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 Les Calanques (Marsiglia)... di Carla
 

“Omettere di dire la verità è come mentire.”
Sindrome

 

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 12/09/2013 @ 21:10:54, in Lettura, linkato 3587 volte)

 Un’appassionante space opera
 
C’è tanto lavoro dietro questo romanzo. Lo si percepisce dalla sua lunghezza, la complessità della trama, la quantità di personaggi e come le loro vicende sono intrecciate, la cura dei dettagli e persino la sua suddivisione in un gran numero di scene, che ci forniscono il quadro di una storia davvero imponente, una di quelle per cui non vedi l’ora di rimetterti a leggere.
In un’atmosfera un po’ alla Star Trek troviamo l’equipaggio della Hudson, la prima astronave a lasciare il sistema solare per raggiungere quello di una razza aliena, i Dremikiani. Il loro pianeta, Dremiks, è minacciato dalla parziale distruzione di una sua luna e gli umani si offrono di aiutarli a evitarne la distruzione in cambio dell’insediamento di una loro colonia sul pianeta. Da questo presupposto scaturisce la storia del capitano Brett Hill, il comandante Maggie O’Connell e tutti gli altri personaggi a bordo, incluso l’alieno Dwax. Ben presto ognuno di loro diventa nostro amico e impariamo a conoscere le dinamiche che li legano, in una missione che risulterà tutt’altro che semplice. Dietro di essa si nascondo infatti tutta una serie di intrighi che coinvolgono sia gli umani che di Dremikiani, ma non solo loro.
Preferisco non entrare in dettagli, per non togliere la sorpresa a chi lo leggerà. Basti solo dire che questo bellissimo romanzo mi ha catturato e divertito, e quasi mi è dispiaciuto che sia finito. Non è affatto facile gestire così tanti personaggi e riuscire comunque a renderli veri e ben distinguibili, ma Cassandra Davis ci è riuscita.
Se vi piacciono le storie con navi spaziali, viaggi interstellari e alieni, dovete leggerlo.
 
 
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Di Carla (del 11/09/2013 @ 12:20:42, in Lettura, linkato 3398 volte)

 Leggera e divertente
 
Due gemelle identiche ma opposte sono lo strumento con cui Martina Munzittu si diverte a esplorare il rapporto tra due donne, e ci riesce molto bene. Quello delle gemelle identiche che fanno di tutto per essere diverse è qualcosa di molto comune, ma la Munzittu va oltre, estremizzando questo concetto e proponendoci Lucy e Poppy, due ventenni londinesi, che forse anche a causa della giovane età, e dell’ingenuità che ne consegue, sembrano fare di tutto per distinguersi l’una dall’altra, sotto ogni aspetto. Da una parte abbiamo Lucy, quella “normale”, con una casa, un lavoro, ma purtroppo single. Dall’altra Poppy, quella “alternativa”, che ha dilapidato parte dei soldi ricevuti in eredità (comodo così!) per girare il mondo, che si ostina ad adottare usi e costumi di altre culture, possibilmente mescolandoli, alla ricerca di un qualcosa che forse neanche lei sa cosa sia.
Tra le due, paradossalmente, quella che pare di vedute più ristrette è proprio la seconda, chiusa nei suoi idealismi, al contrario della prima, più legata alla realtà che sembra sopportare meglio le stranezze della sorella. Ovviamente fino a un certo punto. Poppy fissata con il suo mondo alternativo si rifiuta di guardare la realtà che la circonda, la liquida considerandola peggiore della sua e arriva a non rispettarla, come accade in un episodio divertente (che non riferisco per evitare anticipazioni), che sarà causa di un forte contrasto tra le due sorelle.
Tutto ciò viene abilmente orchestrato in questa novella chick-lit, a tratti esilarante, che porta suo malgrado il lettore (la lettrice?) a scegliere da che parte stare.
Si tratta di una lettura che mi sento di consigliare a chi vuole passare un paio d’ore piacevoli e scoprire questa brava autrice. La Munzittu la offre gratuitamente in formato ebook nel suo sito in cambio dell’iscrizione alla newsletter. La versione cartacea è invece disponibile su Amazon.
 
