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 Luna... di Carla
 

"Sei proprio un mistero impenetrabile, piccola Anna." Deserto rosso - Abitanti di Marte

 

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 16/05/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 1653 volte)

 Sorprendentemente bello
 
Mi sono imbattuta in questo libro in un mercatino dell’usato. La copertina oggettivamente brutta, che ricorda quella di un manuale, mi stava quasi scoraggiando dall’acquisto, ma convinta dal prezzo irrisorio ho deciso di prenderlo. Nell’iniziare la lettura sono rimasta subito piacevolmente sorpresa dalla scena d’apertura caratterizzata da una certa azione, che ha vinto le mie ultime remore dovute ai numerosi errori del testo (tutte le “i” e le “u” sono accentate al contrario - cosa quasi incredibile, trattandosi di un libro della Fanucci, per quanto sia da edicola - e i refusi, le virgole che separano soggetto e verbo e altri errori si sprecano).
Nonostante il libro originale sia stato pubblicato nel 1990, il futuro in esso raccontato continua a essere abbastanza plausibile, sebbene si noti qualche anacronismo. Ma non sono poi così tanti.
La storia porta avanti in parallelo le vicende di alcuni personaggi, che poi finiscono per intrecciarsi in maniera inattesa. Ho subito legato col personaggio di Christopher, che per la notevole presenza in scena, e per il fatto che viene mostrata una sua approfondita introspezione psicologa, ha un ruolo molto simile a quello di protagonista.
La trama tratta dell’imminente lancio di una nave interstellare, la Memphis, con diecimila futuri coloni di un nuovo mondo, del metodo con cui vengono selezionati e del tentativo di boicottare questa missione da parte di un movimento contrario a essa, poiché i suoi sostenitori ritengono che si debba migliorare la situazione sulla Terra prima di andare in cerca di altri mondi e che, nello specifico, privare il nostro pianeta di alcune delle sue menti più brillanti sia sbagliato. La loro convinzione sfocia nel fanatismo fino al compimento atti di violenza, all’omicidio e porta persino al terrorismo.
Il modo in cui gli appartenenti a questi movimenti ragionano (si fa per dire) fa davvero paura. Ignoranza, follia e crudeltà li contraddistingue e pone delle riflessioni che possono essere tranquillamente applicate a certe uscite aggressive fatte al giorno d’oggi sui social network, quando si parla di colonizzazione di Marte o in generale di esplorazione spaziale. C’è da sentirsi sollevati del fatto che siano solo parole e che non ci sia nessuno, come il Jeremiah di questo romanzo, capace di fomentare tali persone, proprio perché non saprebbero andare oltre l’esibizione della propria ignoranza e lo sfogo delle proprie frustrazioni sul web.
Eppure nella lettura delle terribili azioni svolte dai seguaci di Jeremiah in questo romanzo, per quanto si trattasse di finzione, ho provato lo stesso disgusto velato di timore che certi commenti di questo tipo letti su Facebook riescono sempre più spesso a suscitare.
In tale contesto già di per sé interessante, si inseriscono una serie di personaggi estremamente controversi, come pure lo è per certi versi il tipo di società futura mostrata nel romanzo. Tra essi, per esempio, l’esistenza di matrimoni con più di due persone, spesso addirittura aperti, mi ha fatto storcere il naso, poiché nel modo in cui viene mostrato riduce il concetto stesso di matrimonio all’avere qualcuno per cui si prova attrazione fisica a disposizione nella stessa casa. L’argomento sembrava messo lì per evidenziare alcuni problemi personali di un personaggio, senza però godere di una propria credibilità. E alla fine sono stata contenta del modo in cui quel particolare aspetto si è risolto nella storia di quel personaggio (e devo dire che ciò ha contribuito al gradimento generale del libro).
Comunque, non voglio entrare nel dettaglio, poiché credo che meno si sappia sulla trama di questo libro più si abbia la possibilità di venirne positivamente sorpresi. Dico solo che si tratta di un romanzo complesso, ma talmente ben strutturato da non rendere necessaria una lunghezza eccessiva. Ciò probabilmente dipende dal fatto che la storia originale era quella di un vecchio racconto inedito dell’autore, che poi quest’ultimo ha ampliato, impedendo che esplodesse in mille direzioni, come invece capita quando si parte da un’idea non abbastanza definita. Ne è venuta fuori un’opera che unisce alla sintesi uno sviluppo soddisfacente dei filoni narrativi, impreziositi qua e là da colpi di scena e accelerazioni dell’azione del tutto imprevedibili.
Se amate la fantascienza hard in cui, però, non si trascuri l’introspezione dei personaggi, poiché svolge un ruolo fondamentale nella trama a pari merito con uno dei cosiddetti “grandi temi”, e doveste mai incappare in questo testo, non lasciatevelo sfuggire.
 
