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 Hyde Park e il cielo... di Carla
 

"Sei proprio un mistero impenetrabile, piccola Anna." Deserto rosso - Abitanti di Marte

 

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 

Quando l’amico e collega Francesco Zampa (autore della serie di gialli del Maresciallo Maggio) mi ha proposto di unirmi a lui per un evento sul self-publishing a Todi, non sapevo esattamente cosa attendermi. Reduce dalla partecipazione al Salone Internazionale del Libro di Torino, appena una settimana dopo, il 16 maggio, mi sono recata in Umbria per partecipare all’evento “Leggere e scrivere ai tempi di internet”, il secondo della rassegna “Lettura tra fruscio di carta, silenzio di bit e calore di voce” organizzata da Fabiola Bernardini insieme al Comune di Todi presso la Biblioteca Comunale nell’ambito della manifestazione “Il Maggio dei Libri”.
L’evento è stato moderato da Sonia Montegiove, giornalista ed esperta di web, che a ottobre era stata come me relatrice durante l’evento COM:UNI:CARE Live Conference all’Università di Salerno e che qualche mese fa mi aveva intervistato per Girl Geek Life.
 
Nell’atmosfera accogliente e intima della biblioteca ci siamo ritrovati a discutere di lettura digitale e di self-publishing di fronte a un pubblico interessato e attento, proprio perché conosceva poco dell’argomento.
Non sto a riassumervi tutto quello che è stato detto, anche perché lo spazio sul blog non me lo consente. Francesco Zampa ha già commentato l’evento su un bel post sul suo blog (che vi invito a leggere) aggiungendo a esso le proprie riflessioni.
Qui, invece, io vorrei proporvi le mie.
 
Ancora prima che l’evento iniziasse ufficialmente, ci siamo ritrovati a parlare con alcuni dei presenti a proposito di self-publishing e di come in questo modello editoriale verrebbe meno la cosiddetta funzione di “controllo di qualità” da parte dell’editore per quanto riguarda la correttezza della lingua.
Una persona del pubblico ha messo in evidenza come, quando uno legge un libro, dia per scontato che l’italiano in esso utilizzato sia corretto, tanto che la gente legge proprio per migliorare l’uso della propria lingua.
Se nel libro ci sono degli errori e il lettore non ha gli strumenti per accorgersene, c’è il rischio che questi li prenda come buoni e li faccia suoi. L’editore, in teoria, dovrebbe assicurare che tali errori siano assenti e, se il suo ruolo viene meno, questa certezza della correttezza del testo verrebbe quindi meno a sua volta.
 
Questo ragionamento apparentemente giusto presenta però a sua volta due errori di fondo.
Il primo è che nel caso di un self-publisher l’editore non esista. Il secondo è che gli editori tradizionali, inclusi quelli più grossi, pubblichino libri esenti da errori (e con questo termine non mi riferisco solo ai refusi, che sono fisiologici, ma alla grammatica e la sintassi).
Entrambe le affermazioni sono false.
 

Nella foto da sinistra verso destra: Sonia Montegiove, Francesco Zampa, io e... i nostri libri. Potete vedere altre foto qui.
 
Il self-publisher è un editore. Essere self-publisher significa coordinare la preparazione e pubblicazione dei propri libri, invece che quelli di altri autori. E uno dei compiti fondamentali del self-publisher in quanto editore è assicurarsi che questi siano esenti da errori, coinvolgendo nel proprio team editoriale delle persone competenti, né più né meno di come dovrebbe fare qualsiasi altro editore, incluso quello tradizionale, che si differenza dal primo in quanto possiede un’azienda e pubblica (anche) i libri degli altri. Quell’anche tra parentesi si riferisce a piccoli editori che, oltre a pubblicare libri degli altri, pubblicano i propri attraverso la propria azienda editoriale (casa editrice).
Il self-publisher che non si cura di questo aspetto è semplicemente un cattivo editore.
 
Ma i cattivi editori si trovano anche nell’editoria tradizionale, poiché di libri scritti in un italiano non corretto, vuoi per scelta stilistica (?), vuoi per incompetenza di autore, editor e correttori di bozze vari, ne è pieno il mercato. E non parlo solo di piccoli o medi editori. Ci sono libri di tutti grandissimi editori (non facciamo nomi, ma pensate a quello più grande) che sono scritti male, con espressioni palesemente tradotte alla lettera dalla lingua originale, che nella nostra significano poco o sono sbagliate, affetti da carenza cronica di congiuntivi, da virgole che separano soggetti e verbi, dal verbo piovere usato con l’ausiliare avere, da quantità impressionanti di refusi che vanno ben oltre il loro tasso fisiologico e da mille altri problemi.
Cosa succede al lettore sprovveduto che prende in mano questi libri, convinto che essi contengano il vero italiano, quello corretto?
Ve lo potete immaginare.
Se non altro, se questo prende in mano il testo di un self-publisher, parte dal presupposto (pregiudizio?) che il suo contenuto non vada preso per oro colato.
 
