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 Fiordo svedese... di Carla
 

“Il fatto che le nostre specie sono nemiche non significa che anche tu e io dobbiamo esserlo.” Per caso

 

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 21/09/2015 @ 19:25:09, in Lettura, linkato 2468 volte)

 A caccia di rover sulla Luna
 
Ancora una volta mi ritrovo a leggere un libro di fantascienza hard ambientato sulla Luna, fatto che già di per sé ne assicura un notevole gradimento. Ed effettivamente questo libro ha molti aspetti positivi.
Morgan costruisce con precisione una trama complessa e crea un mondo molto particolareggiato nei dettagli. È evidente quanto l’autore abbia lavorato a questo libro, probabilmente diversi anni. La stessa parte scientifica è abbastanza plausibile, almeno in buona misura. Le scene d’azione sono talmente ben mostrate che ti pare di stare lì nei panni dei personaggi a viverle. E, infatti, l’identificazione nei personaggi principali, soprattutto in alcune scene, avviene in maniera spontanea ed efficace. Infine l’epilogo è carino e intrigante, lasciando il lettore con un finale aperto che permette di fantasticare su cosa potrebbe accadere dopo.
Nonostante tutte queste considerazioni positive, non solo non sono riuscita a dare la quinta stellina, ma a tratti sono stata in dubbio se dare pure la quarta. I motivi sono tanti. Vediamoli uno per uno.
In primo luogo, nel libro c’è davvero troppo info-dump. Io sono la prima che ama l’approfondimento nei libri, soprattutto se riguarda alcuni argomenti di mio interesse, come l’astronautica, ma qui l’autore va oltre. Ferma di continuo l’azione per dare in una volta sola tutti i dettagli, invece di intermezzarli agli eventi. In questo modo, quando poi riprende l’azione, il lettore, che ha l’impressione di essere stato trascinato all’interno di un saggio, non si ricorda cosa era successo prima, ma soprattutto perde il contatto con i personaggi, si stacca dalla storia e di fatto la sua immaginazione viene strappata dal mondo da essa creato durante la lettura.
In particolare, poi, nella prima metà del libro l’autore fa mille digressioni e apre mille parentesi per raccontare la storia di personaggi totalmente secondari che non hanno alcuna importanza nel portare avanti la trama.
Inoltre, alcuni flashback non sono ben posizionati, non sono in una posizione logica o avrebbero avuto bisogno di una demarcazione ben definita per segnalare la loro posizione nel passato. Si ha l’impressione che alcune scene siano state scritte e poi solo successivamente incastrate tra loro. Molti autori fanno così e non c’è nulla di male, ma il lettore non dovrebbe mai avere questa impressione (che corrisponda o meno a verità).
I tre elementi precedenti (info-dump, digressioni e posizione dei flashback) interrompono di continuo l’azione principale, facendo perdere drammaticità alla lettura.
Nella parte finale del romanzo, inoltre, dopo il climax la storia si trascina in una lunga risoluzione raccontata, che non è affatto necessaria e che danneggia il libro nel suo complesso, anche per via dei comportamenti illogici dei personaggi e l’assenza di realisticità di certi eventi.
C’è poi da dire che la mia sospensione dell’incredulità ha vacillato parecchio per le numerose volte in cui i personaggi vengono esposti al vuoto per lungo tempo e sopravvivono quasi come se niente fosse. Da come tali scene vengono mostrate, sembra quasi che l’unico problema sia l’assenza di ossigeno (e già a quella resistono fin troppo, in particolare in scene di “fatica”) e, in seconda battuta, il vuoto in sé (ma che appare quasi come un problema minore). Mai si legge un accenno ai problemi dovuti alla bassissima temperatura al buio (che congela istantaneamente) o all’altissima temperatura e altri effetti dell’irradiazione solare diretta alla luce (che provoca danni, se possibile, ancora peggiori).
In generale direi che diversi tagli avrebbero giovato al ritmo e al finale del libro, magari molti di tali passaggi avrebbero avuto una migliore collocazione in eventuali note in appendice o addirittura in racconti spin-off (soprattutto, ma non solo, quelli relativi a personaggi secondari).
In ogni caso alla fine ho deciso di dare quattro stelle a questo libro, poiché in esso si percepisce davvero un grandissimo lavoro di ricerca e fantasia da parte dell’autore.

