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 Giant's Causeway, Irlanda del Nord... di Carla
 

"Qui si parla di andare su Marte. Vivere su Marte!" Deserto rosso - Punto di non ritorno

 

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 18/05/2012 @ 03:11:14, in Lettura, linkato 6276 volte)
More about Burton racconta Burton

 
 Tim nel paese delle meraviglie

Dire che Tim Burton è un genio visionario del cinema si avvicina sicuramente alla verità, ma se si vuole avere un'idea di tutto ciò che si cela dietro il lavoro di questo regista/autore/disegnatore, il libro "Burton racconta Burton" è senza dubbio una buona base di partenza.
Ho amato questo regista dalla fine degli anni '80, esattamente dall'89, quando uscì "Batman", film che ha permesso anche a noi, che stiamo da questa parte dell'oceano, di conoscerlo. Da allora in poi ho seguito la sua carriera passo passo, tornando anche indietro a vedere il suo precedente "Beetlejuice", che è tuttora il film che ho visto più volte in assoluto (ho perso il conto intorno a quota 40), sia in italiano che in lingua originale e che di tanto in tanto riguardo con piacere.
Mi ha fatto commuovere con "Edward Mani di Forbice", in cui c'è stato il mio (e il suo) primo incontro con Johnny Depp, mio attore preferito da oltre 20 anni. Mi ha divertito con film come "Mars Attacks!", "Ed Wood" e "Il mistero di Sleep Hollow", mi ha entusiasmato con "Batman", "Batman - Il ritorno" (un po' meno del primo) e il recente "Dark Shadows" (a cui dedicherò un post a parte), mi ha fatto meravigliare con "La Sposa Cadavere", "Nightmare before Christmas", "Alice in Wonderland", mi ha intrigato con "Sweeney Todd". In alcuni casi non mi ha convinto del tutto, come in "Il Pianeta delle Scimmie". Altri suoi film non li ho visti affatto sia per scelta, "Big Fish" e "La Fabbrica di Cioccolato", che per mancanza di opportunità, "Pee Wee's Big Adventure", ma prima o poi li vedrò.
In ogni caso è senza dubbio il mio regista preferito. Nei suoi film, se da una parte si può vedere il suo tocco e la presenza ricorrente di certi temi, esiste però una notevole varietà di generi. Abbiamo il fantastico, la commedia paranormale, il supereroe, la fantascienza, l'animazione, il musical, la favola per bambini, il giallo, la biografia. Ce n'è per tutti i gusti.
Leggendo questo bellissimo libro, in cui lo stesso Burton racconta se stesso nelle varie fasi della sua carriera e della sua vita, si riesce a capire veramente a cosa sia dovuta questa varietà e che cosa allo stesso tempo renda i suoi film "burtoniani". Si scopre come spesso sia arrivato a fare un film quasi per caso e come in altre occasioni si trattasse di storie create da lui e da lui stesso fortemente volute, a costo di lunghe attese.
Burton ci racconta la genesi spesso inusuale di certi film, come "Nightmare Before Christmas", la cui storia venne scritta passo passo con la creazione della colonna sonora. Ci parla del suo sodalizio con Johnny Depp, con Danny Elfman e con altri collaboratori che hanno lavorato spesso con lui. Ci mostra il mondo spesso spietato di Hollywood, al quale ha sempre cercato di non piegarsi, sostenendo di voler fare solo ciò che sentiva nelle sue corde, perché tutto il resto non era semplicemente in grado di farlo. Ci rivela l'uomo dietro il regista, da ragazzino "particolare" a talentuoso disegnatore, fino a (quasi casualmente) regista.
Ciò che emerge è senza dubbio la sua enorme fantasia unita a una forte volontà di trasformarla in realtà.
Questo libro è a mio parere una vera ispirazione, per tutti coloro che hanno un talento artistico e vogliono trovare il modo di utilizzarlo al meglio, senza scendere a compromessi. Ma è anche soltanto la vita di un uomo, la semplicità del quale appare evidente da come parla e da quello che dice. Lui non si sente e non vuole essere una celebrità. Vuole solo portare in vita i suoi personaggi e le sue storie. È un artista vero.
Da fan ed esperta di Tim Burton, nel leggere questo libro, ho sperimentato quasi un viaggio nel tempo, ripercorrendo insieme a lui i periodi in cui ha lavorato ai suoi film. Ma credo che "Burton racconta Burton" sia un'ottima lettura anche per l'amante del cinema in generale, poiché offre una prospettiva privilegiata nei confronti di questo mondo, da cui molti sono affascinati.
Ottimo il lavoro del curatore, Mark Salisbury, che ha messo sapientemente insieme i testi tratti dalle varie interviste, intermezzandoli con interessanti spiegazioni. Infine devo fare una nota alle due prefazioni scritte da Johnny Depp, che hanno aggiunto al tutto un po' di colore, raccontandoci Burton da un punto di vista diverso, quello di un amico, che ha condiviso (e tuttora condivide) con lui la parte più importante della sua carriera di attore.

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Burton on Burton, 2nd Revised Edition (in inglese), disponibile anche per Kindle, su Amazon.com.

Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su aNobii:
http://www.anobii.com/anakina/books

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Di Carla (del 15/05/2012 @ 22:03:58, in Musica, linkato 3139 volte)

© Daniele GroffLa temperatura aumenta, l'estate è già nell'aria e con essa arrivano le ultime date primaverili di Daniele Groff e la primissima data estiva.
Si inizia questo venerdì a Pavullo Nel Frignano (Modena), con un concerto al Risto Pub La Botte e si continua il sabato della settimana prossima a Rimini, al The Barge Irish Pub. Infine ecco la prima data estiva il 20 luglio ad Anzio al Deportivo Live Club.
In tutti e tre i casi si tratta di concerti in duo acustico, nei quali come di consuetudine Daniele sarà accompagnato da Alberto Lombardi.