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Di Carla (del 13/06/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 3150 volte)


 Trama interessante, ma esecuzione non convincente

Questo libro non decolla mai.
Parte con la classica scena di un certo genere di crime thriller narrata dal punto di vista della vittima, scena che sappiamo già come andrà a finire. La protagonista, Erika Foster, è una detective di origini slovacche, come l'autore, che è considerata molto brava nel suo lavoro, ma da poco ha perso il marito durante un'azione di polizia. Viene richiamata al lavoro per dirigere l'investigazione di questo caso per via della sua bravura, ma viene continuamente ostacolata dal proprio capo, che pare volere tutto tranne risolverlo (almeno fosse stato così... e invece si comporta semplicemente in maniera insensata). Erika, rientrando nel classico cliché di poliziotta rude e impulsiva a tutti i costi (caratteristiche che automaticamente renderebbero chiunque inadatto ad avere un ruolo di comando in polizia), disubbidisce al proprio capo, diventa aggressiva, si comporta un po' da matta e finisce anche per metterlo in imbarazzo, poiché sembra non avere altra ragione di vita se non risolvere il caso.
Onestamente ho trovato il comportamento di tutti i personaggi spesso artificioso, sopra le righe o poco logico.
Possibile che una bravissima detective che si ritrova un biglietto dell'assassino in tasca non si preoccupi di trovare delle cose fuori posto nel proprio appartamento? Astutissima, direi. Altro che Sherlock Holmes!
Il romanzo di tanto in tanto si allontana dalla protagonista, mostrando scene da punti di vista poco rilevanti. La stessa scena del climax non è dal punto di vista della Foster, che tra l'altro non aveva assolutamente capito chi fosse l'assassino finché non se l'era ritrovato di fronte a minacciarla.
Insomma, a parte una minima curiosità di capire l'identità dell'assassino, il romanzo non è riuscito a coinvolgermi.
L'edizione (ho letto quella originale in inglese), poi, lascia a desiderare, tra refusi involontariamente comici (il dessert diventa un deserto!), altri incomprensibili (lo stesso nome a distanza di poche parole scritto in due modi diversi), fastidiose ripetizioni e persino errori di formattazione.
Mi ha dato l'impressione del primo tentativo ingenuo di scrivere un thriller, ispirato magari dal cinema, più che una storia immaginata e strutturata per la parola scritta. Probabilmente lo stile dell'autore sarà migliorato nei libri successivi della serie, ma credo proprio che non lo scoprirò mai.

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Di Carla (del 22/07/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2001 volte)

Le streghe e gli inquisitori sono tra noi?

Pur non essendo un’amante dell’urban fantasy, sono stata incuriosita dall’originalità della storia: questa presenta una realtà odierna in cui ci sono veramente le streghe ed esiste ancora l’Inquisizione, il tutto ambientato a Milano. A ciò si aggiunge la classica storia d’amore impossibile, stavolta proprio tra una strega e un inquisitore.
Devo dire che Sara Simoni, che qui è alla sua prima esperienza da self-publisher, se l’è cavata egregiamente su diversi fronti. La storia è godibile e si chiude con un finale aperto e non scontato, che allontana il romanzo dal genere puramente romantico, consolidando la propria posizione nell’ambito del fantasy, ma anche che ci fa capire come l’autrice ci abbia mostrato solo un piccolo scorcio di questo suo universo. La scrittura è molto pulita, ma allo stesso tempo caratterizzata da un registro ricercato e mai banale. Il ritmo è veloce, tanto che mi ha spinto a leggere il libro in pochi giorni, proprio perché mi chiedevo cosa sarebbe successo dopo. È inoltre evidente il lavoro di ricerca che mescola con sapienza elementi storici e altri inventati, in maniera tale da rendere invisibile a chi non è un esperto dell’argomento il sottile limite che li separa.
Infine l’edizione appare ben curata, ulteriore elemento di merito che mi ha spinto a dare il massimo dei voti a questo libro, nonostante la trama non sia del tutto nelle mie corde, come gusto personale.
Lo consiglio sicuramente agli amanti del genere che vogliano avventurarsi in qualcosa di diverso dal solito.