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Di Carla (del 08/09/2015 @ 22:17:04, in Lettura, linkato 2609 volte)

 La Luna: affascinante e letale
 
Subisco da sempre il fascino della Luna e delle storie ambientate nel nostro satellite naturale, per cui quando mi sono imbattuta in questo romanzo, che tra l’altro costa pochissimo, non ho potuto trattenere il mio indice e in meno di un minuto era già nel mio Kindle. E posso dire che è stato uno dei migliori acquisti fatti negli ultimi anni.
La storia è ambientata in un prossimo futuro nel polo sud lunare, dove è stata creata una base di ricerca nelle vicinanze delle cosiddette “cold trap”, trappole di freddo, cioè quei crateri d’impatto il cui fondo, trovandosi ad altissime latitudini, non riceve i raggi solari da quando esistono e in cui del ghiaccio d’acqua è intrappolato, mescolato alla regolite e ad altri materiali, inclusi alcuni elementi rari di notevole interesse economico.
L’autore mescola con maestria una scienza plausibile e molto accurata nei dettagli con delle ambientazioni suggestive, mostrate attraverso i sensi dei personaggi, che solo a loro volta ben sviluppati e realistici. L’impressione di trovarsi sul suolo lunare durante la lettura è reale. E lo sono anche le emozioni dei protagonisti durante le rocambolesche scene ricche d’azione e di suspense. In altre parole questo libro ha tutto ciò che cerco in un romanzo di fantascienza hard.
L’ho letto in pochi giorni ed ero talmente presa dalla storia che non vedevo l’ora di mettermi nel letto col mio Kindle per continuare la lettura.
La storia si conclude con un grandioso colpo di scena, anche se a un certo punto l’avevo previsto, ma ho apprezzato persino il fatto di averlo visto arrivare per via della sua perfetta logicità all’interno della trama e per il modo astuto con cui l’autore ha orchestrato i vari indizi che mi hanno portato a prevederlo.
Se devo indicare un difetto, che però non va a inficiare il mio giudizio finale, devo dire che avrei preferito che i flashback relativi al personaggio di Moochy fossero più brevi e intermezzati con la linea principale della narrazione. Invece sono inseriti in pratica nel bel mezzo della storia, interrompendo del tutto l’azione per raccontare la storia di Moochy, rischiando di farci dimenticare i dettagli della trama principale e allontanando la stessa trama dalla fantascienza.
Nonostante questo, non posso che giudicarlo una grandissima opera prima.

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Di Carla (del 02/09/2015 @ 22:40:13, in Lettura, linkato 4453 volte)

