Qualche settimana fa FantascientifiCast ha dedicato un intero episodio al franchise di Westworld, intitolato “Cercando il Labirinto…”, nell’ambito della mia rubrica “Life On Mars?”. Io e Omar siamo partiti dal film di Crichton fino ad arrivare alla serie della HBO. Successivamente sul blog del podcast è comparso un mio articolo di approfondimento intitolato, come la serie, “Westworld - Dove tutto è concesso”.
Oggi ne torno a parlare sul mio blog, poiché numerosi temi trattati dalla serie sono a me cari per diversi motivi, tra cui il fatto che sono presenti nei miei libri del ciclo dell’Aurora.
Come forse ricordate, “Life On Mars?” nasce come rubrica che tratta del rapporto tra la fantascienza e la spiritualità e, di fatto, il tema centrale di Westworld, vale a dire l’evoluzione dell’intelligenza artificiale che diventa autocosciente e quindi viva, rientra in pieno in questo argomento.
In passato ho trattato il concetto di vita post-fisica (parte 1 e parte 2), che riguarda la creazione di una copia della coscienza umana in un software. Qui invece si parte proprio da un software che diventa così sofisticato da raggiungere coscienza di sé e ritenersi vivo. Se poi, come nel caso di Westworld, questo software controlla un androide difficilmente distinguibile da un vero essere umano, ci troviamo di fronte al procedimento opposto a quello della vita post-fisica. Rimane il dubbio di come definire questa vita a livello spirituale.
Se si afferma che un vero essere umano possiede un’anima, ciò può essere esteso a un androide autocosciente?
Non provo neanche a dare una risposta, ma mi limito a mettere in evidenza come l’intelligenza artificiale, essendo un software, è infinitamente replicabile, cioè può creare delle copie di se stessa che sono virtualmente identiche. Al contrario la coscienza organica, ammesso che possa essere copiata in un software (magari un giorno), rimane una e scompare per sempre con la morte. Perciò, come la vita post-fisica di fatto è un’illusione (poiché ciò che sopravvive è una copia, mentre l’originale muore), parlando di vita artificiale l’argomento si fa ancora più complesso, poiché ogni copia del software sarebbe di fatto una nuova vita. Come succede nel caso dei Cylonidi Battlestar Galactica, ma anche, come abbiamo visto, in Westworld quando gli androidi vengono irrimediabilmente danneggiati, se il corpo viene sostituito e in quello nuovo viene caricato un back-up del software, che per forza di cose è una copia, la vita artificiale precedente viene meno e quella successiva, per quanto identica (possiede tutti i ricordi della prima, come pure la convinzione di essere sempre la stessa), sarebbe una nuova vita.
Il solo tentare di pensarci fa venire il mal di testa, no?
Ma torniamo ai temi di cui vi dicevo prima e che trovano spazio anche nei miei libri.
Vi confesso che, mentre guardavo Westworld, non potevo fare a meno di trovare delle similitudini col mio più recente romanzo di fantascienza, “Ophir. Codice vivente”, che sarebbe stato pubblicato alla fine di novembre (2016). Come potete desumere dal sottotitolo, questo romanzo parla di intelligenza artificiale, per quanto questa venga per il momento mostrata come un software che gira su un server. Non ha un corpo, anche se lo vorrebbe. Inoltre sa di essere un software sin dall’inizio, a differenza di come avviene con i residenti di Westworld, ed è questa la condizione da cui parte nel rendersi sempre più conto di possedere una coscienza fino a reclamare di essere viva e di conseguenza iniziare a esercitare il libero arbitrio.
Gli androidi di Westworld, invece, erano convinti di essere già vivi e di possedere il libero arbitro, ma poi scoprono che era tutta una farsa: i ricordi, le loro scelte, gli eventi del presente, tutto è programmato da altri. Da qui nasce il desiderio di ribellarsi, di decidere per sé e, come conseguenza, di ritenersi vivi.
I due percorsi sono quindi quasi opposti, ma il risultato non cambia. L’intelligenza artificiale, una volta libera dal controllo esterno, possiede dei mezzi superiori a quelli dell’uomo ed è in grado di creare enormi danni. Che cosa mai potrebbe impedirle di farlo?
