Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Eccovi un nuovo guest post. Questa volta a essere ospitata sul mio blog è l'autrice di fantascienza Theresa Snyder, che in questo articolo analizza ciò che permette di creare un buon personaggio e come fare ad averne uno anche nelle storie di fantascienza.
Lo scorso fine settimana ho visto ancora una volta un altro di quei film sensazionali di fantascienza con personaggi non molto brillanti. La fantascienza sembra essere la casa dei personaggi poco sviluppati con ambientazioni esagerate sia nei libri che nei film. La tecnologia non può prendere il posto dell'abile sviluppo del personaggio.
I personaggi sono l'anima di ogni storia. Hanno bisogno di essere vivi, facilmente riconoscibili.
Vediamo qualche buon esempio:
Ne Il gioco di Ender di Orson Scott Card il lettore sente l'isolamento di Ender. Sperimenta la sua solitudine come ogni persona successiva che egli impara ad amare viene strappata dalla sua vita.
In Born of Night di Sherrilyn Kenyon il lettore è costretto a rivivere il difficile passato di Nykyrian insieme a lui affinché lui possa compiere la sua missione. Il lettore vuole che lui ci riesca. Il lettore desidera la sua redenzione.
Han Solo nella saga di Star Wars si distingue come personaggio cinematografico ben sviluppato. Sembra fatto di carne e ossa - il furfante che si riscatta a dispetto del suo passato.
Prendete un romanzo, un qualsiasi romanzo, o un film. Se l'avete amato, quell'amore è basato sulla capacità dell'autore di avvolgervi nella vita dei suoi personaggi. Dei personaggi che sembrano vivi sono l'anima di una grande storia. Ma cosa permette a un personaggio di prendere vita? Cosa fa sentire il pubblico coinvolto e lo costringe a continuare a leggere o guardare un altro sequel?
Se cercate su internet, si trovano liste di regole per lo sviluppo del personaggio. Queste sono quelle che mi fanno continuare a leggere o sborsare cifre esorbitanti per i blockbuster. Come scrittrice queste sono quelle cui cerco di attenermi con i miei personaggi:
- Descrizione fisica. Non deve essere condensata in un paio di frasi in cui il personaggio viene introdotto. Può essere distribuita in vari pezzi per collegare insieme e riempire gli spazi vuoti con la vostra immaginazione. Il trono di spade dell' autore George R.R. Martin è caratterizzato da bellissime descrizioni fisiche.
- Maniere. Un personaggio prende vita se fa scorrere le mani tra i capelli per la frustrazione o si morde il labbro inferiore quando pensa, o ancora mastica una matita, o sgranocchia cioccolatini. Ciò rende il personaggio vivo. Quanto era raccapricciante il Joker di Heath Ledger in Il Cavaliere Oscuro con l'incessante movimento della sua lingua?
- Interazione. Vedere il personaggio attraverso gli occhi di qualcuno, o qualcosa. Che cosa ci dice l'amore per un cane del personaggio di Will Smith in Io Sono Leggenda? Sebbene Chris Hemsworth avesse una piccola parte nel ruolo di George Kirk in Star Trek,abbiamo sentito il suo sacrificio e la sua nostalgia per la moglie incinta.
Dei dialoghi ben scritti ed efficaci sono un must. Non sarà possibile mettere giù il libro o perdere interesse in un film in cui i personaggi hanno delle battute cariche di energia. Pensate agli Avengers o a qualsiasi script di Joss Whedon. Il lavoro di un ensemble, sia sul palco, in un film o in un libro è una meraviglia per gli occhi, se ben scritto. Le persone che circondano i personaggi principali non possono essere solo oggetti di scena, hanno bisogno di funzionare al di fuori degli altri personaggi e mostrare al lettore uno scopo della loro presenza.
- Voce interiore. Sentire i pensieri del personaggio illumina il pubblico. Come vedono la situazione in cui si trovano. Come sentono di poterla risolvere. A volte queste sono le più forti indicazioni dell'anima di un personaggio. Rector nel romanzo steampunk di Cherie Priest The Inexplicables fornisce al lettore la comprensione nei suoi sentimenti conflittuali di tossicodipendente costretto a confrontarsi con le sue azioni a causa dell'influenza dei suoi nuovi compagni in una Seattle apocalittica.
- Conflitto. Questo è centrale sia per la trama che per il personaggio. Quando il personaggio ha bisogno di superare qualche ostacolo personale al fine di gettare alle spalle sia i propri demoni che portare a compimento la trama, ci troviamo di fronte a un esempio di grande scrittura. Mi viene in mente il personaggio di Katniss Everdeen nella trilogia di Hunger Games di Suzanne Collins. Lei è costretta nel suo ruolo, ma poi deve ottenere il meglio dalla sua influenza in continua evoluzione sul suo mondo torturato.
- Reazione. Spesso le trame ci danno un'idea di dove ci stanno portando e noi ci andiamo volentieri. Ci sono così tante storie là fuori. Potremmo non esserne delusi se il personaggio reagisse in maniera adeguata. Se la storia ci ha dato due personaggi che sono coinvolti emotivamente e uno sta male - muore - viene portato lontano, vogliamo che il personaggio rimasto indietro senta la perdita. Lasciate che il personaggio pianga. Lasciatelo essere arrabbiato e fategli fare qualcosa di avventato. Non descrivetelo come un'insensibile figura stilizzata. E sempre a proposito di questo punto, non lasciate che un personaggio trascuri una soluzione che è davvero molto evidente per il pubblico dell'autore. I personaggi non dovrebbero essere stupidi.