 Il controllo del sistema e l’ignoranza
 
Ho compreso e apprezzato l’intento dell’autore nello scrivere questo libro. Il tema del controllo delle persone tramite quello delle informazioni è stato declinato mille volte nella narrativa e non era certo semplice essere originali, ma in questo piccolo romanzo ne ho colto una sfumatura che ho particolarmente apprezzato.
Il protagonista, Giorgio Ferri, vive in un prossimo futuro distopico, in cui tutto è controllato dal sistema a un livello tale che le persone comuni sono felici di tale controllo, poiché le fa sentire più sicure. I personaggi non hanno l’illusione di scegliere per sé, ma in buona misura sono ben consci di non farlo ed è proprio questa consapevolezza che li fa vivere ancora più tranquilli. Se seguono le regole, senza farsi domande, non devono preoccuparsi e possono concentrarsi su altro, come gli affetti e la famiglia. In questo mondo raccontato da Lampis, all’apparenza, seguire le regole dà la certezza della tranquillità, di una vita serena. Al contempo in queste persone si osserva la totale negazione nei confronti di qualsiasi aspetto che possa minare la sicurezza in cui sono convinti di vivere. Per Giorgio è più semplice pensare che il vicino di casa sia davvero un criminale che sospettare che sia stato preso di mira dal sistema per qualche motivo recondito, poiché anche il semplice sospetto farebbe crollare la condizione di fiducia nei confronti del sistema stesso che fa da perno alla sua vita.
L’assurdo di questa condizione è che Giorgio, in fondo al suo cuore, sa che esiste un sistema, ma allo stesso tempo non lo sa, poiché non ci fa caso, fino al momento in cui non si trova a scontrarsi con esso.
Ma nell’approccio di Giorgio agli eventi in cui viene coinvolto si nota qualcosa di più. Non è vero che Giorgio crede a ciò che il sistema gli propina, poiché credere presuppone sapere a cosa si debba credere. Giorgio invece dà per scontato che una cosa sia vera, o la possa essere, solo in base alla fonte, senza informarsi sul contenuto. Giorgio crede che un’informazione sia vera perché lo dice il telegiornale. Giorgio inizia a dubitare del sistema perché a dirglielo è il suo migliore amico, nonostante il suo dubbio sia incoerente col suo modo di porsi nei confronti del sistema stesso. Mi sarei infatti attesa che rispondesse alle accuse di Tony dicendo che non c’era nulla (o quasi) di sbagliato in ciò che lui gli stava raccontando, poiché tutto ciò che deviava dalla sicurezza in cui viveva andava eliminato. Ciò che invece andava a cozzare con la sua visione della società (il fatto che gli dessero qualcosa per frenare il suo istinto di ribellione) avrebbe dovuto subito tacciarlo come insensato e non avrebbe dovuto sentire il desiderio di dimostrare a Tony, e a se stesso, che si sbagliava.
Al contrario, di fronte a una fonte dubbia (i complottisti delle scie chimiche), Giorgio non crede, ma solo perché si annoia a leggere un lungo volantino, non perché trovi il suo contenuto assurdo oppure errato.
Il problema di Giorgio è che ignora i fatti per sua scelta. Non vuole conoscere la realtà e comprenderla. Giorgio è emblematico della pigrizia della persona comune dei giorni nostri che acquisisce delle nozioni e le etichetta come vere o false in base alla fonte o a quanto ciò le faccia comodo, senza entrare nel merito con spirito critico, senza chiedersi perché una tale informazione sia vera o falsa.
L’ignoranza di Giorgio è il motivo dell’insorgere della sua paura, quando viene convocato dalla Commissione Governativa. Secondo il suo modo di vedere la realtà, quello in cui crede di vedere la realtà, lui dovrebbe andare al colloquio sicuro di non avere nulla da temere. E, invece, è terrorizzato, ha un costante senso di colpa verso qualcosa che potrebbe aver fatto, nonostante non abbia fatto nulla. La paura nasce dall’ignoranza. E forse questo è il messaggio più vero veicolato dal libro.
Nonostante tutto, non ho potuto dare più di tre stelle al romanzo di Lampis. I motivi sono diversi.
Sebbene l’autore faccia sfoggio di un’ottima prosa, non posso dire che l’edizione sia curata come dovrebbe. Al di là delle scelte di punteggiatura disinvolte (la punteggiatura non è un’opinione e quindi sono degli errori!), manca la mano di un bravo editor nel curare alcuni aspetti stilistici oltre che lo sviluppo stesso della trama.
Le prime due parti si sviluppano in modo tale da creare l’evento che dovrebbe portare verso il climax e la conclusione della storia, ma a un certo punto il romanzo, invece di spiccare il volo, si chiude su se stesso, come pure il protagonista. Ciò che manca è l’evoluzione del personaggio principale che all’interno di un romanzo dovrebbe mostrare una crescita, almeno in uno dei suoi aspetti. Giorgio arriva quasi a iniziare questo percorso di crescita, ma invece si osserva in lui e nella struttura della trama una regressione, che porta a un finale deprimente e, al contempo, troppo definitivo, che non può soddisfare il lettore.
Trovo inoltre infelice la scelta di ambientare la storia in un contesto cronologico specifico. Il mondo raccontato da Lampis, anche se fa il verso alla società odierna, è comunque distopico e indicando una data così vicina nel futuro, invece di mantenersi sul vago (come se fosse un universo alternativo) o mostrare un futuro lontano (con tutte le tecnologie del caso), fa crollare la sospensione dell’incredulità.
Infine, il piano del sistema per eliminare i personaggi è fin troppo macchinoso. È talmente incredibile che è normale che Giorgio non possa crederci e ciò rende ancora meno efficace la storia nel suo modo di raccontare una cosa per dire l’esatto opposto.

