pranzo", che ci racconta un po' degli esperimenti fatti per pubblicizzare i suoi libri.

Nessuno può predire con certezza se un libro venderà poco o tantissimo. Persino le case editrici fanno errori a volte fatali, quando danno un anticipo molto corposo per pubblicare un autore che negli Stati Uniti ha venduto un milione di copie, mentre da noi ne piazza tremila.

Only God knows se un libro andrà bene o meno, anche se un fattore predittivo importante è quanto una casa editrice – o un self publisher – sono disposti a spendere in ADV, e cioè in pubblicità.
La pubblicità è quella cosa onesta per cui paghi qualcuno perché metta in vista il tuo prodotto – un libro, in questo caso – da qualche parte. Sulle pagine di un giornale, su un sito online, eccetera.
Trovo onesta la pubblicità perché non c’è niente di male a dire: “Ehi, comprami! Sono qui, se mi vuoi!”.
 
Arrivo finalmente al punto: la differenza tra un editore “tradizionale” e un self publisher.
Un editore tradizionale dispone infatti di grosse somme da destinare alla pubblicità e quindi è in grado di far sapere al pubblico che è stato stampato un determinato libro.
Gli stessi punti vendita fisici sono di per se stessi canali pubblicitari molto efficaci. Se davanti all’ingresso di una libreria, c’è una pila di libri con una bella copertina colorata, è molto probabile che ti venga voglia di comprarne uno, solo perché l’hai VISTO.
I self publisher invece non hanno grandi somme a disposizione per l’ADV e partono quindi svantaggiati.
È difficile che riescano a far sapere che hanno autopubblicato un ebook o un libro cartaceo e l’hanno messo in vendita su una piattaforma online.
Sono infatti contraria ai puristi del self publishing che ritengono che un libro debba camminare solo sulle proprie gambe o gambette che siano.
Trovo anzi molto divertente cercare di utilizzare gli strumenti di ADV online che sono oggi accessibili sul web. Non li cito perché non voglio sembrare una marchettara, ma posso dire di aver imparato da utilizzare delle piattaforme di ADV online piuttosto complesse, con mio grande divertimento.
 
La differenza tra un self publisher e una casa editrice tradizionale sta quindi anche nel fatto che il self publisher probabilmente si costruirà da solo la sua mini-campagna online, mentre invece la casa editrice si rivolgerà a un'agenzia, che caricherà anche i propri costi su quelli degli acquisti di spazi pubblicitari.
Naturalmente spendere 100 euro di ADV è diverso che spenderne 200.000, visto che sono queste le grandezze di spesa che normalmente distinguono i self publisher dalle case editrici.
 
Per quanto mi riguarda, ho fatto molte sperimentazioni sull’ADV, costruendo anche un sito che era esclusivamente dedicato all’advertising di uno dei miei libretti.
Il sito però, VENDETTA ROSA, non ha avuto un grande successo, perché il libro a cui era collegato – MARITI IN SALSA WEB – non sembra averne tratto grossi benefici. Forse la copertina è sbagliata, e sto pensando di cambiarla.
Mentre invece il libro sul quale ho fatto meno investimenti (stiamo sempre parlando di pochissime centinaia di euro) è quello che funziona meglio: OMICIDI IN PAUSA PRANZO.
 
La conclusione è quindi abbastanza sconfortante (ma non solo per i self publisher, anche per gli editori): l’ADV è una condizione necessaria ma non sufficiente.
Esistono libri per i quali sono stati fatti enormi investimenti pubblicitari ma che hanno venduto poco, e libri che invece sono riusciti a scatenare reazioni di tipo “virale” – il passaparola – e che hanno venduto molto.
Neanche Hari Seldon sarebbe stato quindi in grado di fare previsioni ESATTE su quante copie venderà un libro. 

Non solo per quanto riguarda quelli pubblicati da noi self publisher ma anche per quelli delle case editrici….