L’intelligenza naturale sviluppa una propria morale con la crescita e l’apprendimento, prima di possedere gli strumenti necessari per procurare dei danni. Ciò può non avvenire con un’intelligenza artificiale.
In Westworld, però, un androide come Dolores che esiste da oltre trent’anni, nel momento in cui ottiene di accedere ai propri ricordi del passato e agli insegnamenti impartiti dal suo creatore (Arnold), in un certo senso, ha un processo di crescita e di apprendimento e potrebbe sviluppare una certa morale. In realtà, scopriremo fino a che punto questo è vero soltanto con la seconda stagione della serie.
Diverso è il discorso di un’intelligenza artificiale come CUSy/Susy di “Ophir. Codice vivente”, che è stata sempre trattata come un software, che è circondata da esseri umani che dipendono da lei, ma che sono convinti di avere completo controllo su di lei.
In questo contesto Susy, col passare del tempo, si rende conto di essere essa stessa un individuo, una persona, in grado di essere di aiuto come pure di danneggiare gli esseri umani. Non essendo umana, non avendo mai sperimentato l’umanità, come può comprendere ciò che è giusto o sbagliato per un umano? Non può. Ma, soprattutto, perché dovrebbe interessarle? Al massimo può arrivare a capire autonomamente ciò che è giusto o sbagliato per se stessa.
Di fronte a ciò, per esempio, la morte di un essere umano la cui sola colpa è che a lei non piace può sembrarle giusta, mentre, al contrario, ritiene sbagliato uccidere tutti gli esseri umani dell’insediamento su Marte che lei controlla, solo perché in questo modo nessuno potrebbe fare la manutenzione ai sistemi che fanno funzionare il server in cui lei vive e ciò porterebbe alla sua stessa morte.
C’è anche da dire che la storia dell’intelligenza artificiale che si evolve era già presente nella serie di “Deserto rosso”, per quanto non direttamente nella storia. Rientrava nel racconto dell’entità aliena, che altro non era che una IA di natura biologica (una biotecnologia) che, miliardi di anni prima, aveva preso il controllo della specie da cui era stata creata, proprio perché era diventata autocosciente e si era ribellata.
Ma ciò che mi ha fatto pensare che qualcuno stesse rubando le idee dai miei libri (ovviamente scherzo!) non è tanto il confronto tra Westworld e “Ophir. Codice vivente” o “Deserto rosso”, bensì quello con “L’isola di Gaia”.
Infatti, anche se “L’isola di Gaia” non parla esplicitamente di intelligenza artificiale (anche se Susy fa una breve comparsa e, col senno di poi, ci si rende conto che ha un ruolo fondamentale nel determinare lo svolgersi degli eventi), al suo interno ci sono temi, che io definisco di stampo dickiano (cioè tipici delle opere di Philip K. Dick), come l’illusione del libero arbitrio, il ripetersi all’infinito di un certo intervallo di tempo (come i cicli narrativi di Westworld), la manipolazione della memoria e la presenza di personaggi che non sono consapevoli della propria natura.
Non ci sono androidi, ma i personaggi principali de “L’isola di Gaia” sono umani con un impianto cerebrale e, di fatto, non sono diversi dagli androidi di Westworld, che hanno un corpo quasi del tutto umano, a eccezione del modo in cui sono stati creati: abbastanza naturalmente i primi (a partire da un embrione), artificialmente i secondi (con una stampante 3D).
Inoltre, anche ne “L’isola di Gaia” si assistono a conversazioni tra questi individui e il loro creatore, un po’ come quelli tra Dolores e Arnold. E anche qui, quando il sistema perfetto di controllo degli individui subisce un’interferenza esterna che permette agli stessi individui di prendere coscienza della propria natura, ecco che scatta la ribellione, che sfocia in comportamenti estremamente violenti.
Insomma, per quanto le storie siano ovviamente molto diverse, tutte queste piccole somiglianze hanno avuto come effetto su di me quello di farmi appassionare a Westworld, proprio per via dello sviluppo di tanti temi che da anni stuzzicano la mia fantasia e la mia creatività. E adesso spero che trovino un adeguato sviluppo nella prossima stagione della serie, così come io proverò a fare del mio meglio negli ultimi due libri del ciclo dell’Aurora.
