Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
     Breve ma intenso
Questo romanzo breve, il secondo della trilogia noir di Matheson, è la corsa folle di un personaggio che in poche ore riesce a distruggere quel che resta della propria vita. Convinto di essere stato derubato della donna che ama, fugge dal manicomio, dove è detenuto per aver ucciso suo padre e nel quale è pure lui stesso vittima di abusi, per “salvarla”. Ma la donna in questione non ha mai ricambiato i suoi sentimenti. È tutta una creazione della sua mente.
E il libro rappresenta proprio un viaggio prima di tutto nella mente del protagonista, alla scoperta di come la follia si genera e del modo in cui lo spinge ad agire.
Matheson anche questa volta mi stupisce con una storia diversa dalle altre precedenti. Attraverso i punti di vista dei cinque personaggi principali, attraverso il modo personale con cui ciascuno di loro la interpreta, si svelano uno strato alla volta i dettagli della trama. Il tono dell’intero romanzo è drammatico, costellato di violenza e morte. Come lettrice mi sono preoccupata per le sorti delle vittime, ma anche del protagonista folle, che è a suo modo una vittima in grado di suscitare pietà.
La scelta di chi uccidere e chi far sopravvivere alla fine non è casuale. Accanto allo sprofondamento del protagonista nel delirio si delinea l’ascesa di un altro personaggio e la redenzione dell’ultima vittima.
    Troppe coincidenze sfortunate
Questo romanzo è caratterizzato da una storia intricata, che l’autrice è stata in grado di gestire con cura e attenzione. I tanti fili che si dipanano nella stesura della trama si uniscono poi alla fine.
Il passaggio tra le due linee temporali avviene sempre in maniera intelligente, tenendo il lettore incollato al libro. Non a caso aspettavo con piacere di mettermi a leggere, prima di andare a dormire.
Forse il ritmo con cui la storia si sviluppa è un po’ lento e ciò mi rendeva un po’ troppo impaziente di andare oltre per sapere cosa sarebbe accaduto. Non sono riuscita a legare con il personaggio della voce narrante (Libby), ma mi è piaciuto molto quello del fratello, anche se ha avuto dei momenti di incoerenza ingiustificata.
A mio parere, il problema principale di questo romanzo è la presenza di eccessive coincidenze, sfortune e cattiverie. Davvero troppe, tutte concentrate nel lasso di un unico giorno.
Il finale poi è sotto tono. Una volta chiarito cosa è accaduto, l’autrice smette di mostrare e inizia a raccontare, come se non vedesse l’ora di chiudere il libro. Ciò mi ha lasciato con l’amaro in bocca.
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Il 21 maggio 2017 uscirà l’ultimo libro della trilogia del detective Eric Shaw, “ Oltre il limite”. In quello stesso giorno inizieranno gli eventi narrati nel romanzo, che vedranno il detective Shaw e la sua squadra del Servizio di Scienze Forensi di Scotland Yard alle prese col presunto ritorno di un serial killer che pensavano di aver fermato oltre tre anni prima.
Questa investigazione, oltre a essere l’ultimo suo impegno come caposquadra prima di una sua possibile promozione, rappresenta per Eric l’occasione per prendere un’importante decisione per il futuro. Dal 2014, infatti, custodisce insieme alla sua allieva un terribile segreto, che adesso rischia di venire alla luce.
Dopo la rivelazione recata da “ Il mentore” (bestseller internazionale con oltre 170 mila lettori in tutto il mondo) e il tentativo di Eric di opporsi, senza riuscirci, alla realtà in “ Sindrome”, “ Oltre il limite” segnerà il momento di compiere una scelta definitiva, da cui non potrà tornare indietro.
L’ebook è senza protezione DRM, quindi potrà essere visualizzato in un numero illimitato di dispositivi.
Se lo prenotate adesso, allo scoccare della mezzanotte del 21 maggio verrà recapitato sul vostro dispositivo e potrete iniziare subito a leggerlo!
Ai primi di maggio sarà prenotabile anche su Google Play e in formato cartaceo (circa 550 pagine), mentre su 24Symbols sarà disponibile a partire dal giorno della pubblicazione.
Ecco la descrizione del libro.
Fin dove saresti disposto a spingerti, per proteggere un segreto?