 


 

Chi è VIOLA VELOCE?
Detesto quelli che ti raccontano tutto: com’erano simpatici i nonni, come sono ancora stronzi la mamma e il papà, e gli orribili o meravigliosi  - scegliete voi – ricordi delle vacanze di quando erano bambini.
Ma le “due note bio” ci vogliono sempre.
Ecco le mie: donna, impiegata, single di ritorno, figlio alle medie. Punto.
Quando torno a casa la sera, dopo l’ufficio, metto un po’ a posto, cucino qualcosa, infilo i piatti sporchi in lavapiatti, e poi faccio i compiti con Tommaso.
Studiamo  l’impero carolingio,  le figure retoriche, i settori produttivi della Calabria: quella specie di macedonia confusa che sono i nuovi programmi delle  medie. Poi, quando abbiamo finito, mi attacco al PC.
Dove vado alle undici di sera, a Milano? E il ragazzino, lo lascio da solo? Certo che no.
Basta, non ho altro da dichiarare.



Tutti i libri di Viola Veloce sono disponibili su Amazon.
Visitate il suo sito: Omicidi in pausa pranzo.


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Di Guest blogger (del 27/12/2013 @ 22:40:15, in Esplorazione spaziale, linkato 3668 volte)


Torno a ospitare nel mio blog il fisico Ernesto Giuseppe Ammerata, che ci propone un estratto del suo ultimo libro di divulgazione scientifica "Polvere di stelle".

Orione e Betelgeuse

Betelgeuse è una stella gigante che si trova nella costellazione di Orione, è la seconda stella più luminosa di questa costellazione dopo Rigel.
La costellazione di Orione rappresenta la figura di un uomo mentre affronta la carica del Toro, rappresentato nella vicina costellazione. Le stelle Betelgeuse e Bellatrix (la combattente o l'amazzone) raffigurano le spalle d'Orione; in mezzo è posta la cintura (le stelle Mintaka, Alnilam e Alnitak). In alcune regioni d'Italia le tre stelle della cintura sono identificate con i re Magi.
Più in basso, si trovano Saiph e Rigel, che segnano rispettivamente il ginocchio e il piede.
La costellazione di Orione è tra le più belle del cielo invernale, ricca di stelle di enormi dimensioni e luminosità e di nebulose.

Orione era figlio di Poseidone, dio del mare, ed Euriale, figlia del re di Creta Minosse. Si narra che una notte, sull'isola di Chio, corteggiò Merope, figlia del re Enopione. Questo suscitò l'ira d'Enopione, che lo fece accecare e lo allontanò dall'isola. Orione si diresse verso l'isola di Lemno dove Efesto, impietosito dalla sua cecità, lo affidò alla guida di Cedalione, che lo condusse verso est, da dove sorgeva il sole e lì riacquistò la vista. Il mito di Orione è legato anche alle Pleiadi (rappresentate dall'omonimo ammasso nel Toro, M45), le sette figlie d'Atlante e Pleione, delle quali s'innamorò e perseguitò.
Secondo la tradizione Orione trovò la morte a causa di uno scorpione. L'eroe osò offendere Artemide (Diana), dea della caccia, affermando di essere in grado di uccidere qualsiasi animale della Terra. Quest'ultima, indignata, generò uno scorpione che lo punse a morte. Entrambi furono poi portati in cielo, ma collocati in punti opposti affinchè il velenoso animale non potesse più insidiare il grande cacciatore.
Quando le stelle dello Scorpione sorgono ad est, Orione , sconfitto, tramonta ad ovest.
La morte d'Orione lasciò solo e disperato il suo fedele cane Sirio, che ululò per giorni e giorni fino a che Zeus non lo trasformò in una costellazione Canis Maior (Cane Maggiore).

La costellazione d'Orione fu oggetto di molte attenzioni anche da parte degli Egizi. Sembra, infatti, che nell'antico Egitto le tre piramidi nella piana di Giza siano state disposte in modo da rappresentare la costellazione, col fiume Nilo come Via Lattea. Inoltre un condotto d'aria della Grande Piramide è "allineato" con le stelle della cintura d'Orione, mentre l'altro condotto laterale è allineato con Thuban (alpha Draconis), la stella polare di allora.

Betelgeuse è uno degli asterismi del triangolo invernale insieme a Sirio e Procione.  Essa è una spuergiante rossa, che si trova nello stadio finale della sua evoluzione e che mostra episodi di variabilità quasi regolari.  La distanza dalla Terra secondo recenti calcoli è stimata tra i 600 e i 640 anni luce.
Pare che Betelgeuse sia tra le stelle più grandi conosciute e il suo raggio risulta essere pari a 1000 raggi solari, inoltre a causa della sua enorme superficie radiante e alla sua elevata massa compresa tra le 15 e 20 masse solari, Betelgeuse è più luminosa del sole 135.000 volte e presumibilmente concluderà la sua vita con una grossa esplosione, divenedo una supernova, esattamente come Vy Canis Majoris, l'ipergigante di cui abbiamo parlato precedentemente.
Una stella simile a Betelgeuse è Antares, la stella più luminosa della costellazione dello Scorpione.

