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 Luna... di Carla
 

"Tu ami essere un astronauta, fa parte della tua essenza." Deserto rosso - Ritorno a casa

 

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 04/06/2013 @ 22:32:25, in Lettura, linkato 2759 volte)

 Un giallo dell’altro mondo
                           
Ancora una volta un bel libro indie di fantascienza. Questo volta abbiamo a che fare con un romanzo ambientato in un altro pianeta, colonizzato dall’umanità ormai da molto tempo. La storia quindi si svolge in un futuro abbastanza lontano. Rhea è un pianeta simile alla Terra, ma più umido e con una gravità maggiore. Si trova a oltre undici anni luce da essa, quindi le comunicazioni e i viaggi tra i due pianeti richiedono molto tempo. Per questo motivo Rhea ha vissuto uno sviluppo del tutto indipendente da quello della Terra. Su Rhea quasi tutto passa attraverso la rete. Alle persone viene impiantato un chip nel cervello grazie al quale sono perennemente connesse. Ciò permette loro di comunicare in tempo reale tramite la rete, ma anche di usarla per svolgere le funzioni più comuni, come accendere la luce o aprire una porta. La peculiarità di questo sistema è che sulla rete tutte le comunicazioni sono pubbliche, non esiste alcuna privacy. L’assenza di privacy telematica impedisce un uso distorto della rete, ma allo stesso tempo limita la libertà delle persone.
In questo contesto si muove il detective Pimm chiamato a risolvere un complicato caso di omicidio. La sospettata è una donna appena giunta dalla Terra. La persona che la ospitava viene trovata morta e tutte le prove sembrano puntare contro la terrestre. Non può dimostrare la sua innocenza proprio perché non ha un chip nel suo cervello in grado di dire dove si trovava e cosa stava facendo al momento dell’omicidio.
Il romanzo è un vero e proprio giallo, in cui il detective segue le prove, talvolta in maniera tradizionale per aggirare il problema della privacy, e deve scoprire cosa si nasconde dietro questo omicidio, prima che un tribunale decreti la colpevolezza della donna e la rispedisca sulla Terra.
La trama è davvero ben costruita, lo stile dell’autore scorrevole e accattivante. È davvero difficile mettere da parte questo libro, poiché la storia viene narrata praticamente senza pause e il tutto si svolge nel giro di pochi giorni.
Mi sono, però, fermata a quattro stelline per via del finale. Il libro raggiunge il suo apice, con la scoperta dell’assassino, un po’ prima della fine e prende poi una piega inaspettata, che addormenta di colpo il ritmo, trascinandolo con fatica verso un epilogo anomalo, il cui scopo non è chiaro. L’ultimo capitolo, che vede un cambio di punto di vista immotivato, lascia con l’amaro in bocca e, invece di aggiungere qualcosa al libro, lo impoverisce. Peccato.
Nonostante ciò “ReEarth” è un romanzo caratterizzato da una notevole originalità e fa ben sperare per i prossimi lavori di questo autore.
 
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Questo libro è in lingua inglese!
 
Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su:
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Di Carla (del 21/05/2013 @ 23:10:30, in Lettura, linkato 4106 volte)

 Una lettura veramente da nerd
 
Ogni tanto nel panorama indie italiano salta fuori una vera e propria chicca: questo è il caso di “8.23 volte l’anno” di Stefano Castelvetri. Scritto da un nerd per i nerd (come me), questo romanzo breve è davvero un piccolo gioiello. La storia è quella di una sorta di realtà alternativa (ma ne siamo davvero sicuri?) in cui da centinaia di anni ormai il mondo rischia di essere invaso in continuazione dagli alieni, anzi in media circa 8,23 volte l’anno. Per far fronte a questa situazione esistono delle squadre speciali che tengono d’occhio le apparizioni degli alieni sul nostro pianeta e respingono i loro attacchi, spesso maldestri. E il caso vuole, una volta tanto, che il centro di questa difesa contro gli extraterresti si trovi in Italia. Una sorta di Torchwood all’italiana, che affonda le proprie radici nella storia, raccontata in interessanti flashback, che ci viene mostrata come nella sceneggiatura di un film. L’autore invece di muoversi dal punto di vista di uno o più personaggi, utilizza una macchina da presa come narratore, descrivendone anche i movimenti nella scena. Come un film la storia si dipana davanti ai nostri occhi.
Il ritmo è molto rapido, proprio come in un film. Lo stile dell’autore è diretto, ma nella sua apparente semplicità ci mostra invece un’evidente competenza, sia tecnica che storica, e il linguaggio gradevole di chi sa maneggiare molto bene la nostra lingua, cosa spesso rara nell’editoria italiana, inclusa quella tradizionale.
La storia è avvincente e ironica, ma diverte proprio perché è colma di riferimenti ben noti ai nerd. Tutta la storia infatti gira intorno al cosiddetto meme fantasma e ammetto che, da quando l’ho letto, ho iniziato a guardare con sospetto le notifiche fantasma sui vari social network.
Insomma un prodotto indie italiano con una bella trama originale, ben scritto e divertente. Una lettura assolutamente consigliata a tutti i nerd.

