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 Malta... di Carla
 

“Non avevo mai ucciso qualcuno prima d’oggi.”
Affinità d’intenti

 

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 21/01/2019 @ 09:30:00, in Scrittura & pubblicazione, linkato 1586 volte)
I protagonisti della prima parte di “Saranythia” (seguito del romanzo “Amantarra” di Richard J. Galloway) tornano in questa seconda parte che ci guida nel cuore della storia. Li avevamo lasciati mentre si infilavano, loro malgrado, nel bel mezzo di una battaglia tra i demoni e l’armata dei Varton, adesso li ritroviamo nelle mani di questi ultimi, mentre iniziano a scoprire il legame tra il pianeta dove il portale li ha condotti e la sorella di Amantarra, vale a dire Saranythia. Nel contempo inizia a emergere la figura del “cattivo” di questa storia, che si cela dietro lo strano nome di Uzpanax.
L’autore come sempre mescola elementi di fantascienza e un eccellente worldbuilding con l’ironia e il mistero e, sebbene questa parte sia caratterizzata da meno azione della prima, non manca di intrigare il lettore, che ben presto si ritrova all’ultima pagina.
Ho trovato molto interessante anche la parte ambientata nella foresta dei Ja’liem e continuo a domandarmi come questo filone del romanzo si ricollegherà esattamente a tutto il resto.
Non mi resta che attendere la prossima puntata. Nel frattempo, ho chiesto a Richard di offrire ai lettori del mio blog un approfondimento su questo nuovo libro, e lui ha deciso di lasciare che uno dei suoi personaggi, il comandante Vartii, parlasse di se stesso.


Il comandante, a parole sue
“Non si tratta di vincere o perdere, si tratta di rimuovere l’ostacolo e passare al prossimo obiettivo. Quale sia l’ostacolo, chiunque sia, è irrilevante. Lo stesso vale per tutto ciò che è necessario fare per rimuovere l’ostacolo. Se richiede una morte, per quanto mi possa dispiacere, la morte sarà la soluzione che applicherò. A proposito, io sono il comandante Vartii. Comando la guarnigione qui a Setergard, un ex centro religioso alle porte della Valle di Olrad. Ah, vi starete chiedendo quali siano le possibili lezioni che la vita mi ha insegnato per rendermi così freddo. Capirete che non considero la mia condizione un problema, altri potrebbero considerarla in questo modo, ma nella mia posizione essa è un vantaggio. La mia autorità qui a Setergard è assoluta. Mi è stata concessa dall’ordine Saratariano in nome del nostro dio Saranythia. Sono stato scelto per il ruolo grazie alle qualità che ho appena descritto. Mi piace credere di essere onesto ma fermo. Sicuramente non ho problemi di disciplina, cosa che considero come una conferma del mio approccio al comando. Un comando che ho tenuto per oltre ottant’anni, molto più a lungo di qualsiasi altro comandante prima di me, e potrei aggiungere, con maggiore successo. Di conseguenza, i cittadini di Olrad chiamano i miei guerrieri i Varton. Ma sto divagando.
 
Le lezioni della vita. Be’, suppongo che il mio viaggio verso la posizione di comandante sia iniziato presto. Dovevo avere circa otto anni quando mi resi conto che la vita non è giusta, e che l’unica persona che avesse cura dei miei interessi ero io. Come potete vedere, sono forte ma fisicamente piuttosto piccolo e leggero, non proprio materiale da guerriero. Quando ero bambino, la mia statura era il principale svantaggio, soprattutto in considerazione dei giochi difficili che facevamo. È intorno a quell’età che impariamo a impedire agli altri di leggere i nostri pensieri. Non puoi vincere nessun gioco, se tutti i tuoi avversari sanno qual è la tua prossima mossa. Naturalmente a otto anni i bambini più grandi possono facilmente aggirare i tentativi di bloccare i pensieri. Le cose migliorano col tempo, ma in queste materie la pratica non sempre rende perfetti. Ora so a cosa state pensando, alla classica lezione di vita dei ragazzi più grandi che mi prendevano in giro perché potevano, e ciò accadeva, ma ce n’erano solo cinque, e non necessariamente sceglievano me, erano piuttosto liberali nelle loro attenzioni. No, l’evento che mi mise sulla via del comando ha a che fare con un uccellino.
 
Nella città di Olrad, dove sono cresciuto, la vita era basata sul culto di Saranythia, e la parola dei frati rossi dell’ordine Saratariano era legge. Ora, per farla breve, mio padre aveva promesso di comprarmi un uccellino in gabbia al mercato e io ero entrato nella casa di culto per ringraziare Saranythia. Mentre ero lì, sentii due frati parlare. Menzionarono il nome Amantarra e così io pensai che sarebbe stato un buon nome per l’uccellino che mi era stato promesso. Mentre me ne andavo, uno dei frati mi chiese per cosa stessi rendendo grazie, così glielo dissi e menzionai il nome che avevo scelto. Ora, mi era già capitato di vedere la rabbia prima di allora, ma in quel caso fu diverso. La sua voce era controllata, e fisicamente non mi toccò, ma i suoi pensieri mi colpirono e mi fecero finire a terra. Mi disse che Amantarra era un nome sacro noto solo all’ordine dei Saratariani e che avrei dovuto dimenticare di averlo sentito. Naturalmente mio padre si rifiutò di comprarmi l’uccellino come punizione per aver fatto arrabbiare il frate, ma non fu quella decisione ingiusta ciò che mi cambiò. I pensieri potenti con cui il frate mi aveva assalito mi fecero istintivamente sollevare le difese mentali che normalmente impieghiamo decenni a imparare. E non è tutto: colpii il frate con la mente nel tentativo di fermare l’assalto che minacciava di sopraffarmi. A quell’età il mio attacco avrebbe dovuto essere inefficace contro un frate allenato, ma non lo fu. Funzionò e riuscii a deviare la sua rabbia su mio padre. Il risultato di ciò fu niente uccellino.
 
Mi ci vollero anni per capire come avessi fatto. Tutti i membri dell’ordine Saratariano, come i guerrieri che comando, portano una sfera blu nell’addome. La sfera ci collega al potere di Saranythia e conferma il nostro impegno nei suoi confronti. Mentre sollevavo le mie difese, percepivo il potere della sfera del frate e attraverso di essa sentivo il frate. Istintivamente, ed era puro istinto, quello che stavo facendo era usare il collegamento e il potere della sfera per deviare l’attenzione del frate su mio padre. È stata la scoperta di quell’abilità che mi ha cambiato, perché dopo mi sono reso conto che potevo influenzare chiunque. Di conseguenza, non ho mai più perso una partita, né un combattimento, e i tre bulli sopravvissuti alla mia vendetta hanno imparato ad evitare sia me che la paura che potevo iniettare nei loro pensieri. Tuttora rimpiango i due morti, dopo tutto erano solo un paio di anni più grandi di me, ancora bambini, ma suppongo che alcune persone non riescano a sopportare che vengano loro mostrati quelli che sono i loro peggiori incubi.”
 
