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 Fiordo svedese... di Carla
 

"Qui si parla di andare su Marte. Vivere su Marte!" Deserto rosso - Punto di non ritorno

 

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 07/08/2014 @ 04:39:30, in Lettura, linkato 2477 volte)

 Un esperimento riuscito solo a metà
 
Ho scoperto casualmente questo libro su Pinterest, dove mi sono imbattuta nell’autrice Annarita Petrino, che mi ha detto di scrivere fantascienza cristiana. La cosa mi ha incuriosito non poco. Infatti, benché questo sottogenere esista soprattutto nel mercato anglofono, non mi era mai capitato di sentirne parlare in Italia. Ho quindi accettato volentieri di leggere questa raccolta di racconti, considerando che amo la fantascienza e al contempo sono una credente.
Ammetto che alla fine della lettura mi sono sentita un po’ stranita e subito mi sono chiesta che cosa avesse suscitato in me questa sensazione. Non so cosa mi aspettassi da “You God”, ma non è di certo quello che ho trovato.
Prima di tutto specifico che la raccolta contiene quattro racconti, davvero molto diversi tra loro, e voglio anche precisare che la Petrino scrive molto bene. Ma allora cosa c’è che non va? I problemi vanno dalla struttura della trama, o dalla sua mancanza, fino alla cura dei personaggi.
Il racconto che ho preferito è stato il secondo, “Judy Bow”. Non a caso è quello con una trama molto più complessa e ben delineata e soprattutto con un personaggio principale che è in grado di uscire dalla pagine e diventare reale. L’argomento è quello dell’opportunità dell’accanimento terapeutico, un argomento molto attuale, che divide e suscita sentimenti contrastanti che prescindono del tutto dal fatto di essere o no credenti. Questa universalità del tema presentata da un personaggio tratteggiato in maniera realistica sono gli elementi vincenti del racconto.
La fantascienza, devo dire, è solo un contesto, e questo è l’unico appunto che mi sento di fare. La storia poteva forse reggere con qualche aggiustamento di trama in contesti meno distanti dalla nostra realtà, ma è chiaro che difficilmente avrebbe attirato alla lettura un lettore di fantascienza come me.
Per il resto il racconto è ben riuscito. Il messaggio cristiano c’è, ma è sottile. Persino il lettore non credente, superata la diffidenza iniziale nel leggere un racconto di fantascienza cristiana, credo che possa condividere le sofferenze e il dilemma di Judy e comprendere le sue decisioni. Il finale aperto accompagnato dalla speranza impreziosisce ancora di più questo scritto.
In altre parole ritengo che in “Judy Bow” l’intento di far apprezzare il messaggio cristiano possa riuscire, proprio perché in questo contesto può essere condivisibile da chiunque a prescindere dal fatto che creda o no in Dio.
Purtroppo questo “meccanismo” non funziona altrettanto bene negli altri tre racconti.
Nel primo, “Imperfezioni”, si parla di intolleranza verso il diverso. È ambientato in un futuro distopico, in un mondo dove si tende alla perfezione genetica e fisica e si emargina chi ne è lontano. Le premesse per un buon racconto e per utilizzarlo in modo da trasmettere un messaggio cristiano c’erano tutte. Anche qui si parla di una tematica, quella del rispetto verso il diverso, condivisibile indipendentemente dalle proprie inclinazioni religiose. Alla fine però la storia non mi ha convinto. Temo che il motivo sia una caratterizzazione non approfondita dei personaggi. Non sono riuscita a immedesimarmi nelle loro problematiche e ho trovato un po’ eccessive le loro azioni. Ho avuto l’impressione che nel tentare di mettere in rilievo l’aspetto cristiano, l’autrice si sia dimenticata che la fantascienza è un genere di intrattenimento e, se il lettore non si diverte (in senso lato), difficilmente apprezzerà il messaggio.
Gli ultimi due racconti invece mancano proprio di una trama. Sono la trasposizione in un contesto fantascientifico di alcune riflessioni. Il risultato è che il lettore non credente fuggirà a gambe levate. Ammetto che io stessa di fronte alla profusione di citazioni bibliche in “Hic et nunc” sono stata tentata di abbandonarlo. E io la Bibbia la leggo volentieri. Mi è sembrato più un esercizio fine a se stesso che un tentativo di raccontare una storia.
Infine l’ultimo brevissimo racconto, che dà il nome alla raccolta, cioè “You God”, non mi è piaciuto. Il motivo è che non ho proprio gradito il tentativo di creare un dualismo tra la fede verso Dio e quella verso l’uomo e la scienza. Chiunque, come me, è credente, studia la scienza e dà notevole valore a ciò che l’Uomo è in grado di fare sa che un dualismo del genere esiste solo nella mente di chi si ostina a conoscere solo uno dei due aspetti. Fede e scienza/umanità sono solo due diverse angolazioni da cui vedere la stessa cosa. E sono totalmente complementari. L’una non deve escludere l’altra. Per un credente, a maggior ragione, l’una non può escludere l’altra. Perché ci deve essere da una parte Dio e dall’altra il robot You God che conserva i ricordi delle persone che muoiono? Perché non si possono avere entrambe le cose? Anzi, io penso che chiunque faccia uso solo di una di queste due prospettive stia perdendo qualcosa. Credo che entrambi i personaggi del racconto alla fine siano in errore. Capisco il tentativo di creare una contrapposizione rispetto alla fantascienza “atea”, ma credo che rispondere a un comportamento estremo con quello opposto, sempre estremo, non sia la soluzione, perché impedisce il dialogo, allontana invece di unire.
Dovendo dare un giudizio generale su quest’opera, ritengo che se il tentativo della Petrino era quello di avvicinare i credenti alla fantascienza (la copertina che non ha nulla di fantascientifico mi fa ritenere che sia così), potrebbe in parte esserci riuscita. Magari potrebbe riuscirci ancora meglio, se ampliasse l’aspetto fantascientifico delle sue storie.
Se invece il suo intento era di avvicinare gli appassionati di fantascienza a tematiche cristiane, temo che sia ancora lontana (a iniziare appunto dalla copertina). Se il lettore non è credente e quindi parte prevenuto nel momento in cui si appresta a leggere questo libro, la lettura non farà che confermare la sua impressione. Se il suo intento è conquistare questo tipo di lettore, forse dovrebbe rendere un po’ meno ingombrante il messaggio cristiano, inserendolo nelle maglie della storia senza sbatterlo in faccia a chi legge, in modo da far riflettere con serenità sulla tematica trattata, scavalcando i pregiudizi. D’altronde moltissimi temi cristiani sono universali e quindi condivisibili o meno a prescindere dal credo di ciascuno di noi (o dalla sua assenza), quindi perché non sfruttare questo aspetto?
 