Ecco il riepilogo delle date con le informazioni su locali e contatti per prenotare:

18 maggio 2012 (questo venerdì) - Risto Pub La Botte - Pavullo (MO)
Via XXII Aprile, 68
Ore 23
Per info: www.thebarge.eu


26 maggio 2012 - The Barge Irish Pub - Rimini
Lungomare Claudio Tintori, 13
Ore 23
Per info: 0536 22438 / 334 3688287
IMPORTANTE: questa data è stata spostata all'8 giugno!


20 luglio 2012 - Deportivo Live Club - Anzio (Roma)
Via Nettunense km 36,500
Ore 22
Per info: www.deportivoanzio.it

Come sempre, se cercate informazioni per far suonare Daniele Groff nel vostro evento, scrivete a: booking@danielegroff.com

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Di Carla (del 12/05/2012 @ 07:50:28, in Lettura, linkato 2876 volte)


 Azione e divertimento

Ho iniziato a leggere questo libro senza sapere esattamente di cosa trattasse, ma già dalle prime righe mi ha catturato. L'incipit è quasi traumatico. Tutto avviene in un unico lungo periodo e a quel punto devi andare avanti per sapere cosa accadrà dopo.
La storia è quella di un americano che si trova costretto a lavorare per una banda messicana che traffica droga attraverso il confine con gli Stati Uniti. Si vede l'ascesa del personaggio da uomo comune, che deve fare tesoro delle proprie conoscenze per rendersi indispensabile al suo nuovo "capo", evitando così la propria morte e quella di sua figlia, a trafficante esperto e criminale senza scrupoli.
Il ritmo è quello di una storia d'azione, ma la suspense è tipica di un thriller. Nell'accompagnare il personaggio verso la sua discesa all'inferno ci si chiede sempre più come farà a uscire da quella situazione, venendo di tanto intanto sconfessati nelle nostre teorie dall'ennesimo colpo di scena.
Lo stesso titolo "Borderline Case" ha il doppio significato di caso di confine e caso di un paziente borderline, sottolineando la doppia lettura della storia.
Nonostante sia raccontato in terza persona, di fatto il romanzo segue quasi esclusivamente il personaggio principale, Eric, a eccezione di alcune scene, in questo modo lo si finisce per conoscere alla perfezione e simpatizzare per lui. Gli altri personaggi sono quasi tutti descritti in maniera abbastanza superficiale, forse volutamente per non distrarre troppo il lettore dal problema principale (la sopravvivenza di Eric) e fare in modo che non se la prenda troppo nel caso in cui facciano una pessima fine. Cosa che accade spesso.
Se fosse un film visto al cinema, direi che il biglietto è costato veramente poco, se il prezzo viene diviso per il numero di morti. E questo aspetto, se si parla di traffici di droga e soprattutto azione, è senza dubbio positivo.
Davvero un'eccellente lettura.

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Di Carla (del 04/05/2012 @ 05:10:34, in Varie, linkato 20482 volte)

Adoro le serie TV e i film e sono una cliente affezionata di Sky da quando esiste in Italia. Provengo infatti da quegli utenti che un tempo avevano D+ (la versione satellitare di Tele+) e che erano passati automaticamente a Sky nel 2003. L'unica TV che guardo è Sky, il resto della TV per me non esiste. Spesso acquisto eventi in pay-per-view (partite di calcio), preferendo Sky ad altri fornitori, anche se costa un po' di più.
Ho sempre avuto un'alta opinione di Sky come azienda, per la qualità del servizio e la bontà dei prezzi (a distanza di 9 anni, grazie alla possibilità di creare il mio pacchetto su misura pago praticamente la stessa cifra di allora al mese). E devo dire che ne ho sempre parlato bene.
Purtroppo ultimamente sono stata costretta a cambiare la mia opinione in particolare riguardo al rapporto con i clienti.

Premetto che non ho un televisore HD e non mi interessa neppure averlo, finché questo sopravvive. Ho inoltre un videoregistratore digitale, col quale registro i programmi del decoder, li rivedo quando voglio, li copio su DVD, metto la pausa in diretta e così vai, cioè ha le stesse funzionalità del decoder MySky, con in più la possibilità di modificare ciò che registro (tipo eliminare la pubblicità, suddividere come voglio il filmato) e masterizzarlo in un DVD. In meno rispetto a MySky manca la possibilità di vedere una programma e registrarne un altro, qualcosa di non essenziale, visto che io non guardo nulla in diretta, ma solo le cose già registrate (e mentre guardo, posso registrare altro).
Ciò che mi permette di usare il mio DVR come il MySky è l'utilissima funzionalità Autoview presente nei decoder Sky standard, che sintonizza automaticamente il decoder in un determinato canale al momento dell'inizio del programma.