 
 
Cresciuto tra l’industria pesante del nord-est dell’Inghilterra con Star Trek, Doctor Who e i romanzi fantasy, RICHARD J. GALLOWAY si è ribellato al destino segnato dalle scuole frequentate, secondo cui il lavoro industriale sarebbe stata la sua vocazione. Dopo aver esaurito l’unica opzione apparente, il suo insegnante era disperato. “Visto che non vuoi lavorare nelle acciaierie, dove vuoi lavorare?” La sua risposta era sempre: “Non lo so.” Il settore in cui sarebbe finito non si concretizzò che dieci anni dopo. Nessuna meraviglia che il suo insegnante si preoccupasse. Dalla scuola, passando attraverso l’ufficio di disegno e l’architettura, alla fine si è trovato a lavorare con i grandi sistemi informatici.
Carriera a parte, il filo che legava tutto insieme era la fantasia. Non ha mai perso la sua fascinazione per le immagini che un buona storia possono evocare. Dopo tutto, gli avevano mostrato dei mondi al di là di questo, e le possibilità al di là delle acciaierie. E continuano a farlo.
Richard vive ancora nel nord-est dell’Inghilterra con la moglie, la famiglia, e un grosso gatto chiamato Beano. L’industria pesante si è ridotta, ma il mondo della fantasia di Richard è cresciuto. Spesso si chiede quale consiglio avrebbe ricevuto, se il suo insegnante avesse letto un po’ di fantascienza.
 
 
Il primo romanzo di Richard “Amantarra” è stato pubblicato nel 2012 (in Italia nel 2013), seguito nel 2017 e nel 2018 (1 gennaio 2019 in Italia) dalle prime due parti del sequel “Saranythia”, “Le porte di Setergard” e “I Varton”.
Tutti i suoi libri sono disponibili su Amazon e sono gratuiti per gli abbonati a Kindle Unlimited.
 
Visitate il sito di Richard all’indirizzo: www.richardjgalloway.co.uk
E seguitelo su Facebook e Twitter.
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Di Carla (del 17/01/2019 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 1725 volte)


 Grandi premesse, ma trama ricca di difetti messi in luce dal finale

Ho amato questo libro fino a prima dell’ultimo capitolo, poi tutto è crollato. Sono stata catturata dall’ambientazione di Londra poco prima della Prima Guerra Mondiale, durante e dopo di essa. La ricostruzione storica è così accurata che riporta in vita quel periodo nella mente del lettore.
Ho trovato particolarmente interessate il modo in cui viene rappresentata la mentalità delle persone, soprattutto il modo in cui le donne tendevano a sentirsi insicure, inferiori, per il semplice fatto di essere donne, aggravato nel caso di una delle due protagoniste (Grace) dalla classe sociale.
Nonostante il personaggio di Beatrice sia entrata a far parte delle suffragette, manca della sicurezza di sé che ci si attende da una “rivoluzionaria”. Si sente continuamente fuori posto, attanagliata dalla paura che la spinge a desiderare di scappare per tornare alla tranquillità della sua tediosa vita da ricca, ma allo stesso tempo non scappa, per timore di quella stessa tranquillità, che la fa sentire inutile. Ciò che la muove non è idealismo, ma la ricerca dell’emozione che manca alla sua quotidianità. È molto lontana della donna forte che costituisce la tipica eroina dei romanzi e ciò la rende per certi versi realistica.
Ma ciò che mi ha incollato alle pagine del libro è il modo imprevisto con cui i personaggi si trovano a interagire nella storia. La curiosità di scoprire cosa sarebbe accaduto dopo mi spingeva a leggere un capitolo dopo l’altro.
E durante tale lettura non erano poche le cose che mi infastidivano, ma che mettevo da parte pregustando la scoperta dell’evento successivo.
Tra queste c’è il personaggio di Grace, così remissivo che ho avuto difficoltà a immaginarla come un’adulta. Mi pareva sempre di vedere una bambina timorosa, debole.
Altro elemento di fastidio sono le numerose coincidenze. Va bene che ci sia una coincidenza in una storia. D’altronde è finzione. Ma, quando iniziano a essere due, diventano poco credibili.
Discorso analogo per gli eventi tragici, legati a elementi di pura sfortuna, che sanno tanto di forzatura per portare la storia verso una certa direzione. Il che andrebbe anche bene, se il risultato fosse soddisfacente.
A ciò si aggiunge un altro elemento forzato: i personaggi prendono delle decisioni importanti che avranno conseguenze sulla loro vita in un attimo per effetto del capriccio del momento o di un equivoco che nella realtà verrebbe facilmente chiarito. Ciò le rende del tutto irrealistiche.
Anche su questo ci si potrebbe passare sopra, se la storia si concludesse con un finale che dà un senso a tutto e soddisfa il lettore.
Ma così non è.
Le coincidenze che emergono agli occhi del lettore lentamente lungo tutto il libro vengono rivelate a Beatrice in un attimo, nell’ultimissima scena. Lo stesso fatto che lei arrivi a comprendere tutto da pochi elementi è in contrasto con la totale mancanza di intuito mostrata durante il romanzo, quella che l’ha resa vittima di enormi incomprensioni. A dirla tutta, non credo che neppure una persona tanto perspicace avrebbe potuto giungere alle stesse conclusioni in un secondo da sola senza neppure fare una domanda.
Quell’intera scena è a dir poco improbabile e ha fatto crollare quella sospensione di incredulità cui fino a quel momento mi ero aggrappata pur di dare un giudizio positivo al libro, alla cui lettura ogni sera tornavo con trepidazione.
Il colpo di grazia, poi, è stato il fatto che il libro sia finito lì, senza che venisse mostrato nulla delle conseguenze di quella rivelazione, quasi fosse un cliffhanger, che però non è stato seguito da un altro capitolo né da un seguito del romanzo. Bastava davvero poco per trasformarlo in un finale aperto, in grado di lasciare al lettore almeno la scelta di immaginare da sé cosa sarebbe avvenuto dopo. E invece non è stato fatto.
In un istante, di fronte a quel finale improvviso e insulso, tutto si è frantumato e i difetti del libro mi sono diventati chiari. Il peggiore di tutti è la mancanza di una vera crescita interiore dei personaggi, che rimangono cristallizzati nei loro difetti, senza dare alcun reale senso alla propria esistenza all’interno della storia.
Sì, perché alla fine ti ritrovi a domandarti: che storia è questa? Che cosa vuole davvero raccontare?
I personaggi sembrano burattini utilizzati soltanto per mostrare un periodo storico, senza che svolgano il loro ruolo principale: essere il motivo per cui si racconta una storia.