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Di Carla (del 16/08/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2465 volte)

 Amore e odio per Napoli
 
 
L’incipit di questo romanzo e tutta la sua prima parte ti investe con immagini, suoni e aromi, dipingendo un affresco impietoso di Napoli, portato sopra le righe da un’improbabile convergenza di eventi, tra il drammatico e il faceto, che travolgono una normale mattinata di lavoro del giovane protagonista. Più che una semplice lettura, è stata una vera e propria esperienza emotiva, quasi sensoriale, che ha messo in evidenza un’ulteriore sfaccettatura dell’indubbio talento dell’autore che non avevo ancora avuto il piacere di incontrare.
Per quanto in esso tornino tutti i temi cari a Giovanni Venturi, questo romanzo è un’opera profondamente diversa dalle precedenti. Dietro di essa si scorge un attento lavoro di strutturazione, ma anche di sperimentazione rispetto alla produzione passata, che crea un intreccio capace di prendere per mano il lettore e condurlo dalla prima all’ultima pagina, attraverso una realtà cruda, che non fa sconti, dove l’amore e la violenza convivono in una quasi incomprensibile normalità.
Dopo il primo impatto che ti lascia a bocca aperta, Venturi presenta più da vicino i suoi protagonisti, focalizzandosi di volta in volta su uno di essi e sul modo in cui percepisce gli eventi, in capitoli insolitamente lunghi, rispetto alle abitudini dell’autore, che costringono a una lettura senza pause. Sta al lettore immedesimarsi nelle prospettive offerte e incastrarle le une con le altre, finché tutti i filoni narrativi convergono nell’avvicinarsi all’epilogo. Questo non offre certezze, ma, come i migliori finali aperti, permette al lettore di fare propria la storia e immaginarne il seguito.
 
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Di Carla (del 31/08/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2704 volte)

 Bosch non delude mai
 
Stavolta Harry Bosch dovrà fare i conti con un caso del passato che lo riguarda personalmente: l’omicidio di sua madre, una prostituta la cui morte non ha mai trovato una spiegazione. Per tanto tempo ha voluto evitare di occuparsene, ma adesso nell’ennesimo periodo di crisi che si trova ad affrontare (la sua donna l’ha lasciato, la sua casa verrà demolita ed è stato sospeso dal lavoro per aver aggredito il suo capo, mentre vede il riacuirsi dei suoi problemi con l’alcol) decide di far chiarezza su un omicidio che non è mai interessato a nessuno, tranne che a lui.
La penna di Connelly ci catapulta nei luoghi più oscuri della Los Angeles degli anni ’90 e ’60, per seguire Bosch nella sua ricerca della verità. Ancora una volta l’autore ci mostra un’altra sfaccettatura di questo meraviglioso personaggio, così complesso da essere fonte quasi inesauribile di conflitti che non annoiano e che riescono a far immedesimare il lettore.
Come nei precedenti romanzi veniamo condotti verso numerose teorie, ma la risposta è davanti ai nostri occhi, eppure invisibile fino all’ultimo, poiché il nostro coinvolgimento nelle vicende personali ed emotive di Bosch ci rendono quasi ciechi nei confronti dei dettagli, proprio come succede a lui.
 
L’ombra del coyote (Kindle e brossura) su Amazon.it.
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Di Carla (del 13/09/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2405 volte)

 Il (quasi) thriller che non ti aspetti
 
 
Non avevo mai letto nulla della Allende, semplicemente non era ancora successo, finché non mi è capitato tra le mani questo suo libro. Ero incuriosita dal fatto che un’autrice come lei, che di certo non scrive narrativa di genere, si fosse cimentata in un thriller. Com’era possibile?
Ma, man mano che leggevo, mi rendevo conto che quella del thriller era poco più di un’etichetta data a un libro che è difficilmente etichettabile.
Certo, c’è un serial killer, delle indagini e verso la fine una notevole quantità di suspense, persino un po’ d’azione e la scoperta di un assassino impensabile, ma il fulcro di questo romanzo non è la trama, bensì i suoi personaggi bizzarri e il modo in cui la Allende dipinge un quadro della loro vita fuori dalle righe (e sicuramente divertente), immersa nella quotidianità di San Francisco. A differenza di molti thriller che sembrano pensati a tavolino utilizzando sempre gli stessi schemi, “Il gioco di Ripper” è un romanzo ad ampio respiro, ricco di digressioni che, come le tessere di un puzzle, si inseriscono nel quadro generale. Sono talmente lontane le une dalle altre che non riusciamo a indovinare ciò che vedremo nell’immagine finale, ma in fondo poco ci importa, poiché ognuna di esse ci diverte, ci ispira e, in qualche modo ci arricchisce, grazie alla quasi interminabile inventiva dell’autrice nel creare i personaggi più strani, facendo uso di una prosa semplicemente meravigliosa.
È senza dubbio uno nei libri più belli che abbia mai letto.
 