È quindi priva di vero fondamento l’accusa rivolta ai self-publisher di diffondere un italiano non corretto nei confronti dei lettori incapaci di rendersene conto, poiché tutti gli editori, grandi e piccoli, lo fanno di continuo. Forse l’hanno sempre fatto, ma lo fanno ancora di più adesso che tutto deve andare veloce proprio a discapito della qualità, poiché, essendo delle aziende nell’ambito di un mercato, quello editoriale italiano, tutt’altro che florido, ciò che per loro conta è prima di tutto il profitto. È normale, perché, se non producono profitto, falliscono.
 
Il self-publisher, al contrario, non ha l’assillo del profitto. Non ha velleità di campare esclusivamente di questo mestiere, anche perché in genere ha anche un altro lavoro (o comunque altra fonte di sostentamento), né tanto meno di far campare dei dipendenti con i profitti derivanti dai propri libri. Libero da questa esigenza, il self-publisher può pubblicare ciò che l’editoria tradizionale non pubblica, perché non appetibile per la grande massa dei lettori e quindi non in grado di generare un profitto sufficiente. Il self-publisher può rivolgersi alle nicchie di lettori (che tanto piccole non sono, perché comprendono migliaia di persone: un numero sufficiente per un self-publisher, ma non per tenere a galla un’azienda editoriale dalla struttura più complessa), a quelli che vogliono leggere qualcosa di diverso, alternativo. Il self-publisher può sperimentare, può passare da un genere all’altro (come sto facendo io con la pubblicazione de “Il mentore”, passando senza alcun timore dalla fantascienza al crime thriller). Può scrivere ciò che sente suo. Non ha nulla da perdere.
Il suo scopo primario non è il profitto, ma diffondere il proprio messaggio, in altre parole comunicare, senza filtri, senza controllo.
 
Una seconda riflessione che voglio fare riguarda l’evento in sé. Mi sono divertita davvero tanto, mentre vi partecipavo, più che in quelli precedenti, poiché l’atmosfera raccolta ha permesso di creare delle connessioni dirette con le persone del pubblico. Questo ascoltava in perfetto silenzio, attento, annuendo di tanto in tanto e reagendo spontaneamente con esclamazioni e commenti alle nostre parole.
In tale contesto ho ritrovato il piacere del contatto diretto con le persone, con un mondo diverso da quello distorto con cui noi autori ci misuriamo sui social network, tramite lo strumento che usiamo per scrivere, il computer, dove siamo circondati da altri scrittori, con tutte le loro fisime, le piccole invidie e le inutili fissazioni dei “nazisti” dello stile.
 
La gente comune non si interessa di queste cose. La gente comune, i lettori comuni, quelli che comprano i libri, vogliono che venga loro raccontata una bella storia. Loro ti ascoltano, mentre racconti la trama del tuo libro, quasi pendono dalle tue labbra, vogliono essere stupiti, sedotti dalle tue parole.
 
Quando ho accennato alla storia di Anna Persson (la protagonista di “Deserto rosso”) che decide di partire alla volta di Marte per colonizzarlo e non tornare mai più sulla Terra, il pubblico ha avuto delle reazioni di stupore. Hanno commentato con parole come “inquietante”. È bastato poco per trasmettere loro il senso di angoscia alla base della storia, prima ancora che aprissero il libro per leggerla, poiché loro, come tutti i lettori (me inclusa), non vogliono altro che trovarsi di fronte a una storia nuova e immedesimarsi nei personaggi, per vivere nell’arco di tempo della lettura una vita diversa dalla loro.
E sono queste stesse persone uno stimolo per l’autore a creare nuove storie. Per questa ragione è proprio tra la gente che l’autore dovrebbe cercare e trovare le idee, non solo quella con cui interagisce virtualmente, ma anche e soprattutto quella che ha modo di sperimentare di persona nella vita reale, utilizzando tutti i sensi.
 