Dopo tutto ciò che detto, devo confessare che è stato Oblivion a spingermi a parlare di come migliorare i personaggi. Il film è stato sensazionale dal punto di vista visivo. I personaggi, invece, erano piatti, ritagli di carta. Dov'è la Reazione (punto 6 sopra) di perdita quando Jack vede la suo compagna uccisa nella splendida casa nel cielo? Dove è la meraviglia di trovare sua moglie ancora in vita? È troppo chiedere un po' di rabbia al pensiero che è stato ingannato, manipolato, clonato?
Aspetto con ansia l'uscita dei blockbuster estivi di fantascienza. Seppellisco me stessa nei romanzi che sono meglio scritti e spero in un miglioramento da parte degli studios. Ma non rinuncio mai a cercare i personaggi che possano coinvolgermi - personaggi con un cuore.
THERESA SNYDER è un’autrice americana di romanzi di fantascienza e fantasy e talvolta di saggi. Recentemente ha pubblicato il Vol. 1 della sua serie “Star Traveler” su Kindle, The Helavite War. Gli altri cinque volumi della serie saranno pubblicati nei prossimi sei mesi. Ha scritto inoltre un saggio basato sugli anni passati a prendersi cura dei suoi genitori. Anche questo è disponibile nel Kindle Store di Amazon. Attualmente passa il suo tempo libero contemplando altri mondi e personaggi unici.
Visitate il suo blog: http://theresasnyder.blogspot.com/ Potete trovare Theresa anche su Twitter: http://www.twitter.com/TheresaSnyder19
Di Carla (del 04/06/2013 @ 22:32:25, in Lettura, linkato 2866 volte)
Un giallo dell’altro mondo
Ancora una volta un bel libro indie di fantascienza. Questo volta abbiamo a che fare con un romanzo ambientato in un altro pianeta, colonizzato dall’umanità ormai da molto tempo. La storia quindi si svolge in un futuro abbastanza lontano. Rhea è un pianeta simile alla Terra, ma più umido e con una gravità maggiore. Si trova a oltre undici anni luce da essa, quindi le comunicazioni e i viaggi tra i due pianeti richiedono molto tempo. Per questo motivo Rhea ha vissuto uno sviluppo del tutto indipendente da quello della Terra. Su Rhea quasi tutto passa attraverso la rete. Alle persone viene impiantato un chip nel cervello grazie al quale sono perennemente connesse. Ciò permette loro di comunicare in tempo reale tramite la rete, ma anche di usarla per svolgere le funzioni più comuni, come accendere la luce o aprire una porta. La peculiarità di questo sistema è che sulla rete tutte le comunicazioni sono pubbliche, non esiste alcuna privacy. L’assenza di privacy telematica impedisce un uso distorto della rete, ma allo stesso tempo limita la libertà delle persone.
In questo contesto si muove il detective Pimm chiamato a risolvere un complicato caso di omicidio. La sospettata è una donna appena giunta dalla Terra. La persona che la ospitava viene trovata morta e tutte le prove sembrano puntare contro la terrestre. Non può dimostrare la sua innocenza proprio perché non ha un chip nel suo cervello in grado di dire dove si trovava e cosa stava facendo al momento dell’omicidio.
Il romanzo è un vero e proprio giallo, in cui il detective segue le prove, talvolta in maniera tradizionale per aggirare il problema della privacy, e deve scoprire cosa si nasconde dietro questo omicidio, prima che un tribunale decreti la colpevolezza della donna e la rispedisca sulla Terra.
La trama è davvero ben costruita, lo stile dell’autore scorrevole e accattivante. È davvero difficile mettere da parte questo libro, poiché la storia viene narrata praticamente senza pause e il tutto si svolge nel giro di pochi giorni.
Mi sono, però, fermata a quattro stelline per via del finale. Il libro raggiunge il suo apice, con la scoperta dell’assassino, un po’ prima della fine e prende poi una piega inaspettata, che addormenta di colpo il ritmo, trascinandolo con fatica verso un epilogo anomalo, il cui scopo non è chiaro. L’ultimo capitolo, che vede un cambio di punto di vista immotivato, lascia con l’amaro in bocca e, invece di aggiungere qualcosa al libro, lo impoverisce. Peccato.
Nonostante ciò “ReEarth” è un romanzo caratterizzato da una notevole originalità e fa ben sperare per i prossimi lavori di questo autore.
ReEarth (formato Kindle e brossura) su Amazon.it. ReEarth (formato Kindle e brossura) su Amazon.com. Questo libro è in lingua inglese! Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su: aNobii: http://www.anobii.com/anakina/booksGoodreads: http://www.goodreads.com/anakina
Sembra ieri che caricavo con trepidazione "Deserto rosso - Punto di non ritorno" su Amazon e Smashwords e allo stesso tempo mi pare che sia passato un secolo. Dodici mesi dopo, eccomi qui a celebrare il primo anno di vita della mia serie di fantascienza ambientata su Marte. Nata come un esperimento letterario è diventata per me qualcosa di più. Si è trasformata, infatti, in una sfida contro me stessa per riuscire a darvi, puntualmente, ogni cinque mesi una nuova puntata. Sono partita da una novella, il seguito, "Abitanti di Marte", è stato un romanzo breve, e poi il recente "Nemico invisibile", che è l'episodio che finora mi ha impegnato di più, anche a livello emotivo, e che sta riscuotendo un successo sorprendente, trascinando con sé gli altri due. E così, dopo 3 puntate, 140 mila parole e oltre 1600 copie vendute (che, considerando anche i dati mancanti di Kobo dell'ultimo mese, potrebbero già essere arrivate a 1700) la sfida continua. Non solo, si espande. Come vi ho raccontato qualche post fa, la nostra Anna Persson è riuscita a sfuggire dalle pagine virtuali dell'ebook e ora si trova su Twitter, dove dialoga con i lettori. Ogni tanto fa delle incursioni nei blog altrui, che permettono di loggarsi tramite Twitter. E inoltre fa un po' la spia e si lascia sfuggire qualche commento sulle sue prossime avventure.