Il corpo senza vita di una donna in abito da sera viene scoperto nella sala delle feste del museo delle cere. Tutto farebbe pensare a un suicidio, ma il detective Eric Shaw, caposquadra della Scientifica di Scotland Yard intervenuto sul posto con la criminologa Adele Pennington, nota subito delle similitudini con il caso del serial killer soprannominato ‘chirurgo plastico’, risolto tre anni prima con l’arresto di un uomo: Robert Graham.
Forse qualcuno lo sta emulando oppure Graham aveva un complice, ma esiste una terza possibilità ed è questa in particolare a preoccupare Eric, che all’epoca, certo della colpevolezza del sospettato, aveva falsificato una prova fisica per assicurarne la condanna.
E se avesse compiuto un errore e mandato in prigione la persona sbagliata?
Le indagini lo riportano a lavorare con Miriam Leroux, la giovane detective della Omicidi che fino all’anno precedente collaborava con la sua squadra, e insieme a lei si ritroverà a seguire le tracce di un inafferrabile assassino, in una corsa contro il tempo lunga tre giorni.
Questo potrebbe anche essere il suo ultimo caso importante prima di un’eventuale promozione a sovrintendente, se non fosse per il fatto che il detective George Jankowski, in lizza per lo stesso avanzamento di grado, ha deciso di giocare sporco per mettere in cattiva luce il collega e favorire la propria carriera.
Nel farlo, però, questi finirà per avvicinarsi pericolosamente all’inconfessabile segreto custodito da Eric e dalla sua allieva.
    Tradito dal finale
La storia di questo romanzo è originale e piena di cambi di direzione imprevedibili. Ricorda per certi aspetti la serie di Dexter, ma è evidente il tocco britannico nel modo di ragionare, parlare e agire del personaggio principale (ma anche degli altri)... e dal numero impressionante di tè che vengono preparati!
L’aspetto e il nome del protagonista non vengono mai riportati nel testo, lasciando al lettore la scelta di immaginarlo come preferisce. Nonostante il fatto che abbiamo a che fare con una persona che uccide a sangue freddo per soddisfare le proprie pulsioni, l’autore ci fa immedesimare così bene nella sua mente che, dopo lo smarrimento iniziale, finiamo per tifare per lui, soprattutto nel momento in cui incontra Rachel e perde il controllo del proprio mondo distorto per via del fatto che si è innamorato.
Per il 90% del libro l’autore ci fa letteralmente ridere delle avventure di un serial killer e poi alla fine tutto crolla. L’autore mette le mani avanti, facendo dire al personaggio che nelle favole ci sono i lieti fini, ma nella vita reale le cose sono diverse. E no! Io non stavo leggendo un resoconto di vita reale, ma finzione. Nella vita reale non avrei mai simpatizzato con un serial killer e riso dei suoi delitti. E anche alla fine, per coerenza, mi attendevo lo stesso sguardo surreale e una conclusione che non ricadesse nella “normalità”, ma che con un altro colpo di scena che non avrei mai potuto prevedere mi lasciasse con il sorriso. Invece la storia si fa melodrammatica e sfocia in un finale prevedibile in un contesto realistico, un finale che temevo sarebbe arrivato dal momento stesso che ho visto la trama del libro e ho deciso di leggero, eppure speravo di sbagliarmi.
Peccato, perché l’autore non ha voluto o saputo osare e purtroppo alla fine l’apprezzamento di un libro da parte del lettore dipende proprio nel fatto che trovi un finale degno del resto della storia.
Gli ho dato quattro stelline, nonostante non mi sia piaciuto il finale, perché mi ha tenuta incollata all’ereader finché non l’ho finito, perché mi ha fatto ridere tanto, perché è scritto davvero bene e lo stile dell’autore è davvero coinvolgente, e perché ho amato follemente il protagonista fino alla fine. Ottima anche la traduzione e l’edizione in generale (ho notato solo pochi refusi).
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     Meno originale dei precedenti, ma tecnicamente perfetto
Questo terzo romanzo della serie di Bosch è finora quello che mi è piaciuto di più. Nonostante sia apparentemente più lineare dei precedenti (cosa che in genere non amo), l’autore ha giocato benissimo le proprie carte.
Scopriamo finalmente l’evento che ha rappresentato la genesi del personaggio come lo conosciamo: il fatto di aver ucciso un uomo disarmato, pensando che stesse per tirare fuori una pistola. L’uomo in questione altro non era che un serial killer, ma Bosch aveva agito senza chiamare i rinforzi e per questo motivo era stato retrocesso nel proprio lavoro in polizia.