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Questo libro è in lingua inglese!

Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su:
aNobii:
http://www.anobii.com/anakina/books
Goodreads: http://www.goodreads.com/anakina

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Di Carla (del 15/01/2019 @ 09:30:00, in Scrittura & pubblicazione, linkato 1527 volte)

A poco più di un anno dall’uscita di “Saranythia Parte 1: Le porte di Setergard”, continuano le avventure dei personaggi già conosciuti nel romanzo “Amantarra” (uscito in Italia nel 2013) in “Saranythia Parte 2: I Varton”.
Tutti e tre i libri fanno parte della serie di fantascienza intitolata L’ascensione di Valheel dell’autore inglese Richard J. Galloway. E anche questa volta la traduzione italiana è mia.
 
Nella prima parte abbiamo assistito al viaggio di Amantarra (appartenente alla specie aliena dei Bruwnan), John, Elleria, e di alcuni tra i protagonisti del romanzo precedente, attraverso un portale che li ha condotti in un pianeta lontano (che poi si rivelerà essere una luna chiamata Pheenar), i cui abitanti umani venerano Saranythia (sorella di Amantarra), come se fosse una divinità. Qui da secoli si consuma una guerra tra un esercito di questi umani che vivono nella fortezza di Setergard (condotti dal comandante Vartii e di conseguenza denominati Varton) e quello di esseri simili a demoni. La storia si è interrotta proprio alla fine di una sanguinosa battaglia che ha visto la morte di alcuni dei personaggi.
Adesso, nella seconda parte, l’autore ci porta prima nella foresta dei Ja’liem ad assistere a un importante incontro, quindi ci sposteremo su Pheenar, dove scopriremo le sorti dei sopravvissuti della battaglia, e, allo stesso tempo, visiteremo di nuovo la città di Valheel (dove si è svolta la storia di “Amantarra”), dove Artullus e Jack sono alle prese con un nuovo mistero.
 
Il tutto è condito dalla particolare fantascienza di Galloway, che propone tecnologie così avanzate da essere scambiate per magia o per poteri divini, arricchendo i suoi libri di elementi tipicamente del fantasy. Nelle sue storie, però, anche l’evento all’apparenza più prodigioso viene ridotto a una spiegazione (fanta)scientifica, mescolando in maniera sapiente questi due generi del fantastico.
 
Saranythia Parte 2: I Varton” di Richard J. Galloway e tradotto da me è ora disponibile su Amazon a 2,99 euro!
 
Eccovi la breve descrizione del libro.
 
 
L’invito ricevuto da Amantarra non è stato ignorato e i suoi amici sono andati con lei. Altri, meno graditi, si sono uniti a loro. Il gruppo si è ritrovato nel mezzo di una battaglia su un altro pianeta, dove guerrieri brandenti spade combattevano contro dei demoni. Ed è proprio lì, alle Porte di Setergard, che due del gruppo sono andati incontro alla morte.
I sopravvissuti sono adesso nelle mani dei vincitori.
 
 
Per la comprensione della storia è essenziale almeno la lettura di “Saranythia Parte 1: Le porte di Setergard” ed è suggerita anche quella di “Amantarra”.
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Di Carla (del 30/12/2018 @ 09:30:00, in Propositi, linkato 1980 volte)

Ma come, è già finito il 2018? Stavolta l’anno è andato via veloce, forse perché sono stata molto più presa da progetti che mi hanno impegnato per diversi mesi. E magari anche perché mi sono divertita di più, soprattutto nella seconda parte.
E quindi, visto che l’anno sta finendo, è arrivato il momento del tradizionale resoconto dei dodici mesi passati.
 
Iniziamo come al solito con l’elencare quali dei propositi dell’anno scorso sono riuscita a portare a termine:
- sono riuscita a scrivere e pubblicare (il 30 novembre) il libro “Sirius. In caduta libera”, la quarta parte del ciclo dell’Aurora, che è anche il mio tredicesimo libro pubblicato. Il lavoro su questo romanzo mi ha portato via più tempo di altri precedenti, soprattutto perché avevo solo pochi appunti messi da parte e ho dovuto progettarlo quasi completamente poco prima di iniziare la scrittura (da metà febbraio). È stato il mio libro più faticoso da scrivere finora, ma è anche uno di quelli di cui sono più soddisfatta. Sono riuscita a unire tutti i fili delle parti precedenti del ciclo e inserire l’anello mancante nella sua storia. È un romanzo di fantascienza hard che rappresenta anche un mio omaggio nei confronti dell’astronautica, argomento che mi appassiona da sempre, in quanto racconta una storia che si svolge in gran parte nell’orbita terrestre, sebbene in un futuro non vicinissimo (fra circa un secolo);
- ho finito di tradurre in inglese “Il mentore” entro i primi mesi dell’anno, come mi ero riproposta. Questa nuova traduzione già revisionata per il momento resta bella tranquilla nel mio computer. Avrei voluto iniziare almeno la traduzione del secondo libro della trilogia del detective Eric Shaw, ma non c’è stato il tempo di farlo. Sono comunque contenta di questo risultato;
- ho letto libri più lunghi e soprattutto ho letto quasi esclusivamente libri che mi sono piaciuti molto. Non ho idea di quanti siano, ma il numero non ha nessuna importanza. L’importante è l’aver letto ogni giorno qualcosa che mi abbia divertito, magari insegnato qualcosa, e in particolar modo che mi abbia fatto stare bene. Perché lo scopo della lettura per me è proprio questo: farmi stare bene. Perciò non ha alcun senso fare gare di pagine o libri letti. Sono tutte sciocchezze.
 
Da questo elenco manca un proposito. Quelli elencati alla fine dell’anno scorso, infatti, erano quattro. Non ho finito di scrivere il libro sul self-publishing che ho iniziato nel 2017. Non ci ho proprio rimesso mano, perché il mio tempo e il mio impegno sono stati reindirizzati a faccende più urgenti.
 
Che cos’altro ho fatto nel 2018?
Ho tradotto in italiano un altro libro di Richard J. Galloway, “Saranythia Parte 2 - I Varton”, che uscirà a breve in Italia (gli ho consegnato la traduzione definitiva qualche giorno fa). Si tratta del seguito di “Saranythia Parte 1 - Le porte di Setergard”, uscito nell’autunno del 2017 e in cui tornano i protagonisti del suo romanzo precedente “Amantarra” (uscito in italiano nel 2013). Anche le traduzioni di questi due libri erano state fatte da me.
 