L’Orsa Minore e Pherkad

Pherkad è una stella della costellazione dell’Orsa Minore, insieme a Kochab forma la fine del mestolo del piccolo carro.
Pherkad è una gigante brillante, anche se in altre pubblicazioni viene definita come una supergigante di tipo intermedio, ha una temperatura di 8600 K e una luminosità 1100 volte quella del sole, con un raggio 15 volte il raggio solare e una massa 5 volte la massa del sole, dista a una distanza di 480 anni luce.

Fin dall’antichità l’Orsa Minore è sempre stata usata dai marinai come guida.
La mitologia greca ci narra che una delle compagne di Artemide, Callisto, perse la verginità con Zeus, che si era avvicinato sotto le mentite spoglie della stessa Artemide, questa arrabbiata trasformò Calllisto in un’Orsa.
Il figlio di Callisto, Arcas, mentre cacciava stava quasi per uccidere la madre, ma Zeus e Artemide lo fermarono in tempo e misero in cielo sia lui che la madre come Orsa Maggiore e Orsa Minore.

Pherkad essendo una gigante, probabilmente concluderà la sua esistenza con un gran botto, divenendo una supernova.
L’Orsa Minore è una costellazione ricca di stelle importanti. Oltre a Pherkad, troviamo: Kochab, Alifa, Yilden e Alfa Uma, la stella polare.

Polvere di stelle
Quello di Ernesto G. Ammerata è un viaggio tra le stelle, dalla loro formazione, evoluzione e classificazione, fino allo studio degli oggetti più bizzari del nostro universo: stelle di neutroni, pulsar, nane bianchi, buchi neri e quasar. Ma è anche una studio legato ai miti delle Costellazioni e alle tradizioni che ne sono derivate nel periodo greco-ellenistico. L'uomo vive con un piede sulla Terra e con lo sguardo e il cuore rivolti al cielo.


ERNESTO G. AMMERATA, nato a Reggio Calabria nel 1972, laureatosi in fisica presso l’università di Messina, dopo la laurea ha conseguito un Master in Geofisica applicata e ha lavorato presso l’Arpacal al settore fisico ambientale, occupandosi delle misure di radioattività nelle matrici ambientali.
Appassionato di Astronomia, computer, internet e delle nuove tecnologie, da qualche tempo ha iniziato a scrivere libri a carattere di racconti e divulgativo scientifico con l’intenzione di fare conoscere ad un vasto pubblico quelle parti della scienza che possono risultare incomprensibili ai non addetti ai lavori. Oltre che di “Polvere di stelle”, Ernesto (Youcanprint) è autore di “Dalla Terra all’universo” (Youcanprint), “I racconti del finanziere” (Youcanprint), di “Nei pressi della Luna” (Booksprint Edizioni), e di numerosi racconti brevi come: Amnesia e Ingiustizia.

Venite a trovare Ernesto nel suo blog.

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Di Guest blogger (del 24/12/2013 @ 16:57:33, in Scrittura & pubblicazione, linkato 3658 volte)

Photo: Mr Tickle - Wachoo Wachoo Tribe CongressmanÈ con grande piacere che vi presento questo guest post di Richard J. Galloway, autore di "Amantarra", riguardo alle storie che possono nascondersi dietro dei semplici oggetti.

Stavo rovistando tra alcune vecchie scatole in garage l’altro giorno, quando mi sono imbattuto in una raccolta di oggetti della mia infanzia. C’era una conchiglia col guscio leopardato, che era stata comprata per me alla fine del 1960 mentre eravamo in vacanza. I miei ricordi della vacanza sono lacunosi; brevi istantanee di una settimana di sole all’età di nove anni. Mi ricordo che faceva molto caldo, così caldo che l’asfalto sui marciapiedi era abbastanza morbido da poterci scavare con un bastone. Ho guidato la mia prima barca a motore, e ho ricevuto il mio primo paio di occhiali da sole. Il guscio era un oggetto semplice e niente di speciale, ma per me era una chiave per alcuni ricordi molto personali.
C’erano altre cose nella scatola.
I resti di un set da dama che mi era stato dato quando avevo dieci anni. Solo la scacchiera e alcuni dei pezzi erano rimasti. Il set era molto vecchio quando mi era stato regalato. I quadrati rossi e gialli sulla scacchiera erano rovinati dal tempo e dall’uso. Le pedine erano fatte di una sorta di resina indurita, di colore nero o bruno-rossastro. Per qualche motivo ho sempre associato quelli neri al mal di testa. Trovare il set mi ha ricordato di come l’ho ricevuto, e chi me l’ha regalato.