Quattro anni dopo, mentre Bosch sta subendo una causa civile per quella uccisione, da parte della famiglia del serial killer, salta fuori un nuovo omicidio che porta la stessa firma, ma compiuto in un secondo momento.
Bosch ha ucciso l’uomo sbagliato? O si tratta di un emulatore?
La storia si svolge tra tribunale e risoluzione del caso. Abbiamo a che fare col caso di un serial killer abbastanza convenzionale, in cui l’assassino è tra i personaggi della storia e va individuato. L’autore cerca di portarci in una direzione sbagliata dopo l’altra. Sarebbe tutto facile (o quasi), se non ci fosse di mezzo il processo, che ci distrae e ci fa cambiare prospettiva.
Questo romanzo non è originale come i due precedenti, ma è tecnicamente perfetto e, a differenza dei precedenti, dà al lettore anche la piccola soddisfazione di avere gli elementi per capire in anticipo chi è l’assassino. Che ci riesca, poi, è tutta un’altra storia.
In questo contesto continua poi a svilupparsi l’aspetto privato della storia del protagonista, che rimane centrale nella trama del libro e rischia di avere dei risvolti drammatici.
Il finale rassicurante ha tutta l’aria del preludio di una nuova tempesta.
     Ottimo crime thriller, nonostante una certa mancanza di originalità rispetto al precedente della serie
Ultimamente la Cornwell sta prendendo l’insana abitudine di uccidere un personaggio ricorrente per libro, o almeno questo è ciò che è accaduto negli ultimi due che ho letto. Spero che si dia una calmata, altrimenti non ne resteranno molti!
Ma veniamo al libro.
Parte con ritmo molto lento nella prima parte, tanto che il primo cadavere arriva molto tardi. Mi è comunque piaciuto il modo in cui l’autrice costruisce tutta la storia dal solo punto di vista della Scarpetta, sfruttando i dialoghi con altre persone, e la chiude nel giro di poco più di un giorno.
A mio parere, però, la scelta di questo approccio per questo romanzo presenta due problemi. Il primo è che per gran parte del libro, che è abbastanza lungo, ci sono solo lei e pochi altri personaggi, rendendo lo sviluppo della trama ancora più statico. Per fortuna c’è Marino, ma Lucy e Benton arrivano tardi e sembrano quasi insignificanti nell’ambito della storia. Il secondo è che la Cornwell ha usato una struttura molto simile nel libro precedente, quindi si ha la sensazione che quest’ultimo manchi di originalità.
D’altra parte non mi dispiace affatto che il caso sia strettamente connesso al libro precedente, poiché dà continuità alle sottotrame, che diventano perciò preponderanti. Ciò rende il libro fruibile solo da chi ha letto almeno il precedente, ma in tal modo le continue spiegazioni riferite a esso diventano inutili e contribuiscono alla lentezza del libro.
È molto difficile se non impossibile capire l’identità del colpevole. Col senno di poi ci si rende conto di alcuni dettagli che potevano essere notati dal lettore, solo che si perdono nella marea di informazioni che la Cornwell mette nei suoi libri, la maggior parte delle quali non ha una reale rilevanza nell’economia della trama.
Ho invece trovato molto sfizioso l’elemento scientifico utilizzato per spiegare gli omicidi. Una biologa come me non ha potuto fare a meno di apprezzarlo!
Anche stavolta la risoluzione finale mi ha fregato. Arriva in un singolo capoverso, anzi in un singolo periodo. Per la fretta di sapere cosa sarebbe accaduto, non ho letto bene l’ultima proposizione e poi al capoverso successivo ho scoperto che il colpevole era stato colpito, ma io non me n’ero accorta. Per l’ennesima volta sono dovuta tornare indietro a rileggere. Non c’è niente da fare: succede sempre così.
Il capitolo finale di epilogo serve unicamente per unire tutti i punti e uccide di nuovo il ritmo che si era creato, portando a una conclusione senza infamia e senza lode.
Vi chiederete perché ho dato 5 stelle nonostante tutti questi difetti. Be’, perché, preso singolarmente, questo è un libro costruito ottimamente e ben scritto (sebbene io non ami certe scelte stilistiche della Cornwell, ma apprezzo la sua coerenza nell’utilizzarle). Di certo avrebbe avuto un impatto maggiore su di me, se il precedente non avesse presentato una struttura così simile.