Già una volta mi si era rotto il decoder, circa 5 anni fa, ma me l'avevano immediatamente sostituito con uno analogo.
Quest'ultimo si è rotto qualche mese fa (se non erro a febbraio). Dopo aver chiamato l'assistenza (da notare che la chiamata è a pagamento), mi hanno detto come al solito che potevo andare a sostituire il decoder in un determinato centro Sky.
Quando sono arrivata lì, mi hanno dato, invece di un decoder standard, un decoder MySky HD, in cui erano però attivate solo le funzionalità standard, assicurandomi che funzionava esattamente come il precedente.
Una volta a casa, collego tutto, ed effettivamente il sistema operativo del MySky HD in versione standard è del tutto simile a quello del decoder normale, ma poi scopro con orrore che non prevede la funzionalità Autoview.
Il motivo potrebbe essere logico se le funzionalità MySky fossero attivate: esiste infatti un tasto registra (che da me ovviamente è disattivato), non rendendo necessario sintonizzare un certo canale per registrarlo con un videoregistratore esterno.
A parte il fatto che la funzionalità Autoview era utile a prescindere, anche se uno non aveva intenzione di registrare, diventa essenziale se il decoder in questione non registra da sé, ma deve permettere la registrazione su di un apparecchio esterno.

Vista la situazione, mi sono lamentata tramite il sito (al telefono, ripeto, si paga!) con l'assistenza clienti per il fatto che mi era stato dato un apparecchio che NON aveva tutte le funzionalità di quello che avevo prima, anzi mancava proprio quella che uso di più.
Pensavo ingenuamente che potessero sostituirmelo con uno standard, anche di seconda mano, visto che nei centri Sky ne hanno a decine (quelli restituiti da chi cancella l'abbonamento o a chi passa a MySky HD).
E invece no.
La loro risposta, dopo innumerevoli scambi di messaggi durati settimane, in cui avevo la sensazione di comunicare con un muro, è stata essenzialmente questa: l'unico decoder che possiamo darti è questo, al massimo ti facciamo l'upgrade a MySky HD alla "modica" cifra di 79 euro.

Da notare che:
- ai nuovi abbonati tutto questo viene dato gratis;
- a me non serve la funzionalità MySky perché ho già un DVR mio che voglio usare;
- nella cifra in questione c'era anche l'aggiornamento dell'impianto (sostituzione di illuminatore della parabola e filo satellitare, calata di un secondo filo), che è obbligatorio (anche se ci sono nuovi clienti a cui non l'hanno fatto, li conosco di persona), ma per motivi di ordine pratico non è fattibile a casa mia;
- con massimo 29 euro su eBay ti tirano dietro tutti i decoder standard che vuoi.

Ovviamente io ho scelto l'ultima opzione, ma rimane assurdo che per un guasto su di un apparecchio che mi viene dato in comodato gratuito, abbia dovuto di fatto comprarmene io uno nuovo.
Il motivo in realtà è chiarissimo: si tratta di un evidente tentativo di costringermi a passare a MySky HD, per:
- estorcermi 79 euro, come se non bastassero gli oltre 3000 euro che ho dato a Sky da quando esiste;
- probabilmente impedirmi di usare il mio DVR, affinché io non tenga copia delle registrazioni e magari le passi ad altri, senza che questi si facciano l'abbonamento a Sky (in realtà niente mi impedirebbe di copiare successivamente le registrazioni, sarebbe solo più scomodo).
In ogni caso mi sento vagamente presa in giro.

Per tutta risposta ho deciso di eliminare un genere dal mio pacchetto, in modo da ridurre l'abbonamento al minimo indispensabile e spendere 3 euro al mese in meno (se non altro mi ripago il decoder), anche se mi hanno minacciato di farmi pagare oltre 10 euro per questa modifica (in pratica per fare un clic).

La cosa peggiore è però il modo in cui sono stata trattata. A nessuno del servizio di assistenza ai clienti è importato il fatto che minacciassi loro di cancellare l'abbonamento o ridurlo al minimo (cosa che poi ho fatto!). Non hanno cercato neppure di mostrare un minimo dispiacere, dandomi un contentino: tipo un evento in primafila (visto che ne compro di continuo), un mese di prova di qualche pacchetto o simile. Giusto per mostrare che l'assistenza clienti aveva a cuore il mio disagio, anche se non aveva modo di soddisfare totalmente la mia richiesta, poichè non hanno voce in capitolo nella politica aziendale.
Se esistesse in Italia un'alternativa valida a Sky, di sicuro avrei subito annullato l'abbonamento. Purtroppo non c'è, perché né Premium né Cubovision offrono l'ampia scelta di programmi di Sky.
Ma visto che comunicare con loro è impossibile, mi sono concessa questo sfogo pubblico.

Per allietarvi vi propongo lo scambio di mail, che alla fine sono quasi comiche (le loro).
Da notare che più volte asseriscono di aver tentato di chiamarmi, ma senza riuscirci. Io però non ho mai ricevuto le loro chiamate. Nel dubbio li avevo ricontattati più volte dicendo che mi trovavano dopo le 16, ma non mi hanno mai chiamato dopo quell'ora, neppure il giorno prima quello in cui ho ricevuto l'ultimo messaggio con la stupenda offerta da 79 euro, anziché 299,83 euro (come se qualcuno in Italia abbia mai pagato una tale cifra per fare l'upgrade a MySky HD!).
L'ultima mail in particolare sa di presa per i fondelli, perché ignorano completamente il contenuto del mio messaggio, che già conteneva tutto il necessario, dicendo che non hanno potuto leggere l'allegato.
Insomma un modo ridicolo per togliersi dall'imbarazzo di rispondere alla mia mail, in cui li ringraziavo per avermi dato dell'ottima materiale per scrivere questo articolo.

Prima di passare alle mail aggiungo che il decoder MySky HD ha altre due mancanze rispetto a quello standard: una sola presa scart invece che due (non avendo un TV HD non posso usare la presa HDMI) e non ha il modem per acquistare gli eventi in primafila, ma solo un presa ethernet, come se tutti avessero accanto alla TV il collegamento al router.
Questi due problemi erano però ovviabili, nel primo caso facendo il pass-through attraverso il DVR, nel secondo acquistando gli eventi sul sito Sky.it (quando non è impallato), visto che tutti gli altri sistemi sono a pagamento.

