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 I personaggi di "Deserto rosso"... di Carla
 

“Quindi usavate queste capsule per andare a invadere altri pianeti.” Nave stellare Aurora

 

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 14/07/2014 @ 20:18:26, in Lettura, linkato 2432 volte)

 Tra fantasy e storia
 
Da buona appassionata di romanzi storici ambientati nell’antico Egitto non ho saputo resistere alla tentazione di leggere questo libro di un autore italiano che in questo genere si confronta con autori famosi quali Jacq e al pari di quest’ultimo mescola con efficacia i fatti storici reali con l’aspetto fantasioso della religione e magia del tempo.
Come ogni romanzo che cerca di racchiudere in sé gran parte della vita di un personaggio risente un po’ della sua struttura episodica. Vengono raccontati vari eventi, ognuno dei quali si conclude per dare spazio a sviluppi avvenuti in un periodo successivo. Per questo motivo al termine di ogni singola sfida che i protagonisti devono affrontare ci si può staccare dal libro senza grossi problemi. La narrazione è però così piacevole che si finisce poi per tornarci con la stessa facilità.
Gli eventi narrati vanno dall’arrivo di Archimede ad Alessandria fino alla sua “scomparsa” molti anni dopo a Siracusa, per la quale l’autore offre una spiegazione molto interessante.
Elemento centrale della storia, come si può desumere dal titolo, è la sua storia d’amore con la sacerdotessa Cleoth. Con delicatezza e sensibilità Bertoni ci racconta questo loro sentimento e le vicende cui esso li ha condotti, impreziosite da elementi fantasy che contribuiscono a dare a questo libro un alone di mistero in cui tutto è davvero possibile.
Accanto a esso c’è la storia, quella vera, e i racconti delle mirabolanti invenzioni di Archimede, genio del suo tempo, che vanno sapientemente ad arricchire il romanzo senza appesantirlo di nozioni e senza mai creare cali di tensione.
Insomma, un bel libro che vale molto più del prezzo irrisorio cui viene venduto.
 
 
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Di Carla (del 24/07/2014 @ 10:00:00, in Lettura, linkato 2514 volte)

 Il tiramisù come non lo avete mai visto (e assaggiato) prima
 
Confesso che ho acquistato questo libro perché amo il tiramisù e spero di spingere qualcuno a prepararmi una di queste delizie!
Nel frattempo mi sono messa a leggere il libro e a studiare un po’ le ricette.
Prima di tutto trovo molto azzeccata l’idea di dedicare un intero libro a questo famoso dolce. L’autrice ha preso spunto dalle varianti della ricetta base del tiramisù che ha avuto modo di assaggiare nelle cene a casa degli amici. Ha poi chiesto ad amici e parenti di inviarle la ricetta corredata di foto. Si tratta quindi di un libro che raccoglie l’esperienza di diverse persone, per la maggior parte italiane, ma non tutte.
Devo dire che le ricette sono scritte in maniera molto chiara e sono estremamente facili da seguire anche per chi come me non è molto esperto in cucina, poiché le procedure vengono descritte passo passo. Chiunque ci si potrebbe cimentare.
Le foto sono molto belle e ben fruibili anche da chi ha scaricato il libro nell’ereader. Nonostante il bianco e nero, si apprezzano bene i dettagli, il file non è affatto pesante e il cambio pagina è fluido.
È davvero sorprendente la varietà di modi in cui è possibile preparare il tiramisù. Onestamente non avevo idea che ce ne potessero essere così tanti. Ci sono ricette per tutti i gusti e per tutte le abitudini alimentari (vegani, persone a dieta, celiaci) e permette di preparare un dolce per tutte le occasioni e tutti i tipi di ospiti.
Molto carina è la parte dedicata agli autori delle ricette. Abbiamo modo di conoscerli un po’ da vicino, scoprire dove vivono e cosa fanno nella vita. A ognuno di loro l’autrice ha anche chiesto quale fosse il suo dolce preferito.
Questo, però, non è solo un libro di ricette.
Nella parte iniziale l’autrice si sofferma a parlare del tiramisù, dei suoi ingredienti, e offre addirittura una lista di domande frequenti con relative risposte per chi non ha familiarità con questo dolce.
Dopo le ricette vi sono poi altre due sezioni.
Quella dei "Tiramisu Disasters" è molto utile per capire quali errori si possono fare nella preparazione, in modo da evitarli.
E poi c’è la divertente sezione del "Tiramisu Party" che propone delle idee originali per organizzare una festa a base di tiramisù, dagli inviti fino ai giochi (molto divertente il Tiramisu Quiz).
In breve si tratta di un libro ben fatto, utile per chi voglia cimentarsi nella preparazione di questo delizioso dessert, ma può essere anche un’ottima idea regalo.
 