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Di Carla (del 21/08/2015 @ 09:00:00, in Lettura, linkato 3237 volte)

 Tanta politica, tanto Marte, ma personaggi poco realistici
 
Come sempre Robinson è bravissimo nel world building, cioè riesce a creare un futuro immaginario su Marte molto ben dettagliato e credibile, merito da una parte della sua immensa fantasia e dall’altra di un evidente accurato lavoro di ricerca. E lo fa con una prosa stupenda. Ci sono dei passaggi davvero bellissimi, che meriterebbero di essere letti a prescindere da tutto il resto.
Rispetto a “Red Mars” ho letto tutto, nel senso che non ho saltato delle parti come mi era capitato nel primo libro (le disquisizioni teoriche di psicologia). Per quanto un libro del genere che ha anche uno scopo divulgativo tenda a essere afflitto da un certo info-dump, non l’ho mai avvertito come tale, forse perché è riuscito spalmare meglio le sue argomentazioni su tutto il testo senza caricare troppo certe parti, ma anche perché si tratta comunque di argomenti che ho trovato più interessanti e inerenti alla storia. Ma ammetto che, anche se ho letto tutto, di tanto in tanto mi distraevo in alcuni passaggi in cui di fatto non accadeva nulla, senza che perdessi il filo della trama.
Nonostante ciò non sono riuscita a farmi piacere questo libro. Il motivo è semplice: non mi sono immedesimata in alcun personaggio. Non ce n’è stato uno che mi abbia catturato e che allo stesso tempo abbia mantenuto un ruolo coerente in tutto il libro, come era accaduto con Frank in “Red Mars”. In questo senso gli enormi salti temporali non mi hanno aiutato, poiché appena trovavo un personaggio interessante (per esempio, Arthur), di colpo finiva la parte e da quel punto in poi diventava trascurabile nell’economia della storia.
Il problema è che questo libro non è fatto dai personaggi e neanche da una trama ben congegnata, ma si tratta di un tentativo di ricostruzione di una possibile situazione socio-politica del futuro su Marte. I personaggi invece di determinare la storia ne sono i burattini, come se si trattasse di un saggio e non di narrativa.
All’interno delle singole parti, inoltre, il ritmo è così lento che si ha l’impressione che non accada nulla e, quando accade qualcosa, viene riferita in maniera così distaccata da sembrare un resoconto. Poi, passando alla parte successiva, si scopre che è trascorso tanto tempo e ciò che aveva un ruolo preminente nella parte precedente diventa trascurabile. Da lettore ci si sente un po’ traditi da questo modo di narrare, poiché si è portati a proiettare le proprie sensazione, aspettative e sentimenti su dei personaggi e su alcuni eventi, per poi scoprire che tutto è accaduto a nostra insaputa e di fatto non ha più importanza.
Ma veniamo ad alcuni aspetti della trama.
Già nel primo libro si parlava della possibilità di prolungare la vita dei protagonisti con dei trattamenti. Si tratta di un artificio narrativo per utilizzare gli stessi personaggi per un lasso di tempo più lungo. Il problema è che in questo secondo libro si arriva a dire che i trattamenti fanno vivere per un tempo indefinito. L’idea stessa che i personaggi non abbiano un qualche riferimento temporale per misurare la propria vita è abbastanza inquietante e contribuisce ad allontanarmi da loro. Viene da chiedersi quale sia lo scopo della vita di tali persone.
Nel leggere questo libro parrebbe che tutti i personaggi siano interessati unicamente alla situazione di Marte (terraformazione, indipendenza dalla Terra), cioè tutto gira intorno a grandi temi, tanto che pare che non abbiano una vita reale, fatta di piccole cose. I piccoli elementi che definiscono l'umanità delle persone mancano. E, quando ci sono, vengono inseriti in maniera didascalica, come se fossero secondari. Ma per le persone reali gli scopi personali sono tutto ciò che realmente conta. Per quanto uno possa dedicarsi a una causa, tale causa deve venire dopo, altrimenti si tratta di fanatici potenzialmente pericolosi, non certo di persone equilibrate. Certo, ci possono essere dei fanatici anche su Marte (e infatti alcuni sono descritti come tali), ma non è credibile che tutti siano così. Di fatto i personaggi non sembrano persone reali.
Per quanto riguarda l’aspetto scientifico, nonostante l’evidente ricerca fatta dall’autore, ho l’impressione che il processo di terraformazione descritto avvenga un po’ troppo velocemente e troppo facilmente si creino le condizioni per accelerarlo. Ma questo aspetto è un problema minore, poiché potrebbe essere una licenza presa dall’autore per portare la trama in una certa direzione. D’altronde si tratta di una trilogia che parla proprio della terraformazione di Marte. C’è da dire che il Marte parzialmente terraformato, descritto in questo libro, ai miei occhi ha perso tutto il fascino che aveva nel primo.
Infine, del libro precedente non avevo apprezzato il catastrofismo presente verso la fine. Anche qui ci siamo andati vicino. Ma, mentre in “Red Mars” l’evento catastrofico determinava il climax della storia e aveva quindi un suo scopo narrativo, la tensione in “Green Mars” rimane bassa per quasi tutto il romanzo e non riesce sul finale a salire come dovrebbe.
Insomma, una volta giunta all’ultima pagina, l’unica parola che mi è venuta in mente, stremata da una lettura a dir poco pesante, è stata: finalmente!