Se voleve farvi quattro risate con tutte le mail, scaricatele cliccando qui: http://www.anakina.net/public/sky.pdf.
Ho tagliato alcune parti dei miei messaggi, che sono ripetitivi, ma le loro sono copiate e incollate esattamente come sono, anche quelle identiche.
Qui sotto vi riporto solo le ultime 3, che sono le più significative, ma davvero leggete anche le altre per divertirvi.


La loro strepitosa offerta:

"Gentile Cliente,
in seguito alla e-mail da lei inviata, abbiamo provato più volte a contattarla senza successo al/ai numero/i di telefono in nostro possesso.
La informiamo che purtroppo i decoder di tipo standard non sono più disponibili ma sino al 1 aprile 2012 potrà usufruire integralmente delle funzioni del suo decoder My Sky HD, attivando il servizio My Sky/My Sky HD, con la seguente promozione:
€ 29,00, anziché € 199,00, per l’evoluzione tecnologica;
€ 50,00, anziché € 100,83, per l’adeguamento dell’impianto;
canone mensile del servizio My Sky HD gratuito.
Il costo totale sarà dunque di € 79,00 anzichè € 299,83*.
La informiamo che sarà contattato da un nostro installatore per l’adeguamento dell’impianto e l’attivazione delle funzionalità di registrazione.
L’attivazione della promozione comporta il rinnovo dell’abbonamento di 12 mesi e in caso di recesso anticipato del contratto sarà richiesto l’importo corrispondente agli sconti fruiti.
Potrà aderire all’offerta comodamente tramite il nostro sito Sky.it oppure contattandoci al numero del Servizio Clienti 199 176 176**, attivo tutti i giorni dalle 8:30 alle 22:30.
Grazie per la sua e-mail.
Un cordiale saluto
Servizio Clienti Sky

*La promozione ha un vincolo di durata di 12 mesi, in caso di disdetta anticipata saranno fatturati i costi corrispondenti agli sconti fruiti di 220,83€ (170€ come sconto attivazione, 50,83€ come sconto installazione), oltre al rimborso dei costi da noi sostenuti e definiti "Costo dell’operatore" per il recupero del decoder. Tale importo è consultabile nell’Area Clienti o nella Home Page del sito
www.sky.it alla voce "L’azienda Sky" accedendo alla "Carta dei Servizi Sky.
**Tariffa max. pari a 0,15 €/min IVA inclusa da rete fissa. Il costo della chiamata da telefono cellulare è legato all’operatore utilizzato. "

 

La mia simpatica risposta:

"In merito al vostro ultimo messaggio (in allegato insieme ai precedenti) posso solo ribadire la mia pessima impressione sul servizio clienti di Sky e in generale sul modo in cui Sky tratta i suoi clienti.
Dopo 9 anni mi ritrovo con un decoder (MySky HD in versione standard) che ha 2 funzionalità in meno (autoview e possibilità di acquistare eventi primafila col telecomando) rispetto a quello standard che ho sempre avuto, continuando a pagare la stessa cifra di abbonamento (che negli anni è aumentato sempre più).
Chiedo assistenza e prima fate di tutto per non trovarmi al telefono per settimane (vi ho scritto che ci sono solo tra le 16-20 nei giorni feriali e in questi orari non mi avete MAI chiamato, nonostante sosteniate il contrario; ma ho le prove che non l’avete fatto), poi cercate di estorcermi altri 79 euro per un servizio (MySky HD) che non ho chiesto e non mi serve e in più non mi restituisce le due funzionalità perse.
Il che è semplicemente ridicolo visto che con 29 euro ho acquistato su ebay un nuovo decoder standard, quello che non volevate darmi (anche se mi spettava di diritto) per cercare di spingermi a passare a MySky HD e quindi farmi pagare 79 euro.
A questo punto posso solo ringraziarvi per avermi dato dell’ottimo materiale di prima mano per scrivere un bell’articolo sulla vostra azienda."


A questo punto non sapendo più cosa dire, mi hanno scritto questa mail senza senso:


"Gentile Cliente,
 
abbiamo ricevuto una e-mail contenente un allegato il cui contenuto non risulta visibile.
 
La informiamo che gli allegati, che possono esserci inoltrati tramite e-mail, devono avere le seguenti caratteristiche:
 
max 5 per ogni e-mail;
max 3 MB di dimensione;
formato: doc, .pdf, .xls, .tiff, .jpg, .bmp, .gif.
 
Qualora avesse la necessità di assistenza da parte nostra, la invitiamo a inoltrarci nuovamente la sua richiesta.
 
Grazie per la sua e-mail.
 
Un cordiale saluto
 
Servizio Clienti Sky"

In pratica, siccome non riescono a leggere un allegato (chi ci crede? e poi tanto i messaggi precedenti li hanno sicuramente anche loro), non rispondono neppure al messaggio.
Geniale!

Oh, e poi nello stesso periodo mi hanno chiamato sempre quelli di Sky intorno alle 20.30 per convincermi ad ampliare il mio pacchetto di abbonamento. Fortuna che ho un notevole auto-controllo, perché la tentazione di insultare la povera operatrice del call center era tanta.
Mi sono limitata a dire che non intendevo spendere di più.