Come sapete, infatti, sto scrivendo l'episodio finale della serie, che vede impegnata la nostra antieroina preferita nella lotta contro il nemico invisibile svelato nella puntata precedente. In questo momento sono circa a un terzo del libro e la strada è ancora lunga. Vi chiederete se Anna riuscirà a "vincere" alla fine della storia, ma in tal caso vi state facendo la domanda sbagliata, perché quella giusta è: cosa vuole Anna veramente? Per scoprirlo dovrete attendere il 30 settembre, ma nell'andare avanti con la scrittura tornerò di tanto in tanto a parlarvi di questo episodio con qualche anticipazione. Ma ora, come promesso, ve ne svelo il titolo. Sarà: "Deserto rosso - Ritorno a casa". Per chi ha letto "Nemico invisibile" il significato potrebbe sembrare ovvio. E ovviamente si sbaglierebbe. Il tema del ritorno a casa già presente in tutte le puntate qui assume anche un significato diverso, che verrà rivelato negli ultimi capitoli.
Con l'anniversario di "Deserto rosso" si avvicina però anche la sua fine. Come faremo, io e voi, dopo quella data, quando la storia sarà finita? Al solo pensiero sento già la nostalgia di Marte e di tutti i personaggi: Anna, Hassan, Jan, persino Melissa! Be', la buona notizia è che se anche il romanzo "Deserto rosso" finisce, il mondo in esso descritto continua a esistere. La storia di questo mondo, che tra l'incontro di Anna con Jan e l'ultimo capitolo dell'ultima puntata copre un lasso di tempo complessivo di 18 anni (senza considerare la missione Hera, che ci riporta indietro di almeno altri 26 anni), non si conclude di certo con "Ritorno a casa". I protagonisti continuano a vivere le loro vite, mentre nuovi personaggi e nuove tecnologie prendono forma per poi, 35 dopo (50 dopo il lancio di Isis, circa un secolo nel nostro futuro), comparire ne "L'isola di Gaia". Sarà una nuova storia che però scioglierà qualche piccolo interrogativo che "Deserto rosso", per motivi cronologici, non potrà chiarire. Non sarà comunque l'unico altro romanzo che scaturirà da questa timeline e, di conseguenza, questo primo compleanno non sarà affatto l'ultimo. Ci sono infatti in cantiere altri due libri. Il primo è "Ophir", un altro romanzo marziano, per via della sua principale ambientazione, che ci permetterà di esplorare un po' di più il pianeta rosso. Questo sarà inserito tra i due precedenti. Infine ci sarà "Aurora", che concluderà la timeline, questa volta davvero, ambientato nello spazio, pochi anni dopo "L'isola di Gaia", di cui sarà formalmente un sequel (quindi non più uno spin-off), ma che in realtà andrà a riunire i filoni dei romanzi precedenti verso un meritato epilogo. Non posso dirvi di più, lo scoprirete a tempo debito.
Nel frattempo vi invito a soffiare tutti insieme per spegnere quell'unica candelina e non dimenticate di andare a fare gli auguri anche ad Anna. Come ben sapete, è una tipa permalosa e, altrimenti, potrebbe offendersi!
Di Carla (del 12/06/2013 @ 02:07:28, in Lettura, linkato 3513 volte)
Appassionante ritratto di una grande donna del passato
“La regina sole” è l'appassionante storia di Ankhesenamon, qui chiamata semplicemente Akhesà, terza figlia del faraone eretico Akhenaton, e della splendida Nefertiti, e grande sposa reale del suo successore Tutankhamon, dimenticato per lungo tempo dalla storia e divenuto famoso in seguito al ritrovamento della sua celebre tomba quasi intatta.
Questo bellissimo romanzo storico interpreta gli avvenimenti coperti in parte dal mistero che avvolge il regno del faraone eretico e del giovane re Tut, morto in circostanze misteriose e in giovane età dopo soli nove anni di governo. Nel dipingere questo affresco storico, Jacq si avvale del punto di vista privilegiato della regina sole, Ankhesenamon, originariamente chiamata Ankhesenaton (o Ankhesenpaaton) e costretta a cambiare il suo nome dopo la morte del padre, con il ritorno al culto di Amon, dopo la parentesi monoteista amarniana rivolta al dio Aton (disco solare).
Le informazioni giunte a noi su questo periodo storico situato verso la fine della diciottesima dinastia sono frammentarie e ricche di dubbi, che forse non saranno mai del tutto fugati. Non si sa con certezza se la memoria del faraone eretico e del suo giovane successore siano state in parte cancellate nel tentativo di eliminarli dalla storia o se fosse semplicemente parte di un rituale del tempo, che non necessariamente implicasse un odio nei loro confronti. Tra l'altro studi più recenti avrebbero dimostrato che la morte del re Tut fu probabilmente accidentale e non un omicidio come si era favoleggiato per tanti anni, accostando ciò alla cosiddetta maledizione della sua tomba, da cui tante storie sono poi fiorite.