Mio padre era un elettricista. Oltre a lavorare nelle acciaierie ha fatto gli impianti elettrici di molte case. Di tanto in tanto mi portava con lui come topo dei cavi ufficiale. Essendo piccolo, potevo stare sotto le assi del pavimento, il che significava che avrei potuto far andare i cavi negli angoli più remoti delle camere. Non era un lavoro da schiavi, era un’avventura sotterranea a pagamento. Una volta, mentre strisciavo in uno spazio angusto tra le pareti alveolari, il che significava che doveva zigzagare avanti e indietro per la stanza per raggiungere l’angolo più lontano, ho incontrato un idraulico proveniente dall’altra parte e sono dovuto tornare indietro. A volte era davvero affollato laggiù.
Il vecchio cui stavamo facendo l’impianto aveva un’ottantina d’anni, e ci mostrò un pianoforte che era in una delle camere al piano superiore.
“Ho chiesto a mio figlio di aiutarmi a portare quel pianoforte al piano di sopra dieci anni fa” il vecchio ci disse. “Ha detto che era troppo pesante per essere sollevato e che avrebbe dovuto chiedere l’aiuto di alcuni traslocatori. Gli ho detto: non ho intenzione di pagare delle persone. Lo farò io stesso.”
“Davvero?” chiese a mio padre, non credendo veramente che un uomo, che all’epoca aveva settant’anni, avrebbe potuto portare il pianoforte al piano di sopra da solo.
“Scommetto che non riuscite a immaginare come ho fatto.”
Io ho suggerito che si trattasse di una magia, ma il vecchio aveva ragione, non ne avevamo proprio idea.
Il vecchio era stato nella marina mercantile dal 1890, e aveva iniziato il suo apprendistato a quattordici anni su un alto veliero. Non era molto più grande di me in quel periodo.
“Non avete vissuto fino a quando siete stati tra il cordame di un veliero mentre doppiavate il Capo di Buona Speranza durante una tempesta,” disse.
Esperienze come questa avevano tolto all’uomo qualsiasi paura dell’altezza e senza dubbio avevano migliorato la sua presa, ma era quello che aveva imparato a bordo della nave che gli aveva permesso di spostare il piano di sopra. Per lui la soluzione era semplice: aveva usato un paranco per trasportare lo strumento al piano di sopra.

Trovo ancora questa storia impressionante e di ispirazione, ma non è il motivo per cui l’ho raccontata. Il punto è che non avevo pensato al vecchio e al suo pianoforte, fino a quando non ho trovato il set da dama che mi aveva dato. È la storia che sta dietro l’oggetto a essere importante per me. Mentre scrivo, mi guardo intorno e osservo le decorazioni della stanza. C’è una storia dietro ognuna di esse. Ognuna è una chiave che mi lega a eventi che riguardano il modo in cui l’ho ottenuta.

Il mio libro “Amantarra” è iniziato come una storia su come ho ricevuto un orologio d’argento per taschino. In una certa misura, la trama del libro è vera per quanto riguarda l’evento reale, ma io sono appassionato delle storie nascoste. Mi piace prendere ciò che appare e crearne delle spiegazioni fantastiche. Colpi di scena alternativi al posto dell’ovvio. La svolta nella storia dell’orologio è diventata il catalizzatore di una storia molto più grande, e l’attenzione passa dalla orologio al personaggio principale, Amantarra. Ciò ha portato alla nascita di Valheel, una città costruita all’interno di una sfera, la creazione di Elleria, la morte dell’immortalità, e un secondo libro.
Non sento lo stesso attaccamento per gli oggetti in un negozio, o anche oggetti appena acquistati. Gli oggetti diventano personali solo quando conosco la storia che sta dietro di essi, o dopo che hanno generato un po’ di storia, sia che la storia sia reale o immaginata. Ho ancora l’orologio che il mio prozio mi ha dato quando avevo otto anni. È al piano di sopra in una scatola da scarpe, in attesa che Elleria arrivi per attivarlo.