 
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Di Carla (del 06/09/2013 @ 09:05:27, in Lettura, linkato 2885 volte)


 Belle idee, edizione scadente

 
Mi sono imbattuta in questo libro qualche anno fa, non ricordo neppure come. Ultimamente me lo sono ritrovata e ho deciso di leggerlo. Così facendo, ho scoperto con piacere il catalogo di libri pubblicati da questo editore (che in realtà è un’associazione), tutti di genere fantascientifico. Per quanto elogi l’iniziativa di dare più spazio a questo genere nell’editoria italiana, noto però che i risultati non sono dei migliori.
La trama di questo romanzo è molto interessante. Si tratta di un thriller fantascientifico con un bel po’ di azione e suspense. La storia in sé è molto originale e godibile. Purtroppo l’edizione non è all’altezza del resto. Prima di tutto non c’è sufficiente suddivisione delle scene. Poco dopo l’inizio a un certo punto il libro continua senza interruzioni fino alla fine. Inoltre il testo è disseminato di refusi e, temo, anche veri errori (visto che si ripetono). La formattazione è a tratti pessima, come se fosse stata fatta di corsa.
Tutto questo riduce notevolmente la leggibilità del libro e vanifica in parte quanto di buono ci sia in esso. Però devo ammettere che l’ho letto con molto interesse, perché volevo sapere come andava a finire, segno che il testo in sé non è affatto male, per quanto un editing più approfondito gli avrebbe di certo giovato, soprattutto nell’utilizzo un po’ troppo disinvolto dei punti di vista, che disorienta durante la lettura.
Ciò che mi ha lasciato perplessa è il finale troppo aperto. Nel leggerlo possiamo supporre che le cose vadano in un certo modo, ma non ce n’è affatto la certezza. Sembra quasi che ci debba essere un sequel, che però non mi pare sia stato mai pubblicato. Insomma, mi ha un po’ deluso.
In poche parole, quattro stelle all’autore, ma due all’editore. Per cui la media non va oltre il tre.
 
 
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Di Carla (del 29/08/2013 @ 22:55:45, in Lettura, linkato 3833 volte)
Più riguardo a Nicolas Eymerich, inquisitore


 Perplessità e noia 

La prima cosa che ho detto nel finire di leggere questo romanzo è stata: “Che brutto libro!” Non sono riuscita a impedirmelo.
All’inizio ero perplessa, ma continuavo a leggere convinta che prima o poi la storia sarebbe decollata o che alla fine tutto avrebbe avuto un senso. Nessuna delle due cose è accaduta.
Sicuramente pregevole la ricostruzione storica e anche lo stile dell’autore in quella parte rende bene l’idea di un ambientazione ai tempi dell’Inquisizione. Il personaggio di Eymerich è di certo intrigante. Tutto però poi si perde con una trama di cui ho faticato a comprendere il senso, non perché non l’abbia capita, ma piuttosto perché me ne è sfuggito il lato interessante, ammesso che ce ne fosse uno. Le altri due parti nel presente e nel futuro sono in gran parte noiose. Gli unici spunti vagamente sfiziosi si riducono a nulla. Quella nel presente è carica di info-dump del tutto inutile. Perché cercare di dare mille spiegazioni a una cosa insensata? Basta una frase e la sospensione dell’incredulità fa il resto, o almeno dovrebbe. Quella nel futuro sembra invece del tutto posticcia, messa lì per chiudere il cerchio. Il tutto è farcito da un attacco generale alle credenze religiose, che sembra essere la “morale” dell’intera storia.
Che noia.
 
 
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Di Carla (del 28/08/2013 @ 07:42:29, in Lettura, linkato 3194 volte)