Fatto sta che questi eventi sono stati terreno fertile per gli autori di romanzi storici che hanno tentato di raccontarci in qualche modo la loro storia. Jacq l'ha fatto con maestria, mescolando fatti reali, essendo lui stesso uno studioso di egittologia, a supposizioni e licenze poetiche. “La Reine Soleil” nasce da tutto questo, mescolando realtà e sogno, e mostrandoci una giovane donna del passato dalla grande volontà e dignità, la cui figura tiene alta la già gloriosa immagine delle donne dell'antico Egitto.
Sebbene conoscessi la storia e sapessi già come sarebbe andata a finire, mi sono appassionata nel leggere queste pagine, accanto ad Akhesà. Ho sofferto e mi sono commossa con lei e per lei.
Una lettura imperdibile per gli egittofili e gli amanti della storia in generale. Peccato che la versione italiana, se mai esistita, sia introvabile. In compenso il testo nella lingua originale è veramente sublime.
La reine soleil (brossura) su Amazon.it. Questo libro è in lingua francese!
Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su: aNobii: http://www.anobii.com/anakina/books Goodreads: http://www.goodreads.com/anakina
Lo scorso marzo, come sapete, ho partecipato a una puntata di Fantascientificast con la mia rubrica Life On Mars? per parlare del ruolo della religione e della spiritualità nel media franchise di Battlestar Galactica. Sempre nella stessa puntata ho dedicato l’ultima parte del mio intervento a “Deserto rosso”, questo perché anche la mia serie non è affatto esente da elementi religiosi.
In realtà il collegamento con Battlestar Galactica è partito da un piccolo aneddoto, che riguarda l’origine dei nomi delle due missioni della NASA che si trovano all’interno della storia: Isis ed Hera. La prima, che è la parola inglese per Iside, deriva semplicemente dalla nota divinità dell’antico Egitto (e qui siamo già in tema religioso). Essendo un’egittofila, mi diverto a inserire questi elementi nelle mie storie. La seconda missione deve il suo nome ancora una volta a una divinità, cioè la moglie di Zeus. Per scegliere questo nome, però, essendo io una nerd, invece di andare a cercare un elenco di divinità greco-romane, ho preferito passare in rassegna quelle di Battlestar Galactica! Tra l’altro la scelta è poi caduta su Hera, non tanto per il suo essere divinità, ma perché si tratta di un personaggio della saga (Hera Agathon). Solo successivamente ho scoperto che, all’interno della religione di Battlestar Galactica, Iside ed Hera sono considerate delle divinità sorelle, inoltre (e questo proprio non lo ricordavo) i due nomi sono quelli dati al personaggio in questione in momenti diversi della serie.
Insomma, la fiera delle coincidenze!
Ma parliamo di quelli che sono effettivamente gli elementi religiosi in “Deserto rosso”.
Il più evidente è senza dubbio l’inserimento della storia di un personaggio musulmano (Hassan), laddove la nostra protagonista, Anna, è caratterizzata da una malcelata intolleranza nei confronti degli uomini di origine mediorientale. Sebbene il suo pregiudizio abbia origini personali (suo padre è mediorientale), ha come unica discriminante solo il suo aspetto religioso, poiché l’unico elemento che differenzia i due personaggi è proprio la religione, visto che fanno parte dello stesso gruppo etnico. Comunque sia, l’inserimento di questa sottotrama serve a due scopi.
Il primo è creare conflitto tra i due personaggi, da cui sorge la diffidenza e i dubbi di Anna nei confronti di Hassan. Anna, però, lontano dalle convenzioni terrestri si rende conto che i suoi pregiudizi non hanno una base razionale e li vedrà pian piano smontati da Hassan. Nonostante questo, a livello istintivo non riesce del tutto a liberarsene, o almeno questo processo è destinato a svolgersi lentamente lungo la storia.
Il secondo scopo dell’inserimento di questa tematica è, invece, immedesimare il lettore, favorendo la sospensione dell’incredulità. Questo è possibile in quanto, visti i fatti di attualità, nel mondo occidentale esiste un’ambivalenza di sentimenti nei confronti dell’Islamismo e dei musulmani: sospetto ma anche curiosità. Questa ambivalenza è ancora maggiore in Anna. L’Islamismo rappresenta la sua identità culturale, che però le è stata negata, e Hassan è l’unico al quale può attingere in questo senso.
Da qui il suo disprezzo e nello stesso tempo l’interesse nei suoi confronti.
Il personaggio di Anna, inoltre, per sua stessa ammissione non possiede una fede, ma allo stesso tempo è incuriosita dal concetto di fede, poiché la vede come qualcosa che ipoteticamente potrebbe dare un senso alla sua esistenza incerta. Anna è una donna molto insicura nel porsi di fronte agli eventi e alle scelte, sente di aver bisogno di un punto fisso nella sua vita. La sua fragilità deriva dalla necessità di dimostrare al mondo che il fatto stesso di essere nata non è stato un errore. In questa sua condizione psicologica, amplificata dagli eventi che sta vivendo, guarda con curiosità mista a sospetto alla fede di Hassan.
In questi ultimi due episodi emergono, però, altre due tematiche che hanno a che vedere con la religione.