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Di Carla (del 19/08/2015 @ 22:37:01, in Lettura, linkato 2851 volte)

 Bizzarro
 
È davvero difficile per me esprimere un’opinione su questo libro. Non riesco a capire cosa mi sia piaciuto e cosa non mi sia piaciuto. A tratti ha un buon ritmo. Le scene d’azione svolgono bene il loro compito. La prosa dell’autore, soprattutto nelle descrizioni che aprono certi capitoli, riesce a essere evocativa.
Ma ciò che proprio non mi ha convinto è la trama, sia come idea di partenza, sia come è stata sviluppata, sia come finale, anche se ammetto che quest’ultimo era l’unica scelta possibile che non fosse del tutto banale.
Dipenderà anche dal fatto che non amo particolarmente questi scenari pessimistici (si parla di un futuro prossimo in cui la razza umana si sta istupidendo), anche se capisco che si tratta di pura speculazione, ma il motivo principale è che non c’è stato un passaggio del libro che sia riuscito ad apparire credibile ai miei occhi né tanto meno a sorprendermi. La storia e i personaggi sono talmente bizzarri da parere privi di alcun senso. La sospensione dell’incredulità non ha funzionato. Inoltre ho capito subito il giochetto delle parole (inclusa quella del titolo) e ho subito ricollegato alcune scene iniziali con quanto accade più avanti, per cui ho visto arrivare con largo anticipo i colpi di scena.
Tuttavia non è stata una lettura del tutto negativa. Il libro è abbastanza ben scritto e si legge in maniera scorrevole, ma tutto ciò non può bastare per dargli un giudizio positivo.
 
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Di Carla (del 11/08/2015 @ 21:56:05, in Lettura, linkato 2813 volte)
 La storia vera fa paura più della finzione
 