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Di Carla (del 28/04/2012 @ 04:43:03, in Scrittura & pubblicazione, linkato 22264 volte)
Writing Sunset Roma Italy Italia - Creative Commons by gnuckx

Nell'uso comune queste due parole, almeno in Italia, sono quasi sinonimi, o in alternativa si definisce con "scrittore" il mestiere e con "autore" si fa riferimento ai specifici lavori di uno scrittore.
Se però prendiamo in considerazione il loro reale significato stretto e quello esteso, la questione è ben diversa.
Avevo già brevemente accennato alla differenza fra queste due parole in un altro post, dove mettevo in evidenza l'espressione errata "aspirante scrittore", che di per sé non ha alcun significato.
Adesso vorrei entrare un po' più nel dettaglio sull'argomento. So che a prima vista può sembrarvi noioso, ma vi chiedo di seguirmi ancora per qualche riga e capirete.
Il significato stretto dei due termini è semplice. Lo scrittore è colui che scrive, qualunque cosa scriva, che siano romanzi, racconti, articoli di giornale, post di un blog, poesie e così via. Non importa che pubblichi i suoi lavori e neppure che li finisca. Se uno scrive (che lo faccia bene o male) è uno scrittore.
L'autore è colui che ha scritto qualcosa, cioè uno scrittore che ha completato almeno uno dei suoi lavori.
Va da sé che l'autore è anche scrittore (a meno che non usi un ghostwriter!), ma lo scrittore non è necessariamente un autore.
La distinzione tra scrittore e autore, però, può avere un significato più esteso che si riferisce all'approccio della persona in questione nei confronti della sua scrittura. Per uno scrittore/autore esistono almeno due fasi: quella della scrittura vera e propria e quella della promozione del suo lavoro (anche se si tratta di qualcosa di gratuito). Nella prima fase questa persona è soprattutto scrittore, nella seconda è soprattutto autore.
Ci sono scrittori/autori che si concentrano quasi esclusivamente sulla prima fase. Passano più tempo possibile a produrre: scrivere, correggere, riscrivere, progettare nuovi lavori e così via. Dedicano invece poco o nulla del loro tempo a fare gli autori, perché c'è qualcun altro che si occupa della loro promozione o semplicemente perché non sanno come farlo loro stessi e magari neppure vogliono imparare a farlo. La promozione non è roba per tutti, d'altronde. Richiede preparazione e si porta via un sacco di tempo.
Dall'altra parte ci sono quegli scrittori/autori che, dopo aver pubblicato qualcosa, dedicano molto più tempo a promuoverla, per raggiungere il massimo numero di persone con quell'unica opera, prima di buttarsi in un nuovo progetto. Fanno presentazioni, inondano i social network di link, scrivono articoli, mandano i loro libri ovunque per farsi recensire, partecipano a convention (quelli famosi!), tanto per fare qualche esempio. Insomma sono attivissimi in campo promozionale, talvolta per loro scelta, perché il feedback che si ottiene nell'esporsi al mondo può essere molto gratificante, e talvolta per obblighi contrattuali.
Esiste in questo senso tutta una gradazione di comportamenti che vanno dallo scrittore puro, che tiene rigorosamente le sue opere nel cassetto, fino all'autore non-scrittore, di solito un personaggio già famoso, che si avvale di ghostwriter e quindi è coinvolto solo nella promozione. In generale possiamo dire che quasi ogni scrittore/autore si trova da qualche parte nel mezzo, ma senza dubbio tende verso una sola delle due estremità, magari istintivamente. C'è insomma chi preferisce essere uno scrittore in senso lato, che ama sopra ogni cosa scrivere e trae da essa la massima soddisfazione, e chi preferisce il ruolo di autore, trovando più piacere nel rapporto con i suoi lettori. Talvolta si oscilla tra i due approcci, a seconda dei periodi. Quando ci si concentra troppo nella scrittura, si ha poi bisogno di metterla da parte e fare un po' l'autore. D'altro canto se ci si allontana troppo dalla scrittura alla fine si sente il suo inesorabile richiamo, magari accompagnato da un certo timore di non essere più in grado di riprendere a scrivere, dopo una lunga interruzione.
Ma, come dicevo, non sempre si ha scelta.
Quando si è un autore pubblicato affermato, si è costretti a fare ciò che dice l'editore. Si ha delle scadenze per quanto riguarda la propria scrittura, non ci si può perdere i mille progetti diversi, anche perché si è impegnati in estenuanti tour di promozione, che portano via tempo e concentrazione, che minano non poco la propria creatività. Eppure ci sono personaggi talmente inseriti in questo meccanismo che riescono comunque a portare avanti i due aspetti in parallelo, scrivendo nei ritagli di tempo (in treno, aereo, su di una panchina).
Se si è uno scrittore pubblicato, ma non si è famoso, fare l'autore spesso non è un obbligo contrattuale, ma una necessità. Soprattutto se la propria casa editrice è molto piccola, bisogna rimboccarsi le mani e darsi da fare con la promozione, ma non tutti sono in grado di farlo. Molti si rifugiano dietro l'affermazione che questo aspetto non rientra nei loro compiti e fanno il minimo o nulla.
L'autore indipendente invece non ha scuse. È editore di sé stesso, ciò significa che nessuno gli impone scadenze o gli offre collaborazione in campo promozionale, ma allo stesso tempo, se non si mette d'impegno per scrivere i suoi lavori e promuoverli il più possibile (cosa che implica anche imparare come farlo), nessuno li leggerà. Senza considerare che avrà sicuramente un altro lavoro, che gli porterà via le canoniche otto ore al giorno per cinque giorni la settimana.
Vista così l'impresa dell'autore indipendente sembra impossibile. Senza nessuno che lo stimoli in fase di scrittura, senza nessuno che gestisca un minimo di promozione, senza nessuno che si occupi di copertina, quarta di copertina, booktrailer, comunicati stampa e così via, come diavolo fa a trovare il tempo per tutto?
Eppure ci riesce
e se è bravo, ha voglia di imparare e magari ha un po' di talento come scrittore, ottiene anche un discreto successo.
Inoltre ha una scelta in più. Può concentrare la sua carriera soprattutto sulla quantità, cioè fare essenzialmente lo scrittore. Per un autore indipendente, infatti, avere molti titoli all'attivo è importante sia per una questione di visibilità che per una questione economica. Se anche non dedica tanto tempo alla promozione quanto alla scrittura, la sua ampia produzione (venduta ovunque nel web) è di per sé una forma di pubblicità. Nel momento in cui riesce a "fidelizzare" un lettore, finisce per tenerselo stretto, offrendogli tanto da leggere (e quindi comprare), evitando che si dimentichi di lui.
D'altra parte un autore indipendente con già un buon catalogo alle spalle è libero di dare più spazio alla promozione, cioè al suo essere autore.
In entrambi i casi la scelta è solo sua e, se la porta avanti nella maniera giusta, può dare comunque ottimi risultati.
La chiave è proprio lì: la scelta.
Personalmente amo entrambe le fasi, ma in maniera diversa. Ho imparato molto di promozione quando mi occupavo di musica. Anche se l'editoria è un campo molto diverso, certe cose mi stanno tornando utili. D'altra parte sono un'autrice indipendente che ha appena mosso i primi passi in questo campo, dopo qualche anno di studio, e per forza di cose devo essere scrittrice e autrice allo stesso tempo e con lo stesso impegno.
Devo scrivere, produrre. Sia perché lo impone la mia condizione di indipendente, sia perché non posso farne a meno. Amo essere scrittrice, amo l'atto creativo, tirare fuori dal nulla storie, personaggi, sentimenti. Ma non mi dispiace il ruolo di autrice. In passato mi sono occupata della promozione di altri artisti (parlo di musica), ma concentrarsi su sé stessa dà ben altra soddisfazione. In futuro, però, spero di potermi organizzare in modo tale da lasciarmi un po' più di tempo per scrivere.
Insomma vorrei essere più scrittrice che autrice.
E voi da che parte state? Siete più scrittori o autori?