Lo scorso 9 maggio ho partecipato in qualità di relatrice all’evento “Self-publishing: i sogni si pubblicano, non si chiudono nel cassetto” nell’ambito del Salone Internazionale del Libro di Torino 2014.
È stata un’esperienza molto interessante ed è un peccato che avessimo solo 50 minuti per l’evento, perché ci sarebbe stato da parlare per ore.
Insieme a me c’erano, oltre Alberto Grandi di Wired, che coordinava l’evento, Camille Mofidi e Diego Marano di Kobo, e Antonio Tombolini di Narcissus.
È stato molto bello conoscere tutti loro. Abbiamo avuto l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere sia prima che dopo l’evento. Ma è stato molto piacevole ascoltarli e discutere con loro davanti al numeroso pubblico che ha affollato l’area Book To The Future del Salone.
 
Ho apprezzato particolarmente il discorso fatto da Antonio Tombolini su cosa significa essere self-publisher oggi e su come il self-publishing digitale non sia vanity press, ma anche il contributo di entrambi gli inviati di Kobo. Diego Marano, che è italiano, è manager per il Regno Unito di Kobo Writing Life, mentre Camille Mofidi è la manager europea sempre della piattaforma di self-publishing di Kobo. Diego Marano ha integrato il discorso di Tombolini, concentrandosi sul contributo di Kobo Writing Life nell’ambito del self-publishing, e Camille Mofidi ha riferito riguardo alla situazione a livello europeo. A questo proposito vi rimando a un articolo sull’evento di Equilibri Digitali che ne parla più diffusamente.
 
Per quanto mi riguarda, sono stata introdotta per prima da Alberto Grandi per parlare della mia esperienza con la pubblicazione della serie di “Deserto rosso” tra il 2012 e il 2013 e, successivamente, sono intervenuta in altre tre occasioni (incluse due domande a me rivolte dal pubblico). Probabilmente sono quella che ha parlato di più.
In questo post vorrei però fare alcune riflessioni su due argomenti emersi durante l’evento e che ritengo particolarmente significativi.
 
Il primo è venuto fuori in seguito a una domanda che è stata posta proprio a me, dopo che ho riferito di come io interagisco con i miei lettori tramite i social network e come questo sia alla base dei meccanismi di promozione di un self-publisher (e non solo).
L’insieme di questi metodi di promozione costituisce il self- branding, cioè il fare di sé un marchio autorevole. In questo contesto l’autore interagisce nella rete con i lettori o i possibili lettori, sfruttando le tematiche dei propri libri e qualunque aspetto a essi legato, come nel mio caso l’esplorazione di Marte e la stessa serialità della pubblicazione, che mi ha permesso di coinvolgere in parte le persone anche nella fase creativa.
In poche parole, l’autore deve sapersi “vendere”, esporsi in prima persona, interagire con persone competenti del proprio genere, deve essere egli stesso un personaggio, un marchio.
Ed ecco che mi è stato chiesto se non ci potrebbe essere il “rischio” che la gente compri i libri per via dell’autore e non per il loro valore intrinseco o del loro contenuto.
 
Ammetto che per mezzo secondo ho fissato la mia interlocutrice come se fosse una marziana (lei!). Il pensiero successivo è stato: e allora?
Ho cercato di spiegarle che fa tutto parte del gioco dell’essere un autore, che insomma il mondo gira così.
 
Ditemi voi. Qual è la differenza tra il self-branding e i grandi editori che spendono fior fior di quattrini in pubblicità, creando nel lettore la necessità di leggere un libro che poi magari non vale quanto viene pubblicizzato?
 
Se non altro, un lettore che interagisce con l’autore è in grado di valutare prima dell’acquisto se ha davanti a sé una persona di un qualche valore. Ne può apprezzare la competenza, le capacità scrittorie (l’autore interagisce scrivendo, per esempio, nel proprio blog, ma anche nei social), la sua disponibilità, il suo valore umano.
Mi sembra una motivazione migliore per comprare un libro rispetto al vederlo sbattuto davanti agli occhi ovunque.
È chiaro che, se poi il potenziale lettore non è interessato al contenuto, con tutta probabilità non comprerà comunque il libro, anzi è poco probabile, in primo luogo, che arrivi a interagire con l’autore, visto che non hanno gli stessi interessi.
In ogni caso non l’autore si può prescindere dal self-branding, che non basta, ma è un punto di partenza fondamentale.