Purtroppo il libro non è più disponbile.
Maggiori informazioni qui.

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Di Carla (del 16/05/2013 @ 22:52:34, in Lettura, linkato 4376 volte)

 Classico senza tempo
 
Si fa veramente fatica a credere che questo libro di fantascienza sia stato scritto negli anni ’50. Spesso nei romanzi un po’ datati di questo genere si nota il cosiddetto effetto scadenza, che colpisce sia la trama ricca di elementi anacronistici, ma anche e soprattutto lo stile dell’autore (o del traduttore, in questo caso), in cui sono evidenti espressioni che non appartengono alla nostra lingua di tutti i giorni. In maniera del tutto sorprendente non ho notato nulla del genere ne “Gli invasati”. È una storia ambientata nel tempo in cui è stata scritta e racchiude tutte le caratteristiche dell’epoca, ma potrebbe essere stata scritta anche ieri.
Finney ci coinvolge in una trama ricca di mistero, raccontata dal punto di vista di un medico di una piccola cittadina della California dove la gente sta cambiando in maniera indefinibile. A metà strada tra l’horror e la fantascienza il romanzo trascina il lettore attraverso le sue pagine, trasmettendogli una costante sensazione di angoscia crescente, fino a fargli credere che i protagonisti non abbiano davvero alcuno scampo.
Unico aspetto riconoscibile di questo tipo di fantascienza classica è proprio il finale in cui la minaccia viene meno in maniera quasi casuale, fortuita. I protagonisti non sono veri artefici della loro vittoria, ma la subiscono con stupore. Un aspetto questo che è forse uno dei miei preferiti, perché lo ritengo estremamente realistico. Spesso nei romanzi contemporanei i protagonisti sono eroi, persone che, prima normali, riescono a prendere in mano la situazione e salvare il mondo contro nemici potentissimi. Una storia in cui la vittoria contro i cattivi sia dovuta a una rinuncia di questi ultimi o a un fattore esterno fortunoso restituisce ai protagonisti la loro normalità e permette a noi, normali lettori, di immedesimarci meglio nelle loro gioie e nelle loro paure.

L'invasione degli ultracorpi (brossura) su Amazon.it.
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Di Carla (del 09/05/2013 @ 05:55:49, in Lettura, linkato 11536 volte)


 Scienza, avventura e ironia: una miscela perfetta

Nota: recensione aggiornata il 30 ottobre 2014.