 La genesi di un personaggio

Avevo già apprezzato il romanzo cronologicamente successivo, “Doppio omicidio per il maresciallo Maggio”, ed è quindi con grande curiosità che ho affrontato la lettura dei tre bei racconti, che presentano il protagonista di questa serie di gialli.
Il maresciallo Maggio, che all’inizio non ha neppure un nome, emerge pian piano all’interno di queste storie con la sua umanità e la sua arguzia. Ci viene presentato dall’autore all’inizio in contesti leggeri, addirittura con risvolti comici, che assumono col passaggio da un racconto all’altro un sempre maggiore spessore, finché ci scappa anche il morto. La drammaticità è, però, mostrata con tatto e allo stesso tempo smorzata dalla voce ironica dell’autore. Abbiamo modo grazie a essi di conoscere meglio l’ambiente in cui Maggio e i suoi colleghi si muovono, apprezzarne le sfumature. Il ritmo con cui sono narrate le storie è rapido e scorrevole, costringendo il lettore a proseguire fino alla fine di ogni singolo racconto. I personaggi sono credibili e ben delineati, nonostante i limiti imposti da una narrazione breve. Gli stessi intrecci sono abbastanza elaborati, spingendo il lettore curioso e col pallino dell’indagine a mettersi in competizione con Maggio per tentare di scoprire prima di lui come sono andati i fatti. Riuscirci non è affatto semplice.
È una lettura che consiglio prima di cimentarsi nei due romanzi successivi, per apprezzare a pieno la crescita di questo autore e del suo personaggio.
 
 
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Di Carla (del 22/08/2013 @ 17:45:15, in Lettura, linkato 3558 volte)

 Un romanzo tra pessimismo per l’umanità e speranza nei confronti della natura
 
Ancora una volta mi trovo di fronte a un classico della fantascienza attualissimo. Sebbene la parte scientifica sia molto fantasiosa, visto che il libro risale 1965 e dà un’immagine di Marte tutt’altro che realistica, i temi che tratta e il modo in cui la trama si sviluppa potrebbero farlo passare per un libro scritto molto di recente.
Sorprende in particolare l’originalità degli eventi raccontati. Si parla di un futuro, che fortunatamente non si è realizzato (la storia è ambientata nel 1986), in cui una specie di alga ha messo in ginocchio la Terra. L’ultima speranza sembra proprio il pianeta rosso, che l’Uomo sta cercando di colonizzare. Quando il protagonista, Benbow, viene inviato su Marte per partecipare a questo progetto, subito si rende conto che coloro che ne sono a capo stanno nascondendo qualcosa.
La storia è di grande respiro e complessità per essere un romanzo relativamente corto. Si vede la capacità dell’autore di spostare la vista un po’ più in là, immaginando scenari grandiosi. Sebbene il libro sia attraversato soprattutto all’inizio da una notevole malinconia, che comunque continua fino alla fine, si intravede l’ottimismo degli anni ’60 sulla capacità dell’Uomo di realizzare grandi imprese, ma anche nei confronti della stessa Terra e della natura, allo stesso tempo si nota il pessimismo riguardo alla tendenza umana all’inganno, che si ritorce contro l’umanità stessa in una sorta di paradosso. Comunque sia, questa storia che nasce su toni cupi termina con una nota di speranza, sebbene non si tratti affatto di un happy ending.
Mi è piaciuto molto. Mi sono sentita coinvolta nelle vicissitudini del protagonista e ho sofferto con lui. Forse l’eccessivo pessimismo mi ha impedito di dare la quinta stellina, ma ho apprezzato tantissimo l’idea che l’Uomo non possa nulla contro la natura, sia che si tratti di distruggerla che di salvarla. La natura fa da sé, all’Uomo non resta che adattarsi e attendere.
Non solo è molto bello il libro, ma è ottima anche la traduzione e la qualità dell’edizione (davvero pochissimi refusi), qualcosa che si vede molto di rado al giorno d’oggi.
 
 
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Di Carla (del 20/08/2013 @ 18:45:55, in Lettura, linkato 2464 volte)