Questo libro è in lingua inglese!
 
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Di Carla (del 07/08/2014 @ 04:39:30, in Lettura, linkato 2480 volte)

 Un esperimento riuscito solo a metà
 
Ho scoperto casualmente questo libro su Pinterest, dove mi sono imbattuta nell’autrice Annarita Petrino, che mi ha detto di scrivere fantascienza cristiana. La cosa mi ha incuriosito non poco. Infatti, benché questo sottogenere esista soprattutto nel mercato anglofono, non mi era mai capitato di sentirne parlare in Italia. Ho quindi accettato volentieri di leggere questa raccolta di racconti, considerando che amo la fantascienza e al contempo sono una credente.
Ammetto che alla fine della lettura mi sono sentita un po’ stranita e subito mi sono chiesta che cosa avesse suscitato in me questa sensazione. Non so cosa mi aspettassi da “You God”, ma non è di certo quello che ho trovato.
Prima di tutto specifico che la raccolta contiene quattro racconti, davvero molto diversi tra loro, e voglio anche precisare che la Petrino scrive molto bene. Ma allora cosa c’è che non va? I problemi vanno dalla struttura della trama, o dalla sua mancanza, fino alla cura dei personaggi.
Il racconto che ho preferito è stato il secondo, “Judy Bow”. Non a caso è quello con una trama molto più complessa e ben delineata e soprattutto con un personaggio principale che è in grado di uscire dalla pagine e diventare reale. L’argomento è quello dell’opportunità dell’accanimento terapeutico, un argomento molto attuale, che divide e suscita sentimenti contrastanti che prescindono del tutto dal fatto di essere o no credenti. Questa universalità del tema presentata da un personaggio tratteggiato in maniera realistica sono gli elementi vincenti del racconto.
La fantascienza, devo dire, è solo un contesto, e questo è l’unico appunto che mi sento di fare. La storia poteva forse reggere con qualche aggiustamento di trama in contesti meno distanti dalla nostra realtà, ma è chiaro che difficilmente avrebbe attirato alla lettura un lettore di fantascienza come me.
Per il resto il racconto è ben riuscito. Il messaggio cristiano c’è, ma è sottile. Persino il lettore non credente, superata la diffidenza iniziale nel leggere un racconto di fantascienza cristiana, credo che possa condividere le sofferenze e il dilemma di Judy e comprendere le sue decisioni. Il finale aperto accompagnato dalla speranza impreziosisce ancora di più questo scritto.
In altre parole ritengo che in “Judy Bow” l’intento di far apprezzare il messaggio cristiano possa riuscire, proprio perché in questo contesto può essere condivisibile da chiunque a prescindere dal fatto che creda o no in Dio.
Purtroppo questo “meccanismo” non funziona altrettanto bene negli altri tre racconti.
Nel primo, “Imperfezioni”, si parla di intolleranza verso il diverso. È ambientato in un futuro distopico, in un mondo dove si tende alla perfezione genetica e fisica e si emargina chi ne è lontano. Le premesse per un buon racconto e per utilizzarlo in modo da trasmettere un messaggio cristiano c’erano tutte. Anche qui si parla di una tematica, quella del rispetto verso il diverso, condivisibile indipendentemente dalle proprie inclinazioni religiose. Alla fine però la storia non mi ha convinto. Temo che il motivo sia una caratterizzazione non approfondita dei personaggi. Non sono riuscita a immedesimarmi nelle loro problematiche e ho trovato un po’ eccessive le loro azioni. Ho avuto l’impressione che nel tentare di mettere in rilievo l’aspetto cristiano, l’autrice si sia dimenticata che la fantascienza è un genere di intrattenimento e, se il lettore non si diverte (in senso lato), difficilmente apprezzerà il messaggio.