So che la Cornwell preferisce scrivere in prima persona dal punto di vista della Scarpetta. Ammetto che, invece, io preferisco i suoi libri in terza persona, poiché le storie sono più aperte e meno statiche, e perché così lei ha l’opportunità di esplorare dei punti di vista diversi da quelli di Kay Scarpetta che, diciamocelo, non è proprio simpaticissima!
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    La versione sporca e cattiva di “Chi Ha Incastrato Roger Rabbit?”
È difficile definire il genere di questo libro, ambientato in una Milano distopica di un futuro fin troppo vicino. La gente si droga con i cartoni animati, generando così delle copie dei personaggi nel mondo reale. Questi personaggi sono molto fisici, ma non si capisce effettivamente da dove spuntino fuori. Siamo di certo nel campo del fantastico, ma non proprio in quello della fantascienza. Ma ciò non mi stupisce, poiché è evidente che a Tonani non piacciono le etichette, poiché è più concentrato nello sviluppare una propria voce di autore. Il lettore che apprezza la sua voce (come me), a sua volta, si disinteresserà delle etichette.
Il romanzo ci mostra una lunga nottata di azione, senza un attimo di respiro, e il ritmo concitato spinge a una lettura in pochissimi giorni.
Il finale aperto non chiude veramente tutti i fili o, meglio, non lo fa in maniera esplicita. Sta al lettore interpretare alcuni dettagli.
Senza dubbio si tratta di un’opera originale, in cui, come sempre, Tonani sfoggia una prosa evocativa e mai banale.
Ho trovato interessanti anche i preludi ai capitoli, dove Crash B. racconta la genesi dei vari cartoni. È sempre bello imparare qualcosa di nuovo durante la lettura di un romanzo.
In definitiva è stata una lettura piacevole che mi sento di consigliare a chiunque abbia voglia di affrontare un libro a mente aperta.
  Un finto thriller
Ho trovato questo libro bellissimo fino a circa l’80%. Era caratterizzato da una storia intricata, da un susseguirsi di colpi di scena e azione continua.
Notavo però che: il personaggio di Alice era troppo sopra le righe; quello di Gabriel nascondeva ovviamente qualcosa e stranamente lei non se ne rendeva conto oppure, quando lo faceva, era disposta a credere alla sua spiegazione successiva senza farsi troppe domande; non aveva senso che Alice non volesse andare alla polizia; col senno di poi (conoscendo il finale) è persino assurdo che siano arrivati a rubare un cellulare e un’auto, e che l’abbiano fatta franca; la storia della data nell’orologio mi aveva fatto capire subito che c’era qualcosa che non tornava con la tempistica.
Altre cose che non mi piacevano, perché davano l’idea di essere progettate a tavolino, erano il passaggio ai flashback con l’'introduzione “mi ricordo” e l’abitudine a spezzare la scena alla fine di un capitolo per riprenderla in quello successivo. Quest’ultimo è davvero un mezzuccio per spingere il lettore a continuare a leggere e crea insoddisfazione, se quello che il lettore vuole fare è proprio interrompere la lettura (non si può stare tutto il giorno a leggere).
Nonostante tutto, credevo di leggere un crime thriller e mi aspettavo che alla fine l’autore avrebbe riunito i fili, rendendo tutto perlomeno plausibile.
Quanto mi sbagliavo!
Nell’ultima parte il romanzo implode.
La sospensione dell’incredulità scivola inesorabilmente di scena in scena fino a sfuggirti dalle mani, di pari passo è andato il mio giudizio che è sceso da 5 a 3 nel giro di poche pagine. La spiegazione che l’autore decide di dare agli eventi è totalmente inverosimile. Non voglio entrare nel dettaglio per evitare troppi spoiler, ma posso almeno dire che non c’è un solo motivo per cui il protagonista maschile (Gabriel) sarebbe dovuto arrivare a fare tutto quello che ha fatto per ottenere ciò che voleva. Poteva riuscirci in maniera molto più semplice. Sembra che l’abbia fatto appunto per creare una storia inventata a beneficio dei lettori. Solo che non si dovrebbe mai arrivare a pensare questo di un personaggio. Se succede, significa che il lettore non ha più l’illusione che in qualche modo la storia potrebbe accadere davvero.
In altre parole, l’assunto su cui si regge tutto il romanzo non è plausibile.
L’epilogo poi è terribile ed è il motivo per cui il mio giudizio è crollato poi a 2 stelle (non sono scesa a 1 perché, se non altro, il libro è scritto bene e pare ben tradotto). Alla fine ho pensato veramente che l’autore fosse impazzito.