Il libro purtroppo non è al momento disponibile su Amazon.
 
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Di Carla (del 24/07/2014 @ 10:00:00, in Lettura, linkato 2512 volte)

 Il tiramisù come non lo avete mai visto (e assaggiato) prima
 
Confesso che ho acquistato questo libro perché amo il tiramisù e spero di spingere qualcuno a prepararmi una di queste delizie!
Nel frattempo mi sono messa a leggere il libro e a studiare un po’ le ricette.
Prima di tutto trovo molto azzeccata l’idea di dedicare un intero libro a questo famoso dolce. L’autrice ha preso spunto dalle varianti della ricetta base del tiramisù che ha avuto modo di assaggiare nelle cene a casa degli amici. Ha poi chiesto ad amici e parenti di inviarle la ricetta corredata di foto. Si tratta quindi di un libro che raccoglie l’esperienza di diverse persone, per la maggior parte italiane, ma non tutte.
Devo dire che le ricette sono scritte in maniera molto chiara e sono estremamente facili da seguire anche per chi come me non è molto esperto in cucina, poiché le procedure vengono descritte passo passo. Chiunque ci si potrebbe cimentare.
Le foto sono molto belle e ben fruibili anche da chi ha scaricato il libro nell’ereader. Nonostante il bianco e nero, si apprezzano bene i dettagli, il file non è affatto pesante e il cambio pagina è fluido.
È davvero sorprendente la varietà di modi in cui è possibile preparare il tiramisù. Onestamente non avevo idea che ce ne potessero essere così tanti. Ci sono ricette per tutti i gusti e per tutte le abitudini alimentari (vegani, persone a dieta, celiaci) e permette di preparare un dolce per tutte le occasioni e tutti i tipi di ospiti.
Molto carina è la parte dedicata agli autori delle ricette. Abbiamo modo di conoscerli un po’ da vicino, scoprire dove vivono e cosa fanno nella vita. A ognuno di loro l’autrice ha anche chiesto quale fosse il suo dolce preferito.
Questo, però, non è solo un libro di ricette.
Nella parte iniziale l’autrice si sofferma a parlare del tiramisù, dei suoi ingredienti, e offre addirittura una lista di domande frequenti con relative risposte per chi non ha familiarità con questo dolce.
Dopo le ricette vi sono poi altre due sezioni.
Quella dei "Tiramisu Disasters" è molto utile per capire quali errori si possono fare nella preparazione, in modo da evitarli.
E poi c’è la divertente sezione del "Tiramisu Party" che propone delle idee originali per organizzare una festa a base di tiramisù, dagli inviti fino ai giochi (molto divertente il Tiramisu Quiz).
In breve si tratta di un libro ben fatto, utile per chi voglia cimentarsi nella preparazione di questo delizioso dessert, ma può essere anche un’ottima idea regalo.
 