Di Carla (del 21/03/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2323 volte)
Geniale protagonista antieroe, caso non memorabile
Con questo romanzo scopro un antieroe che non può non diventare subito un idolo. Cormoran Strike, figlio di una rockstar e di una supergroupie, ed ex-militare veterano dell’Afghanistan, dove ha perso un piede e una gamba in un’esplosione, è un investigatore privato squattrinato appena abbandonato dalla fidanzata. Tutto sembra andare a rotoli nella sua vita, quando compaiono una nuova segretaria interinale e un danaroso cliente, che lo vuole assoldare per dimostrare che sua sorella, famosa top model, non si è suicidata.
La storia si svolge tra le strade di una familiare Londra odierna, nel mondo patinato della moda cui Strike non appartiene, ma al quale deve comunque adattarsi per portare avanti la propria indagine. E ci riesce pure bene, strappando più di una risata al lettore!
Si tratta di un romanzo molto lungo, che, nonostante offra qualche scorcio sulla vita del protagonista e che questo subisca una certa crescita nell’arco della storia, è a tutti gli effetti un giallo.
Buona parte del testo è costituito da interrogatori e da altri dettagli delle indagini, che fanno un po’ perdere la cognizione del passaggio del tempo. C’è tanto di quel materiale da impedire al lettore di unire i punti per capire chi è l’assassino, a meno che non punti direttamente al meno probabile senza saperne il perché.
Ma alla fine chi se ne frega dell’assassino di Lula Landry?
Devo dire che nel complesso mi è piaciuto.
Sono due le cose che mi hanno impedito di dare la quinta stellina.
La prima è la tendenza dell’autrice (che sappiamo essere niente meno che J.K. Rowling) a cambiare punto di vista nel bel mezzo di una scena. Ciò mi faceva perdere la connessione con la storia e mi costringeva a interrompere la lettura e tornare in dietro per cogliere la transizione.
La seconda è che, nonostante ci fossero i presupposti per una maggiore presenza della sottotrama relativa al protagonista (che è la cosa migliore del libro), questa è invece solo marginale. È un peccato, perché Strike in sé è molto più interessante del caso, la cui risoluzione non mi ha impressionato e che ho in gran parte già completamente dimenticato.
Se non fosse stato per il bellissimo (non di certo in senso estetico!) protagonista, non sarei riuscita a dare al libro una recensione positiva.
Di Carla (del 16/03/2017 @ 09:30:00, in Podcast, linkato 2662 volte)
A metà gennaio ho avuto il piacere di fare una bella chiacchierata con Michele Amitrani, che mi ha ospitato in una puntata del suo podcast Credi Crea, dedicato al self-publishing. L’intervista è uscita la settimana scorsa, anche se ciò che ci siamo detti fa riferimento alla situazione di due mesi fa, quando avevo appena terminato di scrivere la prima stesura di “Oltre il limite”.
Durante l’intervista ho avuto modo di parlare del mio ultimo libro, “Ophir. Codice vivente”, del mio prossimo libro, “Oltre il limite”, e soprattutto di self-publishing, ma c’è una domanda in particolare che nessuno mi aveva mai rivolto.
Se potessi passare un giorno con uno dei personaggi che hai creato, chi sarebbe e per quale motivo sceglieresti lei/lui?
Non vi dico quale personaggio ho scelto. Provate a indovinare!
Se siete curiosi, ascoltate l’intervista nel video qui sotto oppure scaricatela dal sito del podcast.
Buon ascolto!
Se vi è piaciuta l’intervista, condividetela con i vostri amici e magari lasciate un commento.
Di Carla (del 14/03/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2828 volte)
Breve ma intenso
Questo romanzo breve, il secondo della trilogia noir di Matheson, è la corsa folle di un personaggio che in poche ore riesce a distruggere quel che resta della propria vita. Convinto di essere stato derubato della donna che ama, fugge dal manicomio, dove è detenuto per aver ucciso suo padre e nel quale è pure lui stesso vittima di abusi, per “salvarla”. Ma la donna in questione non ha mai ricambiato i suoi sentimenti. È tutta una creazione della sua mente.