Nella foto sopra: Antonio Tombolini, Alberto Grandi, io (!), Camille Mofidi e Diego Marano durante l'evento. Potete vedere altre foto qui.
 
Il self-branding è la versione dell’author-branding applicata al self-publisher. L’autore pubblicato da un editore, uno grosso ovviamente, può contare su una squadra di persone che si occupa della sua promozione e quindi dell’author-branding. Il self-publisher fa da sé.
 
Ma in realtà il self-branding ormai esiste in tutta l’editoria. Tutti gli autori sono tenuti a essere presenti in rete, a interagire, a farsi conoscere, a mostrarsi disponibili, simpatici. Nei casi di autori si può trattare di qualcuno pagato per impersonarli, ma il meccanismo è lo stesso.
Autori di fama mondiale come Patricia Cornwell pubblicano foto e post su Facebook, rispondono ai tweet su Twitter, uno per uno. Magari non a tutti, ma ci provano.
L’autore britannico Peter F. Hamilton, che è forse il più grande autore contemporaneo di fantascienza del suo Paese, tra le altre cose su Facebook risponde alle domande su dove acquistare certi suoi libri. Lo dico perché ha risposto a me e io ho seguito il suo suggerimento. Addirittura si è preso la briga di leggere tre miei articoli dedicati a una sua serie di libri, che avevo linkato sulla sua pagina Facebook, e di commentarli. E so per certo che li ha letti, visto che l’ha dimostrato col suo commento ben argomentato.
È normale che, se un giorno dovessi scegliere tra l’acquistare un suo libro e quello di un altro autore di fantascienza, mi sentirei più portata a prendere il suo. Ma è altrettanto chiaro che, se non mi piacesse come scrive o la fantascienza, non mi sognerei di spendere i miei soldi, fosse solo un euro, né impegnare il mio tempo (scrive dei tomi di 800 pagine) con i suoi libri solo perché è simpatico.
 
Il secondo argomento è stato in parte affrontato nella domanda posta da uno del pubblico a Tombolini e Marano. Ho poi avuto modo di parlarne diffusamente con una persona di Meetale.com con cui mi sono intrattenuta qualche tempo dopo l’evento.
Il quesito è questo.
 
Ma se abbiamo già i nostri lettori perché non vendiamo i libri direttamente a loro invece di passare attraverso i retailer che si prendono una fetta del prezzo del libro?
Non arriverà un momento in cui i self-publisher non avranno più bisogno di un distributore o addirittura di un retailer, visto che avranno già i loro lettori?
 
La risposta è no, perché nei grandi retailer ci sono i lettori. Lì i libri vengono categorizzati per genere, finiscono quindi nelle classifiche, dove i lettori, tantissimi lettori, li possono trovare.
Ciò che segue forse non è stato ben chiarito dagli altri relatori, sia perché il loro non è il punto di vista di un autore, sia perché il discorso interessa soprattutto il retailer per eccellenza: Amazon.
 
Lo zoccolo duro di lettori di un self-publisher fa sì che al lancio del libro questo salga in cima alle classifiche di genere, rendendolo visibile ad altri lettori. Questi, comprandolo in massa, lo tengono in alto e permettono che venga inserito in breve tempo nei suggerimenti della pagina del prodotto di libri simili.
Si crea quindi un circolo virtuoso che, per esistere, richiede due elementi essenziali: 1) i lettori fidelizzati che lo innescano; 2) il retailer con altri potenziali lettori che lo alimentano.
Il risultato è il successo (eventuale) del libro, che non dipende solo da quante copie si vendono, ma soprattutto dal fatto che il mondo là fuori ne abbia la prova, determinando di conseguenza la vendita di molte altre copie.
 
Nel mio piccolo, io cerco come posso di sfruttare questi semplici meccanismi.
Sono riuscita tramite il self-branding a creare un certo numero di lettori affezionati, molti dei quali sono diventati quasi degli amici, tanto è costante la nostra interazione. Queste stesse persone sono state essenziali nel lancio del mio ultimo libro, Il mentore, avvenuto lo scorso mercoledì (21 maggio 2014).
 
Qui c’è da fare una piccola premessa. Questo libro è un thriller, mentre i miei libri precedenti erano di fantascienza. Il target di lettori non è lo stesso, anche se in parte si può sovrapporre. Nell’editoria tradizionale non avrei mai potuto fare questo cambio di genere, a meno che non fossi stata già un’autrice molto famosa. Come self-publisher, invece, potevo, ma sapevo che avrei potuto perdere una parte dei miei lettori appassionati di fantascienza, che magari non leggono thriller.
Comunque sia, ho deciso di “rischiare” (si fa per dire).
 