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Di Carla (del 27/09/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2546 volte)

 Una storia coinvolgente e imprevedibile
 
Ho letto ogni pagina di questo libro con grande curiosità, perché non era il solito thriller dall’atmosfera cupa e drammatica in cui qualcuno prima o poi muore.
A parte il prologo, “The Swimming Pool” ti trasporta nella vita di un’insegnante, una donna normale, Natalie, con un marito e una figlia adolescente, che vive un’esperienza fuori dell’ordinario: fa amicizia con Lara Channing, una celebrità locale. Si trova catapultata in un ambiente patinato che la attrae sempre di più, portandola a trascurare le vecchie amiche e la famiglia.
Cosa c’è dietro tutto questo interesse da parte di Lara nei suoi confronti?
Il bello di questo libro è che non hai la minima idea di dove voglia andare a parare. Qual è veramente il conflitto che lo definisce? Riguarda Natalie, suo marito, sua figlia o Lara? O qualcun altro?
Be’, ogni giorno aspettavo con ansia il momento di immergermi nella lettura per scoprire cosa sarebbe successo.
I personaggi sono ben costruiti e lo svolgimento della trama non è mai noioso, nonostante ci sia pochissima azione. A posteriori, mi rendo conto che questo romanzo è caratterizzato da una struttura molto ben definita, che permette al lettore di non perdersi nei tre piani temporali in cui si svolge.
Durante la lettura intuivo gli sforzi dell’autrice per farmi mantenere l’attenzione sul centro della storia, impedendomi di concentrarla troppo a lungo sulla figlia della protagonista, Molly, ma non mi rendevo conto fino a che punto questo aspetto fosse cruciale.
Il finale, poi, è la cosa più bella di tutto il libro e ha fatto sì che decidessi per le cinque stelle invece che quattro, meritate dal resto del romanzo, in particolare per il modo in cui crea un parallelismo tra madre e figlia.
Questo non significa che “The Swimming Pool” sia un romanzo perfetto.
Non ho apprezzato l’uso fuorviante del prologo, per esempio.
Attenzione, spoiler: il prologo è un sogno, non un evento reale. Per tutto il libro mi sono arrovellata nel cercare di collocarlo nella storia, per poi scoprire che non potevo, poiché non era un evento reale. E questa è stata una delusione.
Come dicevo prima, il romanzo è ben strutturato, ma a tratti lo è fin troppo, tanto da apparire artificioso. Il passaggio tra i vari piani temporali appare forzato dalla necessità di seguire uno schema piuttosto che dare l’impressione di essere spontaneo all’interno dello sviluppo della trama, e ciò mi ha distratto più volte dall’immersione nella lettura.
La protagonista, inoltre, è esageratamente ingenua e debole. È evidente da subito che Lara si è avvicinata a lei per un motivo. In particolare, l’atteggiamento di colpa della protagonista anche alla luce dell’inganno subito è irritante. Natalie ha un’eccessiva bassa considerazione di se stessa. Mi aspettavo da parte sua una reazione, una rivincita. Ciò che aveva fatto da ragazzina non poteva essere paragonato come gravità alle azioni di Lara, perché quest’ultima è un’adulta. Eppure Natalie non si arrabbia veramente, continua a sentirsi in colpa.
Arrivata al penultimo capitolo, che è un lungo noioso resoconto, ho temuto che la storia implodesse. Ma poi questa viene salvata inaspettatamente dall’ultimo capitolo e quasi mi spiace non sia stato dato più spazio al personaggio di Molly, il cui carattere è di certo molto più interessante di quello della madre.
 
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Di Carla (del 11/10/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 1927 volte)