Una di queste è il tema della coppia, che vediamo nella comunità di Ophir. Ogni persona di questa comunità ha un compagno, può trattarsi di un marito o una moglie, ma anche di un fratello o una sorella, nel caso dei bambini. L’importanza della coppia verrà in particolare approfondita in “Ritorno a casa” e, nel parlare di questa tematica, ammetto che ancora una volta mi sono rifatta all’antico Egitto. Qui la coppia costituita dal Faraone e la sua Grande Sposa Reale aveva un ruolo molto importante sia a livello politico che religioso. Era essenziale che a capo delle Due Terre ci fosse una coppia e non una sola persona. Queste coppie avevano una ragione di esistere più rituale che personale. In questo contesto non era raro che la Grande Sposa Reale fosse una sorella o una figlia del Faraone, senza che ciò implicasse alcuna relazione di carattere sessuale tra i due (esistevano le spose secondarie a questo scopo). Spesso il Faraone era troppo giovane e quindi era la sua Sposa a governare. O ancora la Sposa rimasta vedova nominava il nuovo Faraone. La cosa importante è che in un modo o nell’altro dovevano essere in due per ottenere il favore degli dei.
Questo argomento, cioè la necessità di essere in due, si trova anche in “Deserto rosso” e sarà una sottotrama importante di “Ritorno a casa”.
Esiste poi un ultimo argomento, ma, se anche mi limitassi a citarlo, diventerebbe un grosso spoiler per chi non ha letto ancora il terzo episodio. Di per sé non è religioso, ma più che altro spirituale. Riguarda la coscienza, la cui controparte religiosa non è altro che l’anima, ma nella storia ciò viene affrontato in maniera quasi scientifica. Tra l’altro si tratta di un tema molto diffuso nella fantascienza, sia classica che contemporanea. Non posso dire altro, ma chi ha letto “Nemico invisibile” di certo ha capito a cosa mi riferisco.
Mi sto divertendo a scrivere un romanzo che parla della colonizzazione di Marte, ma c’è chi sta davvero pensando di mettere in atto un tale progetto fra appena dieci anni.
Sto parlando di Mars One, la fondazione guidata da Bas Lansdorp, che ha già iniziato ad accettare le iscrizioni per prossimi abitanti del pianeta rosso.
The Mars Initiative, l’associazione no-profit di cui sono rappresentante italiana, sta tenendo d’occhio Mars One. Lo scopo di The Mars Initiative è raccogliere fondi da consegnare al primo progetto che porterà l’Uomo su Marte e, almeno dalle premesse, Mars One sembra essere il più vicino alla realizzazione, se non altro per il fatto che individua come data di sbarco dei primi coloni l’anno 2023, cioè circa una decina di anni prima rispetto, per esempio, alle fumose intenzioni della NASA.
Ma vediamo prima di tutto di cosa si tratta.
Mars One prevede di selezionare entro quest’anno gli astronauti che verranno inviati quattro per volta ogni due anni a partire dal 2022. Ovviamente questi verranno prima sottoposti a un lungo addestramento. Tra il 2016 e il 2021 si invieranno satelliti, rover e capsule abitative, pronti a ricevere i primi quattro coloni. Nel 2033 su Marte abiteranno già venti persone.
L’idea di Mars One, al di là dei problemi tecnici ancora da risolvere, è abbastanza semplice e la sua semplicità è proprio garantita dall’assenza di un viaggio di ritorno, cosa che riduce le spese e conferisce all’intero progetto un maggiore fascino. Si parla, infatti, di popolare un nuovo pianeta diverso dalla Terra. Le implicazione storiche, tecnologiche e scientifiche sono immense.
Ma quanto è fattibile dal punto di vista umano un’impresa del genere?
I due uomini e le due donne inviati su Marte saranno ben selezionati e sicuramente ben addestrati, ma non è certo possibile prepararli davvero a ciò che li aspetta. Il motivo è semplice: nessuno lo sa. Saranno loro i primi a scoprirlo.
Coloro che verranno scelti entreranno sì nella storia, diventeranno famosi, ma non godranno mai di tutto questo. Di fatto andranno a vivere per il resto della vita in mezzo a un deserto, imprigionati nei loro habitat, nelle loro tute o nei loro rover, senza stare mai più veramente all’aperto, sapendo per certo che non torneranno mai indietro.
Cosa succede se non vanno d’accordo? Se uno o più di loro ha un esaurimento nervoso? Se si ammala? Se inizia a non seguire più le regole?
Soprattutto all’inizio, quando le persone saranno solo quattro oppure otto e l’isolamento sarà qualcosa di tangibile (su Marte non è neppure possibile comunicare in tempo reale con la Terra), di certo sorgeranno dei problemi. E non è detto che l’aumentare della popolazione li possa risolvere. L’elemento che forse potrebbe essere più difficile da accettare è che non esiste possibilità di ripensamento. Se uno si trova male, per qualsiasi motivo, non potrà tornare sulla Terra.
Questa certezza personalmente mi atterrisce. Credo che in un certo senso una persona che accetti questa certezza sia un po’ folle (anche in senso buono). Ma mi chiedo come potrebbe diventare tale persona nel momento in cui questa idea si tramutasse in realtà.
L’idea di passare il resto della propria vita su Marte aveva colpito la mia immaginazione già anni fa, quando non esisteva ancora Mars One, ma in qualche articolo sul web si prospettava la nascita presto o tardi di una tale iniziativa. Proprio quel poco che avevo letto, insieme alle idee diffuse da Robert Zubrin sull’argomento sono alla base del mio romanzo “ Deserto rosso”. Solo dopo aver pubblicato la prima puntata ho scoperto l’esistenza della fondazione di Lansdorp e ciò ha rinnovato in me un certo senso di inquietudine nei confronti dello stesso progetto dei colonizzazione. Un conto è, infatti, immaginarlo in un romanzo, un conto è vederlo nella realtà.