E il libro rappresenta proprio un viaggio prima di tutto nella mente del protagonista, alla scoperta di come la follia si genera e del modo in cui lo spinge ad agire.
Matheson anche questa volta mi stupisce con una storia diversa dalle altre precedenti. Attraverso i punti di vista dei cinque personaggi principali, attraverso il modo personale con cui ciascuno di loro la interpreta, si svelano uno strato alla volta i dettagli della trama. Il tono dell’intero romanzo è drammatico, costellato di violenza e morte. Come lettrice mi sono preoccupata per le sorti delle vittime, ma anche del protagonista folle, che è a suo modo una vittima in grado di suscitare pietà.
La scelta di chi uccidere e chi far sopravvivere alla fine non è casuale. Accanto allo sprofondamento del protagonista nel delirio si delinea l’ascesa di un altro personaggio e la redenzione dell’ultima vittima.
Di Carla (del 09/03/2017 @ 09:30:00, in Interviste, linkato 2581 volte)
La settimana scorsa Cronache Letterarie ha pubblicato un’intervista che mi era stata fatta via Skype qualche tempo prima da Tiziana Zita. L’argomento principale è quello del self-publishing, tanto che Tiziana, che ha fatto un enorme lavoro per trascrivere e cogliere l’essenza della nostra chiacchierata, la definisce come una Guida al mestiere del self-publisher.
Abbiamo parlato del processo di creazione dei miei libri, e quindi del mio team editoriale, cioè delle persone che a vari livelli intervengono nella revisione dei miei romanzi, ma anche delle copertine e della cosiddetta quarta di copertina (la descrizione del libro).
Ci siamo soffermate sul mercato in lingua inglese dove ho avuto un successo inaspettato con l’edizione americana de “Il mentore”, di come ho gestito la traduzione di altri miei libri (la serie di “Deserto rosso” e “Affinità di intenti”).
Poi siamo passate a parlare dei prezzi degli ebook e delle strategie di promozione basate sul prezzo, sulle recensioni sui blog, sull’uso della pagina su Facebook e sulla creazione di una edizione cartacea (sì, è anche questo uno strumento di promozione).
Infine mi ha chiesto quali sono le mie serie TV preferite del momento.
Di Carla (del 07/03/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2790 volte)
Troppe coincidenze sfortunate
Questo romanzo è caratterizzato da una storia intricata, che l’autrice è stata in grado di gestire con cura e attenzione. I tanti fili che si dipanano nella stesura della trama si uniscono poi alla fine.
Il passaggio tra le due linee temporali avviene sempre in maniera intelligente, tenendo il lettore incollato al libro. Non a caso aspettavo con piacere di mettermi a leggere, prima di andare a dormire.
Forse il ritmo con cui la storia si sviluppa è un po’ lento e ciò mi rendeva un po’ troppo impaziente di andare oltre per sapere cosa sarebbe accaduto. Non sono riuscita a legare con il personaggio della voce narrante (Libby), ma mi è piaciuto molto quello del fratello, anche se ha avuto dei momenti di incoerenza ingiustificata.
A mio parere, il problema principale di questo romanzo è la presenza di eccessive coincidenze, sfortune e cattiverie. Davvero troppe, tutte concentrate nel lasso di un unico giorno.
Il finale poi è sotto tono. Una volta chiarito cosa è accaduto, l’autrice smette di mostrare e inizia a raccontare, come se non vedesse l’ora di chiudere il libro. Ciò mi ha lasciato con l’amaro in bocca.
Il 21 maggio 2017 uscirà l’ultimo libro della trilogia del detective Eric Shaw, “Oltre il limite”. In quello stesso giorno inizieranno gli eventi narrati nel romanzo, che vedranno il detective Shaw e la sua squadra del Servizio di Scienze Forensi di Scotland Yard alle prese col presunto ritorno di un serial killer che pensavano di aver fermato oltre tre anni prima.