Premetto che ho letto questo libro nella sua prima edizione in versione originale (nella prima metà del 2013), quando Andy Weir era un self-publisher, prima che venisse ripubblicato da un grosso editore e si parlasse di un film di Ridley Scott. Per questo motivo sto dando un giudizio al contenuto del libro e non all’edizione italiana, né tanto meno alla qualità della traduzione.
Dell’edizione della Newton Compton posso solo dire che non comprendo la necessità di tradurre “The Martian” in “L’uomo di Marte”. Credevano forse che scrivendo “Il marziano” la gente pensasse che ci fossero di mezzo gli omini verdi? Considerando che la fantascienza è un po’ la cenerentola della narrativa in Italia, la cosa non mi stupirebbe.
Comunque veniamo al libro, che è stato è senza dubbio il più bel libro di fantascienza scritto da un autore indipendente che avessi letto fino a quel momento. Me lo sono veramente goduto dall’inizio alla fine.
La storia è quella di un astronauta disperso su Marte, creduto morto e lasciato indietro dal resto dell’equipaggio. Ritrovatosi ferito e con pochi mezzi, Mark Watney deve trovare il modo di sopravvivere in un pianeta deserto e ostile.
Le parole con le quali si apre il romanzo (“I’m pretty much fucked. That’s my considered opinion. Fucked.”) ne delineano immediatamente il tono (da notare che la prima frase in italiano è stata pulita traducendola con un misero “Sono spacciato di brutto”). Ci troviamo di fronte all’ironia di un personaggio che non ha più niente da perdere e trova in sé, anche grazie alle sue conoscenze scientifiche, la forza di combattere per la propria sopravvivenza.
È proprio il tono ironico a fare la differenza rispetto alla similitudine millantata in copertina col film “Gravity”. Non è un libro drammatico, bensì un romanzo che da una parte fa sorridere e dall’altra ci parla di scienza. Come paragone mi viene piuttosto in mente MacGyver.
La storia, però, parte da un assunto non corretto proprio dal punto di vista scientifico, cioè che una tempesta di sabbia abbia costretto l’equipaggio ad abortire la missione. Ciò è impossibile visto che l’atmosfera marziana è così sottile che, anche in caso di venti fortissimi, questi non sono in grado di causare alcun danno, a parte coprire tutto di polvere. Ma questa è finzione, non realtà.
Grazie alla sospensione dell’incredulità la storia ha inizio e da quel momento in poi è un susseguirsi di trovate geniali. Mark si trova di volta in volta a dover affrontare nuove sfide e a trovare soluzioni improbabili, ma non impossibili. Allo stesso tempo si segue l’azione sulla Terra, al controllo missione, dove all’inizio il protagonista è creduto morto. Anche qui l’ironia la fa da padrona. Più volte ho riso forte durante la lettura. Le battute di dialogo sono fulminanti. Lo stesso diario di Mark è a tratti esilarante, quasi come se il protagonista cercasse di affrontare la paura per la sua condizione, scherzandoci sopra, secondo una consuetudine tipica del film e delle serie TV americane.
Il risultato è un libro di hard sci-fi davvero bellissimo.
Leggendo le altre recensioni, ho scoperto che l’autore l’ha pubblicato a puntate e solo alla fine ha realizzato il romanzo intero. Devo dire che per come è strutturata la storia, con una serie di problemi che emergono e vengono risolti, ha effettivamente un taglio episodico, ma ammetto che durante la lettura non ci avevo fatto alcun caso.
A questo punto non mi resta che attendere il film, che sicuramente non mancherò di vedere, anche se proprio per questa sua natura una serie TV sarebbe stata più azzeccata, per non dover ridurre troppo le vicissitudini raccontante nel libro.
 
L'uomo di Marte (formato Kindle e copertina rigida) su Amazon.it.
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Di Carla (del 27/04/2013 @ 03:14:51, in Lettura, linkato 3235 volte)

 Un’avventura al confine tra fantascienza e fantasy
 
Sono molteplici e diversi gli elementi che caratterizzano questo romanzo. C’è l’elemento fantascientifico, con una specie così superevoluta da esistere solo a livello di coscienza in una realtà virtuale, dopo aver lasciato indietro i propri corpi mortali. C’è elemento fantasy, rappresentato dai particolari poteri di questa specie aliena, così oltre la comprensione umana da apparire magici. Ma c’è anche un pizzico del cosiddetto romanzo di formazione, nella storia del giovane John, che si ritrova tra le mani un potere impensabile con le responsabilità che ciò ne consegue. In mezzo c’è lo spazio, quello che separa la nostra Terra da Valheel, la città virtuale che ospita le coscienze immortali dei Bruwnan.
Partendo da angoli diversi di questo eccezionale universo, Galloway tesse i fili di una storia di ampio respiro, misteriosa in principio, ma che diventa sempre più intrigante man mano che questi fili si uniscono nel formare l’intreccio. La ricca prosa dell’autore ci restituisce delle immagini vive persino delle ambientazioni innaturali di Valheel e con la stessa disinvoltura ci porta nella preistoria, nella Francia nel diciannovesimo e dell’inizio del ventesimo secolo, fino ad arrivare all’Inghilterra degli anni settanta, in mezzo agli studenti di una scuola superiore, afflitti dai loro quotidiani problemi da adolescenti. Di fronte a ciò il lettore si ritrova catturato tra le pagine, cercando di comprendere come tutti questi elementi possano incastrarsi e meravigliandosi per il modo in cui l’autore riesca infine a conciliarli con maestria verso l’emozionante finale, che lascia però col desiderio di sapere cosa succederà dopo.
“Amantarra” è il primo libro della trilogia de “L’ascensione di Valheel”, una perla indie del panorama britannico, del quale sto avendo il piacere di curare la traduzione in italiano. Sarà disponibile nella nostra lingua entro la fine dell’anno.
 