Gli ultimi due racconti invece mancano proprio di una trama. Sono la trasposizione in un contesto fantascientifico di alcune riflessioni. Il risultato è che il lettore non credente fuggirà a gambe levate. Ammetto che io stessa di fronte alla profusione di citazioni bibliche in “Hic et nunc” sono stata tentata di abbandonarlo. E io la Bibbia la leggo volentieri. Mi è sembrato più un esercizio fine a se stesso che un tentativo di raccontare una storia.
Infine l’ultimo brevissimo racconto, che dà il nome alla raccolta, cioè “You God”, non mi è piaciuto. Il motivo è che non ho proprio gradito il tentativo di creare un dualismo tra la fede verso Dio e quella verso l’uomo e la scienza. Chiunque, come me, è credente, studia la scienza e dà notevole valore a ciò che l’Uomo è in grado di fare sa che un dualismo del genere esiste solo nella mente di chi si ostina a conoscere solo uno dei due aspetti. Fede e scienza/umanità sono solo due diverse angolazioni da cui vedere la stessa cosa. E sono totalmente complementari. L’una non deve escludere l’altra. Per un credente, a maggior ragione, l’una non può escludere l’altra. Perché ci deve essere da una parte Dio e dall’altra il robot You God che conserva i ricordi delle persone che muoiono? Perché non si possono avere entrambe le cose? Anzi, io penso che chiunque faccia uso solo di una di queste due prospettive stia perdendo qualcosa. Credo che entrambi i personaggi del racconto alla fine siano in errore. Capisco il tentativo di creare una contrapposizione rispetto alla fantascienza “atea”, ma credo che rispondere a un comportamento estremo con quello opposto, sempre estremo, non sia la soluzione, perché impedisce il dialogo, allontana invece di unire.
Dovendo dare un giudizio generale su quest’opera, ritengo che se il tentativo della Petrino era quello di avvicinare i credenti alla fantascienza (la copertina che non ha nulla di fantascientifico mi fa ritenere che sia così), potrebbe in parte esserci riuscita. Magari potrebbe riuscirci ancora meglio, se ampliasse l’aspetto fantascientifico delle sue storie.
Se invece il suo intento era di avvicinare gli appassionati di fantascienza a tematiche cristiane, temo che sia ancora lontana (a iniziare appunto dalla copertina). Se il lettore non è credente e quindi parte prevenuto nel momento in cui si appresta a leggere questo libro, la lettura non farà che confermare la sua impressione. Se il suo intento è conquistare questo tipo di lettore, forse dovrebbe rendere un po’ meno ingombrante il messaggio cristiano, inserendolo nelle maglie della storia senza sbatterlo in faccia a chi legge, in modo da far riflettere con serenità sulla tematica trattata, scavalcando i pregiudizi. D’altronde moltissimi temi cristiani sono universali e quindi condivisibili o meno a prescindere dal credo di ciascuno di noi (o dalla sua assenza), quindi perché non sfruttare questo aspetto?
 
Il libro purtroppo non è al momento disponibile su Amazon.
 
