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 Les Calanques (Marsiglia)... di Carla
 

"Siete stati manipolati a un livello più profondo di quanto immaginiate." L’isola di Gaia

 

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 03/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2113 volte)

 Tante idee, svolgimento poco credibile
 
Nell’iniziare a leggere questo libro mi sono sentita subito catturata dalla storia. Parte infatti con il ritrovamento di un cadavere su una spiaggia. Quale inizio migliore per un romanzo di questo genere?
Purtroppo l’impressione iniziale spesso inganna.
La trama ha come protagonista un avvocato in pensione, Matt Royal, che a quanto pare ritorna in altri libri della serie (questo è il terzo), che viene coinvolto in uno strano caso che ha a che vedere con la figlia della sua ex-moglie.
La prima cosa che ho notato è stato il ritmo un po’ affrettato dell’autore nel presentare le scene, in cui fa un frequente uso dei dialoghi, anche telefonici, durante i quali non si capisce bene cosa stiano facendo i personaggi. Tale uso diventa, man mano che si procede con la storia, quasi smodato, decisamente eccessivo. Gran parte delle scoperte derivano delle continue telefonate fatte dal protagonista agli altri personaggi, compresa una donna (adesso non ricordo il suo nome) che riesce a recuperare qualsiasi informazione col suo computer (manco fosse Garcia di Criminal Minds) pur facendo tutt’altro nella vita.
Questo modo di strutturare la storia limita moltissimo la capacità di immaginare gli eventi e più di una volta ammetto di essere stata tentata di abbandonare il libro.
Purtroppo, però, non si tratta dell’unico problema. È la trama a essere del tutto improbabile. In essa l’autore ha mescolato una setta religiosa, prostituzione e terrorismo. E i tre elementi sono correlati con spiegazioni poco convincenti, a parte la solita follia del cattivo di turno.
A tutto questo aggiungiamo scene d’azione in cui il protagonista ottiene con fin troppa facilità il supporto di varie forze dell’ordine, anzi sono quasi tutti ai suoi comandi come se niente fosse, ed è libero di agire uccidendo a destra e a manca altri personaggi senza che ciò abbia alcuna conseguenza, come se fosse normalissimo.
Io adoro le storie d’azione, come i film con Vin Diesel o Bruce Willis o addirittura il caro vecchio Jean-Claude Van Damme, ma questo libro non è proprio riuscito a convincermi.
 
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Di Carla (del 07/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2569 volte)

 Descrizione del libro fuorviante: non è un techno-thriller, ma una storia quasi post-apocalittica
 