Messi da parte momentaneamente i panni del maresciallo Maggio, Francesco Zampa si cala in quelli di un altro carabiniere, stavolta a Roma durante gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. Passa quindi dal giallo a un romanzo storico non privo di suspense e segue le vicende del brigadiere Flavio Cesari, che cura il censimento dei militari di razza ebraica all’Ufficio Riservato del Ministero della Guerra, durante il peggiore momento della sua vita. Cesari è un personaggio inventato, ma la vicenda storica narrata, quella della deportazione dei Carabinieri della capitale avvenuta il 7 ottobre 1943, è assolutamente vera, anche se ben poco conosciuta. I tedeschi avevano preso quella decisione in previsione della deportazione degli ebrei romani, poiché temevano che gli uomini dell’Arma potessero essere di intralcio alle loro intenzioni.
Flavio Cesari scopre per caso ciò che sta per accadere e da quel momento inizia la sua fuga. Nel cercare delle risposte alle mille domande che affollano la sua mente, Cesari vive quei tremendi momenti facendosi narratore di uno degli eventi più bui della nostra storia recente. Come lettrice, mi sono trovata a trepidare con lui, a temere per la sua vita, con quel particolare terrore che mi accompagna di fronte a una storia ambientata durante la follia nazista. Si tratta del terrore provocato dall’inconcepibilità delle azioni portate avanti da esseri umani che, però, appaiono incapaci di umanità e di alcuna forma di pietà, e proprio per questo non possono che spaventare.
Ho letto questo libro diversi mesi fa, ma ci ho ripensato a lungo più di recente dopo una visita ad Auschwitz e Birkenau, i campi di sterminio che rappresentavano la destinazione finale (in tutti i sensi) dei deportati. Nel vedere quei luoghi, nel sapere le atrocità commesse in tempi tutt’altro che lontani, si reagisce cercando di allontanarne il pensiero, poiché è così fuori da ogni razionalità che si ha difficoltà ad accettare che una cosa del genere sia potuta accadere nella civilissima Europa del ventesimo secolo.
Zampa nel raccontare quella che è soltanto una breve vicenda riesce comunque a trasmettere l’eco lontana di quelle stesse atrocità, di cui possiamo vedere solo piccoli dettagli in alcuni eventi narrati. E con essa la paura.
Ho trovato particolarmente bello il modo con cui di fronte alla macchina infernale del nazismo i singoli uomini, con i loro dubbi (compresi coloro che avrebbero dovuto eseguire degli ordini per via della loro posizione: gli stessi Carabinieri, ma anche alcune Camice Nere), mettano a nudo la loro umanità, talvolta diventando, come lo stesso Cesari, protagonisti di atti di eroismo, che non avrebbero mai pensato di dover compiere.
A tutto ciò Zampa aggiunge la sua prosa coinvolgente e precisa, che accompagna il lettore in questo viaggio nel passato.

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Di Carla (del 24/07/2015 @ 09:00:00, in Lettura, linkato 3061 volte)

 Originale, provocatorio, coraggioso
 
Come sarà il mondo fra trecento anni? Non parlo di astronavi o viaggi spaziali, ma di come ognuno di noi riesce a immaginare la vita di tutti i giorni nel nostro pianeta, in una città, a Londra, per esempio, in un futuro così lontano. Viviamo già in un tempo in cui la tecnologia ci circonda ed è talmente insita nella nostra quotidianità che non possiamo immaginare noi stessi senza di essa. Ma come sarà fra tre secoli?
Se l’è chiesto Giovanni Venturi nell’affrontare la narrazione di “Joe è tra noi”. Ha preso internet, gli smartphone, i tablet e tutti i nostri gadget tecnologici, con cui ci teniamo in costante contatto col mondo e tramite i quali veniamo bombardati di informazioni, e li ha proiettati nel 2358, nella vita di un ragazzo che inizia a chiedersi se davvero tutta questa tecnologia lo renda più libero e gli offra maggiore conoscenza o se invece rappresenti ciò che limita la sua libertà e decide per lui cosa conoscerà e cosa sarà destinato a ignorare. Se così fosse, chi controlla tale tecnologia ha in mano la sua libertà e il suo sapere.
E se ciò che lo controlla e condiziona non si trovasse solo nei dispositivi che usa per connettersi col resto del mondo, ma fosse dentro di lui?
Il nuovo romanzo di Giovanni Venturi, che rappresenta anche il suo debutto nell’ambito della fantascienza, rivisita questa tematica classica del genere in una veste del tutto nuova. Lui, che viene dal romanzo di formazione e da racconti di vita delle persone comuni, prende questi temi a lui congeniali e li sviluppa attraverso ambientazioni e strumenti tipici della narrativa di speculazione, forgiando una storia dalla spiccata originalità.
Chi viene dalla lettura delle sue opere precedenti riconoscerà subito la sua voce d’autore, che porta il lettore dentro l’anima dei suoi personaggi, a vivere con loro le sconvolgenti vicende di cui sono protagonisti, ma scoprirà anche insospettabili sfaccettature della sua fantasia che in un contesto fantascientifico, senza le limitazioni dovute al racconto del realtà odierna, prendono finalmente il volo.
Chi, invece, in cerca di una storia di fantascienza incontra per la prima volta questo autore, si troverà di fronte a qualcosa di diverso, fuori del comune rispetto alle altre letture di questo genere, qualcosa capace di inquietare e allo stesso tempo suscitare la sua curiosità, pagina dopo pagina, fino all’astuto finale aperto, in cui Venturi trascina il lettore dentro il processo creativo e condivide con quest’ultimo la scelta della sua interpretazione.
Tutto ciò è racchiuso in un’opera ben scritta in cui  questo autore ancora una volta dimostra il suo talento, il suo amore per la parola scritta e la sua capacità di usarla per dar vita a vicende credibili, persino quando queste si svolgono fra tre secoli, in un realtà immaginaria che sfiora la distopia. Pregevole in questo senso l’inserimento di alcuni elementi scientifici che, seppur utilizzati con fantasiosa disinvoltura, svolgono egregiamente lo scopo di coadiuvare la sospensione dell’incredulità e rendendo talvolta difficile distinguere ciò che corrisponde alla realtà da ciò che invece è stato creato dall’autore stesso.
Infine, degna di nota è la scelta di raccontare la storia su più piani temporali intrecciati che poi vanno a confluire. Alcuni di questi ci mostrano eventi che il protagonista non conosce, ma altri arrivano a simulare con estrema efficacia il modo con lui lo stesso Joe, che soffre di strane amnesie, si ritrova a raccogliere pezzi del suo passato che parevano essere stati cancellati. E proprio in essi sono celate le risposte che potranno far luce sull’origine della misteriosa richiesta di aiuto che echeggia nella sua mente, e in quella del lettore, fin dal primo capitolo di questo coraggioso romanzo.