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Di Carla (del 25/08/2014 @ 01:21:13, in Lettura, linkato 3217 volte)

 Una lettura impegnativa ma non ricompensata dal finale
 
Non ho un rapporto felicissimo con la narrativa cyberpunk o è più corretto dire che finora solo raramente sono riuscita a trovare dei libri di questo sottogenere della fantascienza che mi fossero congeniali. Non credo che sia colpa del cyberpunk, che anzi affronta tematiche decisamente sfiziose, ma piuttosto immagino di essermi imbattuta in qualche libro sbagliato. “Criptosfera” è in gran parte uno di essi, per quanto nel complesso non mi sia dispiaciuto.
Non parlerò della trama in questa recensione, poiché forse la cosa più bella è immergersi nell’universo creato dall’autore senza sapere nulla e lasciarsi meravigliare dai prodigi partoriti dalla sua fantasia. Preferisco concentrarmi su come è scritto e cercare di capire perché non mi sia piaciuto del tutto.
Ho apprezzato le scelte compiute da Banks nell’uso delle tecniche narrative, ma non del tutto come le ha messe in pratica. Portare avanti dei filoni separati di una storia per farli ricongiungerle è una bella sfida. Purtroppo ciò impedisce di fornire al lettore un protagonista ben definito. Ognuno dei personaggi principali dei singoli filoni ha tutto ciò che serve per essere apprezzato dal lettore, ma il modo frammentario con cui viene presentato gli fa perdere la speciale connessione che si crea tra questo e il protagonista o un altro personaggio principale al quale il lettore tende ad affezionarsi. Ciò è accentuato dal fatto che alcuni di questi personaggi sono pochissimo approfonditi, sono quasi evanescenti. Si ha la costante sensazione di leggere in parallelo delle storie separate, quasi dei libri diversi ambientati nello stesso universo, ma non tutti dello stesso livello di qualità. Ciò tende un po’ a disorientare, soprattutto all’inizio della lettura, ma poi le cose migliorano, soprattutto se come me si è abituati a fare delle letture parallele e riuscire a tenerle vive allo stesso tempo nella propria mente.
Altro elemento di difficoltà è dato dalla scelta di raccontare la storia narrata da Bascule, uno di questi personaggi principali, usando un’ortografia di tipo fonetico (sto parlando di circa un quarto dell’intero romanzo). È necessario sentire le sue parole nella mente per poterle capire. Sicuramente è una scelta coraggiosa e molto originale. Al lato pratico, però, io che amo leggere anche per migliorare l’uso della lingua (che sia l’italiano o altra lingua in cui leggo) l’ho trovata semplicemente fastidiosa e me ne rammarico, poiché il personaggio di Bascule è il meglio tratteggiato di tutto il romanzo, anche perché racconta la sua storia in prima persona e lo fa con una notevole ironia.
Al di là di questi aspetti, come dicevo, il modo in cui la storia viene narrata non mi è del tutto dispiaciuto. Durante la lettura si iniziano a scorgere i collegamenti tra i vari filoni e si crea una sensazione di attesa per un finale che promette grandi rivelazioni.
E qui nasce il problema principale. Dopo una serie di scene d’azione avvincenti si arriva di colpo al finale che pare sbucare dal nulla, senza risolvere assolutamente nulla!
Purtroppo un buon libro con un finale che non funziona, per quanto mi riguarda, smette di essere buono. Peccato.
 
Una nota sul traduttore: merita sei stelle, se non altro per la capacità che ha avuto di decifrare la parte di Bascule in “inglese” e trasferirla degnamente in “italiano”.
 