Questo libro è in lingua inglese!
 
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Di Carla (del 14/07/2014 @ 20:18:26, in Lettura, linkato 2431 volte)

 Tra fantasy e storia
 
Da buona appassionata di romanzi storici ambientati nell’antico Egitto non ho saputo resistere alla tentazione di leggere questo libro di un autore italiano che in questo genere si confronta con autori famosi quali Jacq e al pari di quest’ultimo mescola con efficacia i fatti storici reali con l’aspetto fantasioso della religione e magia del tempo.
Come ogni romanzo che cerca di racchiudere in sé gran parte della vita di un personaggio risente un po’ della sua struttura episodica. Vengono raccontati vari eventi, ognuno dei quali si conclude per dare spazio a sviluppi avvenuti in un periodo successivo. Per questo motivo al termine di ogni singola sfida che i protagonisti devono affrontare ci si può staccare dal libro senza grossi problemi. La narrazione è però così piacevole che si finisce poi per tornarci con la stessa facilità.
Gli eventi narrati vanno dall’arrivo di Archimede ad Alessandria fino alla sua “scomparsa” molti anni dopo a Siracusa, per la quale l’autore offre una spiegazione molto interessante.
Elemento centrale della storia, come si può desumere dal titolo, è la sua storia d’amore con la sacerdotessa Cleoth. Con delicatezza e sensibilità Bertoni ci racconta questo loro sentimento e le vicende cui esso li ha condotti, impreziosite da elementi fantasy che contribuiscono a dare a questo libro un alone di mistero in cui tutto è davvero possibile.
Accanto a esso c’è la storia, quella vera, e i racconti delle mirabolanti invenzioni di Archimede, genio del suo tempo, che vanno sapientemente ad arricchire il romanzo senza appesantirlo di nozioni e senza mai creare cali di tensione.
Insomma, un bel libro che vale molto più del prezzo irrisorio cui viene venduto.
 
 
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Di Carla (del 09/07/2014 @ 10:24:03, in Lettura, linkato 2617 volte)