Non so da dove iniziare nel recensire questo libro.
In un primo momento sono rimasta folgorata dalla caratterizzazione dei personaggi. L’autore riesce a farti sentire nei panni del protagonista mentre vive insieme alla sua famiglia (la moglie, con cui aveva dei problemi, e il figlio) e i suoi vicini di casa un terrificante dramma. Un cyberattacco terroristico blocca completamente internet, provocando il venire meno dei servizi base a Manhattan (corrente elettrica, acqua, ecc…). Ciò avviene in congiunzione con una terribile tempesta di neve. La popolazione si ritrova in una città dove tutto smette di funzionare e rischia di morire assiderata e di fame in breve tempo. A ciò si aggiunge l’isolamento, poiché nessuno sa se lo stesso stia accadendo anche altrove, se il mondo che tutti conoscono sia veramente finito. L’atmosfera è post-apocalittica, con esseri umani incattiviti che non esitano a uccidere per un po’ di cibo o per del carburante, altri che arrivano addirittura al cannibalismo.
L’autore sceglie la prospettiva limitata del protagonista, Mike Mitchell, che è solo una persona comune che cerca di sopravvivere. Le sue avventure sono a dir poco angoscianti. Si soffre insieme a lui, chiedendosi se cosa accadrà nella pagina successiva.
Tutto ciò mi è piaciuto, ma solo fino a un certo punto. Sì, perché questo continuo perseverare dell’autore nel peggiorare la situazione del protagonista finisce per stancare. Avevo sperato che a un certo punto lo stesso protagonista fosse in qualche modo coinvolto nella risoluzione della storia, ma non è quello che avviene. Ignaro di cosa stia realmente succedendo nel mondo, Mike vive il suo dramma umano con crescente disperazione, che viene trasmessa al lettore, e poi di colpo tutto finisce, senza che lui ne abbia alcun merito e con una risoluzione che lascia non poche domande senza risposta.
Nel prendere in mano questo libro mi ero aspettata di trovarmi di fronte a un techno-thriller che fosse centrato sul cyberattacco (come pareva leggendone il titolo e la descrizione), sulla comprensione della sua origine e sulla sua risoluzione, ma tutto ciò viene vagamente chiarito solo alla fine del libro, dove tra l’altro si scivola da un contesto drammatico a uno puramente fantascientifico. Il romanzo infatti è una sorta di prequel di una serie di fantascienza dello stesso autore incentrata su una città galleggiante chiamata Atopia.
Nel prendere in mano questo libro non avevo capito che si trattava della solita storia (quasi) post-apocalittica (genere che non mi piace per niente), che racconta le miserie di gente comune di fronte a un disastro, ma pensavo che fosse un techno-thriller, cioè un thriller in cui la parte tecnologia avesse un ruolo importante. Il libro invece parla delle conseguenze dell’improvvisa assenza di tale tecnologia. Il problema di fondo, in realtà, è dovuto alla descrizione stessa del libro, in cui questo è definito techno-thriller e viene addirittura consigliato ai fan di Michael Crichton, con le cui opere non ha assolutamente niente a che vedere. Trovo questa scelta del tutto fuorviante, oltre che rischiosa, visto che potenzialmente può portare a recensioni negative (come la mia) da parte di chi si aspettava di leggere tutt’altro.
 
 
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Di Carla (del 09/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2847 volte)

 Trasmissioni radio e un omicidio
 
Splendido e accurato resoconto di un caso di omicidio che fece grande scalpore all’epoca, ma reso ancora più famoso poiché la sua risoluzione fu possibile grazie all’utilizzo dell’allora nuova tecnologia radiotelegrafica.
Si tratta di un libro molto lungo che da una parte ci racconta della figura di Guglielmo Marconi da quando era ragazzo fino alla sua morte e dall’altra quella del dottor Hawley Harvey Crippen e di sua moglie. Dietro la scrittura di questo libro c’è un immenso lavoro di ricerca. L’autore, infatti, racconta sempre e soltanto gli eventi così come sono accaduti, riportando tutte le fonti. Infatti l’ultimo venti percento del libro contiene le numerose note esplicative e bibliografiche, in cui è possibile trovare conferma dei fatti narrati.
Devo ammettere che fino a due terzi del libro ho trovato di gran lunga più interessante la storia di Marconi, che non conoscevo affatto, mentre la vita di Crippen e delle persone a lui collegate era abbastanza noiosa. Nell’ultima parte, però, dalla scomparsa di Cora in poi mi sono fatta prendere dalla narrazione degli eventi e, per quanto immaginassi come sarebbe andata a finire (anche se non avevo letto la descrizione del libro), mi è spiaciuto un po’ per il povero Crippen.
Ma ciò che rende davvero stupendo questo libro è il genio di Marconi. Molta della tecnologia che noi diamo per scontata esiste grazie alla sua perseveranza, al modo maniacale con cui portava avanti i suoi esperimenti empirici (non era un “vero” scienziato) e grazie anche al fatto che tale genialità fosse nelle mani (e nella mente) di una persona che aveva la possibilità di metterla in pratica.
Se amate la scienza e al tecnologia, questo è un libro da leggere assolutamente.
 