In occasione del lancio, ho messo il libro in promozione a 99 centesimi per soli tre giorni (su Amazon), spingendo i miei lettori ad acquistarlo in massa in un breve lasso di tempo. Da una parte coloro che mi seguono con costanza sono stati premiati perché hanno avuto il libro a poco, dall’altra hanno ricambiato diffondendo la notizia e generando altre vendite esterne.
Così il libro nello stesso giorno di pubblicazione è entrato nella top 100 del Kindle Store e nella top 20 del genere thriller e ci è rimasto per i tre giorni successivi, incluso il primo in cui non era più presente la promozione.
Ora il prezzo del libro è salito a 2,69 euro. Questo prezzo è stato scelto perché è poco sopra la soglia di raddoppiamento della percentuale di diritti sulle vendite applicata da Amazon. Questo lo dico per spiegare che non ho alzato il prezzo perché voglio lucrare sui miei lettori, ma sto cercando di evitare che Amazon lucri eccessivamente su di me. Stiamo comunque parlando di una cifra irrisoria se paragonata a 9,99 euro dei romanzi appena usciti dei grossi editori, ma ancora molto bassa nei confronti dei 4,99 euro di quelli di editori più piccoli.
Ovviamente le vendite sono scese in numero e pure la posizione in classifica, ma intanto il libro è comparso nei suggerimenti di molti altri libri simili (e il loro numero cresce di continuo) e continua a vendere in maniera costante.
 
Cosa succederà adesso non so dirlo, ma niente di questo sarebbe potuto succedere, se non avessi creato un seguito di lettori grazie al self-branding e se non avessi potuto contare su un retailer in grado di mettere in evidenza i risultati dei miei sforzi di promozione.
 
Dovendo tirare le somme di questa esperienza al Salone Internazionale del Libro di Torino, possono affermare che è stato senza dubbio un evento di successo grazie al quale ho creato anche qualche interessante contatto.
Al di là dell’aspetto personale, credo poi che sia stato un ulteriore passo in avanti nell’affermazione di come il self-publishing, anche in Italia, sia un fenomeno in crescita sia a livello di numeri che soprattutto di qualità.
 
Di Carla (del 12/05/2014 @ 15:00:00, in Eventi, linkato 1882 volte)


I miei appuntamenti di maggio continuano. Il 16 è la volta di Todi.

Nell'ambito della manifestazione "Il Maggio dei Libri" sono stati organizzati una serie di eventi intitolati "Lettura tra fruscio di carta, silenzio di bit e calore di voce", il secondo dei quali avrà luogo venerdì 16 maggio alle 17.30 nella sala conferenze della Biblioteca Comunale di Todi.

"Leggere e scrivere ai tempi di internet" è il nome dell'evento che mi vedrà protagonista insieme all'autore Francesco Zampa, ideatore della serie di gialli del Maresciallo Maggio, coordinati dall'esperta web Sonia Montegiove di Girl Geek Life.

Durante l'evento parleremo di self-publishing digitale e non, e presenteremo le nostre opere.
La raccolta della mia serie "Deserto rosso" in formato cartaceo sarà poi disponibile  per i lettori di Todi nella stessa biblioteca.
L'evento è gratuito.

Ulteriori informazioni sono sono presenti sul sito de "Il Maggio dei Libri".
Qui invece potete trovare informazioni sulla Biblioteca Comunale "Lorenzo Leoni" di Todi.

Se siete dell'Umbria o contate di essere nei dintorni il 16 maggio, venite a trovarci!

 

 


Questo maggio sarà per me un mese denso di appuntamenti a iniziare proprio con il XXVIII Salone Internazionale del Libro di Torino.
Il 9 maggio alle ore 15, presso il padiglione 2 Book to the Future, si terrà l'evento "Self-publishing: i sogni si pubblicano, non si chiudono nel cassetto", a cura di WIRED Italia.
Insieme a me parteciperanno all'evento Riccardo Pietrani, autore del bestseller su Amazon "Il segreto dell'ultimo giorno", Diego Marano e Camille Mofidi di Kobo e Antonio Tombolini di Narcissus. L'evento sarà coordinato da Alberto Grandi di WIRED.it.