 Affascinante ma deludente
 
Sono sempre molto attratta da libri ambientati in luoghi lontani e i cui protagonisti vivono culture profondamente diverse dalla mia. Sono storie che aprono la mente, che ci insegnano a vedere il diverso e a rispettarlo, per quanto ci appaia estraneo e contrario al nostro modo di vedere, a ciò che noi consideriamo giusto. E, da donna, mi piacciono le storie di questo tipo raccontate dal punto di vista di una donna, che spesso mi portano a notare che, sebbene nelle differenze, esistono comunque dei punti in comune, che sono universali.
Con queste aspettative mi sono cimentata nella lettura di “An Unproductive Woman”. Dal titolo si può immaginare di cosa parli. È la storia di una donna che non riesce ad avere figli, ma è allo stesso tempo molto più complessa di così.
È ambientata in Senegal, in un contesto musulmano, con una figura di donna intesa come madre di figli e in situazioni di poligamia in cui spesso il marito è molto più vecchio delle sue mogli.
È già un argomento difficile da trattare per una donna occidentale, ma ha un suo fascino. È interessante apprendere il modo di pensare di queste donne per le quali è normale sposare un uomo ben più grande di loro, per le quali la presenza di altre mogli è qualcosa che può accadere, sebbene non vadano matte per l’idea, ma tendono comunque ad adattarvisi. È interessante vedere questo tipo di dinamiche familiari e tutti i problemi di gelosie, discussioni e litigi che vi si possono osservare.
C’è da specificare che non siamo di fronte a situazioni che implicano abusi. Le donne raccontate in questo romanzo sono donne libere di fare ciò che vogliono. Gli unici limiti che hanno sono quelli dettati dalla loro stessa mentalità.
Il libro è scritto molto bene, lo stile evocativo dell’autrice ti porta dentro la testa di queste donne e dei loro uomini.
Eppure non ne sono stata soddisfatta.
La trama abbastanza complessa aveva degli spunti interessanti. Adam dopo aver vissuto un lungo periodo in America dove aveva una moglie e un figlio maschio, torna in Senegal per “dovere”, perché la sua famiglia, che non sa nulla di questa moglie e questo figlio, vuole che lui prenda moglie nel suo Paese.
E lui lo fa. Per poi passare il resto della sua vita a pentirsi di aver perso quel figlio maschio. Sì, avete letto bene, il figlio maschio, non perché ha abbandonato la sua famiglia.
Il motivo del suo pentimento è soltanto che la sua nuova giovane moglie, Asabe, sembra non essere in grado di dargli alcun figlio, tanto meno maschio. In caso contrario appare evidente che mai si sarebbe pentito.
Mentre Adam si affanna a trovare una moglie capace di ciò, una serie di sfortune, morti, nascite di figlie femmine, malattie e così via gli impediscono di raggiungere questo sogno. Qui l’ironia della sorte, o il karma, o il suo stesso Dio lo stanno punendo per il suo comportamento. E questo è forse l’aspetto più equilibrato della storia.
Dal canto suo Asabe, che non sa nulla del suo passato, continua ad amarlo e subire quel suo desiderio che lei non può esaudire. Mentre il figlio perduto da adulto scopre che il padre lo cercava.
Tutto ciò ha le potenzialità di un grande dramma e, invece, si sgonfia in un insulso buonismo davvero difficile da mandare giù.
Non c’è vero pentimento laddove ci dovrebbe essere, e c’è perdono laddove pare del tutto impossibile che ci sia.
Onestamente non so se la storia possa essere realistica. Da occidentale non lo sembra, ma cercando di aprire la mente ad altre culture le concedo il beneficio del dubbio e dico che forse la sospensione dell’incredulità potrebbe aver retto.
Ma ciò non impedisce l’esistenza di due aspetti veramente deludenti.
Il primo è il tentativo di presentare una situazione controversa per poi farla piegare al conformismo dell’ambiente in cui si sviluppa. In tutto questo dov’è la crescita dei personaggi? Non c’è. Sono tutti statici, fermi sulle loro convinzioni o, peggio, invece finiscono per regredire. La riconciliazione è di una prevedibilità disarmante.
Nella vita reale sono convinta che succeda così, la gente per quieto vivere lascia correre, perdona, va avanti. Ma questa è finzione. Se nella finzione il conflitto non porta a una crescita e a una risoluzione inattesa, i fatti sono due: non funziona lasciando il lettore perplesso o semplicemente lo annoia poiché non offre nulla di nuovo.
L’altro aspetto che proprio non riesco ad accettare è questa immagine della donna che come unici pensieri ha fare figli, avere cura di loro, del marito, i loro sentimenti, i pettegolezzi, le gelosie... ecc... solo e unicamente queste cose. Nonostante il romanzo entri nel dettaglio in tutti questi aspetti, raccontandoci anche la quotidianità di queste donne, mai una volta che in loro riesca a trasparire un benché minimo interesse per un qualsiasi altro argomento. A parte forse Asabe che vediamo qualche volta curare il giardino (ma pare più che altro un aspetto di contorno), possibile che non abbiano altri interessi nella vita? E, badate bene, non parliamo di una famiglia che vive in condizioni di indigenza in cui le donne non si possono permettere “frivolezze” (ovviamente non sono veramente frivolezze, visto che gli interessi di una persona ne definiscono la sua essenza), tutt’altro. Adam è un imprenditore. Le sue mogli hanno tutto quello di cui hanno bisogno. Capisco che tradizionalmente si occupino di faccende “da donne”, okay, ma oltre a questo il nulla. O sono donne di una pochezza di spirito pazzesca (tutte?) o, come penso, l’autrice ha deciso di volerci mostrare dei personaggi la cui continua preoccupazione è quella di ottenere l’attenzione di un uomo codardo ed egoista. Sembra quasi che la sua sia una provocazione nei confronti del mondo occidentale in cui lei vive.
Niente mi convincerà che una cosa del genere possa essere realistica. E purtroppo, benché io possa apprezzare il suo intento, ne sono rimasta delusa, poiché, in poche parole, non me l’ha data a bere.
 