 
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Di Carla (del 14/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2833 volte)


 Personaggi credibili e bellissima prosa

Non leggo quasi mai thriller soprannaturali, perché ho grosse difficoltà a trovare questo genere di storie credibili. Così ero abbastanza scettica nell’accostarmi a questo libro. Ho letto l’inizio in cui il protagonista, Jim Ironheart, viene spinto da una voce nella sua testa a lasciare la sua città per evitare che un certo evento abbia luogo. Non si capisce di preciso di cosa si tratti.
Ciò che mi ha conquistato e mi ha spinto ad andare avanti è stato lo stile dell’autore e la sua bellissima prosa. Koontz con poche parole ti porta dentro la mente del personaggio e lo fa con un linguaggio davvero molto suggestivo. Il tutto funziona così bene che ho deciso di mettere da parte la mia diffidenza verso il paranormale e continuare a leggere.
E non me ne sono affatto pentita.
Sebbene l’elemento paranormale sia centrale in questo romanzo, il modo in cui viene narrato, l’empatia che l’autore riesce a creare nei confronti dei due personaggi principali (Jim e Holly) e il poter vivere le loro emozioni in prima persona sposta l’attenzione dal soprannaturale ai personaggi stessi. Il romanzo diventa la loro storia. L’ambiguità di Jim (e i personaggi ambigui sono sempre i miei preferiti) e le paure di Holly ti catturano. Ed è questo che fa la differenza, perché, quando si crea un legame con i personaggi, questi diventano credibili e con essi tutto ciò che li circonda, dando luogo a una solida sospensione dell’incredulità.
Di fronte a ciò, il libro avrebbe potuto trattare di qualsiasi altro tema che sarebbe comunque riuscito a conquistarmi.
Infatti, per quanto gli eventi narrati siano impossibili nella realtà, quella vera, cosa che di solito mi fa perdere interesse nella storia (a meno che non si tratti di fantascienza), ciò non è accaduto con questo libro, poiché il modo in cui vengono presentati li rende sempre perfettamente logici.
Infine, a concludere nel migliore dei modi questo romanzo, c’è il finale aperto che ti fa sorridere nell’immaginare cosa potrebbe accadere dopo.

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Di Carla (del 16/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2751 volte)

 Semplice, breve, profondo
 
È sempre difficile giudicare un libro che viene considerato un capolavoro indiscusso della narrativa moderna, un classico moderno. Non ci provo neanche. Voglio solo cercare di riassumere in poche parole ciò che questo libro mi ha lasciato.
Stupisce che un libro di cinquantacinque anni fa “suoni” così moderno durante la lettura, tanto più se i fatti narrati vengono fatti risalire a decenni prima. È un romanzo abbastanza breve e per niente complicato che si può leggere e apprezzare a qualsiasi età.
La voce narrante è quella di una bambina che, mentre ci racconta i banali fatti della sua vita quotidiana, si ritrova ad assistere a eventi più grandi di lei, che però affronta con la saggezza semplice e innocente che solo un bambino può avere. E così un episodio di razzismo degli anni trenta, un razzismo che era ancora una triste realtà al tempo della stesura del romanzo e che purtroppo in parte lo è ancora al giorno d’oggi, diventa l’occasione per ritrarre uno spaccato del sud degli Stati Uniti, in cui le cose avvengono come tutti si aspettano che debbano avvenire e in cui la piccola luce di un gesto quasi eroico sul finire del romanzo illumina un po’ una realtà rassegnata e disillusa.

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Di Carla (del 21/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2713 volte)