A ottobre ho partecipato all’evento “Segni e voci di altri mondi” che si è tenuto alla sede di ALTEC di Torino. Qui potete dare un’occhiata al resoconto della mia partecipazione.
 
All’inizio di dicembre, inoltre, ho tenuto una conferenza su Marte e per la seconda volta un corso di self-publishing all’Università degli Studi dell’Insubria a Varese. Anche di questa esperienza ho scritto un resoconto.
Al di là della durata della mia permanenza lontano da casa, questo impegno mi ha portato via parecchio tempo nei mesi precedenti per prepararmi.
 
Ho anche seguito otto MOOCs (corsi online aperti su larga scala), tra i quali i più interessanti sono stati probabilmente uno sull’energia nucleare (The Science of Nuclear Energy) e uno sulla scienza che sta alla base delle scienze forensi (The Science Behind Forensic Science). Quest’ultimo è fatto veramente molto bene, poiché mostra con dei video in soggettiva il lavoro dello scienziato forense sia sul campo che in laboratorio.
 
Infine, a partire da maggio ho iniziato a occuparmi in maniera più attenta alla pubblicità su Facebook dei miei libri, in particolare di quelli del ciclo dell’Aurora in italiano. In vista dell’uscita del quarto libro della serie, ho deciso di concentrare i miei sforzi in modo da ottenerne il migliore risultato possibile.
E devo dire che ci sono riuscita.
Ho imparato a utilizzare meglio gli strumenti a pagamento forniti da Facebook e allo stesso tempo ho aumentato l’efficacia di quelli gratuiti nell’ottenere una migliore resa organica dei miei post. Ciò si è tradotto in un notevole aumento delle interazioni nella mia pagina Facebook e in un effetto positivo evidente nelle vendite dei miei libri.
 
Non sono riuscita a fare nient’altro (non che tutto questo sia poco), perché la scrittura da zero, la revisione e la pubblicazione di “Sirius. In caduta libera” mi hanno assorbito praticamente da metà febbraio (ho terminato la prima stesura di 114 mila parole alla fine di giugno) fino alla data di uscita del libro, lasciando poco tempo e soprattutto poche energie da utilizzare in altro, anche perché in contemporanea mi sono trovata a tradurre un libro e a preparare un corso e una conferenza.
D’altra parte mi ero imposta di non procurarmi più stress del necessario e sono ben felice di aver fatto meno cose, ma di averle fatte meglio.
 
Ma adesso sta arrivando il 2019 ed è il momento di porsi qualche obiettivo:
1) completare la prima stesura di “Self-publishing lab: il mestiere dell’autoeditore”, ma questa volta davvero! Molto probabilmente terrò di nuovo il corso a Varese il prossimo autunno e per allora vorrei avere a disposizione il libro, anche se non necessariamente nella versione definitiva. Mi fornirà anche l’occasione di aggiornare in parte lo stesso corso e offrire qualche strumento in più agli studenti;
2) tradurre in inglese “Sindrome” e magari iniziare anche la traduzione di “Oltre il limite”. Mi sono riproposta che entro il 2020, in un modo o nell’altro, pubblicherò (o inizierò a pubblicare) la trilogia del detective Shaw in inglese. Anzi, una volta terminato il ciclo dell’Aurora (cosa che avverrà appunto nel 2020), voglio impegnarmi a tradurre e pubblicare in inglese tutti i miei libri non ancora disponibili in questa lingua, e in generale sfruttare al meglio tutto ciò che ho scritto finora per fare in modo che raggiunga un pubblico più grande;
3) iniziare a lavorare a “Nave stellare Aurora, il libro finale del ciclo dell’Aurora. Si tratta di un romanzo lungo il cui scopo è concludere degnamente la storia di Anna, Hassan, Melissa, Alicia e Susy, e per farlo ho bisogno di lavorarci in un periodo più ampio, in modo da sfruttarne al meglio le potenzialità;
4) e poi, come sempre, leggere tanti bei libri. Questo è sempre il proposito più semplice da realizzare!
 
Anche quest’anno solo quattro propositi, ma stavolta li voglio realizzare tutti. Ce la farò?
 
Ci sono anche altre cose che mi piacerebbe fare.
Al momento non mi sono imposta di pubblicare alcun libro nel 2019. Ho bisogno di non impormi questo tipo di scadenza particolarmente impegnativa almeno per un po’. Deciderò strada facendo.
 
Di certo voglio continuare a lavorare sul fronte della pubblicità e della promozione per migliorare il ritorno economico del mio lavoro e renderlo meno dipendente da eventi esterni su cui non ho controllo.
Inoltre vorrei sperimentare altri modi per utilizzare ciò che ho già scritto e le mie capacità nell’ambito della scrittura per sviluppare nuovi progetti dei quali preferisco ancora non dire nulla (almeno finché non inizierò davvero a lavorarci, se mai lo farò).
 
Ciò che sento con certezza è che questo mio settimo anno da autoeditrice sarà cruciale, poiché rappresenta l’avvicinamento alla conclusione del ciclo dell’Aurora, che, con i quattro libri di “Deserto rosso” e i quattro successivi, è senza dubbio la mia serie più importante, quella con cui è iniziata la mia avventura nell’autoeditoria e che costituisce la motivazione principale che mi ha spinto a continuarla, tra alti e bassi.
Cosa avverrà dopo è ancora un mistero, ma uno di quelli che non mi spaventano, bensì mi stimolano. Un mistero cui mi rivolgo con curiosità.
 
In chiusura, come sempre, ringrazio tutti coloro che mi seguono e che mi supportano, tutti i miei cari, gli amici, i collaboratori e i lettori, sia vecchi che nuovi.
Grazie di esserci.
 
Se vi va, fatemi sapere quali sono i vostri propositi con un commento a questo post o sui social network in cui lo condividerò.
Auguro a tutti voi un felice 2019!
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Di Carla (del 27/12/2018 @ 09:30:00, in Eventi, linkato 2516 volte)

Sono tornata a Varese dopo due anni e questa volta ci sono rimasta per otto giorni, in cui mi sono immersa nella vita universitaria e in questa bella città lombarda a due passi dalla Svizzera. Devo dire che il clima mi ha favorito. Vivendo a Cagliari, ero preoccupata di dover combattere il cattivo tempo e il freddo. Invece sono state perlopiù delle belle giornate di sole quelle che hanno fatto da cornice sia alla conferenza del 5 dicembre intitolata “Marte: quando andremo e cosa troveremo?” nell’aula magna dell’Università degli Studi dell’Insubria che al “Laboratorio di self-publishing nei sistemi multimediali” rivolto agli studenti dello stesso ateneo iscritti nei corsi di studi di Scienze delle Comunicazione e Scienze e Tecniche della Comunicazione tenutosi dal 6 all’11 dicembre.
 