AGGIORNAMENTO
"Amantarra" è ora disponibile in italiano:
 
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Di Carla (del 24/04/2013 @ 08:26:47, in Lettura, linkato 3502 volte)

 Se solo avesse osato di più
 
Con questo libro scopro un altro interessante autore di fantascienza britannica, Alastair Reynolds. E che scoperta! Anche lui, come Hamilton, incarna il mio perfetto autore di libri di questo genere, poiché i suoi romanzi rientrano nella space opera ma ricchi di tecnologia quasi plausibile, parlano del futuro dell’umanità, sono belli lunghi e complessi, ma soprattutto veramente fantasiosi. Eh, sì, perché Reynolds ha davvero una fantasia fuori dall’ordinario. Non è da tutti concepire una storia come quella di “Century Rain”.
Provo definire i punti principali della trama senza dare troppe anticipazioni.
“Century Rain” è ambientato in un futuro in cui la Terra è stata distrutta dalla nanotecnologia. Sulla nanotecnologia che fa paura avevo letto da poco “Preda” di Crichton, qui però il tema principale è ben altro. Non amo affatto le storie post-apocalittiche, ma il cosiddetto nanocausto di cui parla questo libro è solo un dettaglio della trama e ne definisce l’ambientazione in cui si muove la storia.
Gli esseri umani sopravvissuti vivono in stazioni spaziali orbitanti intorno al pianeta. Tra questi c’è la protagonista, Verity Auger, un’archeologa esperta di Parigi, che adesso è solo una città fantasma. La Auger viene coinvolta in una missione molto particolare. Su Phobos (uno dei satelliti di Marte) è stato scoperto un tunnel spazio-temporale che collega due parti lontane della galassia. All’altra estremità hanno trovato una sfera enorme, al cui interno c’è una replica “funzionante” della Terra, come era nel 1959. Una specie aliena, non meglio definita, ha creato tante repliche del nostro pianeta, tra cui questa a cui si può accedere. Ma la linea temporale in cui vivono ignari questi uomini è un po’ diversa da quella del vero ventesimo secolo.
Queste sono le premesse. La storia si trova da qualche parte tra space opera, hard sci-fi, thriller, spionaggio e viaggi nel tempo, sebbene non si viaggi veramente nel tempo. Il modo in cui è sviluppata è davvero intrigante, con personaggi ben delineati. Il libro è molto lungo, perché succedono tante cose, difficilmente prevedibili, e ciò lo rende molto divertente.
Eppure anche in questo caso mi sono fermata alle quattro stelline. Il motivo è semplice: nel finale l’autore, secondo me, non ha giocato bene le sue carte. Essendo britannico, mi sarei aspettata qualcosa di fuori dagli schemi e invece Reynolds pare essersi perso sul più bello. A parte il fatto che la storia d’amore tra i protagonisti si sviluppa in maniera troppo repentina e per niente credibile, forse a causa dello sguardo un po’ troppo freddo, ma soprattutto innaturale, dato alla protagonista da parte dell’autore (come spesso capita quando un autore uomo muove una protagonista donna), e che poi questa storia termina altrettanto repentinamente. Se anche la sua fine poteva essere giustificata da un inizio troppo veloce, due incongruenze messe insieme non generano però un evento realistico, anzi peggiorano le cose. Se infatti perdoni la prima, non riesci a fare lo stesso per la seconda.
Ma il peggio viene proprio alla fine. A questo proposito basti dire che i personaggi, dopo tutto quello che hanno passato, si ritrovano esattamente al punto di partenza. Lei pare non aver imparato nulla. Lui invece è cresciuto, ma di fatto si ritrova nella condizione in cui “viveva” all’inizio della storia. Nonostante la bella prosa e l’immagine poetica dell’ultima scena, sono purtroppo rimasta delusa. Un autore del genere, capace di concepire una storia del genere, avrebbe dovuto osare di più.
A discolpa dell’autore devo, però, dire che il finale è lasciato abbastanza aperto, permettendo ai lettori di immaginare come potrebbe continuare, magari con un epilogo migliore.
Nonostante tutto, quindi, ne consiglio vivamente la lettura agli amanti della fantascienza che allo stesso tempo non disdegnino qualche atmosfera vintage.
 