 Un’altra perla del maestro
 
Crichton riesce a stupirmi sempre. Che si tratti di uno dei suoi ultimi libri (anche postumo) o di uno di quelli scritti decenni fa, la sua scrittura e il modo in cui affronta le tematiche dei suoi romanzi sono sempre dannatamente attuali. Per quanto il suo modo di creare un romanzo sia sempre quello di individuare un argomento, che pone al centro dell’opera, e poi costruirci intorno una storia, la sua capacità di affrontare argomenti sempre diversi ma comunque in maniera estremamente approfondita è qualcosa di unico che finora non ho mai trovato in nessun altro autore.
Ma veniamo a questo romanzo, “In caso di necessità”, scritto da Crichton durante le vacanze di Pasqua (lo racconta nell’introduzione) quando era ancora uno studente di medicina, pubblicato con uno pseudonimo e diventato un bestseller con grande sorpresa dello stesso autore.
Il romanzo in sé è molto tecnico e il fatto che Crichton all’epoca studiasse medicina è evidente. Il suo essere così tecnico, per quanto mi riguarda, è un grandissimo pregio. Nonostante sia stato scritto quarantasette anni fa (!) e molte cose siano cambiate nel campo della medicina, risulta comunque molto attuale e offre un’occasione di riflessione davvero fuori dal coro su un argomento controverso come l’aborto.
La storia parla di un medico che è stato arrestato perché si pensa che una donna sia morta a causa di un aborto praticato da quest’ultimo, quando questa pratica era ancora illegale in gran parte degli Stati Uniti. Un amico dell’arrestato, che poi è il protagonista, si batte per scoprire la verità. Lo seguiamo nelle sue investigazioni e ben presto, sebbene la struttura della thriller sia elaborata e ben costruita, finiamo per appassionarci all’aspetto medico e alle sue implicazioni morali, che vengono poi approfondite dalle accurate note riportate in appendice.
Una cosa che apprezzo di Crichton è la sua capacità di porre degli interrogativi senza imporre il proprio punto di vista al lettore (al contrario di ciò che capita con molti altri autori che affrontano temi etici). Ti espone i fatti, i vari punti di vista e possibili sviluppi, e lascia che sia tu a ragionarci su e a formarti una tua opinione personale sull’argomento, senza influenzarti. Tutti i suoi libri sono spunti di discussione e arricchiscono la tua mente, oltre che divertirti.
Anche la traduzione non sembra per niente scritta tanto tempo fa. Il linguaggio non scade quasi mai nell’obsoleto e suona realistico anche letto al giorno d’oggi. Nonostante questo, però, a volte la traduttrice ha preso comunque delle cantonate pazzesche, tipo “ventola parasole” per indicare il parasole anteriore dell’auto che si apre/abbassa a ventaglio o evidenti contraddizioni tra due periodi successivi. Tutti piccoli errori dovuti a una inadeguata revisione del testo.
Continuo a non capire perché quando vengono pubblicate delle nuove edizioni i testi non vengano riletti. È assurdo che un libro tradotto decenni fa contenga ancora degli errori.
Concludo dicendo che una cosa che mi ha particolarmente stupito è stato notare in vari siti come questo romanzo abbia una media recensioni abbastanza bassa, proprio perché i lettori si lamentano che l’argomento medico è un po’ ingombrante. Una cosa del genere è quantomeno bizzarra. Certo, capisco che non sia semplice per chi non ha una preparazione biomedica seguire tutti i dettagli della trama, ma d’altronde si tratta di un medical thriller. Che cosa si aspettavano?

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Di Carla (del 24/07/2015 @ 09:00:00, in Lettura, linkato 3065 volte)