La discussione partirà dall'iniziativa di WIRED.it dello scorso febbraio che aveva portato a compilare una lista dei 10 migliori autori indipendenti italiani, che includeva anche me e Pietrani, e continuerà prendendo in considerazione i cambiamenti nell'editoria che stanno avvenendo con l'avvento dell'era digitale.
Al centro di tutto ci sarà il fenomeno in crescita self-publishing che sta influenzando l'editoria di tutto il mondo, modificando gli equilibri preesistenti tra librerie, editori e autori.
Verrà messo in evidenza come la via dell'autoproduzione editoriale non sia più da considerare come un ripiego all'editoria tradizionale, bensì un'alternativa valida con un modello di business più agile, che coinvolge diverse figure professionali, che si trovano a lavorare direttamente col self-publisher, e che porta ad avere dei prodotti editoriali di qualità.
Si discuterà sui metodi dei self-publisher per raggiungere il lettore e promuovere il proprio libro e sul sistema trasparente che permette all'autore indipendente di emergere grazie al suo talento e alla sua capacità di interagire con i lettori, unici giudici della qualità del suo lavoro, grazie a internet.

Alcuni dettagli sull'evento sono riportati a questo link, dove potete ottenere informazioni generali sul Salone del Libro e su come acquistare i biglietti d'ingresso.

L'evento durerà circa 50 minuti e siete ovviamente tutti invitati ad assistere, se vi trovate a Torino o contate di venire al Salone il 9 maggio.
Magari si potrebbe cogliere l'occasione per incontrarci di persona.

 

Lo scorso 3 ottobre ho partecipato come relatrice all’evento COM:UNI:CARE Live Conference, organizzato presso l’Università degli Studi di Salerno. Il tema principale dell’evento era proprio la comunicazione svolta tramite i new media e i modi in cui questi ultimi vengono utilizzati in ambiti diversi per far giungere il proprio messaggio a più persone possibili. In questo contesto si è parlato di blog, social media, podcast, diffusione dell’informazione scientifica, di quella relativa ai prodotti tecnologici, della fantascienza e tanto altro. E tra i vari oggetti della comunicazione tramite il web ci sono senza dubbio gli ebook, in particolare quelli dei self-publisher, che trovano in questo mezzo lo strumento principale per la propria promozione.
 
Ciò che ho cercato di fare nel poco tempo a disposizione è stato dare un’idea di ciò che significa essere veramente un self-publisher e di alcuni metodi per utilizzare nella maniera giusta il web per sviluppare il proprio brand come autore, sia prima che dopo la pubblicazione, oltre che fornire un rapido resoconto dei risultati che ci si può aspettare di ottenere.
Non vi ripeto il contenuto del mio intervento, in quanto potete rivederlo nei video sotto riportati. Il primo contiene l’intero intervento, fatto insieme a Omar Serafini, che ha parlato di Fantascientificast e della situazione della fantascienza in Italia. Il secondo è un’intervista registrata dopo l’intervento. Infine propongo un link a una seconda intervista che è apparsa su Ustation.
 
Vorrei solo aggiungere che l’intero evento è stato molto interessante e stimolante sia per i contenuti trattati (vi consiglio di entrare nel canale YouTube di Unisound per guardare tutti gli interventi e in quello di Osservatorio SNIF per le interviste che sono seguite) sia perché mi ha dato la possibilità di conoscere degli entusiasti del web, come lo sono io, persone creative, attive e positive, con le quali sto già creando delle preziose sinergie e presto ne vedrete (e ascolterete) i risultati.
 
In questo articolo, però, vorrei più che altro fare un breve riepilogo dell’argomento di cui ho parlato, che senza dubbio meriterebbe più spazio, e prometto di dargliene un po’ in futuro all’interno di questo blog. Nelle prossime settimane ho intenzione di inaugurare una piccola sezione del mio sito, destinata a crescere, dove raccogliere in maniera sistematica i miei articoli sul self-publishing (non solo quelli pubblicati su questo blog) ed eventuale altro materiale, tra cui questi video e altri che seguiranno.
Ma veniamo a noi.
 