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Di Carla (del 22/04/2012 @ 13:33:29, in Lettura, linkato 6154 volte)


 Alla riconquista dell'Egitto

Leggere un libro di Jacq è come visitare un vecchio amico. Sebbene le storie siano diverse, le atmosfere, il carisma dei personaggi, i sentimenti descritti e la loro fierezza convergono nel raccontarci la personale visione che l'autore ha dell'antico Egitto, un po' mitica, un po' magica e po' storica.
La figura del faraone nubiano, per quanto si discosti in origini e indole da quella tanto celebrata di Ramses o a quella dei faraoni della trilogia de "La regina libertà", finisce inesorabilmente per conformarsi all'immagine maestosa, fiera e allo stesso tempo divina dei suoi predecessori, raggiungendo la loro stessa credibilità, così come avviene per la sua regina. Accanto a lui si sviluppano tutta una serie di personaggi, che a loro volta ricordano quelli già visti in altri libri.
Nonostante il ripetersi di questo schema nella maggior parte dei suoi romanzi, la storia non annoia, in quanto l'autore trova sempre nuovi espedienti per raccontarcela e soprattutto mostrarci gli aspetti più sconosciuti di questa grande civiltà del passato che da sempre affascina l'immaginario dei lettori.
Ci si immerge in un mondo in cui la magia è reale, governato da valori imprescindibili, dove l'onore e l'impegno preso valgono più di qualsiasi altra cosa, che sia nei confronti di una persona o dell'intero Egitto. La prosa di Jacq e le parole dei suoi personaggi sono caratterizzati da una poesia che sa di un passato glorioso e che grazie ad esse ridiventa attuale. Ci ritroviamo così a vivere nella valle del Nilo, a combattere al fianco del suo faraone per riconquistare questa terra sacra e riportare Maat nel cuore e nella vita dei suoi abitanti.
Le pagine scorrono leggere in questo bellissimo sogno e, quando arriviamo all'ultima, non possiamo che chiudere il libro con un ampio sorriso.

Il faraone nero su Amazon.it.

Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su aNobii:
http://www.anobii.com/anakina/books

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Di Carla (del 13/04/2012 @ 07:47:21, in Lettura, linkato 2908 volte)


 Perché?