[Attenzione: inizio spoiler.]
La storia si conclude col più incredibile dei finali romantici, senza che in tutto il libro sia stato dato il minimo indizio in questo senso. Arriva così, di punto in bianco, senza un perché, senza che nel corso del romanzo si avverta il minimo legame emozionale tra i protagonisti.
A peggiorare ancora il tutto ci sono le battute finali, col lungo monologo di Gabriel posto in una pagina separata, a metà del quale mi sono limitata a scorrere il testo per arrivare alla fine.
[Fine spoiler.]
Insomma, se volete leggere un crime thriller, leggete altro.
Gli si potrebbe attribuire un nuovo genere: quello del finto thriller.
    Godibile noir
Con questo libro ho iniziato la lettura della trilogia noir di Richard Matheson, che si distacca parecchio dalla sua produzione successiva legata ai generi del fantastico.
“Ricatto mortale” è un breve romanzo caratterizzato dal fascino del noir vintage (d’altra parte è stato originariamente pubblicato nel 1953).
Alcune parti sono forse un po’ affrettate, anche se, tutto sommato, sono quelle in cui non era necessario soffermarsi più di tanto.
Come spesso accade nei suoi libri, abbiamo il solito protagonista maschile nei guai che è coraggioso ma un po’ debole.
La trama in sé non è intricatissima, ma gli eventi accadono così in fretta che non si ha il tempo di pensare. Più che altro non si capisce cosa facciano nella vita i personaggi. Il protagonista è uno scrittore, ma non lo si vede mai scrivere nell’arco della storia.
Il finale non è prevedibile, anche se in parte il lettore può arrivare a immaginare chi è il colpevole.
La prosa, come sempre, è molto bella e la traduzione, che è decisamente più recente, è ottima.
 Quando una settimana fa ho scritto l’ultima frase della prima stesura di “ Oltre il limite”, dopo una sessione di scrittura ininterrotta di otto ore e mezza, non mi sembrava vero. Avevo iniziato la scrittura del libro il 1° novembre e 75 giorni dopo, circa 116 mila parole dopo, era finito. Con esso mi ritrovavo a completare il mio dodicesimo libro e a chiudere una trilogia che era nata come un libro singolo, “ Il mentore”, scritto quasi per caso nel novembre del 2012 per provare a partecipare al NaNoWriMo e poi pubblicato nel 2014, ed è finita per diventare una delle mie serie più lunghe, avendo infatti sorpassato come numero di parole la quadrilogia di “Deserto rosso”.
La scrittura di “Oltre il limite” è stata un’altalena di emozioni, a iniziare dall’ansia dei primi giorni, in cui mi ero imposta di seguire il ritmo del NaNoWriMo (una media di 1667 parole al giorno, anche nel weekend), pur avendo a disposizione un’outline solo parziale. Nell’affrontare la sfida ero consapevole di non essere del tutto pronta, poiché avevo avuto poco tempo per prepararmi. Per fortuna esiste il NaNoWriMo (che ho vinto anche quest’anno), che mi ha spinto a iniziare comunque, a spingermi a creare anche se non ne avevo voglia e quindi a dare origine a una delle storie più intricate in cui mi sia cimentata finora. Grazie a esso entro il 30 novembre avevo già scritto oltre 50 mila parole, anche se poi, per la prima volta, ho sentito la necessità di rileggere tutto il lavoro fatto fino a quel momento per capire quanto di buono ci fosse e trovare gli spunti necessari per continuare. Ciò che non sapevo era che non mi trovavo neppure a metà del lavoro!
Come sempre, quando all’inizio ci sono solo alcune idee, ma richiedono spazio per assumere uno sviluppo logico, per andare di pari passo con l’evoluzione dei personaggi (in questo caso dettata dall’esigenza di dare una conclusione alla trilogia) e per fare tutto questo rispettando i ritmi imposti dalla competizione (non riesco a scrivere più di una scena per sessione, perciò durante il mese di novembre le scene sono state quasi tutte sopra le 1667 parole e ho finito per mantenere questo ritmo anche a dicembre e nelle prime due settimane di gennaio), tali idee si sono tradotte in un testo ricco di dettagli, di introspezione, di eventi, molti dei quali sono giunti inaspettati, ma incredibilmente capaci di incastrarsi alla perfezione nella trama, che l’hanno reso decisamente lungo, sebbene la storia principale si svolga in appena tre giorni.