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Di Carla (del 21/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2711 volte)

 Un’altra perla del maestro
 
Crichton riesce a stupirmi sempre. Che si tratti di uno dei suoi ultimi libri (anche postumo) o di uno di quelli scritti decenni fa, la sua scrittura e il modo in cui affronta le tematiche dei suoi romanzi sono sempre dannatamente attuali. Per quanto il suo modo di creare un romanzo sia sempre quello di individuare un argomento, che pone al centro dell’opera, e poi costruirci intorno una storia, la sua capacità di affrontare argomenti sempre diversi ma comunque in maniera estremamente approfondita è qualcosa di unico che finora non ho mai trovato in nessun altro autore.
Ma veniamo a questo romanzo, “In caso di necessità”, scritto da Crichton durante le vacanze di Pasqua (lo racconta nell’introduzione) quando era ancora uno studente di medicina, pubblicato con uno pseudonimo e diventato un bestseller con grande sorpresa dello stesso autore.
Il romanzo in sé è molto tecnico e il fatto che Crichton all’epoca studiasse medicina è evidente. Il suo essere così tecnico, per quanto mi riguarda, è un grandissimo pregio. Nonostante sia stato scritto quarantasette anni fa (!) e molte cose siano cambiate nel campo della medicina, risulta comunque molto attuale e offre un’occasione di riflessione davvero fuori dal coro su un argomento controverso come l’aborto.
La storia parla di un medico che è stato arrestato perché si pensa che una donna sia morta a causa di un aborto praticato da quest’ultimo, quando questa pratica era ancora illegale in gran parte degli Stati Uniti. Un amico dell’arrestato, che poi è il protagonista, si batte per scoprire la verità. Lo seguiamo nelle sue investigazioni e ben presto, sebbene la struttura della thriller sia elaborata e ben costruita, finiamo per appassionarci all’aspetto medico e alle sue implicazioni morali, che vengono poi approfondite dalle accurate note riportate in appendice.
Una cosa che apprezzo di Crichton è la sua capacità di porre degli interrogativi senza imporre il proprio punto di vista al lettore (al contrario di ciò che capita con molti altri autori che affrontano temi etici). Ti espone i fatti, i vari punti di vista e possibili sviluppi, e lascia che sia tu a ragionarci su e a formarti una tua opinione personale sull’argomento, senza influenzarti. Tutti i suoi libri sono spunti di discussione e arricchiscono la tua mente, oltre che divertirti.
Anche la traduzione non sembra per niente scritta tanto tempo fa. Il linguaggio non scade quasi mai nell’obsoleto e suona realistico anche letto al giorno d’oggi. Nonostante questo, però, a volte la traduttrice ha preso comunque delle cantonate pazzesche, tipo “ventola parasole” per indicare il parasole anteriore dell’auto che si apre/abbassa a ventaglio o evidenti contraddizioni tra due periodi successivi. Tutti piccoli errori dovuti a una inadeguata revisione del testo.
Continuo a non capire perché quando vengono pubblicate delle nuove edizioni i testi non vengano riletti. È assurdo che un libro tradotto decenni fa contenga ancora degli errori.
Concludo dicendo che una cosa che mi ha particolarmente stupito è stato notare in vari siti come questo romanzo abbia una media recensioni abbastanza bassa, proprio perché i lettori si lamentano che l’argomento medico è un po’ ingombrante. Una cosa del genere è quantomeno bizzarra. Certo, capisco che non sia semplice per chi non ha una preparazione biomedica seguire tutti i dettagli della trama, ma d’altronde si tratta di un medical thriller. Che cosa si aspettavano?