 


 


Cresciuto tra vicino alle industrie del nord-est dell'Inghilterra con Star Trek, Doctor Who e romanzi fantasy, RICHARD J. GALLOWAY si è ribellato contro il destino segnato dalle scuole frequentate, secondo cui il lavoro industriale sarebbe stata la sua vocazione. Dopo aver esaurito l'unica opzione apparente, il suo insegnante era disperato. "Se non vuoi lavorare nelle acciaierie, dove vuoi lavorare?" La sua risposta era sempre: "Non lo so." Il settore in cui sarebbe finito non si concretizzò che dieci anni dopo. Nessuna meraviglia che il suo insegnante si preoccupasse. Dalla scuola, tramite lo studio di disegno e di architettura, alla fine si è trovato a lavorare con i grandi sistemi informatici.
Carriera a parte, il filo che ha legato tutto insieme è stata la fantasia. Non ha mai perso la sua fascinazione per le immagini che una buona storia possono evocare. Dopo tutto, gli aveva mostrato dei mondi al di là di questo, e le possibilità al di là delle acciaierie. E continua a farlo.
Richard vive ancora nel nord-est dell'Inghilterra con la moglie, la famiglia, e un grosso gatto chiamato Beano. L'industria pesante si è ridotta, ma il mondo della fantasia di Richard è cresciuto. Spesso si chiede quale consiglio avrebbe ricevuto se il suo insegnante avesse letto un po' di fantascienza.

Amantarra è il primo romanzo di Richard.

Visitate il suo sito web italiano: www.richardjgalloway.eu

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Finalmente è qui! Dopo un lungo lavoro di traduzione, esce l'edizione italiana di "Amantarra", il romanzo dell'autore inglese Richard J. Galloway, tradotto appunto da me.

Questo libro, che inaugura una trilogia, narra la storia di una specie aliena, i Bruwnan, che da lungo tempo ha abbandonato la vita biologica e che esiste solo come pensiero all'interno di una città virtuale, chiamata Valheel, costruita dentro una sfera. Questa specie dalle enormi conoscenze scientifiche e capacità tecnologiche da circa la metà dell'età dell'universo ha dato vita a nuove specie in tantissimi altri pianeti.
La loro civiltà ha però raggiunto una fase di stallo e coloro che ne fanno parte stanno scomparendo, spazzati uno per uno da qualcosa che ha trovato una falla nell'immortalità.
Amantarra è fra i pochi che si sono accorti di ciò che sta accadendo. Già sua sorella aveva tentato di porvi rimedio tanto tempo prima, ma adesso è arrivato il suo turno.
Nel tentativo di salvare i Bruwnan, Amantarra decide di dar vita a una nuova specie intelligente in un pianeta chiamato Terra.

La storia di "Amantarra" inizia in un tempo lontano e ripercorre quella dell'umanità fino a giungere agli anni '70 in Inghilterra, dove un ragazzo di nome John riceve in regalo uno strano orologio. Sarà l'inizio di un'incredibile avventura, che lo porterà a scoprire la propria origine e a lottare per salvare il sistema solare.
Un racconto delizioso e appassionante, adatto a lettori di tutte le età, una fantascienza soft, con tecnologie inimmaginabili, una storia di amicizia, amore, crescita, e giustizia. Tutto questo e tanto altro è "Amantarra", che dalla fantasia sfrenata di Richard J. Galloway arriva adesso anche in Italia.
Il libro è solo il primo volume di una trilogia, "L'ascensione di Valheel", ma è di per sé autoconclusivo, per cui può essere letto anche da solo.
Uscito da pochi giorni, rimarrà per un periodo limitato al prezzo promozionale di 99 centesimi. Lo trovate su Amazon, senza DRM, quindi potete anche convertirlo in altri formati o regalarlo a chi volete. 390 pagine di un'avventura, che da un passato lontano vi porta attraverso la storia dell'umanità, la fine dell'ottocento, le due guerre mondiali, fino agli anni '70 a Penshaw Grove, nella periferia inglese, dove il giovane John conosce Elleria e subito capisce che in lei c'è qualcosa di speciale, ma non può neppure immaginare fino a che punto.