 Lettere dallo spazio
 
È raro imbattersi al giorno d’oggi in un romanzo epistolare, ancora più raro se si tratta di fantascienza. In realtà non me ne viene in mente nessun altro in questo genere. Spinta dalla curiosità, mi sono allora avventurata nella lettura di “Dear Cynthia”.
La storia è quella di un uomo clonato dopo la sua morte, cui sono stati impiantati tutti i ricordi della sua vita precedente, che viaggia a bordo di un’astronave impegnata nell’esplorazione dello spazio. Durante il viaggio, Max scrive al clone di sua moglie, Cynthia, che ha scelto di perseguire un tipo diverso di vita. All’interno di queste lettere, da una parte ricorda il passato del loro matrimonio, mostrando di continuare ad amarla nonostante tutto, dall’altra descrive le vicende a bordo dell’astronave.
L’idea, come ho detto, è di certo originale, il suo sviluppo un po’ meno convincente. La storia è carina, ma dà l’impressione di essere stata scritta col semplice scopo di fornire una lettura leggera, come quella di una lunga novella e non proprio di un romanzo. Infatti la trama non è molto articolata e la struttura epistolare non viene sfruttata al meglio nel catturare l’attenzione del lettore. C’è da dire che è un tipo di struttura narrativa molto difficile da sviluppare in maniera efficace, poiché dà molto risalto ai sentimenti, ma, trattandosi di un romanzo di fantascienza tutt’altro che plausibile, viene difficile immedesimarsi nei panni del protagonista e comprendene a fondo le dinamiche emotive.
Alla fine del libro non ho ancora capito perché Max abbia deciso di intraprendere questo viaggio, per poi sentire sempre più la nostalgia di Cynthia. Né perché i due personaggi, pur volendosi bene, non si siano riuniti. Non che una cosa del genere non sia comprensibile, ma semplicemente l’autore omette di approfondire l’argomento. Allo stesso tempo non è chiaro quale sia l’effettiva destinazione del viaggio. In tutto il libro il protagonista racconta cosa accade a bordo, ma neanche una volta è stata colta l’occasione per mostrare qualcuno dei luoghi che l’astronave stava scoprendo. Possibile che in anni non fosse approdata nei pressi di qualche corpo celeste degno di nota? Mi sembra improbabile che stesse viaggiando a caso. C’erano molti spunti che potevano essere ulteriormente sviluppati e ciò non è stato fatto.
Ciononostante non mi sono affatto pentita di aver letto questo libro e credo che l’autore abbia le potenzialità per produrre degli scritti di ben altro valore.
 
 
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Di Carla (del 17/08/2013 @ 18:10:16, in Lettura, linkato 3895 volte)

 Fantascienza dal passato ma sempre attuale
 
Recentemente mi sto imbattendo in alcuni classici della letteratura fantascientifica davvero interessanti. Ne è un esempio questo del fantomatico Charles Carr, autore di soli due libri, del quale si hanno poche notizie, tanto che c’è chi pensa si tratti di uno pseudonimo. Purtroppo non ho avuto modo di leggere il precedente “I coloni dello spazio”, di cui “Le orribili salamandre” è il sequel, ma ciò non ha inficiato affatto il godimento di quest’ultimo romanzo, anche grazie alla breve introduzione presente in questa edizione.
La storia parla di due gruppi di superstiti della razza umana che vivono nel pianeta Bel, nella fascia avvolta in un perenne crepuscolo. Il primo proviene dall’astronave Colonist, il cui viaggio viene narrato dal romanzo precedente, il secondo è un gruppo di svizzeri, arrivati nel pianeta prima di loro e che hanno sviluppato un modello di società molto rigido.
Sorvolando sugli aspetti un po’ “fantasy”, come il fatto che i personaggi non dormono mai e invecchiano più in fretta o sulla fattibilità di produrre ossigeno in larga scala per rendere l’aria atmosferica respirabile, il romanzo in sé è ben congeniato. La storia, mostrata dal punto di vista del giovane Taylor, che fa parte del gruppo del Colonist, narra dello scontro tra gli umani e una specie aliena, vivente nella parte del pianeta perennemente irradiata dal sole, le salamandre. Da una parte ci vengono descritte le vicissitudini relative alla difesa della colonia umana e al tentativo di combattere e vincere gli alieni, dall’altra si osserva allo scontro tra due società con mentalità opposte, che però riescono a trovare un accordo di fronte al nemico comune. Non manca neppure un piccolo risvolto sentimentale.
Nella sua semplicità, quella che ci si può aspettare da un romanzo di fantascienza del 1955, “Le orribili salamandre” è un libro veramente godibile e avvincente. Il linguaggio è certo un po’ datato, ma non suona affatto obsoleto, sembra anzi quasi più una scelta di stile che un effetto del passare del tempo. Ci sono degli scorci narrativi molto affascinanti.
Ma ciò che sorprende di più è l’originalità della trama, che rimane tale dopo quasi sessant’anni, oltre che il suo sviluppo, che non ha nulla da invidiare a molti romanzi contemporanei.
L’unico elemento che ne tradisce l’età è il modo misurato in cui vengono trattati alcuni aspetti controversi, rendendolo una lettura adatta anche a un pubblico molto giovane. Allo stesso modo lo consiglierei a un lettore poco avvezzo al genere, ma che volesse iniziare a scoprirlo.
Insomma, è davvero un bel libro.
 