 Il ritorno del Vuoto
 
Sette anni dopo aver letto la trilogia del Vuoto, ritorno nell’universo del Commonwealth creato da Hamilton con questo primo libro della dilogia della Chronicle of the Fallers e ritrovo Nigel Sheldon in una nuova storia ambientata appunto dentro il Vuoto. Cronologicamente la storia al di fuori di questa anomalia situata all’interno della nostra galassia si sovrappone in parte a quella della trilogia, ma ha contatti minimi con quest’ultima. Nel Vuoto, invece, conosciamo nuovi personaggi in un nuovo pianeta dove delle astronavi sono state condotte circa duecento anni prima (ma lì ne sono passati tremila): Bienvenido. E abbiamo modo di scoprire anche qualcosa di più sullo scopo dell’esistenza del Vuoto.
Il romanzo, suddiviso in più libri, è lungo e complesso, ma tutti i filoni vengono pian piano riuniti con precisione da parte dell’autore e con grande divertimento del lettore. Accanto alle lotte di classe di una civiltà che da tremila anni vede la propria evoluzione bloccata dall’avversione del Vuoto nei confronti delle tecnologie più avanzate c’è quella contro una nuova specie aliena, che facendo uso di un inganno che di certo non rappresenta una novità nella fantascienza (mi ha subito fatto venire in mente “L’invasione degli ultracorpi”) rappresenta una minaccia subdola e costante per gli abitanti di Bienvenido. Allo stesso tempo, però, si rivelerà una risorsa.
Alla fine della lettura del romanzo, senza dubbio il più bello che abbia letto di questo autore, il desiderio di procurarsi subito il seguito è molto forte. E credo proprio che, per quanto mi riguarda, lo asseconderò presto.
 
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Di Carla (del 25/10/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2686 volte)

 Un classico senza tempo
 
Provo sempre una strana sensazione nell’accostarmi ai classici, poiché presentano modi di narrare che non avrebbero alcun spazio nella narrativa moderna, eppure alcuni di essi conservano l’immutata capacità di coinvolgere il lettore.
Questo è il caso de “La macchina del tempo” di Wells, in cui la voce narrante è un personaggio del tutto secondario che si limita a riferire ciò che il protagonista racconta. Questo tipo di struttura narrativa per così dire “incorniciata” potrebbe creare una certa distanza tra il lettore e gli eventi, ma ciò non avviene affatto in questo libro, poiché il narratore si limita quasi soltanto a presentare il viaggiatore del tempo e a lasciare che parli con la sua voce. E il modo in cui lo fa è così vivido che nella mente del lettore ogni elemento ed emozione descritta diventa immagine, nonostante il linguaggio datato (ho letto il libro in lingua originale), anzi, proprio quest’ultimo contribuisce alla sospensione dell’incredulità. Infatti, ci si ritrova trasportati non soltanto nel lontano futuro in cui si svolgono le avventure narrate dal viaggiatore, ma anche alla fine del diciannovesimo secolo, in cui questi le sta riferendo ai propri amici.
In tal modo la lettura si trasforma anch’essa in un breve ma intenso viaggio.
 
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Di Carla (del 16/11/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2101 volte)

 Il futuro del passato
 
Quattro anni fa mi capitò di leggere “Le orribili salamandre”, il seguito di questo libro, e lo apprezzai notevolmente, nonostante si tratti di un tipo di fantascienza a dir poco vintage.
“I coloni dello spazio” chiarisce gli eventi precedenti, cioè racconta il viaggio dell’equipaggio del Colonist fino al pianeta Bel, con tutte le sue difficoltà. A mio parere presenta una minore originalità del successivo, tale che soffre di più il passaggio del tempo, ma è stata comunque una lettura piacevole con alcuni imprevedibili risvolti e persino un po’ di azione.
Uno degli episodi più interessanti è il breve soggiorno in un pianeta apparentemente disabitato, resosi necessario per svolgere una riparazione. Due dei personaggi principali, il dottor Hyde ed Eleanor, si allontanano per raccogliere dei campioni e ben presto la situazione precipita.
Alcuni problemi incontrati durante il viaggio si risolvono con eccessiva facilità, ma tutto il romanzo ha un ritmo molto rapido e una trama lineare, che, come il successivo, lo rende una lettura perfetta per i più giovani e per chi, come me, qualche volta desidera viaggiare nello spazio con la fantasia senza troppo impegno.
La traduzione, purtroppo, non è delle migliori. Il traduttore è caduto in qualche falso amico (per esempio, il silicio, silicon in inglese, è diventato silicone) e il testo ha una notevole quantità di refusi, ma ci sono anche dei passaggi che rimangono gradevoli nonostante la stessa traduzione risalga agli anni ’80. Nel modo di esprimersi dei personaggi, ma anche in tutto il testo in generale, c’è un senso di formalità d’altri tempi che facilita l’immedesimazione in questo futuro del passato, in cui si viaggia da un sistema stellare all’altro, in cui si domina la gravità, ma si usano ancora le schede forate per i computer.
Il bello della narrativa è che anche uno scenario impossibile come questo, nel momento in cui lo si legge in un libro, appare del tutto plausibile.
 
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