Se siete anche solo un po' curiosi, leggete i primi cinque capitoli del libro sul sito italiano dell'autore: www.richardjgalloway.co.uk/copy-of-amantarra-uk.
E, se vi piace, acquistatelo su Amazon, dove sono già presenti alcune recensioni di chi l'ha letto in anteprima. Non ve ne pentirete.
Potete anche contattare l'autore (in inglese) su Twitter.

Ecco la descrizione del libro.

Un tempo la città di Valheel era un luogo meraviglioso in cui vivere e lavorare. Avendo raggiunto i limiti di ciò che è tecnicamente possibile nell’universo, i Bruwnan avevano creato per se stessi una nuova realtà fuori delle dimensioni dello spazio-tempo euclideo, una realtà virtuale, ma comunque una realtà. La città era costruita all’interno di una sfera. Là dentro, liberi dalla forma fisica e la fragilità a essa associata, i Bruwnan si concentravano nell’esplorazione delle scienze e dell’arte.
Ciò è accaduto in un tempo passato pari a più della metà dell’esistenza dell’universo. Tutte le nozioni scientifiche e le forme d’arte sono state esplorate, estratte, riesumate e riciclate molte volte. Non vi è rimasto nulla da esplorare e l’autocompiacimento ha pervaso i Bruwnan. Valheel ha perso la sua vitalità, è una città di immortali che si sentono morti.
Amantarra non riesce a ricordare cosa sia comparso per primo, il senso di costrizione che la città adesso le provoca o la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato. È stato quando suo padre per primo ha dato voce alle sue preoccupazioni, affermando che la gente stava scomparendo, che è giunta alla consapevolezza che lentamente qualcosa li stava spazzando via in segreto. Qualcosa ha trovato un difetto nell’immortalità.
Trecentomila anni prima sua sorella è partita per cercare una soluzione e non hanno più avuto sue notizie. Ora, dopo molti anni di sperimentazione, è il turno di Amantarra di accogliere la sfida. Il suo primo atto di aggressione le fa guadagnare il tempo di cui ha bisogno per creare un’arma di inimmaginabile potenza. Ma nonostante i suoi sforzi per rimanere nascosta, la battaglia segue Amantarra sulla Terra, dove le cose iniziano ad andare storte.

Vi lascio con la recensione del libro che scrissi nell'aprile 2013, dopo averlo letto in lingua inglese.


Un’avventura al confine tra fantascienza e fantasy
 
Sono molteplici e diversi gli elementi che caratterizzano questo romanzo. C’è l’elemento fantascientifico, con una specie così superevoluta da esistere solo a livello di coscienza in una realtà virtuale, dopo aver lasciato indietro i propri corpi mortali. C’è elemento fantasy, rappresentato dai particolari poteri di questa specie aliena, così oltre la comprensione umana da apparire magici. Ma c’è anche un pizzico del cosiddetto romanzo di formazione, nella storia del giovane John, che si ritrova tra le mani un potere impensabile con le responsabilità che ciò ne consegue. In mezzo c’è lo spazio, quello che separa la nostra Terra da Valheel, la città virtuale che ospita le coscienze immortali dei Bruwnan.
Partendo da angoli diversi di questo eccezionale universo, Galloway tesse i fili di una storia di ampio respiro, misteriosa in principio, ma che diventa sempre più intrigante man mano che questi fili si uniscono nel formare l’intreccio. La ricca prosa dell’autore ci restituisce delle immagini vive persino delle ambientazioni innaturali di Valheel e con la stessa disinvoltura ci porta nella preistoria, nella Francia nel diciannovesimo e dell’inizio del ventesimo secolo, fino ad arrivare all’Inghilterra degli anni settanta, in mezzo agli studenti di una scuola superiore, afflitti dai loro quotidiani problemi da adolescenti. Di fronte a ciò il lettore si ritrova catturato tra le pagine, cercando di comprendere come tutti questi elementi possano incastrarsi e meravigliandosi per il modo in cui l’autore riesca infine a conciliarli con maestria verso l’emozionante finale, che lascia però col desiderio di sapere cosa succederà dopo.

"Amantarra" (edizione italiana) è disponibile su Amazon.
Maggiori informazioni: www.richardjgalloway.com (sito disponibile anche in italiano).

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