Le orribili salamandre (copertina rigida) su Amazon.it.
 
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Di Carla (del 03/08/2013 @ 06:03:59, in Lettura, linkato 4788 volte)
Più riguardo a L' amante indiano

 
 Un quasi impossibile incontro tra culture

Questo libro viene descritto in maniera un po’ fuorviante ed è stato solo dopo aver letto altre recensioni che ho deciso di leggerlo. Non si tratta affatto del solito romanzo rosa, e non è affatto caratterizzato da un’impronta erotica in senso stretto (nelle scene mostrate i protagonisti non fanno che parlare), è bensì una storia di incontro tra due culture estremamente diverse ambientata oltre novant’anni fa, con tutte le difficoltà che ciò ne consegue.
Isabel è una ricca donna inglese, sposata con un soldato d’istanza in India, che inizia una relazione con un medico indiano, educato in Inghilterra e con forti legami con quel Paese. Il problema principale contro cui cozza la loro storia è quello razziale, non tanto per loro ma quanto per il mondo che li circonda. Le vicende si svolgono durante le fasi finali del dominio britannico in India e offrono uno spaccato poetico e allo stesso tempo spietato di questo Paese e del periodo storico.
La storia d’amore di per sé è molto bella, per quanto si fa difficoltà a credere che nella realtà sia stata possibile una devozione di questo tipo, così incrollabile e priva di tentennamenti, visto le impossibili prove che si trova ad affrontare, ma è forse l’unico aspetto certo in una vicenda piena di elementi incerti, a tratti molto violenti. Lo stile dell’autrice è così coinvolgente da rendere in pieno la drammaticità di certi momenti insieme all’aspetto avventuroso. Un senso di angoscia pervade il lettore man mano che la storia si porta verso la sua parte conclusiva, imponendogli di continuare a leggere. Arrivi a odiare alcuni personaggi, le storie terribili che vengono riferite, non solo quelle dei protagonisti, la stessa India e la stessa Inghilterra.
Una scelta un po’ anomala è quella di porre i dialoghi all’interno del resto del testo. Ciò crea a tratti confusione, ma è un valido espediente che permette alla protagonista, dal cui punto di vista tutta la storia viene raccontata, di riportare fatti ai quali non assiste tramite le parole di altri personaggi e di farlo in modo altrettanto efficace. Si creano infatti quasi degli spostamenti del punto di vista, senza preavviso, che permettono di avere una visione più ampia della storia.
Notevole è inoltre la capacità evocativa delle scene, ricche di metafore potenti capaci di generare nella mente del lettore immagini vive. Si ha quasi l’impressione di sentire gli odori, persino quelli sgradevoli, i suoni, i colori della stessa India, e se ne riceve tutte le sensazioni sia positive che soprattutto negative, legate ad abusi, torture, uccisioni.
Non amo le storie che finiscono male, anzi le odio proprio. Il fatto che venisse catalogato come romanzo rosa mi faceva ben sperare, ma ammetto di aver temuto il peggio al precipitare degli eventi. Per fortuna sono stata smentita, questo però ha lasciato in me il ricordo di una forte emozione che solo i buoni libri riescono a dare: quella di aver vissuto in prima persona la storia.
Voglio fare una piccola citazione a uno dei personaggi più riusciti di questo romanzo: Joseph, il domestico di Isabel. Sebbene si tratti di un comprimario, il suo ruolo è fondamentale e la sua evoluzione, il modo in cui si rivela al lettore, ne fa uno dei personaggi più belli nei quali mi sia mai imbattuta in un libro.
 