La conferenza su Marte è stato per me un evento davvero particolare. Mi sono ritrovata a condividere il tavolo con due scienziati come Roberto Orosei ed Enrico Flamini dei quali finora avevo soltanto sentito parlare nelle notizie diffuse dall’ASI, dall’INAF e dai media sul web. Anche se era la prima volta che ci incontravamo di persona e avevamo avuto soltanto modo di scambiarci qualche informazione sui rispettivi interventi tramite e-mail, siamo riusciti a mettere insieme un discorso omogeneo in cui i singoli argomenti trattati da ognuno di noi si sono perfettamente incastrati l’uno con l’altro, con diversi precisi rimandi che quasi facevano pensare a una particolare preparazione, che in realtà non c’è stata!
È davvero entusiasmante trovarsi a parlare davanti a un pubblico numeroso e interessato di un argomento che ci sta a cuore con persone che nutrono lo stesso interesse e con cui di conseguenza si condividono i medesimi riferimenti sia di natura scientifica che fantascientifica.
Nella mia parte di conferenza, oltre a introdurre alcune nozioni generali su Marte, ho messo in evidenza come chi lavora nell’esplorazione spaziale e chi scrive fantascienza hard sul medesimo tema fanno tutti parte dello stesso circolo virtuoso. Il lavoro di scienziati come Orosei e Flamini inspira autori come me a scrivere storie in cui si racconta una scienza e una tecnologia plausibili. A loro volta storie come le mie incuriosiscono i lettori nei confronti del lavoro di quegli stessi scienziati. E l’interesse del pubblico è il primo motore che permette a chi fa scienza di disporre dei finanziamenti necessari a portare avanti le proprie ricerche.
 
Da ex-scienziata (in passato ho lavorato io stessa nell’ambito della ricerca universitaria) non posso che essere felice di fornire, nel mio piccolo, un contributo con le mie storie verso una maggiore consapevolezza del pubblico nei confronti nell’importanza dell’esplorazione spaziale, in particolare in un Paese come l’Italia, che è una vera a propria potenza mondiale in questo ambito, eppure questa sua eccellenza non è nota alla maggior parte della popolazione.
Unendo la mia fascinazione per il pianeta rosso, e in generale per lo spazio, le mie competenze in campo biologico, nonché la mia anima da insegnante, mi sono ritrovata a scrivere una fantascienza in cui racconto una scienza realistica, pur con qualche licenza, facendo sì che nei miei libri si unisca l’intrattenimento alla divulgazione scientifica.
In particolare, il mio intento è quello di mostrare delle storie attraverso i personaggi, tramite i loro pensieri e i loro sensi, affinché il lettore si immedesimi in loro e sperimenti sulla propria pelle cosa significa vivere su Marte ed esplorarlo. Attraverso Anna Persson e gli altri protagonisti di “Deserto rosso” e il ciclo dell’Aurora, il lettore incontra i segni dell’antico passaggio dell’acqua, tempeste e diavoli di polvere, martemoti, vetro da impatto in un cratere, aurore blu, enormi dune barcane e addirittura l’acqua sotterranea di Marte, la stessa acqua la cui esistenza è stata provata per la prima volta proprio dal team di scienziati capeggiato da Roberto Orosei e di cui fa parte Enrico Flamini.
 
Infine, dopo aver condiviso col pubblico le mie fonti di ispirazione (i libri di Robert Zubrin “First Landing” e “The Case for Mars”) e alcune informazioni su altri autori di fantascienza hard contemporanei che si sono occupati di Marte (Kim Stanley Robinson con la sua trilogia di Marte e Andy Weir con “The Martian”), è proprio agli altri due relatori che ho lasciato la parola.
Enrico Flamini ha fatto una carrellata dell’esplorazione passata e attuale di Marte, mentre Roberto Orosei ha raccontato i dettagli della scoperta fatta lo scorso luglio con lo strumento MARSIS che si trova a bordo dell’orbiter dell’ESA Mars Express: un lago subglaciale di acqua liquida vicino al polo sud marziano.
 
A quanto pare quello che io e numerosi altri autori di fantascienza ritenevamo un assunto plausibile, vale a dire che su Marte esistesse dell’acqua rimasta intrappolata sotto terra, è ora confermato.
 
Nell’ultima parte della conferenza si è tracciata una possibile timeline dell’esplorazione futura, fino a immaginare l’arrivo dei primi esseri umani sul pianeta rosso. A questo proposito ho trovato divertente il fatto che Roberto Orosei abbia mostrato proprio la timeline fantasiosa raccontata nel film “The Martian”, quello cioè tratto dal libro di cui avevo parlato io poco prima.
Giuro che non ci siamo messi d’accordo neppure su questo dettaglio!
 
Infine è arrivato il turno delle domande e forse la più interessante di tutte è stata l’ultima proposta da Paolo Musso, organizzatore e moderatore dell’evento, che ha chiesto a ognuno di noi se fossimo o meno ottimisti riguardo all’approdo umano su Marte in un futuro molto prossimo. E anche qui, senza nessun particolare accordo, siamo passati da un certo pessimismo di Orosei a un moderato ottimismo di Flamini fino al mio ottimismo pieno, sostenuto dal fatto che sta aumentando sempre più la consapevolezza e l’entusiasmo del pubblico nei confronti dell’esplorazione spaziale, grazie alla facilità con cui al giorno d’oggi ognuno di noi ha completo accesso a tutte le informazioni. Credo che più ci si impegnerà a far comprendere all’uomo comune l’importanza di questo campo della scienza e più lo si coinvolgerà nel suo sviluppo, tanto più si svilupperà la volontà, anche dal punto di vista economico, nel puntare su di esso. Se ciò avverrà, e siamo sulla buona strada, arriveremo su Marte molto presto.
 
 
 
A partire dal 6 dicembre, invece, ho tenuto per la seconda volta il corso di self-publishing. Le caratteristiche del corso non sono cambiate (qui potete leggere il resoconto del 2016), ma credo che questa volta, rispetto alla precedente, ci sia stato ancora maggiore interesse da parte degli studenti, che si sono dimostrati molto attivi durante le lezioni e mi hanno rivolto numerose domande, talvolta anche anticipando argomenti che avrei trattato poco dopo.
 
È stato bello poter insegnare a questi ragazzi cosa significa veramente essere un autoeditore, vale a dire entrare a far parte in maniera professionale del mercato dell’editoria come un vero editore che si distingue da quelli tradizionali soltanto per il fatto che è anche autore dei libri che pubblica.
 