Questo libro è in lingua inglese!
 
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Di Carla (del 19/04/2013 @ 03:32:17, in Lettura, linkato 3174 volte)

 Space opera e ironia
 
Che carino questo “Dula di Marte”! Questa è stata la mia prima sensazione nell’iniziare a leggerlo ed è continuata per tutto il romanzo, che in realtà è il primo di una trilogia. Per qualche strano miracolo è approdato anche in Italia. In realtà la motivazione è semplice: è un romanzo di medie dimensioni. Questo però non è, a parer mio, di certo il suo pregio, anzi tutto il contrario.
Ma andiamo per ordine. In questo romanzo fa la sua apparizione la giovane eroina per caso Carmen Dula, che insieme alla famiglia si trasferisce su Marte. Con una neanche tanto sottile ironia Carmen ci racconta tutte le fasi della sua avventura, dal viaggio, alla scoperta del sesso e dell’amore, alla difficile vita della colonia fino al suo totalmente casuale incontro con i marziani. Accanto a numerosi aspetti molto hard sci-fi, tramite i quali Haldeman ci racconta tutti gli aspetti tecnici del viaggio e della vita sul pianeta rosso (non senza qualche imprecisione e volo pindarico), c’è la parte ironica e a tratti veramente surreale di questa ragazza che ti fa ridere a crepapelle mentre si trova più volte sul punto di morire. Si nota qualcosa di strano nella protagonista, come spesso capita quando un autore sceglie di narrare dal punto di vista di un protagonista di sesso diverso dal proprio, ma questo non fa altro che aumentare l’effetto comico e divertire il lettore.
Come dicevo, però, il libro è corto, cosa abbastanza inusuale per la space opera, soprattutto in un romanzo come questo che si dipana per un arco temporale abbastanza lungo. E così si alternano parti dal ritmo coinvolgente ad altre in cui la storia corre in avanti, quasi con l’avanzamento veloce, catapultando il lettore in una realtà completamente diversa e facendolo sentire orfano di quelle sensazioni provate nella parte precedente. Ciò dà al libro un che di episodico, con lo svantaggio che non tutti gli episodi hanno la stessa efficacia nel far immedesimare il lettore. In molte scene, soprattutto verso la fine, si ha la sensazione che l’autore abbia fretta di concludere col risultato che i sentimenti dei personaggi risultino poco credibili e le stesse azioni eroiche avvengano talmente in fretta da impedire al lettore di goderne.
Nel compenso si tratta comunque di una lettura veramente simpatica, che consiglio a chi ama quel tipo di fantascienza che non si prende troppo sul serio.
 
Questo libro è in vendita solo in inglese su Amazon!
 
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Di Carla (del 12/04/2013 @ 03:35:29, in Lettura, linkato 3716 volte)


 Rovinato da un finale inutilmente deprimente

Questo libro mi ha suscitato emozioni contrastanti. La storia è sicuramente originale. Ammetto di averlo comprato per l'assunto vagamente fantascientifico da cui parte, per poi scoprire che era più che altro un romanzo rosa con finale da narrativa non di genere.
Il modo in cui è scritto, mescolando presente, passato e futuro, la tecnica narrativa del doppio punto di vista e il meccanismo perfettamente intrecciato dei viaggi nel tempo è sicuramente notevole. Come pure merita un plauso la capacità della prosa della Niffenegger di catturare il lettore e farlo immedesimare nella storia. È riuscita veramente a farmi vivere la storia di Henry e Clare, ma soprattutto quella di Henry, decisamente più interessante della moglie.
Peccato, però, per il finale inutilmente in discesa, caratterizzato da un continuo crogiolarsi nel dolore del protagonista maschile, che dei due è il personaggio più azzeccato. L'ho trovato sadico nei confronti del personaggio stesso e dei lettori. Dal momento in cui ho capito come sarebbe finito, intorno a pagina 300 (ma ne avevo avuto il sospetto molto prima), quasi non avevo più motivo di andare avanti. Ho continuato a sperare in un colpo di scena, perché mi sembrava assurdo che in un romanzo del genere il finale fosse così ovvio con tanto anticipo. E invece sono rimasta delusa. L'ultima scena poi è davvero inquietante, quasi morbosa. Ho letto in un'intervista che la Niffenegger ha scritto per prima proprio quella scena, il che è ancora più deludente.
Che dire? Di certo mi ha arricchito per molti aspetti del modo in cui è stato scritto, ma non so se ne valesse la pena leggerlo, visto il prolungato cattivo umore che mi ha procurato alla fine. Vorrei divertirmi quando leggo, non deprimermi.
Peccato.