Questo libro è in lingua inglese!
 
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Di Carla (del 02/07/2014 @ 01:09:19, in Lettura, linkato 4751 volte)

 Quando la natura toglie il respiro
 
Un bel thriller pescato per caso dalla mia collezione di ebook. La storia è ambientata in una cittadina dell’Oklahoma che viene periodicamente colpita dai tornado. Dopo uno di essi particolarmente forte, lo sceriffo trova un’intera famiglia morta nella sua casa, all’apparenza uccisa dai detriti lanciati della forti raffiche di vento. Ma qualcosa non quadra.
E così che inizia una storia che parla di un impavido serial killer che uccide durante i tornado, sfruttando la forza della natura per non lasciare traccia.
Il romanzo è una sorta di incrocio tra un classico crime thriller e un techno-thriller alla Crichton (non a caso mi viene in mente “Twister”). Infatti alla suspense, gli omicidi e le indagini, si unisce una dettagliata spiegazione scientifica dei fenomeni meteorologici e del modo in cui vengono studiati, che mi ha reso la lettura del libro particolarmente interessante.
Unico neo è una certa prevedibilità riguardo all’identità dell’assassino. In realtà la Blanchard avrebbe anche giocato bene le sue carte, ma il suo compitino è troppo perfetto. Un esperto lettore di thriller non ha difficoltà a individuare l’unico personaggio che rientra nel profilo del serial killer, che rimane un po’ in disparte e sul quale non si hanno mai sospetti. Insomma ci si arriva per esclusione.
Per quanto mi riguarda, poi, non mi sono sentita eccessivamente coinvolta dai personaggi, ma ciò potrebbe essere dovuto a motivi miei di gradimento personale e non a un difetto del romanzo.
Le scene finali sono davvero emozionanti e qui l’autrice si fa perdonare. A un certo punto, quando tutte le carte sono scoperte, i protagonisti si trovano ad affrontare il più grande nemico che possano avere: la natura. E, per quanto mi aspettassi che tutto sarebbe andato bene, devo ammettere che mi pareva quasi di sentire il vento fischiarmi nelle orecchie.
 
 
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Di Carla (del 04/06/2014 @ 23:16:37, in Lettura, linkato 3681 volte)
Più riguardo a Next