Non so se Mars One andrà in porto così presto, anche perché i tempi sono stretti, comunque sia spero che l’approdo dell’Uomo su Marte avvenga il più presto possibile. Anche se non vorrei mai fare parte di quei coraggiosi (e folli), mi piacerebbe davvero assistere a questa loro impresa nel corso della mia vita.
Questa tappa del blog tour di "Deserto rosso" che vi presento adesso è speciale. Si tratta della quattordicesima in assoluto e la seconda di "Deserto rosso - Nemico invisibile". Ma a renderla speciale è ben altro. Sono stata intervistata nel prestigioso blog di Francesco Gavello, dedicato al marketing sul web e nei blog, da Elena Bottari di Psicomamme.it.
L'intervista occupa gran parte di un articolo intitolato "Autori Digitali Italiani: Passioni, Lavoro e Strategie di Self-Publishing" e dà particolare rilievo a tutto il lavoro da me fatto come autrice indie per promuovere i miei libri. Nell'articolo sono riportate tre delle risposte alle domande rivoltemi da Elena. La prima riguarda il mio rapporto con la fantascienza, come è nato e la mia storia di autrice digitale. La seconda si concentra sulle pratiche di promozione che ho adottato per promuovere i miei libri e i risultati ottenuti. Nell'ultima, infine, ho citato un altro autore indipendente che è riuscito a farsi notare grazie alle sue capacità di promozione.
Siete curiosi di conoscere le risposte? Andate a leggere l'articolo, che contiene anche l'intervista ad Andrea Giuliodori, Francesco Uccello e Giovanna Gallo: fate clic su una delle due immagini o su questo link.
Elena mi ha fatto anche altre domande, che però non sono stata inserite nell'articolo, ma le riporterò qui sul mio blog la prossima settimana. La prima riguarda la fantascienza in Italia e come mi sono inserita in questo ambiente, tenendo anche conto che sono una donna. La seconda invece riguarda l'accuratezza scientifica dei miei libri. Sono entrambi degli argomenti che mi stanno molto a cuore e quindi ve ne parlerò al più presto.
Se vi siete persi le tappe precendenti del blog tour di "Deserto rosso", le trovate rispettivamente nella rassegna stampa di "Punto di non ritorno", di "Abitanti di Marte" e di "Nemico invisibile".
Grazie mille a Elena per questa bella intervista! Alla prossima tappa!
Di Carla (del 23/06/2013 @ 03:37:52, in Cinema, linkato 4237 volte)
Ieri ho visto "Star Trek - Into Darkness" (questo articolo contiene spoiler). Devo dire che è davvero un bellissimo film. Mi è piaciuto più del precedente.
Il mio preferito rimane Zachary Quinto, bravissimo nel ruolo di uno Spock in lotta con la sua umanità. Devo ammettere, però, che ho apprezzato moltissimo l'interpretazione di Benedict Cumberbatch nel ruolo di Khan e che ho avuto un vero brivido nelle pochissime scene in cui si allea con Kirk. Vado matta per queste situazioni in cui il buono e il cattivo trovano un punto in comune. Persino Khan, che è un supercattivo, in alcuni momenti lascia trasparire qualcosa di buono: il fatto che consideri il suo equipaggio una famiglia, per esempio. Farebbe qualsiasi cosa per salvarli. Ciò lo rende più reale e complesso, fa scaturire nello spettatore una sorta di compassione per lui, nonostante tutto. E tutto sommato alla fine sono stata contenta perché, se anche i nostri eroi si sono salvati, il cattivo non è stato necessariamente distrutto. Insomma, mi sarebbe dispiaciuto, se fosse accaduto. Al di là del fatto che questo permette di aprire nuovi scenari per altri film, io non volevo che morisse.
L'avrete capito che mi piacciono i personaggi ambigui. Voglio vedere un po' di cattiveria nei buoni e un po' di bontà nei cattivi. Amo quando si mescolano le carte in questo senso, perché ciò dona profondità al personaggio e crea una sorta di attaccamento da parte di chi fruisce della storia, oltre ad aumentare l'imprevedibilità di quest'ultima.
L'ho fatto ampiamente nei primi tre episodi di "Deserto rosso" e continuo a farlo soprattutto nell'ultima puntata che sto scrivendo. In "Ritorno a casa" il bene e il male si mescolano di continuo anche all'interno degli stessi personaggi e, per quanto i vari conflitti giungano a una risoluzione, non necessariamente questa va a favore di chi è buono o a sfavore del cattivo, anche perché è difficile inquadrare un personaggio in una sola delle due categorie. Spero che ciò susciti nel lettore la tendenza a tifare, volta per volta, per un certo personaggio, indipendentemente dal suo essere buono o cattivo, quando questo si trovi a essere minacciato da qualcuno o da qualcosa, e rischi di essere sopraffatto.
Spero di riuscire a suscitare in voi questo tipo di compassione, proprio perché "Deserto rosso" non è una storia sull'eterna lotta tra bene e male. Non ci sono vincitori e vinti in questo senso. Si tratta di una storia di confronto tra degli esseri umani, con le loro debolezze e le loro forze, e qualcosa di molto più grande di loro, a sua volta non esente da difetti. Una lotta non alla pari, il cui scopo non è stabilire il vincitore, ma mettere a nudo i partecipanti, tirando fuori il peggio e il meglio di loro, da entrambe le parti.