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Di Carla (del 14/07/2013 @ 03:33:52, in Lettura, linkato 5107 volte)
Più riguardo a Forza di gravità

 
 Tecnicamente perfetto

Sono stata molto combattuta nel dare un voto a questo libro. Se da una parte è sicuramente migliore di molti altri ai quali avevo assegnato 4 stelle, non potevo non rilevare qualche piccola pecca. Ho deciso comunque di dargliene 5, perché indubbiamente è uno dei libri che più mi ha coinvolto nella lettura negli ultimi mesi. Ho dovuto sforzarmi di non finirlo in un paio di giorni e non è stato facile. Si tratta di un techno-thriller con risvolti medici e fantascientifici che accomuna senza dubbio il lavoro della Gerritsen a quello di Crichton. L’argomento è super-interessante, o almeno lo è per me. La storia ambientata nell’era degli Space Shuttle racconta di un emergenza medica a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) che ha dei risvolti molto drammatici e a tratti decisamente horror. Il ritmo è serrato, i personaggi sono molto ben delineati e ti ritrovi a immedesimarti nel loro dramma, in particolare la protagonista Emma Watson e il suo quasi ex-marito Jack McCallum, entrambi astronauti e medici. La preoccupazione e l’ansia di vedere cosa succederà dopo ti obbliga a continuare a leggere. Se ne avessi avuto il tempo, probabilmente lo avrei letto tutto in una volta. Questo è sicuramente segno che mi sono trovata di fronte a un ottimo romanzo.
La parte tecnica è ineccepibile. Questo libro, pur essendo fiction, ti permette di conoscere a fondo le procedure della NASA di quel periodo. C’è addirittura un utilissimo glossario a fine volume. Tutto ciò rende “Forza di gravità” per certi aspetti un testo divulgativo che senza dubbio terrò da parte per consultazioni future.
A ottimi personaggi e ottima parte tecnica, si aggiunge una trama costruita in maniera perfetta, con i tempi giusti e i corretti incastri delle scene. Paradossalmente è proprio questo il difetto del libro. Ero al 17% della lettura e già sapevo esattamente come sarebbe finito, mi ero anche fatta un’idea di massima, poi confermata, dei meccanismi con i quali la storia sarebbe giunta alla sua risoluzione. Nonostante ciò mi sono veramente goduta la lettura, a dimostrazione che si può soddisfare e divertire il lettore più smaliziato anche con un romanzo così standard.
Insomma, si può passare sopra questo difetto di troppa perfezione.
La storia si svolge in maniera molto cinematografica, e di certo questo non è un difetto. Lo è, però, il fatto che in alcune occasioni l’autrice, per motivi che ignoro, abbia deciso di inserire delle scene da un punto di vista onnisciente per mostrare fatti che nessun personaggio era in grado di vedere. Gli stessi fatti vengono poi scoperti dopo dai personaggi, ma in questo modo il lettore è stato privato del piacere di meravigliarsi e spaventarsi insieme a essi. Perché ci ha voluto togliere questo piacere? Eliminando completamente quelle scene, il libro sarebbe stato ancora più bello.
Ma il motivo per cui sono stata combattuta sull’opportunità di assegnare 5 stelle è un altro: il finale. Non tanto per la sua ovvietà, ma per il modo in cui ci viene mostrato. Considerando che era del tutto prevedibile, sarebbe stato molto importante dedicare al finale una particolare cura dando risalto all’aspetto emotivo piuttosto che ai fatti, che, ripeto, erano ovvi sin dall’inizio. Ma l’autrice non l’ha fatto. La scena risolutiva non ci viene narrata dal punto di vista di uno dei due protagonisti, ma a distanza tramite il controllo missione, privandoci del piacere di vedere la loro reazione, in particolare quella della Watson, all’incredibile situazione in cui si trovano. Questo è davvero un peccato e ammetto di esserne rimasta delusa. Credo si tratti di una vera e propria occasione persa. È come se la Gerritsen nella fretta di portare a compimento la storia si sia dimenticata dei suoi personaggi o, peggio, non abbia saputo come gestirli in quel frangente. In pratica ho avuto l’impressione che con questo romanzo abbia fatto il suo bel compitino preciso, ma senza metterci il cuore.
Peccato.
Comunque sia consiglio vivamente questo romanzo agli amanti dell’astronautica, ma mi sento di sconsigliarlo agli astronauti, soprattutto se si tratta di persone impressionabili. Potrebbe infatti essere causa di più di qualche sonno agitato per quelli che stanno davvero lassù nella ISS.
Mi raccomando, cari astronauti, se vi imbattete in qualche sostanza blu-verde di natura sconosciuta, non state lì a giocarci: inceneritela subito!
 
 
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