 Originale, provocatorio, coraggioso
 
Come sarà il mondo fra trecento anni? Non parlo di astronavi o viaggi spaziali, ma di come ognuno di noi riesce a immaginare la vita di tutti i giorni nel nostro pianeta, in una città, a Londra, per esempio, in un futuro così lontano. Viviamo già in un tempo in cui la tecnologia ci circonda ed è talmente insita nella nostra quotidianità che non possiamo immaginare noi stessi senza di essa. Ma come sarà fra tre secoli?
Se l’è chiesto Giovanni Venturi nell’affrontare la narrazione di “Joe è tra noi”. Ha preso internet, gli smartphone, i tablet e tutti i nostri gadget tecnologici, con cui ci teniamo in costante contatto col mondo e tramite i quali veniamo bombardati di informazioni, e li ha proiettati nel 2358, nella vita di un ragazzo che inizia a chiedersi se davvero tutta questa tecnologia lo renda più libero e gli offra maggiore conoscenza o se invece rappresenti ciò che limita la sua libertà e decide per lui cosa conoscerà e cosa sarà destinato a ignorare. Se così fosse, chi controlla tale tecnologia ha in mano la sua libertà e il suo sapere.
E se ciò che lo controlla e condiziona non si trovasse solo nei dispositivi che usa per connettersi col resto del mondo, ma fosse dentro di lui?
Il nuovo romanzo di Giovanni Venturi, che rappresenta anche il suo debutto nell’ambito della fantascienza, rivisita questa tematica classica del genere in una veste del tutto nuova. Lui, che viene dal romanzo di formazione e da racconti di vita delle persone comuni, prende questi temi a lui congeniali e li sviluppa attraverso ambientazioni e strumenti tipici della narrativa di speculazione, forgiando una storia dalla spiccata originalità.
Chi viene dalla lettura delle sue opere precedenti riconoscerà subito la sua voce d’autore, che porta il lettore dentro l’anima dei suoi personaggi, a vivere con loro le sconvolgenti vicende di cui sono protagonisti, ma scoprirà anche insospettabili sfaccettature della sua fantasia che in un contesto fantascientifico, senza le limitazioni dovute al racconto del realtà odierna, prendono finalmente il volo.
Chi, invece, in cerca di una storia di fantascienza incontra per la prima volta questo autore, si troverà di fronte a qualcosa di diverso, fuori del comune rispetto alle altre letture di questo genere, qualcosa capace di inquietare e allo stesso tempo suscitare la sua curiosità, pagina dopo pagina, fino all’astuto finale aperto, in cui Venturi trascina il lettore dentro il processo creativo e condivide con quest’ultimo la scelta della sua interpretazione.
Tutto ciò è racchiuso in un’opera ben scritta in cui  questo autore ancora una volta dimostra il suo talento, il suo amore per la parola scritta e la sua capacità di usarla per dar vita a vicende credibili, persino quando queste si svolgono fra tre secoli, in un realtà immaginaria che sfiora la distopia. Pregevole in questo senso l’inserimento di alcuni elementi scientifici che, seppur utilizzati con fantasiosa disinvoltura, svolgono egregiamente lo scopo di coadiuvare la sospensione dell’incredulità e rendendo talvolta difficile distinguere ciò che corrisponde alla realtà da ciò che invece è stato creato dall’autore stesso.
Infine, degna di nota è la scelta di raccontare la storia su più piani temporali intrecciati che poi vanno a confluire. Alcuni di questi ci mostrano eventi che il protagonista non conosce, ma altri arrivano a simulare con estrema efficacia il modo con lui lo stesso Joe, che soffre di strane amnesie, si ritrova a raccogliere pezzi del suo passato che parevano essere stati cancellati. E proprio in essi sono celate le risposte che potranno far luce sull’origine della misteriosa richiesta di aiuto che echeggia nella sua mente, e in quella del lettore, fin dal primo capitolo di questo coraggioso romanzo.

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Di Carla (del 11/08/2015 @ 21:56:05, in Lettura, linkato 2817 volte)
 La storia vera fa paura più della finzione
 
Messi da parte momentaneamente i panni del maresciallo Maggio, Francesco Zampa si cala in quelli di un altro carabiniere, stavolta a Roma durante gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. Passa quindi dal giallo a un romanzo storico non privo di suspense e segue le vicende del brigadiere Flavio Cesari, che cura il censimento dei militari di razza ebraica all’Ufficio Riservato del Ministero della Guerra, durante il peggiore momento della sua vita. Cesari è un personaggio inventato, ma la vicenda storica narrata, quella della deportazione dei Carabinieri della capitale avvenuta il 7 ottobre 1943, è assolutamente vera, anche se ben poco conosciuta. I tedeschi avevano preso quella decisione in previsione della deportazione degli ebrei romani, poiché temevano che gli uomini dell’Arma potessero essere di intralcio alle loro intenzioni.
Flavio Cesari scopre per caso ciò che sta per accadere e da quel momento inizia la sua fuga. Nel cercare delle risposte alle mille domande che affollano la sua mente, Cesari vive quei tremendi momenti facendosi narratore di uno degli eventi più bui della nostra storia recente. Come lettrice, mi sono trovata a trepidare con lui, a temere per la sua vita, con quel particolare terrore che mi accompagna di fronte a una storia ambientata durante la follia nazista. Si tratta del terrore provocato dall’inconcepibilità delle azioni portate avanti da esseri umani che, però, appaiono incapaci di umanità e di alcuna forma di pietà, e proprio per questo non possono che spaventare.
Ho letto questo libro diversi mesi fa, ma ci ho ripensato a lungo più di recente dopo una visita ad Auschwitz e Birkenau, i campi di sterminio che rappresentavano la destinazione finale (in tutti i sensi) dei deportati. Nel vedere quei luoghi, nel sapere le atrocità commesse in tempi tutt’altro che lontani, si reagisce cercando di allontanarne il pensiero, poiché è così fuori da ogni razionalità che si ha difficoltà ad accettare che una cosa del genere sia potuta accadere nella civilissima Europa del ventesimo secolo.
Zampa nel raccontare quella che è soltanto una breve vicenda riesce comunque a trasmettere l’eco lontana di quelle stesse atrocità, di cui possiamo vedere solo piccoli dettagli in alcuni eventi narrati. E con essa la paura.
Ho trovato particolarmente bello il modo con cui di fronte alla macchina infernale del nazismo i singoli uomini, con i loro dubbi (compresi coloro che avrebbero dovuto eseguire degli ordini per via della loro posizione: gli stessi Carabinieri, ma anche alcune Camice Nere), mettano a nudo la loro umanità, talvolta diventando, come lo stesso Cesari, protagonisti di atti di eroismo, che non avrebbero mai pensato di dover compiere.
A tutto ciò Zampa aggiunge la sua prosa coinvolgente e precisa, che accompagna il lettore in questo viaggio nel passato.