 Fantasia che potrebbe già essere realtà

È sempre più difficile recensire un libro di Michael Crichton, un po’ perché si rischia di ripetere sempre le stesse cose, un po’ perché ogni libro letto è uno in meno da leggere di questo compianto autore, nonostante continuino a uscire da chissà dove dei romanzi postumi.
“Next” è l’ultimo dei suoi romanzi pubblicato quando era ancora in vita e in esso si ritrova il tono di denuncia della sua opera precedente, “Stato di paura”. Al centro di tutto c’è la tematica scientifica dell’ingegneria genetica e di ciò che questa potrebbe portare in futuro, o anche solo già domani. Intorno a questo tema si muove un coro di personaggi, ognuno con la sua storia, un sottile filo conduttore li unisce, quello di una scienza in grado di modificare la natura a proprio uso e consumo. Accanto a tecnologie realmente esistenti Crichton pone altre che potrebbero esistere presto, o magari vengono già usate a nostra insaputa. Il confine tra le due è talmente difficile da discernere che nel leggere di oranghi parlanti o di tartarughe con loghi pubblicitari ci viene il dubbio che stia davvero accadendo, ci chiediamo cosa di tutto ciò sia veramente realizzabile con le attuali biotecnologie.
Se state cercando una lettura di puro intrattenimento, questo non è il libro per voi. Non lo è neppure se siete in cerca di grandi personaggi in cui immedesimarvi.
“Next” si legge per speculare sul futuro della scienza, e della legislazione a essa correlata, per imparare nuove nozioni e immaginare scenari affatto impossibili. Lo si chiude, alla fine, con la soddisfazione di esserne stati arricchiti e nel contempo con un senso di inquietudine, che nasce dal timore che ciò che abbiamo letto possa diventare reale e noi non potremmo far nulla per impedirlo.
 
 
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Di Carla (del 28/05/2014 @ 06:26:51, in Lettura, linkato 3026 volte)

 Stava per osare, ma poi non ce l’ha fatta neanche stavolta
 
Ho letto quasi tutti i libri di Nick Hornby. Lo trovo per certi versi geniale. È capace di prendere dei personaggi (quasi) normali in ambientazioni comuni e tirarne fuori delle storie che non avresti ma in alcun modo pensato. La sua è una fantasia che si muove fuori dagli schemi. Le situazioni che racconta sono inusuali ma plausibili. I suoi personaggi sono vivi nella nostra mente. E tutti ci fanno ridere, talvolta fino alle lacrime, per le cose fanno o che dicono.
Anche in questo “Juliet, Naked” (Tutta un'altra musica) Hornby tira fuori il meglio di sé. Racconta la storia di una rockstar dimenticata e della compagna di uno dei suoi pochi inossidabili fan (che rasenta l’ossessione). Due personaggi lontanissimi, non solo geograficamente, che grazie a internet entrano in contatto.
Il personaggio dell’ex rocker Tucker è così ben costruito, con tanto di pagina di Wikipedia, che ti viene quasi il dubbio che sia esistito davvero un musicista famoso con quel nome negli anni ’80. Nonostante l’assurdità oggettiva della storia, dovuta a un eccesso di eventi e personaggi inusuali, la sospensione dell’incredulità è totale.
Eppure anche questo romanzo di Hornby, come quasi tutti, sembra perdersi nel finale. Dopo aver ecceduto senza farsi tanti scrupoli per tutto il libro, non riesce a osare nel chiuderlo. Diversamente da altri romanzi in cui è caduto in una conclusione buonista, dove i personaggi tornano alla normalità, dopo la follia della storia, qui l’autore si lascia andare a un finale aperto. Questo di per sé non sarebbe affatto male. Io adoro i finali aperti, il problema di questo è che però Hornby non prova neppure a dare una vera indicazione della direzione verso cui, verosimilmente, la situazione si evolverà. Eccetto forse ancora una volta la conclusione scontata, da nulla di fatto. E mi sorge di nuovo il dubbio che si ripresenta ogni volta: non sarà forse che l’autore non sapeva proprio come finirla questa storia?
 

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Di Carla (del 14/05/2014 @ 15:00:00, in Lettura, linkato 3096 volte)