Ho impostato il mio discorso sulla necessità di definire il self-publishing per quello che è: un vero e proprio mestiere, e non solo un hobby, sebbene chiunque sia libero di svolgerlo per così dire a tempo perso. Questa affermazione è importante, in quanto mette in evidenza il fatto che, se si pretende che qualcuno spenda i propri soldi per leggere ciò che scriviamo (per acquistare i nostri prodotti), va da sé che da parte nostra c’è la necessità di fornire ai potenziali lettori dei libri che rispettino degli standard di qualità. Per poterlo fare è necessario avvicinarsi al self-publishing nella maniera più professionale possibile, in altre parole bisogna conoscere e applicare al meglio le regole del mestiere. Non ci si può improvvisare.
In questo contesto quella di diventare un vero self-publisher non è affatto una scorciatoia per la pubblicazione dei propri scritti, bensì una scelta virtuosa, in quanto egli incarna in sé ben tre figure professionali: autore, editore e imprenditore.
Questa definizione non è chiaramente una mia invenzione, ma mi rifaccio a quella di “author, publisher, entrepreneur” suggerita dal guru dei new media Guy Kawasaki. Una visione la sua che sta divenendo sempre più realtà nel self-publishing anglofono, ma che a stento giunge agli autori indipendenti digitali del nostro Paese, che spesso rifiutano l’idea di andare oltre il ruolo di autori, un po’ per mancanza di competenza, ma il più delle volte per la scarsa volontà di acquisirla, finendo però per danneggiare l’immagine dell’intera categoria, laddove la non volontà di imparare a fare gli editori si traduce nel riversarsi sul mercato di prodotti editoriali di mediocre o scarsa qualità.
 
Ma è sul ruolo di imprenditore, inteso come persona che si impegna per vedere il proprio prodotto, che verteva maggiormente il motivo della mia presenza a COM:UNI:CARE, in altre parole su come promuovere il proprio ebook.
A questo proposito, lo scopo del self-publisher è quello di creare e far crescere il proprio brand come autore (author branding). Per farlo, bisogna prima di tutto imparare da chi lo fa già, cioè studiare le tecniche di promozione usate da altri autori, soprattutto quelli che, come me, sono disposti a condividerle. Il più delle volte basta chiedere, poiché la condivisione, la disponibilità e la solidarietà sono i punti cardine dell’essere un self-publisher. In questo senso l’interazione con altri autori indipendenti è cruciale, sia nella realizzazione, pubblicazione che commercializzazione dei propri libri.
I lettori impiegano molto meno tempo a leggere i nostri libri di quanto ne serve a noi per scriverli. Va da sé che i nostri lettori possano essere anche lettori di altri autori. Condividendo la propria base di lettori con altri autori, la si finisce per ampliare, sfruttando quella che è l’arma principale in mano a un self-publisher nella promozione del proprio lavoro: il passaparola.
 
Altri due aspetti fondamentali che devono essere ben chiari al self-publisher imprenditore sono la pre-promozione e la capacità di essere creativi nel cercare e utilizzare nuovi canali, magari insoliti, per arrivare al proprio target di lettori, proprio sfruttando le potenzialità dei new media.
 
La pre-promozione non è altro che una serie di attività svolte sul web atte a creare un crescente seguito di potenziali lettori, prima di pubblicare qualcosa. Possibilmente si dovrebbe iniziare a muoversi in questo senso diversi mesi prima, cioè durante la fase di scrittura del libro. La pre-promozione per un autore deve passare tramite la scrittura online. Esistono tanti modi per essere presenti online con i propri scritti, siano essi articoli o racconti e così via, ma il più alla portata di tutti è senza dubbio il blog. In particolare creare un blog in cui trattare un argomento che poi sarà presente come uno dei temi principali del proprio libro è uno dei modi più efficaci per attirare a sé persone potenzialmente interessate alla lettura di quest’ultimo (il nostro target) e allo stesso tempo mostrare a esse le proprie capacità di autore, la propria autorevolezza e iniziare a crearsi una reputazione, insomma sviluppare il proprio brand.
 
Una volta che il proprio libro è pubblicato e si deve lavorare, non solo per far conoscere se stessi, ma anche per far sapere al mondo della sua esistenza, ecco che la nostra creatività nell’accostarci alla promozione diventa importante. Come ho detto prima, bisogna vedere cosa fanno gli altri autori, soprattutto quelli che hanno ottimi risultati, ma è buona pratica mettere un po’ di nostro in questa fase individuando nuovi strumenti per arrivare ai lettori.
Quali sono questi strumenti?
Non esiste una risposa univoca e nessun libro o articolo può elencarvi dei metodi di sicuro successo che vadano bene anche per voi. Bisogna imparare a individuarli da sé. Il web ce ne offre tantissimi, in genere l’uso dell’uno o dell’altro è legato anche al genere dei nostri libri, ai temi trattati al suo interno e ancora alle nostre competenze, o a quelle che intendiamo acquisire.
 