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Di Carla (del 19/08/2015 @ 22:37:01, in Lettura, linkato 2856 volte)

 Bizzarro
 
È davvero difficile per me esprimere un’opinione su questo libro. Non riesco a capire cosa mi sia piaciuto e cosa non mi sia piaciuto. A tratti ha un buon ritmo. Le scene d’azione svolgono bene il loro compito. La prosa dell’autore, soprattutto nelle descrizioni che aprono certi capitoli, riesce a essere evocativa.
Ma ciò che proprio non mi ha convinto è la trama, sia come idea di partenza, sia come è stata sviluppata, sia come finale, anche se ammetto che quest’ultimo era l’unica scelta possibile che non fosse del tutto banale.
Dipenderà anche dal fatto che non amo particolarmente questi scenari pessimistici (si parla di un futuro prossimo in cui la razza umana si sta istupidendo), anche se capisco che si tratta di pura speculazione, ma il motivo principale è che non c’è stato un passaggio del libro che sia riuscito ad apparire credibile ai miei occhi né tanto meno a sorprendermi. La storia e i personaggi sono talmente bizzarri da parere privi di alcun senso. La sospensione dell’incredulità non ha funzionato. Inoltre ho capito subito il giochetto delle parole (inclusa quella del titolo) e ho subito ricollegato alcune scene iniziali con quanto accade più avanti, per cui ho visto arrivare con largo anticipo i colpi di scena.
Tuttavia non è stata una lettura del tutto negativa. Il libro è abbastanza ben scritto e si legge in maniera scorrevole, ma tutto ciò non può bastare per dargli un giudizio positivo.
 
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Di Carla (del 21/08/2015 @ 09:00:00, in Lettura, linkato 3243 volte)