 Affascinante, coinvolgente, amaro
 
Ammetto di essere affascinata dai libri che narrano di storie lontane da me, non solo dal punto di vista geografico, ma soprattutto da quello culturale. Questo romanzo di Tahmina Anam che racconta il Bangladesh degli anni ’80 (con qualche piccolo scorcio dei ’70) è uno di quei libri che finisce per attrarmi già dalla copertina e dalla promessa di una storia “esotica” che questa suggerisce. Solo durante la lettura ho scoperto che si trattava del secondo libro di una trilogia, ma si può apprezzare tranquillamente senza aver letto il precedente.
Come sempre, quando affronto tali storie, provo dei sentimenti contrastanti. C’è la tendenza a voler trovare al loro interno dei riferimenti che in qualche modo richiamino ciò che conosco. In questo senso mi sono subito immedesimata nel personaggio della protagonista, Maya, una donna moderna, vicina alla nostra idea occidentale di donna, nonostante venga raccontata in un Paese e in un tempo relativamente lontano (trent’anni sono tanti). Accanto a lei ci sono piccoli dettagli, come sua madre che guarda “Dallas” alla TV, esattamente come facevo io a quei tempi da bambina.
Il resto è per gran parte diverso, quasi alieno, a tratti inquietante. Il fratello diventato da ateo a fanatico religioso, dopo la guerra, chiusosi ostinatamente nel suo mondo arretrato, trascinandoci dentro suo figlio Zaid, fa arrabbiare. Il suo modo di essere sordo di fronte ai suoi cari sconvolge e incuriosisce, poiché porta a chiedersi perché sia diventato così e a voler trovare insieme alla protagonista ancora in lui un barlume dell’uomo che era stato prima. Il desiderio mai soddisfatto di comprendere cosa passi nella sua testa ci accompagna per gran parte del libro.
E poi ci sono le vicende personali e sentimentali di Maya che rappresentano alla fine l’unico aspetto confortante della storia una volta giunti alla sua conclusione.
Il tutto ci viene mostrato con una prosa evocativa e intensa, unita a un gioco di flashback che come le tessere di un puzzle ricostruiscono la storia di Maya e Soheil, sullo sfondo di un Paese lontano, difficile da comprendere e immaginare, in una realtà impietosa dove non c’è posto per un lieto fine, ma solo per la speranza.
Nonostante abbia letto questo libro con grande piacere, nonostante mi sia lasciata trasportare con estrema facilità dalle sue parole, e nonostante abbia deciso di dargli il massimo dei voti, di certo non leggerò quello precedente né il seguito. L’autrice è talmente brava nel farci vivere le sue storie che preferisco non andare avanti, poiché non riesco proprio a sopportare quel serpeggiante senso di amarezza che è rimasto in me nel leggerle.
 
The Good Muslim su Amazon.it.
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Di Carla (del 01/05/2014 @ 15:00:00, in Lettura, linkato 2438 volte)

 Deliziosa novella paranormale
 
Cody è un mutaforma che vive in una dimensione parallela chiamata “The Realms” dove accanto agli esseri umani si trovano creature paranormali di ogni tipo. È finito laggiù dopo essere morto nel mondo reale ed è per sempre condannato ad avere l’aspetto di un adolescente, tranne quando muta in lupo. La sua non-vita subisce un drastico cambiamento quando conosce l’umana Simone e se ne innamora, ma lei non conosce il suo segreto.
Graziosa storia d’amore platonico rivolta a pubblico giovane ma godibile per i lettori di tutte le età che non hanno smesso di sognare. Theresa Snyder ha un’incredibile capacità di parlare al cuore del lettore e coinvolgerlo in qualsiasi storia scriva, indipendentemente dal genere.
Non mi capita spesso di leggere storie paranormali, ma da sempre sono attratta dal genere gotico e vederlo presentato in questa veste soft mi ha particolarmente divertito.

Shifting in The Realms su Amazon.it.
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Di Carla (del 29/04/2014 @ 15:00:00, in Lettura, linkato 2611 volte)

 Nazismo ed esoterismo
 
Novella molto particolare che miscela avventura con Nazismo esoterico. Quest’ultimo non è certo un tema nuovo, ma è sicuramente originale il modo in cui l’autore mescola storia e mitologia creando una storia ricca di avventura negli scenari mozzafiato della foresta amazzonica, dove personaggi tutt’altro che positivi (ex-SS e fascisti), alcuni dei quali affatto simpatici, sono impegnati in una ricerca misteriosa dai risvolti cruenti e horror.
Girola è bravo a costruire una trama complessa e ben documentata in un testo relativamente breve che si presta a una sessione unica di lettura. La lunghezza ridotta è uno degli aspetti vincenti di questo libro, che ne permettono la fruizione in breve tempo e con notevole soddisfazione anche a chi, come me, non ama le tematiche trattate e difficilmente avrebbe letto un lungo romanzo che vertesse su di esse. Nonostante ciò è stata una lettura molto piacevole che mi sento di consigliare caldamente, anche solo per provare qualcosa di diverso.
 
Aquila di Sangue su Amazon.it.
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