Il giorno della presentazione dei progetti, poi, è stato davvero divertente. Si è spaziato dal libro di strategia per il Risiko (vedi immagine accanto; trattandosi di un uso didattico, non si intende in alcun modo violare il copyright della Editrice Giochi) al romanzo fantasy, dal saggio sulle macchine di Agostino Ramelli alla trilogia paranormal romance e così via, senza soluzione di continuità. Gli studenti hanno dato fondo alla propria fantasia, corredando le presentazioni di immagini, di piani editoriali e promozionali complessi e in un caso persino di una sorta di colonna sonora.
 
Tutti quanti alla fine ci siamo chiesti: ma quando esce il libro?
Era un vero peccato che si trattasse soltanto di una simulazione, ma per fortuna alcuni di quei progetti sono reali e forse in un prossimo futuro sentiremo parlare dei loro autori.
 
Concludo questo breve resoconto che riesce appena a scalfire tutto quanto è stato fatto e detto in quegli otto giorni, ringraziando ancora una volta tutte le persone che hanno reso possibile sia la conferenza che il corso, ma anche in generale la mia piacevole permanenza a Varese, in particolare Paolo Musso e Alberto Vianelli, Roberto Orosei ed Enrico Flamini, e ovviamente tutti gli studenti del corso di self-publishing e quelli del corso del professor Musso con i quali ho avuto il piacere di parlare.
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Di Carla (del 21/12/2018 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2506 volte)


 Giovani marziani

Scritto da una studentessa di ingegneria aerospaziale che sogna di diventare astronauta, “Ad Martem 12” è un piccolo gioiello di fantascienza hard rivolto a un pubblico giovane, ma che può essere apprezzato a tutte le età. Pur con qualche licenza e semplificazione (è pur sempre un libro di narrativa, non un saggio), sullo sfondo di una tecnologia e una scienza plausibile l’autrice racconta la storia dei primi tre ragazzi nati sul pianeta rosso, che, raggiunta l’età di sedici anni, iniziano a farsi domande sulle proprie origini e sulla Terra, da cui provengono tutte le altre persone che vivono nella stazione Aresland. La storia è narrata dal punto di vista di uno di loro, Jordan, e ciò è fatto in modo tale da facilitare l’immedesimazione del lettore nel personaggio.
Sebbene io non sia più adolescente da un bel po’ di tempo, nel trovarmi a conoscere i suoi pensieri, i suoi timori e le sue sensazioni sono riuscita a recuperare una porzione di quella parte di me del passato e quindi a comprendere le sue motivazioni e le sue azioni.
I protagonisti, infatti, non sono soltanto i soliti giovani talentuosi che vanno incontro a un’avventura come farebbe un adulto, che si possono trovare nella maggior parte delle storie young adult. In loro si notano tutte le caratteristiche dell’età in cui non si è più bambini, ma allo stesso tempo non si è ancora adulti. Sono preparati, intelligenti e scaltri, ma anche ingenui, distratti e avventati, come qualsiasi adolescente. Il problema è che vivono su un pianeta deserto e letale, e il più piccolo errore potrebbe determinare la loro morte.
Tra voglia di conoscere, pericolosi incidenti e sentimenti inattesi, Jordan, Anna e Yan iniziano un viaggio per scoprire la verità sul proprio passato e soprattutto sul futuro che li attende. Con uno stile coinvolgente, nella sua curata semplicità, che riesce a tratti a essere evocativo di paesaggi di un altro mondo, la Bassani ci permette di accompagnarli e trepidare con e per loro, fino al confortante finale che sa essere profondo senza scadere nella banalità.

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Di Carla (del 30/11/2018 @ 00:00:00, in Scrittura & pubblicazione, linkato 1720 volte)
Il moto orbitale non è altro che una continua caduta libera.
Può durare per un tempo lunghissimo, quasi interminabile.
Tranne quando qualcosa va storto.
 
 
Sono passati diciotto anni da quando Hassan è riuscito a impedire alla giovane hacker Elizabeth Caldwell di inserire una copia dell’IA marziana Susy nella rete globale terrestre e adesso, in “Sirius. In caduta libera”, nonostante il fatto che la presenza del codice alieno nel suo DNA lo renda più giovane della sua età anagrafica, ha deciso di andare in pensione dal lavoro di astronauta e di direttore di un centro spaziale dell’Agenzia Spaziale Internazionale (ISA) per godersi il resto della vita con sua moglie Anna. Prima di lasciare l’incarico dovrà comunque svolgere un’ultima missione di routine nella Stazione Spaziale Sirius situata nell’orbita bassa terrestre: un importante incontro con alcuni tra i responsabili del programma Aurora.
Durante la sua permanenza a bordo conoscerà l’astronauta inglese Miranda Caine, che si trova lassù per motivi che vanno oltre il suo ruolo di tecnico. La Caldwell, che ora lavora per l’ISA, ma non ha mai smesso di essere fedele alla leader marziana Melissa e ha sviluppato per conto proprio una copia di Susy, insieme al marito Gabriel Asbury ha assoldato la donna per recuperare un misterioso oggetto all’esterno della stazione.
Sia i piani di Hassan che quelli di Miranda verranno però rovinati da una serie di strani incidenti che li porteranno a conoscersi e a rischiare la vita.
Nel frattempo sulla Terra cinque vulcani islandesi iniziano a eruttare in contemporanea, sotto gli occhi di due vulcanologi, Rakel ed Eron, dando così inizio a quella che sarà una catastrofe climatica globale che si protrarrà per i cinque anni successivi.
 
Sirius. In caduta libera” è ora disponibile in formato ebook a 2,99 euro (in offerta fino al 31 dicembre) su Amazon, Giunti Al Punto, Google Play, iTunes, Kobo, Mondadori Store, LaFeltrinelli, Nook (attraverso l’app di Windows), Smashwords24Symbols e Playster (gratuito per gli abbonati) e in edizione cartacea a 11,99 euro su Amazon e Giunti.
L’edizione ebook è senza DRM in tutti i retailer.
 
 
Sirius. In caduta libera” è la quarta parte del ciclo dell’Aurora. Non avete ancora letto gli altri libri?
Eccoli qui!
 
 
Li trovate sui principali retailer, in particolare su: Amazon (anche in edizione cartacea), Google Play, iTunes, Kobo e Smashwords.
 
Maggiori informazioni sul ciclo su: www.desertorosso.net.
 
E adesso non vi resta che salire a bordo della Stazione Spaziale Sirius e prepararvi a vivere una nuova avventura!
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Il secondo evento cui parteciperò questo autunno è una conferenza nell’ambito del ciclo “Scienza & Fantascienza 2018” organizzato dall’Università degli Studi dell’Insubria e che quest’anno ha come titolo “Marte: che passione!”.
 