Nel fare questo, spero di riuscire ancora una volta a divertirvi. A questo proposito non ci resta che attendere il 30 settembre 2013, per l'uscita di "Deserto rosso - Ritorno a casa". Se nel frattempo siete in cerca di anticipazioni, seguite Anna su Twitter.
Oggi ho il piacere di ospitare una vecchia conoscenza di questo blog, Francesco Zampa, che ho intervistato qualche mese fa durante la promozione di "Doppio omicidio per il Maresciallo Maggio" e che adesso torna con un guest post in concomitanza con l'uscita del suo nuovo romanzo "Gioco pericoloso, Maresciallo Maggio!".
Una consuetudine diffusa nella maggior parte, e stavo per dire in tutta, la narrativa poliziesca di casa nostra, è quella di incaricare delle indagini, o avere a capo delle varie squadre investigative (che è la stessa cosa), vice-procuratori, dottori, questori, sostituti, poliziotti, commissari e via dicendo. Di carabinieri neanche l’ombra, a meno che non rivestano parti da comprimario, sempre con un che di guascone, simpatico, non troppo sveglio ma bonaccione etc, come le amiche però però simpatiche di quella che ci piaceva. Una macchietta, insomma; ma lo vedremo più avanti.
Questi investigatori della prima categoria, la prima che ho citato, intendo; questi investigatori sono spesso stufi di quel che fanno anche se agiscono ispirati da altruismo incondizionato; non amano, per così dire, i rapporti gerarchici stringenti anche se sono essenza di quel che fanno rigettandone la sottesa prepotenza finché non devono esercitarla loro. Hanno amanti o mogli deluse, famiglie incrinate e sono rigorosamente etero. Però indagano e arrestano, proprio applicando quelle regole dalle quali sembrano tanto compressi. Mi viene in mente l’ultimo della serie, il vice-commissario Cardosa (“Il Metodo Cardosa”), vincitore del premio Tedeschi 2012: sicuramente un poliziotto atipico, maestro di citazioni ma astratto quanto tanti suoi colleghi di carta, omologato in questo bisogno di diversità.
Ora, un personaggio deve avere le sue caratteristiche, e nessuno può dire quali siano più adatte, e distinguersi dalla concorrenza, almeno per trovare il suo spazio. Ci mancherebbe! Ma mi sembra che questa diversità sia spesso in superficie. Non ho ancora ben capito perché questi poliziotti siano sempre così arrabbiati con quello che fanno. Credo che la maggior parte del pubblico si attenda che un investigatore sia sotto sotto così, irregolare, che rifugga da quel ruolo così antipatico, quello di chi deve far rispettare le leggi costringendo gli altri a subirne la coercizione. Una specie di ribellione archetipica che fa diventare questa caratteristica un ingrediente necessario per la riuscita - commerciale - del giallo. I produttori, naturalmente, si adeguano, anche loro tengono famiglia. E allora, mi chiedo, perché non tifare per l’assassino? Perché sarebbe sicuramente peggio!
A me, fin da quando leggevo l’Uomo Ragno, è sempre piaciuto il lato umano dei protagonisti. Sì, vanno bene l’azione, la sparatoria e la scazzottata, la vittima, il riscatto etc., ma vuoi mettere Peter Parker che teme i suoi compagni di scuola perché lo prendono in giro o, ancor di più, ha paura di corteggiare la più carina della classe? Roba grossa, altro che affrontare il criminale di turno.
Dulcis in fundo, si fa per dire, per ovviare alla debolezza del personaggio e, conseguentemente, anche delle storie (difficile pensare a un protagonista sottotono in una storia eccellente), cosa si fa nelle produzioni locali? Si scelgono attori belli, bellissimi, quasi scultorei che attraggono quella fetta di pubblico che, evidentemente, interessa loro. Avete mai visto una Stazione con dei carabinieri come quelli che circondano Don Matteo? Ma sicuramente avrete incontrato Nino Frassica! Perché? Per attrarre contratti pubblicitari e cose del genere, non riesco a spiegarmelo diversamente.
Ma si deve dare al pubblico solo quello che vuole o si possono proporre anche personaggi tratteggiati senza esigenze commerciali?
A me piacciono personaggi autentici, che si misurino con questioni piccole o grandi alla stessa maniera, come farebbe, e fa, ciascuno di noi nella nostra quotidianità: solo che nessuno ci spara addosso e nessuno ci mette prove false nel cassettino della nostra auto, anche se, e di questo sono convinto, nella realtà succedono cose molto peggiori.
La prossima volta, o quando sarà, parleremo di affari sporchi e mezzi di comunicazione!
FRANCESCO ZAMPA ha 48 anni, una moglie e quattro figli, è maratoneta, appassionato di cinema e lettura. Ha già pubblicato una graphic novel nel 2010, “ Calciopoli ovvero l’Elogio dell’Inconsistenza” e ha scritto alcuni racconti che hanno per protagonista il maresciallo dei carabinieri Franco Maggio, uno dei quali, “Destinatario Sconosciuto” è stato pubblicato in una raccolta nel Giallo Mondadori. Il maresciallo Franco Maggio è protagonista anche del suo romanzo d’esordio, “Doppio Omicidio per il Maresciallo Maggio”, della raccolta di racconti “ C'è sempre un motivo, Maresciallo Maggio!” e del suo ultimo romanzo “ Gioco pericoloso, Maresciallo Maggio!”.