 
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Di Carla (del 07/09/2014 @ 23:38:24, in Lettura, linkato 3995 volte)

 Voltapagine di nome e di fatto
 
Una cosa che mi ha piacevolmente colpito di questo libro è l’estrema bellezza della prosa, che si trasferisce altrettanto bene nella traduzione italiana. Mi ci sono imbattuta per caso e sono rimasta folgorata dal meraviglioso suono che sembrava quasi provenire dalle parole scritte. Devo ammettere che questo aspetto, unito al fatto che nel particolare momento in cui l’ho letto ero proprio in cerca di una lettura del genere, è riuscito a sopperire a qualche altro che ho meno gradito, tra cui devo annoverare la trama che non era esattamente nelle mie corde, anche se poi, andando avanti con la lettura, l’ho trovata a tratti molto divertente.
Il personaggio della madre del protagonista è un tantinello stereotipato e sopra le righe, fino a tendere un po’ alla bidimensionalità, come tutti quelli femminili in questo romanzo, mentre quelli maschili funzionano decisamente meglio.
Forse un altro aspetto che mi ha lasciato perplessa è stata la sensazione di incompletezza che ho ricavato alla fine della lettura. C’è tanta carne sul fuoco per sviluppare una storia molto più lunga e complessa, ma, proprio quando le cose iniziano a prendere vita, la storia finisce, lasciando l’amaro in bocca. Mi sono chiesta cosa ne sarebbe stato del protagonista e degli altri personaggi principali. Mi sono domandata quale fosse la motivazione dietro il libro, cosa l’autore avesse voluto davvero raccontare. Ho avuto l’impressione che si sia limitato a offrirci uno sguardo in un mondo, quello della musica classica (e tutte le faccende umane che vi girano intorno), senza che avesse realmente l’intenzione di mostrarci un percorso che andasse verso una fine.
C’è anche da dire che talvolta è meglio chiudere una storia senza completarla che dare a essa una fine che scada nella banalità. Anche per questo motivo, il finale estremamente aperto, seppure da una parte sembrerebbe una mancanza, forse potrebbe trasformarsi in pregio.
Di certo il titolo è azzeccato: è un vero “page-turner” (letteralmente appunto voltapagine), cioè un libro da cui è difficile staccarsi e che si legge in un lampo, anche perché non lunghissimo.
 

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Di Carla (del 11/09/2014 @ 21:53:20, in Lettura, linkato 4040 volte)

 Lettura casuale rivelatasi gradevole
              
Questo libro rientra sicuramente nelle letture casuali. Non ricordo come sono approdata alla pagina del prodotto su Amazon, comunque l’avevo preso poiché era gratuito (credo che lo sia sempre). Con delle premesse del genere non ti aspetti un granché ed è per questo che gli do cinque stelle: supera senza dubbio le aspettative.
La storia è una miscela di thriller, intrigo, romance e umorismo, in altre parole il genere è romantic suspense. Abbiamo la protagonista, Sinclair, che è una parrucchiera, il suo amico gay Jesse, il fratello di quest’ultimo Reed (ovviamente molto affascinante) e uno stalker che perseguita appunto la protagonista a sua insaputa. Ovviamente il bello di turno è ricchissimo, mentre lei è la cenerentola della situazione. Ovviamente lui ha una fidanzata e dei genitori spregevoli, in particolare il padre. Ovviamente finisce tutto bene.
Insomma tanti cliché. Eppure mi è piaciuto. Gli elementi sono giocati bene, la storia è gradevole e divertente. Una lettura rilassante.
So che ne esiste anche una versione tradotta in italiano, ma, da quello che leggo nelle recensioni, la traduzione non è delle migliori.
 
Tangled Beauty (formato Kindle) su Amazon.it.
Tangled Beauty (formato Kindle) su Amazon.com.
Questo libro è scritto in lingua inglese!
 