 
 
Si tratta dell’evento finale del ciclo ed è intitolato “Marte: quando ci andremo e cosa troveremo?”. Oltre a me, ha come relatori Roberto Orosei (INAF) ed Enrico Flamini (Università di Chieti ed ex Chief Scientist dell’ASI). Orosei e Flamini sono due degli scienziati del team italiano che lo scorso luglio, grazie alle rilevazioni dello strumento MARSIS a bordo della sonda dell’ESA MarsExpress, ha scoperto un lago sotterraneo di acqua liquida su Marte nei pressi del polo sud del pianeta.
Si tratta di una scoperta eccezionale e devo dire che sono molto onorata di condividere con questi due scienziati il tavolo di una conferenza.
 
L’evento avrà luogo il 5 dicembre a partire dalle ore 15 nell’Aula Magna dell’Università degli Studi dell’Insubria in via Ravasi 2 a Varese. L’ingresso è libero e aperto a tutti.
 
 
Le circa tre ore di conferenza verranno aperte dal mio intervento in cui parlerò di come prima l’osservazione e poi l’esplorazione di Marte, il pianeta più simile alla Terra del Sistema Solare, abbia da sempre alimentato con nuove idee la fantascienza, in particolare quella hard, che racconta una scienza plausibile basata su conoscenze e tecnologie reali proiettate in un prossimo futuro. Il legame con la fantascienza ha permesso ai lettori di questo genere della narrativa di avvicinarsi, attraverso una forma di intrattenimento, alla scienza vera, e di ritrovarsi a fare proprie delle conoscenze grazie alla capacità dei romanzi di trasferire sui lettori la percezione della storia. Ciò fa della fantascienza hard un potete strumento divulgativo, che consente a persone di tutte le età di comprendere e appassionarsi alla scienza e, nello specifico ai più giovani, di scoprire una vera e propria vocazione scientifica, che potrebbe avere un ruolo importante nella loro vita.
 
Seguirà l’intervento di Enrico Flamini, che ricollegandosi al discorso dell’acqua su Marte, di cui farò cenno come argomento utilizzato in ambito fantascientifico (anche perché a essa è legato il discorso dell’eventuale presenza della vita), parlerà delle missioni realizzate fino a ora che riguardano questo argomento e in particolare della missione MarsExpress, dell’apparecchio MARSIS e della scoperta del lago sotterraneo, che verrà poi illustrata più nel dettaglio nel successivo intervento di Roberto Orosei.
I due scienziati, inoltre, faranno una carrellata delle missioni presenti e future che interessano il pianeta rosso.
 
L’evento sarà, come al solito, moderato dal professor Paolo Musso, che da diversi anni si occupa di questo ciclo di conferenze e che ringrazio di cuore, anche questa volta, per avermi voluto in squadra.
 
Insomma, che ne pensate?
Se siete di Varese o dintorni, venite ad ascoltarci. E fatevi riconoscere!
 
 
Ma il mio impegno a Varese non si esaurisce con questa conferenza. Infatti, a partire dal 6 dicembre e fino all’11 terrò di nuovo il corso integrativo “Laboratorio di self-publishing dei sistemi multimediali” nell’ambito del corso di laurea in Scienze della Comunicazione e del corso di laurea magistrale Scienze e Tecniche della Comunicazione. Le lezioni, oltre che agli studenti iscritti (il corso è a numero chiuso), sono aperte anche al pubblico.
 
 
Dopo gli ottimi risultati di quello tenuto nel 2016, ho di nuovo l’opportunità di insegnare agli studenti dell’Università degli Studi dell’Insubria cos’è l’autoeditoria. Magari qualcuno di loro, come è accaduto con Sara Simoni, deciderà di diventare self-publisher e intraprendere la propria avventura nell’editoria in qualità di autore indipendente.
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Di Carla (del 27/11/2018 @ 09:30:00, in Eventi, linkato 2812 volte)

Il mese scorso ho avuto l’opportunità di partecipare alla seconda edizione dell’evento “Segni e voci di altri mondi” organizzato nella sede di ALTEC a Torino. È stata un’esperienza fantastica che mi ha visto impegnata per due giorni in quella che viene definita la porta italiana verso la Stazione Spaziale Internazionale, come recita l’enorme scritta all’ingresso (The Italian Gateway to the International Space Station), e mi ha permesso di conoscere tante persone interessanti, oltre che parlare del mio lavoro.
 
L’evento in sé, quello aperto al pubblico, è durato solo un giorno, il 14 ottobre, ma noi (io e il mio compagno), essendo espositori, ci siamo recati anche il giorno prima alla sede di ALTEC per preparare il nostro stand. Era la prima volta che partecipavo a un evento del genere. È stato bello sistemare tutti i miei libri di fantascienza (in tutto otto titoli disponibili in più copie) in un banchetto, insieme ad altro materiale promozionale, ma anche poter osservare in anteprima l’allestimento della mostra di modellismo, che contava davvero degli esemplari straordinari.
 
In aggiunta a ciò, abbiamo avuto il piacere di fare una breve visita privata allo stabilimento insieme a Paolo Navone, che ci ha portato a vedere, tra le varie cose, la sala controllo, la replica di un modulo che si trova sulla ISS e la piscina usata per l’addestramento degli astronauti, e che ci ha fatto da guida, spiegandoci il ruolo di ALTEC nella costruzione della stazione spaziale e in altre missioni spaziali internazionali. Tra queste c’è quella del mini shuttle dell’ESA IVX, cui Paolo ha partecipato in prima persona.
 
La giornata si è poi conclusa in una bella cena insieme ad alcune persone che avevano organizzato l’evento (appartenenti al CRAL ALTEC e al Centro Modellistico Torinese) e ad altre che vi avrebbero partecipato. Oltre a godere della compagnia di Marco Ambrosio (che, insieme a Paolo, mi ha invitato a partecipare all’evento) e di sua moglie, abbiamo conosciuto alcuni dei modellisti, tra cui non posso non citare Sandro Degiani, che ha tenuto banco tra le persone sedute vicino a lui (me compresa), e il professor Giancarlo Genta, qui nel ruolo di autore di romanzi di fantascienza. Al gruppo si è unito anche il mitico Giovanni Mongini, detto Vanni, autore e massimo esperto di fantascienza italiano, che avevo conosciuto poche ore prima allo stabilimento e che mi sarei ritrovata nello stand di fronte il giorno dopo.
 
E poi è arrivato, appunto, il giorno dell’evento. Le prime due ore sono state la parte più semplice. Ho avuto modo di presentare la serie di “Deserto rosso” nell’auditorium nell’ambito dell’intervento “Marte al femminile”, moderato da Maurizio Maschio. Insieme a me c’era Giulia Bassani che presentava il suo romanzo “Ad Martem 12” (ed era anche mia vicina di stand alla mostra).
 