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Di Carla (del 16/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2746 volte)

 Semplice, breve, profondo
 
È sempre difficile giudicare un libro che viene considerato un capolavoro indiscusso della narrativa moderna, un classico moderno. Non ci provo neanche. Voglio solo cercare di riassumere in poche parole ciò che questo libro mi ha lasciato.
Stupisce che un libro di cinquantacinque anni fa “suoni” così moderno durante la lettura, tanto più se i fatti narrati vengono fatti risalire a decenni prima. È un romanzo abbastanza breve e per niente complicato che si può leggere e apprezzare a qualsiasi età.
La voce narrante è quella di una bambina che, mentre ci racconta i banali fatti della sua vita quotidiana, si ritrova ad assistere a eventi più grandi di lei, che però affronta con la saggezza semplice e innocente che solo un bambino può avere. E così un episodio di razzismo degli anni trenta, un razzismo che era ancora una triste realtà al tempo della stesura del romanzo e che purtroppo in parte lo è ancora al giorno d’oggi, diventa l’occasione per ritrarre uno spaccato del sud degli Stati Uniti, in cui le cose avvengono come tutti si aspettano che debbano avvenire e in cui la piccola luce di un gesto quasi eroico sul finire del romanzo illumina un po’ una realtà rassegnata e disillusa.

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Di Carla (del 14/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2828 volte)


 Personaggi credibili e bellissima prosa

Non leggo quasi mai thriller soprannaturali, perché ho grosse difficoltà a trovare questo genere di storie credibili. Così ero abbastanza scettica nell’accostarmi a questo libro. Ho letto l’inizio in cui il protagonista, Jim Ironheart, viene spinto da una voce nella sua testa a lasciare la sua città per evitare che un certo evento abbia luogo. Non si capisce di preciso di cosa si tratti.
Ciò che mi ha conquistato e mi ha spinto ad andare avanti è stato lo stile dell’autore e la sua bellissima prosa. Koontz con poche parole ti porta dentro la mente del personaggio e lo fa con un linguaggio davvero molto suggestivo. Il tutto funziona così bene che ho deciso di mettere da parte la mia diffidenza verso il paranormale e continuare a leggere.
E non me ne sono affatto pentita.
Sebbene l’elemento paranormale sia centrale in questo romanzo, il modo in cui viene narrato, l’empatia che l’autore riesce a creare nei confronti dei due personaggi principali (Jim e Holly) e il poter vivere le loro emozioni in prima persona sposta l’attenzione dal soprannaturale ai personaggi stessi. Il romanzo diventa la loro storia. L’ambiguità di Jim (e i personaggi ambigui sono sempre i miei preferiti) e le paure di Holly ti catturano. Ed è questo che fa la differenza, perché, quando si crea un legame con i personaggi, questi diventano credibili e con essi tutto ciò che li circonda, dando luogo a una solida sospensione dell’incredulità.
Di fronte a ciò, il libro avrebbe potuto trattare di qualsiasi altro tema che sarebbe comunque riuscito a conquistarmi.
Infatti, per quanto gli eventi narrati siano impossibili nella realtà, quella vera, cosa che di solito mi fa perdere interesse nella storia (a meno che non si tratti di fantascienza), ciò non è accaduto con questo libro, poiché il modo in cui vengono presentati li rende sempre perfettamente logici.
Infine, a concludere nel migliore dei modi questo romanzo, c’è il finale aperto che ti fa sorridere nell’immaginare cosa potrebbe accadere dopo.

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