 Tanta politica, tanto Marte, ma personaggi poco realistici
 
Come sempre Robinson è bravissimo nel world building, cioè riesce a creare un futuro immaginario su Marte molto ben dettagliato e credibile, merito da una parte della sua immensa fantasia e dall’altra di un evidente accurato lavoro di ricerca. E lo fa con una prosa stupenda. Ci sono dei passaggi davvero bellissimi, che meriterebbero di essere letti a prescindere da tutto il resto.
Rispetto a “Red Mars” ho letto tutto, nel senso che non ho saltato delle parti come mi era capitato nel primo libro (le disquisizioni teoriche di psicologia). Per quanto un libro del genere che ha anche uno scopo divulgativo tenda a essere afflitto da un certo info-dump, non l’ho mai avvertito come tale, forse perché è riuscito spalmare meglio le sue argomentazioni su tutto il testo senza caricare troppo certe parti, ma anche perché si tratta comunque di argomenti che ho trovato più interessanti e inerenti alla storia. Ma ammetto che, anche se ho letto tutto, di tanto in tanto mi distraevo in alcuni passaggi in cui di fatto non accadeva nulla, senza che perdessi il filo della trama.
Nonostante ciò non sono riuscita a farmi piacere questo libro. Il motivo è semplice: non mi sono immedesimata in alcun personaggio. Non ce n’è stato uno che mi abbia catturato e che allo stesso tempo abbia mantenuto un ruolo coerente in tutto il libro, come era accaduto con Frank in “Red Mars”. In questo senso gli enormi salti temporali non mi hanno aiutato, poiché appena trovavo un personaggio interessante (per esempio, Arthur), di colpo finiva la parte e da quel punto in poi diventava trascurabile nell’economia della storia.
Il problema è che questo libro non è fatto dai personaggi e neanche da una trama ben congegnata, ma si tratta di un tentativo di ricostruzione di una possibile situazione socio-politica del futuro su Marte. I personaggi invece di determinare la storia ne sono i burattini, come se si trattasse di un saggio e non di narrativa.
All’interno delle singole parti, inoltre, il ritmo è così lento che si ha l’impressione che non accada nulla e, quando accade qualcosa, viene riferita in maniera così distaccata da sembrare un resoconto. Poi, passando alla parte successiva, si scopre che è trascorso tanto tempo e ciò che aveva un ruolo preminente nella parte precedente diventa trascurabile. Da lettore ci si sente un po’ traditi da questo modo di narrare, poiché si è portati a proiettare le proprie sensazione, aspettative e sentimenti su dei personaggi e su alcuni eventi, per poi scoprire che tutto è accaduto a nostra insaputa e di fatto non ha più importanza.
Ma veniamo ad alcuni aspetti della trama.
Già nel primo libro si parlava della possibilità di prolungare la vita dei protagonisti con dei trattamenti. Si tratta di un artificio narrativo per utilizzare gli stessi personaggi per un lasso di tempo più lungo. Il problema è che in questo secondo libro si arriva a dire che i trattamenti fanno vivere per un tempo indefinito. L’idea stessa che i personaggi non abbiano un qualche riferimento temporale per misurare la propria vita è abbastanza inquietante e contribuisce ad allontanarmi da loro. Viene da chiedersi quale sia lo scopo della vita di tali persone.
Nel leggere questo libro parrebbe che tutti i personaggi siano interessati unicamente alla situazione di Marte (terraformazione, indipendenza dalla Terra), cioè tutto gira intorno a grandi temi, tanto che pare che non abbiano una vita reale, fatta di piccole cose. I piccoli elementi che definiscono l'umanità delle persone mancano. E, quando ci sono, vengono inseriti in maniera didascalica, come se fossero secondari. Ma per le persone reali gli scopi personali sono tutto ciò che realmente conta. Per quanto uno possa dedicarsi a una causa, tale causa deve venire dopo, altrimenti si tratta di fanatici potenzialmente pericolosi, non certo di persone equilibrate. Certo, ci possono essere dei fanatici anche su Marte (e infatti alcuni sono descritti come tali), ma non è credibile che tutti siano così. Di fatto i personaggi non sembrano persone reali.
Per quanto riguarda l’aspetto scientifico, nonostante l’evidente ricerca fatta dall’autore, ho l’impressione che il processo di terraformazione descritto avvenga un po’ troppo velocemente e troppo facilmente si creino le condizioni per accelerarlo. Ma questo aspetto è un problema minore, poiché potrebbe essere una licenza presa dall’autore per portare la trama in una certa direzione. D’altronde si tratta di una trilogia che parla proprio della terraformazione di Marte. C’è da dire che il Marte parzialmente terraformato, descritto in questo libro, ai miei occhi ha perso tutto il fascino che aveva nel primo.
Infine, del libro precedente non avevo apprezzato il catastrofismo presente verso la fine. Anche qui ci siamo andati vicino. Ma, mentre in “Red Mars” l’evento catastrofico determinava il climax della storia e aveva quindi un suo scopo narrativo, la tensione in “Green Mars” rimane bassa per quasi tutto il romanzo e non riesce sul finale a salire come dovrebbe.
Insomma, una volta giunta all’ultima pagina, l’unica parola che mi è venuta in mente, stremata da una lettura a dir poco pesante, è stata: finalmente!

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