Come ho fatto all’evento di Salerno, posso solo riportare il mio esempio, nella fattispecie la mia collaborazione col podcast Fantascientificast grazie alla quale, in ultima analisi, sono poi stata invitata a partecipare alla conferenza.
Avendo scritto un libro di fantascienza (si trattava del primo della serie di "Deserto rosso"), mi sono chiesta: dove trovo i miei lettori?
Sono andata a cercare delle realtà sul web indirizzate a questo target e così ho trovato Fantascientificast. Ciò che ho fatto dopo è stato semplicemente propormi (inviare una mail), ne ho ottenuto in primo luogo una citazione durante una puntata, che si è concretizzata nel mio primo approdo in top 100 sul Kindle Store di Amazon. A essa è seguita un’intervista, che poi ha portato a una collaborazione e, in ultima analisi, alla mia presenza a COM:UNI:CARE, con tutto ciò che questa frutterà nel prossimo futuro. Ma soprattutto ho avuto la possibilità di entrare in contatto con persone che condividono la mia stessa passione, cosa che per me è infinitamente più stimolante di tutto il resto, con le quali sono diventata amica. A questo proposito, e qui chiudo questo post, non smetterò mai di ringraziare Omar Serafini (nella foto), per essere stato il primo vero promotore del mio piccolo successo, in tempi non sospetti, e soprattutto per aver trovato in lui un ottimo amico.
 
Il mio intervento insieme a Omar Serafini a COM:UNI:CARE Live Conference.
 
L'intervista dopo l'intervento.
 
Intervista per Ustation.it (perdonate l'orribile smorfia nell'anteprima).
 

Il 3 e il 4 ottobre si terrà presso l'Università degli Studi di Salerno a Fisciano l'evento COM:UNI:CARE Live Conference, che si propone di dare uno sguardo contemporaneo sulla comunicazione digitale in Italia.
L'evento, che fa parte del Progetto WebIrradiando, sarà anche trasmesso in diretta streaming su internet.

Perché ve ne parlo?
Perché ci sarò inch'io come relatrice!
Giovedì 3 ottobre dalle 12.15 alle 13.30 presenterò insieme all'amico Omar Serafini l'intervento "Modelli tradizionali e nuovi: due esperienze contemporanee". In particolare Omar parlerà del podcast Fantascientificast, mentre io concentrerò il mio intervento sul fenomeno emergente degli autoeditori digitali indipendenti, insomma sul self-publishing.

Se siete o sarete in zona, venite ad ascoltarci e a conoscerci di persona. In caso contrario, potrete seguire tutto l'evento online a questo link: http://comunicareliveconf.unisa.it/

Di seguito potete leggere l'abstract del mio intervento.

Il self-publishing è un formato editoriale la cui origine si perde nel passato, ma che negli ultimi anni ha subito un'imponente evoluzione dovuta alla comparsa degli ebook e in particolare della piattaforma di pubblicazione Kindle Direct Publishing di Amazon, che hanno virtualmente azzerato i costi relativi alla produzione dei libri e alla loro distribuzione.
Per quanto ciò in teoria fornisca a chiunque l'opportunità di pubblicare il proprio manoscritto nel cassetto, senza particolari pretese, il vero self-publishing deve però essere considerato un mestiere a tutti gli effetti, non un hobby, in quanto, se si mette in vendita un prodotto, è necessario rispettare il proprio potenziale acquirente, in questo caso il lettore, assicurandogli determinati standard di qualità, come per qualsiasi altra forma di editoria. In ultima analisi è proprio il lettore a sostituire l'editore tradizionale, facendo da filtro e giudice delle opere autopubblicate, decidendo se farne un bestseller o lasciarle scivolare nell'oblio.
In questo contesto il vero self-publisher svolge un triplice ruolo: autore, editore e imprenditore. Come tale gestisce le proprie pubblicazioni e si circonda di figure professionali, con le quali collabora per portare avanti il proprio progetto.
La scomparsa all'interno di questo modello editoriale di una figura esterna, che stabilisca ciò che merita di essere pubblicato in base alla sua commerciabilità, determina inoltre il rifiorire di generi letterari considerati dall'editoria tradizionale di nicchia, e quindi snobbati da essa, che trovano nel self-publishing una nuova chance di riproporsi al grande pubblico. L'esempio più lampante a questo proposito è fornito dalla fantascienza nel mercato editoriale italiano.

Vi aspetto a Salerno!

 
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