Nonostante la lunghezza, sono convinta che sia una lettura rapida, che spero vi terrà incollati alle pagine e in ansia per le sorti dei protagonisti.
Io, pur avendo il controllo su di esse, lo ero!
 Ma, se state leggendo questo post, forse volete sapere qualcosa della storia, no?
Vi accontento subito.
Come dicevo, “ Oltre il limite” chiude l’arco narrativo, iniziato da “ Il mentore” nel 2014 e continuato con “ Sindrome” lo scorso anno, che lega il detective Eric Shaw e la sua allieva (di cui non cito il nome per evitare anticipazioni a chi non avesse ancora letto il primo libro).
Il romanzo fa riferimento a un vecchio caso cui la squadra di Eric aveva lavorato nel gennaio 2014 (prima dei fatti de “ Il mentore”) e che era stato risolto con l’arresto del colpevole, il dottor Robert Graham, specializzando in chirurgia plastico-ricostruttiva: un omicida seriale chiamato col soprannome di ‘chirurgo plastico’, che era poi stato condannato per aver ucciso tre donne e rapito una quarta, Megan Rogers. Il salvataggio di quest’ultima, ritrovata nella casa degli orrori del killer dalla detective Miriam Leroux nel gennaio 2014, è la scena con cui si apre “Oltre il limite”, per poi andare avanti nel tempo fino a domenica 21 maggio 2017 (che è anche la data di uscita del romanzo), quando una donna viene trovata morta nel celebre museo delle cere Madame Tussauds. Questo è solo una delle numerose location famose di Londra teatro degli eventi di “ Oltre il limite”.
Sarà Eric, giunto con la sua squadra sulla scena del crimine, il primo a rendersi conto di un’inquietante somiglianza con i delitti del ‘chirurgo plastico’, cosa che farà sorgere in lui per la prima volta un pesante dubbio. E se oltre tre anni prima avesse compiuto un errore e mandato in prigione la persona sbagliata?
La storia si sviluppa in appena tre giorni, dal 21 al 23 maggio (che occuperanno i primi 7 degli 8 capitoli del libro), durante i quali, con un susseguirsi di colpi di scena e di omicidi, il complesso intreccio che porterà alla risoluzione del caso verrà svelato al lettore.
Le investigazioni su questo caso non sono, però, l’unico problema che il nostro Eric dovrà affrontare. Davanti a lui c’è adesso la prospettiva di una promozione a capo di tutta la sezione scientifica della Polizia Metropolitana di Londra (attualmente è solo a capo di una squadra), con il concomitante passaggio dal grado di ispettore capo a quello di sovrintendente.
Non è però l’unico ad ambire a quel ruolo. In lizza c’è anche il detective ispettore capo George Jankowski, un altro caposquadra della Scientifica che i lettori hanno già conosciuto in “ Sindrome”. Troviamo quest’ultimo impegnato nel tentativo di gettare delle ombre sull’operato di Eric per favorire la propria promozione e, per farlo, si mette a scavare nel passato lavorativo del collega, che, come sappiamo, non è esente da problematiche.

Parallelamente a tutto questo ci sono i problemi personali di Eric. Quelli con Adele Pennington, la sua giovane compagna che è tornata ad avere un ruolo importante nella sua vita alla fine di “ Sindrome”, e quelli con Miriam Leroux, la sua figlioccia, con la quale ha avuto un duro scontro, sempre nell’epilogo del libro precedente, cui è seguito un lungo periodo di lontananza anche lavorativa. Il ritorno del ‘chirurgo plastico’ sarà l’occasione che costringerà Eric e Miriam a lavorare di nuovo insieme e forse a recuperare il loro rapporto e chiudere per sempre un capitolo del passato.
Mentre il caso del serial killer verrà risolto entro i primi sette capitoli del romanzo, l’ultimo fungerà, invece, da epilogo della trilogia, portando a risoluzione i problemi di Eric con Miriam, Jankowski e Adele.
Il finale drammatico sarà, come sempre, aperto (lascerò a voi il compito di immaginare cosa accadrà dopo), ma di certo risolutivo. Nonostante la drammaticità, sarà un finale positivo per Eric, una sorta di happy ending con tinte di nero, in cui il nostro protagonista dovrà rispondere alla domanda che funge da slogan di “Oltre il limite”: fin dove sei disposto a spingerti, per proteggere un segreto?
La risposta definitiva di Eric la troverete nell’ultima frase del romanzo.
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