Questa semplice domanda mi aleggiava in testa durante tutta la lettura del romanzo. Seguivo le vicende ripetitive e dolorose di questo protagonista senza nome, tempo o luogo preciso (un transessuale sado-masochista) e mi chiedevo dove l'autore volesse andare a parare.
 Sicuramente riesce a colpire il lettore con il suo linguaggio crudo nel descrivere alcune scene, ma il coinvolgimento si perde più volte durante le pagine e pagine di monologo interiore, in cui il protagonista letteralmente vomita tutto il suo disagio psicologico. E qui fa capolino la noia.
 Eppure ci sono delle belle scene, soprattutto nei flashback, dove succede qualcosa, dove le emozioni dei personaggi giungono nitide al lettore, senza che vengano inutilmente spiegate, in altre però le continue interruzioni del pensiero del protagonista diventano irritanti. I ricordi inoltre non riescono a chiarire del tutto cosa porti esattamente il personaggio alla condizione in cui si trova al tempo della narrazione. Si ha la sensazione che continui a mancare qualche tassello.
 A ciò vanno aggiunti degli eventi che neppure la sospensione dell'incredulità può spiegare, tipo omicidi impuniti, equipaggiamenti da CIA nelle mani di una cassiera che va matta per il gossip e nel contempo fa lunghi monologhi usando un linguaggio che non sembra calzarle per nulla (forse perché non lo farebbe con nessuno). Per non parlare della totale assenza di persone almeno vagamente normali in tutta la storia, giusto per dare un minimo appiglio realistico, a cui il lettore posse ancorarsi.
 Arrivati verso la fine si spera se non altro in un cambiamento. In fondo se si racconta una storia sotto forma di romanzo, qualcosa deve pur succedere.
 E invece no.
 Ci sono i pressupposti per il cambiamento, ma il protagonista ci rinuncia e decide (non si capisce bene perché) di continuare a "vivere" in quel modo.
 È normale che poi alla fine uno si chiede il perché di tutto ciò. L'unica spiegazione che mi viene in mente è che l'autore abbia scritto questo romanzo divertendosi a mischiare le carte e a presentare vicende del tutto improbabili, proprio per spiazzare il lettore.
 Di certo è riuscito in questo intento, ma siamo sicuri che questo sia piaciuto al lettore?
 A me non particolarmente. Mi ha lasciato per lo più perplessa.
 Spero non me ne voglia l'autore.
 Mentre leggo le ultime righe, però, ecco che arriva l'illuminazione. Immagino di sfrondare pagine e pagine di concetti ripetuti e monologhi interiori, di ridurre all'osso i dialoghi, e ottenerne una bella novella di un'ottantina di pagine o magari un racconto ancora più piccolo.
 Così avrebbe avuto un senso.

 Una breve nota sull'edizione. A parte i numerosi refusi, non capisco alcune scelte di punteggiatura sul discorso diretto. Non so se dovute all'autore o all'editor.
 Lo stile del primo, se non altro, è interessante.

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Di Carla (del 06/04/2012 @ 06:35:29, in Lettura, linkato 4797 volte)
More about The Case for Mars


 Ma perché non siamo ancora andati su Marte?

È la domanda che mi è sorta spontanea più volte, leggendo questo saggio originariamente datato 1996. Sono passati 16 anni e ancora nessun uomo è arrivato su Marte, né se ne parla come una cosa che avverrà in tempi brevi. Eppure, leggendo questo libro del fondatore della Mars Society, la tecnologia per arrivarci, esplorarlo e tornare indietro c'è già. Anzi, c'era già 16 anni fa.
Ma allora perché siamo ancora tutti qui?
Bella domanda, ma ad essere bello è ancora di più questo libro, che è assolutamente un must per qualsiasi amante dell'astronomia e anche della fantascienza.
Tempo fa avevo letto "First Landing" dello stesso autore. Quella volta si trattava di un romanzo, ma che immaginava una missione sul pianeta rosso utilizzando la tecnologia effettivamente esistente al tempo (per la cronaca il romanzo è stato pubblicato nel 2001).
In questo saggio invece Zubrin affronta l'argomento da un punto di vista più tecnico, ma non per questo meno godibile. La mole di informazioni fornite è davvero enorme. Va da quanta energia serve per lasciare l'orbita terrestre, a come produrre carburante, acqua e ossigeno su Marte, passando per la costruzione di serre sul pianeta (per coltivare le piante), per i costi dei terreni durante la colonizzazione, fino addirittura alla terraformazione.
Nel leggerlo si realizza veramente che siamo di fronte a un pianeta molto simile alla Terra, sebbene più piccolo, relativamente molto vicino, ricco di risorse e di conseguenza con tutte le caratteristiche necessarie non solo per essere colonizzato, ma anche per essere trasformato in tempi umani in un luogo ben più confortevole, più simile al nostro pianeta. Inoltre ci si rende anche conto di come una conquista del genere avrebbe delle ripercussioni enormi sullo sviluppo della civiltà umana, sia sulla Terra, che in prospettiva di una nostra ulteriore conquista dello spazio.
Vengono anche affrontati tutta una serie di argomenti di natura socio-politica, poiché questo libro oltre a informare ha lo scopo di fare propaganda per spingere chi ha il potere per farlo a trasformare questi progetti in realtà.
Può sembrare a prima vista come una battaglia contro i mulini a vento, vista l'enormità della faccenda, ma Zubrin ci spiega in maniera dettagliata (talvolta molto tecnica, ma sempre comprensibile), quanto la conquista di Marte sia del tutto alla nostra portata. Se siamo arrivati sulla Luna oltre 40 anni fa, in un ambiente a gravità zero, senza atmosfera, né risorse, caratterizzato da temperature estreme, e siamo tornati indietro con successo, perché Marte adesso continua a sembrarci così irraggiungibile? Il fatto che sia lontano non è un motivo sufficiente, visto che ci vogliono da sei a dieci mesi di viaggio per arrivarci. Sono più dei tre giorni per arrivare sulla Luna, ma in proporzione sono davvero pochi considerando che si parla di viaggiare attraverso 400 milioni di chilometri. Tutti gli altri timori, che Zubrin spiega uno dopo l'altro, non sono meno inconsistenti.
E allora perché non siamo ancora andati su Marte?
Questo libro non ha la risposta, ma è in grado di spiegarci in dettaglio come, prima o poi, ci andremo.

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Di Guest blogger (del 02/04/2012 @ 09:00:00, in Sardegna, linkato 16053 volte)

© 2010 Rita Carla Francesca MonticelliPer la prima volta (e sicuramente non l'ultima) il blog ospita un post scritto da un altro autore. Si tratta di un'amica scrittrice e copywriter Stefania Mattana, che dedica questo articolo alla mia amata città, Cagliari.