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Di Carla (del 24/09/2014 @ 04:43:30, in Lettura, linkato 2501 volte)

 Audace, inquietante, appassionante e… cattivo
 
C’è sempre una prima volta e questa è la mia nel recensire un romanzo erotico. Ma attenzione: come potete notare dal numero delle stelline, siamo di fronte a qualcosa di molto particolare.
Prendete un supereroe (il protagonista maschile), uno di quelli oscuri tipo Batman, ma con veri superpoteri ottenuti con dei trattamenti fantascientifici, ricco erede di scienziati, con una casa immensa e il fedele maggiordomo, ma immaginatelo cattivo, addirittura cruento, spesso senza controllo, che prova piacere nel fare del male, sebbene in genere (!) lo faccia solo nei confronti dei cattivi. Insomma, un personaggio a metà strada tra il bene e il male, decisamente un anti-eroe.
E poi c’è la protagonista femminile: la solita orfana, squattrinata, incasinata, un tantinello ingenua (ma solo all’inizio), ma una di carattere, combattiva, una che all’interno della storia ha una vera crescita.
Aggiungete nella miscela un po’ di sindrome di Stoccolma con tanto di abusi sessuali ed ecco a voi “Hero”.
Gli elementi presi singolarmente sono già visti, ma la loro combinazione è senza dubbio originale. Il genere sfuma tra erotico, dark romance e un po’ di azione, il tutto ben condito con una buona dose di introspezione. Se non vi fate spaventare dal contenuto (attenzione: la parte sugli abusi un tempo era correttamente segnalata nella descrizione del libro, ma adesso l’avviso è stato cancellato) e decidete di leggerlo, tenendo bene in mente cosa aspettarvi, be’ potreste apprezzarlo, soprattutto perché stiamo parlando di un libro scritto bene (per quanto la mia conoscenza dell’inglese mi permetta di valutare).
Ma veniamo ai dettagli. Cosa c’è di tanto positivo in questo libro da meritare addirittura cinque stelle?
Prima di tutto, a differenza di altri libri di questo genere, non ha né un prologo né un epilogo, che in genere non aggiungono niente alle storie, per cui è decisamente meglio che non ci siano.
Poi abbiamo, come dicevo sopra, l’originalità nel miscelare gli elementi creando qualcosa di abbastanza nuovo. I personaggi sono caratterizzati da una notevole profondità psicologica, che viene mostrata poco a poco, e vanno incontro a un’evidente evoluzione in questo senso, anche se non necessariamente in meglio. Questa evoluzione si sviluppa in maniera equilibrata durante tutto il libro, che è abbastanza lungo.
La prosa presenta una struttura ricercata e un linguaggio mai banale, che si mantiene di alto livello lungo tutto il libro.
Il doppio punto di vista nettamente suddiviso tra i due personaggi fa sì che siano entrambi ugualmente protagonisti. In questo senso le parti dal punto di vista di lui sono a mio parere le più interessanti, proprio per via dell’oscurità del personaggio, mentre quelle dal punto di vista di lei a tratti peccano di originalità.
Le scene erotiche sono pressoché tutte funzionali alla trama e non messe lì per fare numero, rischiando di far scendere il latte alle ginocchia al lettore (vabbe’, lettrice). Ma la vera forza del libro sono i dialoghi, che sono di notevole impatto emotivo, proprio perché tramite essi viene veicolato gran parte del conflitto che regge la trama.
Qualcuno potrebbe storcere il naso di fronte all’eccessiva cattiveria del protagonista maschile nei confronti di quella femminile (ci sono diverse situazioni davvero pesanti, volendo usare un eufemismo), ma l’autrice se la cava abbastanza bene introducendo una spiegazione fantascientifica, che in qualche modo riesce a giustificare questo lato oscuro e allo stesso tempo offre una risoluzione delle vicenda convincente.
Inoltre la storia si sviluppa nelle tempistiche giuste, nell’ordine di mesi e non di giorni, grazie alla lunghezza del libro, e ciò ne aumenta la credibilità nel trattare un argomento spinoso come la sindrome di Stoccolma.
Infine il romanzo si chiude con un finale aperto, per niente stucchevole. È vero che pare sia destinato a essere solo il primo di una serie di libri, ma apprezzo la scelta di chiuderlo lasciando la possibilità al lettore di immaginarsi cosa sarebbe successo dopo, senza raccontarlo.
Per completezza devo dire che a questo romanzo segue una novella, che però non raggiunge lo stesso livello di qualità, ma pare più un elemento di transizione verso un romanzo successivo, che deve ancora uscire.
Chiaramente esistono anche degli elementi negativi e non posso evitare di citarli. In particolare trovo deprecabile la scelta di usare due punti di vista entrambi in prima persona. C’è poco da fare: creano confusione. Lo so che moltissime autrici di questo genere fanno uso di questa tecnica a mio parere discutibile, ma proprio perché la usano tutti si dovrebbe provare a fare qualcosa di diverso. Se non ci si vuole avventurare in strutture narrative complesse, si può sempre ricorrere alla cara vecchia terza persona limitata vicina, che, costringendo l’autore a dire il nome del personaggio del punto di vista all’inizio del capitolo o scena, evita di scriverlo in un titolo (altra pratica fastidiosa) ed evita qualsiasi tipo di confusione durante la lettura da parte del lettore.
Infine devo criticare la descrizione del libro che svela subito l’identità del protagonista maschile. È uno spoiler a tutti gli effetti. Sarebbe stato molto meglio se il lettore l’avesse scoperta leggendo il libro, in cui viene rivelata solo quando la stessa protagonista femminile la scopre (intorno a un quarto della storia). Per questo motivo, se mai aveste intenzione di provare questo libro, magari scaricandone l’anteprima, non leggete la trama, perché altrimenti vi rovinate la sorpresa.
 