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Di Carla (del 04/04/2013 @ 07:38:36, in Lettura, linkato 3277 volte)

 La quintessenza della space opera
 
Dopo la Trilogia del Vuoto, “Fallen Dragon” è la seconda opera che leggo di Peter F. Hamilton ed essa consolida la mia ottima opinione su questo grande autore di fantascienza britannico. Ancora una volta mi ritrovo senza parole di fronte alla fantasia di Hamilton, capace di creare timeline estremamente complesse e particolareggiate, eppure molto diverse tra di loro.
Narrato per la maggior parte su due piani temporali paralleli, “Fallen Dragon” racconta la storia di Lawrence Newton, un mercenario che lavora per una grande compagnia terrestre, ma originario di un mondo colonizzato dagli esseri umani. Lawrence è un soldato che partecipa a delle campagne di pirateria nei confronti di altri mondi colonizzati e che si trova a tornare su un pianeta dove era già stato anni prima, i cui abitanti adesso hanno deciso di opporsi a questa nuova invasione.
Per gran parte del libro Hamilton riesce a tenere alta la curiosità di fronte a un personaggio controverso, un pirata, posto a confronto di una popolazione che non disdegna atti di terrorismo pur di ottenere il proprio scopo. È difficile distinguere il buono e il cattivo all’interno della storia ed è questa complessità di interpretazione, che pare caratterizzare questo autore, fa sì che essa risulti del tutto imprevedibile. Tramite l’uso di scene lunghissime, ma mai noiose, ricche di interessanti dettagli tecnici, tipici dell’hard sci-fi, ancora una volta all’elemento scientifico si affianca quello più propriamente fantastico e quasi magico. Il drago caduto del titolo, che fa la sua comparsa solo verso la fine del libro, evoca una figura mitologica, ma è in realtà qualcosa di molto più concreto, che dimostra ancora una volta come l’ignoranza tecnologica possa essere scambiata per magia.
I mondi descritti in questo libro, compresa la Terra del ventiquattresimo secolo, sono lontanissimi dalla nostra visione della realtà, eppure sono tremendamente reali e coinvolgenti. La prosa di Hamilton evoca immagini vivide, ricche di colore, e fa provare al lettore le stesse sensazioni del protagonista, fino all’epilogo capace di strappare un sorriso e magari anche una lacrima.
 
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Di Carla (del 24/03/2013 @ 17:57:07, in Lettura, linkato 3063 volte)

 Giallo italiano dal respiro internazionale
 
Lo capisci subito, leggendo la prima frase di questo romanzo, di trovarti di fronte all’opera di un autore che sa cosa sta facendo. L’incipit fulminante di “Doppio omicidio per il maresciallo Maggio” è un vero e proprio hook. Dopo averlo letto, devi andare avanti e ti ritrovi subito nel bel mezzo dell’azione, costretto a continuare a voltare pagina.
Con uno stile quasi ricercato, ma allo stesso tempo scorrevole, Zampa ci coinvolge nelle avventure di questo maresciallo di provincia alle prese con un caso fuori dall’ordinario dai risvolti internazionali. Ma di internazionale non ci sono solo alcuni personaggi, bensì l’impeccabile struttura narrativa, che fa l’occhiolino ai grandi autori di bestseller. La storia ci viene mostrata, poco alla volta, partendo da punti di vista diversi che poi convergono, grazie alle indagini di Maggio, fino alla risoluzione del caso. Tutto questo viene ambientato in Italia, mescolando sapientemente aspetti reali all’interno della finzione costruita dall’autore, in un modo tale che non siamo in grado di discernere gli uni dall’altra. Ciò che ne riceviamo è la netta sensazione che la storia narrata non solo potrebbe accadere, ma forse potrebbe essere già accaduta.
Una lettura piacevole ci accompagna fino all’epilogo, lasciandoci col desiderio di conoscere meglio il suo protagonista e di affrontare insieme a lui nuovi misteriosi casi.
 
 
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