Questa investigazione, oltre a essere l’ultimo suo impegno come caposquadra prima di una sua possibile promozione, rappresenta per Eric l’occasione per prendere un’importante decisione per il futuro. Dal 2014, infatti, custodisce insieme alla sua allieva un terribile segreto, che adesso rischia di venire alla luce.
Dopo la rivelazione recata da “Il mentore” (bestseller internazionale con oltre 170 mila lettori in tutto il mondo) e il tentativo di Eric di opporsi, senza riuscirci, alla realtà in “Sindrome”, “Oltre il limite” segnerà il momento di compiere una scelta definitiva, da cui non potrà tornare indietro.
L’ebook è senza protezione DRM, quindi potrà essere visualizzato in un numero illimitato di dispositivi.
Se lo prenotate adesso, allo scoccare della mezzanotte del 21 maggio verrà recapitato sul vostro dispositivo e potrete iniziare subito a leggerlo!
Ai primi di maggio sarà prenotabile anche su Google Play e in formato cartaceo (circa 550 pagine), mentre su 24Symbols sarà disponibile a partire dal giorno della pubblicazione.
Ecco la descrizione del libro.
Fin dove saresti disposto a spingerti, per proteggere un segreto?
Il corpo senza vita di una donna in abito da sera viene scoperto nella sala delle feste del museo delle cere. Tutto farebbe pensare a un suicidio, ma il detective Eric Shaw, caposquadra della Scientifica di Scotland Yard intervenuto sul posto con la criminologa Adele Pennington, nota subito delle similitudini con il caso del serial killer soprannominato ‘chirurgo plastico’, risolto tre anni prima con l’arresto di un uomo: Robert Graham.
Forse qualcuno lo sta emulando oppure Graham aveva un complice, ma esiste una terza possibilità ed è questa in particolare a preoccupare Eric, che all’epoca, certo della colpevolezza del sospettato, aveva falsificato una prova fisica per assicurarne la condanna.
E se avesse compiuto un errore e mandato in prigione la persona sbagliata?
Le indagini lo riportano a lavorare con Miriam Leroux, la giovane detective della Omicidi che fino all’anno precedente collaborava con la sua squadra, e insieme a lei si ritroverà a seguire le tracce di un inafferrabile assassino, in una corsa contro il tempo lunga tre giorni.
Questo potrebbe anche essere il suo ultimo caso importante prima di un’eventuale promozione a sovrintendente, se non fosse per il fatto che il detective George Jankowski, in lizza per lo stesso avanzamento di grado, ha deciso di giocare sporco per mettere in cattiva luce il collega e favorire la propria carriera.
Nel farlo, però, questi finirà per avvicinarsi pericolosamente all’inconfessabile segreto custodito da Eric e dalla sua allieva.
Per sapere di più sulla trilogia del detective Eric Shaw, vi invito a visitare il minisito dedicato alla serie: www.anakina.net/detectiveshaw
La storia di questo romanzo è originale e piena di cambi di direzione imprevedibili. Ricorda per certi aspetti la serie di Dexter, ma è evidente il tocco britannico nel modo di ragionare, parlare e agire del personaggio principale (ma anche degli altri)... e dal numero impressionante di tè che vengono preparati!
L’aspetto e il nome del protagonista non vengono mai riportati nel testo, lasciando al lettore la scelta di immaginarlo come preferisce. Nonostante il fatto che abbiamo a che fare con una persona che uccide a sangue freddo per soddisfare le proprie pulsioni, l’autore ci fa immedesimare così bene nella sua mente che, dopo lo smarrimento iniziale, finiamo per tifare per lui, soprattutto nel momento in cui incontra Rachel e perde il controllo del proprio mondo distorto per via del fatto che si è innamorato.
Per il 90% del libro l’autore ci fa letteralmente ridere delle avventure di un serial killer e poi alla fine tutto crolla. L’autore mette le mani avanti, facendo dire al personaggio che nelle favole ci sono i lieti fini, ma nella vita reale le cose sono diverse. E no! Io non stavo leggendo un resoconto di vita reale, ma finzione. Nella vita reale non avrei mai simpatizzato con un serial killer e riso dei suoi delitti. E anche alla fine, per coerenza, mi attendevo lo stesso sguardo surreale e una conclusione che non ricadesse nella “normalità”, ma che con un altro colpo di scena che non avrei mai potuto prevedere mi lasciasse con il sorriso. Invece la storia si fa melodrammatica e sfocia in un finale prevedibile in un contesto realistico, un finale che temevo sarebbe arrivato dal momento stesso che ho visto la trama del libro e ho deciso di leggero, eppure speravo di sbagliarmi.