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Di Carla (del 25/11/2014 @ 22:22:48, in Lettura, linkato 2304 volte)

 Finalmente Chase rivela un po’ di sé al lettore
 
Dopo i mini-racconti delle raccolte di “Cutting Right to the Chase” e l’intrigante novella “Into the Killer Sphere” finalmente arriva il primo vero romanzo che vede Chase Williams come protagonista. Il nostro ex-detective di Scotland Yard preferito si trova a indagare insieme all’amico ispettore Angelo Alunni su due omicidi in quel di Tursenia, che coinvolgono delle giovani promesse olimpiche. I due casi sono separati nel tempo e apparentemente indipendenti l’uno dall’altro, ma alcuni dettagli li collegano, dando luogo a un intricato mistero che metterà ancora una volta alla prova le doti investigative del nostro Chase.
In questo romanzo corposo, la Mattana coniuga il classico giallo britannico, quasi impossibile da risolvere, dove il lettore ha tutto davanti agli occhi ma non è in grado di collegare i fili, con una sottotrama accattivante che getta un po’ di luce sul passato del protagonista. Cosa è accaduto a Chase a Londra? Quale terribile fatto l’ha spinto a lasciare il suo lavoro nella Polizia Metropolitana di Londra per ritirarsi a vivere in un luogo quasi sperduto in Toscana?
Mentre l’investigazione va avanti, impareremo a conoscere meglio Chase e ad affezionarci a lui, e a soffrire un po’ insieme a lui. Il finale è assolutamente perfetto: appaga il lettore e allo stesso tempo lo lascia col desiderio di leggere altro.
La Mattana dimostra in questo romanzo la sua ottima capacità di gestire una trama complessa mantenendo il difficile equilibrio tra lo sviluppo della storia e l’introspezione dei personaggi, che prendono vita, escono dalle pagine del libro e diventano amici del lettore, tanto che questo si ritrova ad attendere con impazienza il momento di tornare a leggere il libro per passare un po’ di tempo con loro.
E, adesso che ho finito di leggerlo, non mi resta che attendere il prossimo della serie, sperando che l’attesa non sia troppo lunga.
 