La scorsa settimana è comparsa una mia intervista fatta da Elena Bottari di Psicomamme.it nell'ambito di un articolo sul blog di Francesco Gavello. Di quell'intervista due domande sono poi rimaste fuori dall'articolo per motivi di spazio e così, con il permesso di Elena, che ringrazio, ho deciso di riportarle sul blog, anche perché le ritengo particolarmente interessanti.
Come definiresti il mondo della fantascienza? Come ti sei inserita in questo ambiente? Essere una donna ha influito o no nella tua esperienza?
La comunità dei fan della fantascienza in Italia, come spiegavo prima, è bella compatta. Dal punto di vista dell’editoria pare che siamo di nicchia, mentre se parliamo di cinema, TV o videogiochi siamo mainstream. Alla fine siamo essenzialmente dei nerd, chi più chi meno, e per qualche motivo tendiamo ad attrarci. Se non ci conosciamo direttamente, abbiamo almeno un amico (o un amico di un amico) in comune. Ovviamente la rete è il nostro regno, perché amiamo la tecnologia (per forza), ed è proprio grazie alla rete che nel lontano 1998 sono entrata in un newsgroup di fan di Star Wars, anzi, allora era Guerre Stellari. Devo dire che mi ci sono trovata benissimo. Noi donne eravamo ovviamente di meno (ma non così poche come si possa pensare), ma comunque non meno preparate dei maschietti. Davanti a un pc poi si è tutti uguali, non c’è differenza di genere né di età né d’altro. Eravamo accomunati dalla stessa passione. Essere donna in sé quindi non ha influito in modo particolare. Certo che, quando poi la donna in questione si mette a pubblicare un romanzo a puntate di fantascienza, ecco che si crea la curiosità, perché sei un po’ una mosca bianca, visto che la maggior parte degli autori di fantascienza sono uomini. A quanto pare, però, questo è stato tutt’altro che uno svantaggio. Anche quelli che erano un po’ diffidenti, incoraggiati dalla trama (la colonizzazione di Marte), da una copertina di qualità e dal basso prezzo, e successivamente dalle buone recensioni, hanno deciso di dare una chance al mio lavoro. E devo dire che i commenti di questi diffidenti sono quelli che mi fanno più piacere, perché in qualche modo sono riuscita a conquistarli. Alcuni di loro, poi, hanno affermato che apprezzano l’evidente tocco femminile della mia scrittura, che ovviamente non si può vedere negli autori dell’altro sesso, poiché porta qualcosa di nuovo all’interno del genere.
Sul tuo blog abbiamo trovato approfondimenti scientifici. I tuoi libri sono scientificamente informati? Questo aspetto ti caratterizza rispetto ad altri autori italiani?
L’idea alla base di “ Deserto rosso” nasce dalla lettura dei libri di Robert Zubrin, il fondatore della Mars Society, forse il maggiore esperto al mondo su Marte. Sono un’appassionata di scienza e tecnologia in generale, oltre a essere biologa, e in particolare sono sempre stata affascinata dall’astronomia e dalla possibilità di viaggiare nello spazio e vivere in altri pianeti. Sono una donna dalla mentalità scientifica e per questo scrivo delle storie che si configurano per gran parte nel sottogenere dell’ hard sci-fi, cioè di quella fantascienza che tende a rimanere ancorata a delle basi scientifiche. E così ho scritto una storia che parla di una possibile colonizzazione di Marte, anche se questa rappresenta poi solo il contesto in cui i personaggi si muovono. Da una parte abbiamo infatti i personaggi, con i loro problemi umani, dall’altra la tecnologia e il mondo alieno in cui vivono, dei quali ho sempre cercato di descrivere con accuratezza le caratteristiche. Molto spesso nel libro inserisco informazioni scientifiche, che sono funzionali alla trama, nei pensieri o nelle parole dei protagonisti. Con questo stratagemma spiego al lettore come è fatto Marte, come funzionano i sistemi di supporto vitale, le astronavi, le navette spaziali, descrivo il volo iperbolico, il rientro orbitale, ho persino parlato di terraformazione e così via. Inoltre nel libro c’è tutto un aspetto relativo ad argomenti di carattere microbiologico, genetico ed ecologico. Su ognuno di essi ho cercato di mantenermi il più vicino alla realtà o comunque rendere le tecnologie credibili in base alle conoscenze esistenti, senza entrare eccessivamente nel dettaglio, per non annoiare il lettore. Ovviamente mi sono presa delle licenze, molti argomenti sono stati semplificati, in altri casi ho preferito parlare di tecnologie meno fattibili al lato pratico, solo perché era più facile farle comprendere al lettore. Questo perché si tratta pur sempre di un romanzo. Ma ciò che vorrei è che il lettore, una volta terminata la lettura, oltre a essersi divertito con la storia, avesse anche imparato qualcosa. D’altronde si tratta di quello che io cerco nei libri: arricchimento culturale accanto all’intrattenimento. Inoltre alla fine di ogni volume ho aggiunto una bibliografia che riporta libri o siti dai quali ho preso spunto, ma che possono essere usati dai lettori per eventuale approfondimento. Insomma i miei libri rispecchiano in un certo senso le due parti di me: quella scientifica, anche un po’ perfezionista, e quella creativa, sognatrice, che si lascia andare alla fantasia.
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