Ho affermato varie volte in giro per la blogosfera che non mi dispiacerebbe, un giorno, trasferirmi a Cagliari. E se per molti cagliaritani o "adottati" la cosa può sembrare logica e naturale, per molti non lo è. A volte, infatti, non è facile spiegare a un sardo-del-nord (passatemi il neologismo) anche il solo desiderio di abbandonare il nido barbaricino e - parlo per me - mettere radici a Cagliari. Ho quindi elaborato cinque, rapidi, buoni motivi per cui metterei subito la firma per spostarmi nel capoluogo dell'isola.

1) Il clima favoloso. Se siete animali a sangue freddo come me, Cagliari è la città (più o meno) senza inverno. A parte il vento che a volte soffia freddo, non c'è traccia di gelo, ghiaccio, neve. È vero, d'estate il caldo è umido e le zanzare possono pesare quanto cuccioli di chihuahua, ma sono circostanze con cui si può convivere. Con il freddo non si convive, si subisce.

 2) I parchi. Cagliari è piena di verde e di spazi fruibili per attività all'aria aperta. Volete un elenco? Colle San Michele, Monte Urpinu, Monte Claro, il Faro di Sant'Elia e altri giardini e giardinetti. Siete tossicodipendenti dalla corsa come me? I percorsi per i runner e le strutture sportive non mancano, come lo stadio di atletica a Sa Duchessa, quello dell'Amsicora - quando verrò a Cagliari proverò l'hockey - e quello di Viale Diaz.

3) L'Arte. E per Arte non intendo solo i grandi musei, ma anche camminare nel centro storico di Cagliari, con il suo lungomare tra i più belli d'Italia. Inoltre, bastano pochi chilometri fuori dalla città per tuffarsi nella storia antica: fenici, aragonesi, romani, pisani e tanto altro. Se dici Cagliari, dici storia.

 4) Eventi culturali. Non sono di certo una donna da balletto e opera lirica, ma sapere che Cagliari ha un prestigioso teatro mi infonde una sorta di "sicurezza". Le manifestazioni culturali a tutto tondo abbracciano Cagliari come una mamma sapiente: dalle mostre ai concerti ai convegni, la città pulsa di iniziative. E dove c'è cultura, c'è vita. 

5) Il Mare e i fenicotteri. Scontato, scontatissimo, eppure verissimo. Avere il mare a qualche minuto da casa, per me, è una sensazione impagabile. Oltre alla lunghissima spiaggia del Poetto, bastano una manciata di chilometri in auto per raggiungere angoli di paradiso. Spesso e volentieri, poi, quando mi trovo a Cagliari vedo i fenicotteri, che abitano stagionalmente negli stagni della città. Una volta, mentre ero imbottigliata nel traffico, un piccolo stormo di fenicotteri rosa è volato sopra la mia testa, e ho capito qual è la differenza tra le grandi città del mondo e Cagliari.

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Nata e cresciuta in Sardegna, Stefania Mattana da grande voleva vincere un'Olimpiade e fare la scrittrice.
Ufficialmente sociologa dal 2008, scrive da sempre racconti e storielle, ma alla fine trova le sue prime pubblicazioni nella saggistica, con "The Live Side of Rock" e "Ritualità della Morte in Barbagia".
La passione per la scrittura e per l'analisi sociale si fondono infine nel suo lavoro di copywriter.
Praticante patologica di sport, appassionata e tifosa, scrive per diverse testate e blog online, specialmente di atletica leggera e rugby.
Website: www.eraniapinnera.com
Blog: http://dailypinner.eraniapinnera.com
Google Plus: http://plus.google.com/u/0/108955659477495416526

Grazie mille a Stefania per il suo contributo!

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Di Carla (del 31/03/2012 @ 04:25:58, in Lettura, linkato 4323 volte)


 Il tic. La pausa.

Molto legal e poco thriller, questo romanzo di Grisham torna dopo "L'ultimo appello" e "Innocente" a parlare di pena di morte e a denunciare il sistema giudiziario americano, degli stati in cui è ancora applicata, per il modo in cui viene di fatto usata a scopo politico e con eccessiva leggerezza.
Lo slogan riportato sulla copertina ("Un innocente sta per essere giustiziato. Solo un criminale può salvarlo") fa pensare erroneamente a un thriller, sebbene così venga definito. In realtà questa storia inventata, ma del tutto plausibile (ed è questo che fa paura), ancora una volta parla della gente, nel bene e soprattutto nel male. I suoi personaggi sono dannatamente reali, a iniziare da Travis Boyette, quello che confessa, che con i suoi tic e le sue pause, la sua personalità controversa di criminale con i sensi di colpa, perché qualcuno sta pagando per un suo reato, provoca nel lettore fastidio, disgusto, ma anche pena. Non è il classico cattivo, ma un personaggio che vive nella zona d'ombra tra la luce e il buio, qualcuno nel quale nonostante tutto ci si può immedesimare.
Qui si vede la bravura di questo scrittore, che con il raggiungimento di una fama stabile può prendersi la libertà di raccontare le sue storie, che come nella realtà non hanno un colpo di scena finale né un lieto fine. Ma sono vere, quasi più della realtà.
Per quanto la trama si sviluppi intenzionalmente in maniera lenta, saltando da un luogo all'altro, non si perde affatto la concentrazione, ma si rimane catturati da essa fino alla fine. E per quanto lasci l'amaro in bocca, allo stesso tempo c'è qualcosa di consolatorio, che ci fa chiudere il libro con un senso di soddisfazione. Quella che si prova solo dopo aver letto un buon libro.

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