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Di Carla (del 15/01/2015 @ 17:28:22, in Lettura, linkato 2749 volte)

 Chick-lit divertente e arguto
 
Nel mio girovagare tra i generi letterari mi sono imbattuta in questo chick-lit un po’ fuori dagli schemi.
L’impatto con la storia non è facile. Si apre con un prologo del tutto inutile, poiché anticipa una scena che si vedrà nella seconda parte del libro. È stato messo lì per attirare la lettrice (eh, sì, è un libro da donne!) e compensare con il vero inizio che forse è un po’ lento. Il problema è che purtroppo rivela qualcosa su come si svolgerà la storia, per questo motivo consiglierei di saltarlo a pie’ pari.
Archiviato il prologo, che ho subito cercato di dimenticare, la storia mi ha subito incuriosita. La protagonista ci racconta del suo “piano” non ben definito per conquistare il suo capo, che pare invece non avere neanche idea della sua esistenza. Il tono è molto ironico. La struttura a diario, che all’inizio di ogni capitolo indica il giorno dal momento dell’assunzione e alcune frasi riassuntive che delineano la situazione, strappa più di un sorriso. Lo stile è caratterizzato da periodi brevi, anche di una sola parola, che riproducono bene il pensiero frammentario della protagonista. Sembra davvero di essere nella sua testa, di vivere le sue emozioni.
Il linguaggio è sempre garbato, mai volgare, anche in alcune lunghe scene intime, dove si fa largo uso di figure retoriche.
Storia forse non originale come trama generale, ma costruita in maniera sorprendente, con dei cambi di direzione inattesi. Il fatto che l’abbia letto in appena tre giorni, nonostante non si tratti di un romanzo brevissimo, conferma la capacità dell’autrice di tenere il lettore (lettrice) incollato alle pagine.
Una cosa che non mi è chiara è perché in alcuni siti venga catalogato come un romanzo erotico, quando non lo è affatto e, aggiungerei, per fortuna. Si tratta di un chick-lit stile “Sex and the City” neanche tanto esplicito.
Una lettura assolutamente consigliata.
 
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Di Carla (del 21/01/2015 @ 20:25:17, in Lettura, linkato 3695 volte)

 Piacevole incontro ravvicinato con gli alieni più spietati del grande schermo
 
Ho un debole per i tie-in, lo ammetto. Ritrovare in un libro un’ambientazione già vista in un film o in una serie TV ha un che di rassicurante e semplifica le cose nel momento in cui ci si deve immaginare l’universo in cui la storia ha luogo o i suoi personaggi.
Questo tie-in della saga di “Alien” non fa eccezione. La storia di “Dentro l’alveare” non ha niente a che vedere con le vicende di Ripley, può essere letta tranquillamente da chi non ha mai visto nessuno dei film, ma una persona come me che li ha visti (d’altronde chi tra gli amanti della fantascienza non li hanno visti almeno una volta?) si trova immediatamente a suo agio nell’immaginare le creature aliene in cui i protagonisti si imbattono, il futuro narrato nel libro, le astronavi, e lo stesso alveare del titolo. Il ricordo aggiunge quel qualcosa in più che ti fa godere la storia e ti dà l’impressione di assistere a un film.
Al di là di questo, la trama ben costruita narra di una spedizione molto illegale per recuperare la pappa reale prodotta dalla regina aliena di un alveare con lo scopo di rivenderla. Il protagonista in realtà è un malato terminale e usa questa sostanza anche per alleviare il sintomi della sua malattia, ritrovandosi spesso in stati alterati in cui il tempo sembra scorrere in maniere indipendente. La storia inizia sulla Terra e continua nello spazio fino al pianeta madre delle creature aliene. Azione, ironia, colpi di scena caratterizzano questo romanzo che scorre via veloce con grande divertimento di chi lo legge. O almeno io mi sono divertita parecchio a leggerlo, nonostante il finale un po’ malinconico ma perfettamente in linea con la serie di film iniziata da Ridley Scott.
L’edizione italiana è accettabile, fatta eccezione per i cronici problemi relativi ai refusi ed errori vari che caratterizzano i libri di Urania (e in generale le edizioni supereconomiche). Tutto considerato è comunque una lettura che consiglio se si vuole passare qualche piacevole serata braccati dagli alieni più spietati del grande schermo.
 
 
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