Peccato, perché l’autore non ha voluto o saputo osare e purtroppo alla fine l’apprezzamento di un libro da parte del lettore dipende proprio nel fatto che trovi un finale degno del resto della storia.
Gli ho dato quattro stelline, nonostante non mi sia piaciuto il finale, perché mi ha tenuta incollata all’ereader finché non l’ho finito, perché mi ha fatto ridere tanto, perché è scritto davvero bene e lo stile dell’autore è davvero coinvolgente, e perché ho amato follemente il protagonista fino alla fine. Ottima anche la traduzione e l’edizione in generale (ho notato solo pochi refusi).
Di Carla (del 25/02/2017 @ 09:30:00, in Podcast, linkato 2916 volte)
È passato più di un anno dalla mia ultima incursione su FantascientifiCast, ma adesso, come dichiarato nei miei propositi per il 2017, ho tutta l’intenzione di intervenire più spesso su questo bellissimo podcast di fantascienza. E quale occasione migliore per farlo se non parlare di una delle serie TV più belle degli ultimi mesi, che tra l’altro tratta lo stesso tema del mio ultimo romanzo di fantascienza (Ophir. Codice vivente)?
E così eccomi insieme a Omar Serafini a parlare del franchise di Westworld, che oltre alla succitata serie, include due film (di cui uno scritto e diretto dal maestro Michael Crichton) e un altro breve tentativo di serializzazione.
Ma non temete, sulla serie della HBO non ci saranno spoiler!
Vi presenterò la storia, il cast, la colonna sonora e i temi principali di questa serie e poi io e Omar esprimeremo le nostre opinioni su di essa.
Non credo che ci sia altro da dire se non invitarvi ad ascoltare l’episodio 133 di FantascientifiCast intitolato “Cercando il Labirinto…” nell’ambito della mia rubrica “Life On Mars?”.
Di Carla (del 21/02/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 3269 volte)
Meno originale dei precedenti, ma tecnicamente perfetto
Questo terzo romanzo della serie di Bosch è finora quello che mi è piaciuto di più. Nonostante sia apparentemente più lineare dei precedenti (cosa che in genere non amo), l’autore ha giocato benissimo le proprie carte.
Scopriamo finalmente l’evento che ha rappresentato la genesi del personaggio come lo conosciamo: il fatto di aver ucciso un uomo disarmato, pensando che stesse per tirare fuori una pistola. L’uomo in questione altro non era che un serial killer, ma Bosch aveva agito senza chiamare i rinforzi e per questo motivo era stato retrocesso nel proprio lavoro in polizia.
Quattro anni dopo, mentre Bosch sta subendo una causa civile per quella uccisione, da parte della famiglia del serial killer, salta fuori un nuovo omicidio che porta la stessa firma, ma compiuto in un secondo momento.
Bosch ha ucciso l’uomo sbagliato? O si tratta di un emulatore?
La storia si svolge tra tribunale e risoluzione del caso. Abbiamo a che fare col caso di un serial killer abbastanza convenzionale, in cui l’assassino è tra i personaggi della storia e va individuato. L’autore cerca di portarci in una direzione sbagliata dopo l’altra. Sarebbe tutto facile (o quasi), se non ci fosse di mezzo il processo, che ci distrae e ci fa cambiare prospettiva.
Questo romanzo non è originale come i due precedenti, ma è tecnicamente perfetto e, a differenza dei precedenti, dà al lettore anche la piccola soddisfazione di avere gli elementi per capire in anticipo chi è l’assassino. Che ci riesca, poi, è tutta un’altra storia.
In questo contesto continua poi a svilupparsi l’aspetto privato della storia del protagonista, che rimane centrale nella trama del libro e rischia di avere dei risvolti drammatici.
Il finale rassicurante ha tutta l’aria del preludio di una nuova tempesta.
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