 
A entrambe è stato chiesto in che modo siamo entrate in contatto con la fantascienza e cosa ci abbia spinto a iniziare a scriverla. Io ho raccontato di come sono cresciuta tra E.T., Ritorno al Futuro, Star Wars (da cui il mio nickname Anakina), i Visitors e tanti altri film e telefilm che mi hanno avvicinato al genere e come ciò abbia stimolato la mia immaginazione. Avevo nella mente tante storie e a un certo punto mi sono resa conto che l’unico modo per renderle vere era scriverle.
 
Subito dopo la presentazione, sono tornata al mio stand, dove ho accolto alcune delle persone che mi avevano ascoltato nell’auditorium e volevano acquistare uno dei miei libri.
 
Come ho anticipato prima, però, la parte difficile sarebbe arrivata dopo. A partire dalle 11.30 sono entrati nuovi visitatori (erano suddivisi in scaglioni da massimo 200 persone per due ore, per evitare sovraffollamenti) che non sapevano chi fossi. Stava a me attirare la loro attenzione.
Credo che la frase che ho usato più spesso sia stata: “Vuole prendere una cartolina?
Avevo con me un bel po’ di cartoline promozionali di “Deserto rosso” da offrire ai visitatori e le ho usate per indurli a fermarsi al mio stand, per poi spiegare loro qualcosa sui miei libri. Tenete conto che ho dato via 54 cartoline e per buona parte di esse mi sono soffermata a raccontare l’inizio della storia di Anna Persson e la struttura del ciclo dell’Aurora. L’ho raccontata tante di quelle volte che l’altro mio vicino di stand, Roberto Azzara, l’ha imparata a memoria!
Devo dire che il mio sforzo è stato ripagato e sono riuscita a vendere più della metà dei libri che avevo con me. E così ho anche evitato di doverli rispedire in Sardegna per posta.
 
Durante tutta la giornata (l’evento è durato dalle 9.30 alle 20) ho avuto quindi modo di parlare con un sacco di persone e tra queste mi sono ritrovata di fronte un mio ignaro lettore, che, solo dopo aver visto le copertine, ha riconosciuto i libri e si è reso conto di avere davanti a sé l’autrice degli ebook presenti nel suo cellulare. È la prima volta che mi capita di imbattermi per caso in un mio lettore ed è stato davvero un piacere conoscerlo.
 
Non solo. È anche venuto a farmi visita insieme alla famiglia un mio collega di Torino: Luca Rossi, autore indipendente di fantascienza e fantasy, che è mio amico su Facebook dal 2012 e che sono finalmente riuscita a incontrare di persona. Inoltre ho rivisto con piacere Dario Tonani (anche lui autore di fantascienza e amico di lunga data su Facebook) e sua moglie Giusy, che avevo già incontrato al Sassari Comics & Games 2015.
 
Tra una chiacchiera e l’altra e qualche foto con i vicini di stand (Giulia, Roberto e Vanni, che ho citato prima, e Luigi Petruzzelli di Edizioni della Vigna) le ore sono volate, intervallate da alcuni brevi pause per rivedere e fotografare i modellini esposti, e andare a osservare prima il Sole e poi la Luna al telescopio, grazie alle postazioni di osservazione allestite da Celestia Taurinorum.
 
Alla fine stanchi ma felici siamo andati via. Il giorno dopo, in attesa di prendere il volo che ci avrebbe riportato a Cagliari, all’aeroporto di Caselle ci siamo imbattuti proprio nel mini shuttle XVI dell’ESA, esposto nell’area check-in. Una foto ricordo con il veicolo spaziale è stata la degna chiusura di questo bellissimo weekend.
 
Colgo l’occasione di ringraziare ancora una volta Marco Ambrosio e Paolo Navone, che mi hanno invitato a partecipare a questo evento. Grazie di cuore!
 
Foto (dall’alto): durante il mio intervento insieme a Maurizio Maschio, il mio banchetto di libri, ingresso dell’ALTEC, vista dall’interno della replica di un modulo della ISS, con Luca Rossi, su Marte (più o meno) con Giulia Bassani.
Potete vedere altre foto, incluse quelle di numerosi modellini in mostra, sulla mia pagina Facebook a questo link.
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Di Carla (del 24/11/2018 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 1784 volte)


 Bambini pericolosi

John Wyndham è uno di quegli autori che nella loro carriera hanno esplorato un genere, in questo caso la fantascienza, in ogni possibile direzione e ogni volta hanno creato delle storie uniche e imprevedibili, tramite le quali hanno colto l’occasione per sviluppare interessanti spunti di riflessione.
Stavolta Wyndham tratta il tema dell’invasione aliena, senza mai parlare di alieni, ma solo di qualcosa che come fanno i cuculi ha messo le proprie “uova” nei “nidi” umani e da esse sono nati dei bambini, o meglio Bambini con la “b” maiuscola, dalle doti straordinarie e preoccupanti. A esso si affianca la riflessione sull’interazione tra due specie che si trovano a competere per lo stesso territorio e di cui solo una è destinata a dominare.
Un velo di inquietudine riveste ogni pagina del romanzo, senza che si raggiunga mai un’eccessiva drammaticità. Tra lunghe conversazioni caratterizzate dalla pacatezza britannica e dal tentativo di dare al tutto uno spiegazione logica, nella flebile speranza che ciò conduca a una risoluzione, e innaffiate da un ottimo tè, i protagonisti ci accolgono a Midwich, dove, in seguito a una giornata in cui gli abitanti hanno perso i sensi (chiamato Dayout), tutte le donne si sono ritrovate incinte. I bambini si riveleranno nel tempo qualcosa di altro, nonostante il loro aspetto umano, fino a diventare una minaccia, in un crescendo di tensione.
La risoluzione attesa, visto che il libro stava finendo, ma allo stesso tempo sia imprevista, per il modo improvviso con cui si realizza, che quasi ovvia, lascia spiazzati e soddisfa.
Un elemento interessante, che ho notato anche in altre sue opere, è quello del caso. La voce narrante si ritrova per caso fuori del villaggio insieme alla moglie proprio nel giorno del Dayout e quindi gli viene risparmiato un coinvolgimento diretto. Ciononostante, segue da vicino la vicenda e si ritrova di nuovo a Midwich proprio quando questa viene risolta. In tutto ciò si vede volutamente la mano dell’autore che, a mio parere, con grande divertimento, costruisce una trama perfetta, in cui ogni dettaglio ha uno scopo preciso, che, pur generando inquietudine, conferisce anche quel senso di sicurezza che suggerisce che in qualche modo tutto andrà bene. Ed è proprio la curiosità di sapere come potrà mai risolversi una situazione apparentemente impossibile che spinge il lettore a girare una pagina dopo l’altra e a completare la lettura del libro in breve tempo.

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