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 Luna... di Carla
 

"Siete stati manipolati a un livello più profondo di quanto immaginiate." L’isola di Gaia

 
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 31/12/2022 @ 09:30:00, in Scrittura & Lettura, linkato 822 volte)
Questa cosa di fare un resoconto dell’anno appena passato sta diventando un impegno un po’ stressante. Sarà forse perché più si va avanti e più sembra che dodici mesi passino in un baleno?
Okay, scherzo!
Non è poi tanto stressante. Anzi, in verità, mi torna utile per raccogliere le idee, rendermi conto che in fondo (molto in fondo) ho combinato qualcosa anche quest’anno e quindi darmi una pacca virtuale sulla spalla, grazie alla quale mi è più semplice continuare a portare avanti i miei tanti propositi.
Che poi, pensandoci bene, questo 2022 mi è parso un po’ più lungo dei precedenti. Giusto un filino, eh! Senza esagerare.
 
 
Ma lasciamo da parte questi discorsi pseudo-filosofici (?) e torniamo ai fatti. Vi starete chiedendo se sia riuscita o meno a portare a termine i propositi che ho dichiarato un anno fa.
A dire la verità, mi sono resa tale compito abbastanza semplice, visto che il proposito era solo uno, cioè completare la preparazione della versione inglese della trilogia del detective Eric Shaw.
 
Be’, il primo libro della serie, “The Mentor”, è stato pubblicato il 30 novembre. Le edizioni del secondo, “Syndrome”, sono tutte pronte e il libro è già disponibile per il preordine. Verrà pubblicato il 28 febbraio 2023. Alcune edizioni del terzo, “Beyond the Limit”, sono ugualmente pronte e disponibili per il preordine. Devo ancora terminare la preparazione di quelle cartacee, ma non c’è particolare fretta, visto che la data di pubblicazione è il 31 maggio 2023.
Quindi posso dire che, per quanto riguarda la preparazione dei libri e la loro pubblicazione, ho rispettato miei propositi. Evviva!
 
Sul fronte della promozione sono però un po’ indietro.
In un mondo ideale, avrei dovuto avere tutte le edizioni pronte e in preordine già da agosto, in modo da poter sfruttare i tre mesi successivi per organizzare la promozione e arrivare preparata all’uscita del primo libro.
Ovviamente, non viviamo in un mondo ideale.
Nella realtà ho ricevuto il manoscritto dell’ultimo libro dalla mia proofreader inglese solo a maggio. Ci ho messo mano per completare le correzioni e finalmente, dopo l’ennesima rilettura (anche dei libri precedenti), mi sono trovata con la versione definitiva del testo.
E poi è arrivata l’estate, con tante cose da fare (tipo andare in vacanza) e allo stesso tempo un bel po’ di lavori di traduzione.
 
 
Contemporaneamente, mi sono messa ad aggiornare tutte le edizioni ebook dei miei libri, in modo da averne un’unica versione in epub, con tutte le informazioni più recenti all’interno, inclusi tutti i necessari link (alcuni non funzionavano più). Era un lavoro che stavo portando avanti dall’inizio dell’anno e in alcuni casi ho dovuto aggiornare anche le versioni cartacee.
Poi, a partire da maggio, ho iniziato a sperimentare la possibilità di creare dei libri in copertina rigida, in modo da trovarmi preparata per quando avrei dovuto utilizzare questo formato con la trilogia in inglese.
L’oggetto del mio esperimento è stato “Affinità d’intenti”, che, essendo il mio romanzo più breve, mi consentiva di crearne una versione in questo formato a un prezzo di stampa e di listino accettabili.
Per l’occasione ho realizzato una nuovissima copertina basata sul concept della vecchia, ma stavolta utilizzando delle foto. In particolare, ho usato due scatti di un fotografo olandese che vive in Sicilia. Questa nuova copertina è diventata anche quella ufficiale dell’ebook.
 
Tra l’altro, per l’occasione, ho creato il mio nuovo logo, che per ora potete vedere solo nell’icona del sito sul browser e in pochi altri luoghi reali (inclusa la sopraccitata edizione in copertina rigida) o virtuali (come il mio canale YouTube).
 
Il passo successivo è stato adattare la copertina anche all’edizione inglese, “Kindred Intentions, sia per l’ebook che per la versione in copertina rigida. In più l’ho usata per creare una seconda edizione in copertina flessibile, che è stata distribuita tramite un’altra piattaforma.
 
Morale della favola, ad agosto mi sono ritrovata con solo i manoscritti della trilogia in inglese in mano e alcune idee per l’adattamento delle copertine (a partire dalla loro versione italiana).
Visto che, per poter fare le cose, bisogna anche sapere cosa si deve fare, mi sono messa lì davanti a un foglio bianco (in realtà, una pagina di OneNote) e ho stilato un elenco dettagliato di tutto ciò che avrei dovuto fare per preparare i libri per la pubblicazione e per promuoverli. Alcune voci hanno poi dato luogo a nuovi elenchi adiacenti, finché alla fine mi sono ritrovata un vero e proprio piano, che è tuttora in fase di svolgimento.
 
A quel punto era già settembre e io dovevo preparare il mio “Laboratorio di self-publishing nei sistemi multimediali” e una conferenza del ciclo di “Scienza & Fantascienza”, che avrei poi tenuto a ottobre.
All’inizio di ottobre finalmente sono tornata a Varese a tenere di persona il laboratorio all’Università degli Studi dell’Insubria, dopo ben tre anni. Che bello è stato poter di nuovo vedere gli studenti negli occhi!
(La prima foto è stata scattata proprio a Varese e mi vedete insieme a Sara Simoni, ex-studentessa del mio laboratorio e ora collega autrice.)
E due settimane dopo ho partecipato alla conferenza, anche se a distanza, visto che non è stato possibile organizzarla durante il mio breve soggiorno in Lombardia.
 
Tutto questo discorso era per dire che, in pratica, mi sono girata ed era già novembre. E io avrei dovuto pubblicare il primo libro entro un mese. Aiuto!
A quel punto, ho dovuto mettermi veramente d’impegno.
Pensate che il libro ha una sola versione in ebook, ma addirittura cinque diverse edizioni cartacee, ognuna con una copertina leggermente diversa (di cui due in versione rigida e tre in versione flessibile). Ciò è dovuto al fatto che ho usato più piattaforme per assicurare al libro la massima distribuzione possibile. Solo che ogni piattaforma ha dei modelli di riferimento leggermente diversi persino per i libri nello stesso formato.
Insomma, un lavoraccio!
Però sono contenta di averlo fatto, perché le copertine sono uscite veramente bene. Dateci un’occhiata nel minisito della trilogia in inglese a questo link.
 
Tutto ciò, però, ha fatto sì che potessi iniziare a dedicarmi seriamente alla promozione solo a ridosso della pubblicazione di “The Mentor”, quindi con tre mesi di ritardo rispetto al piano originale.
Per fortuna, i libri autoprodotti non hanno scadenza.
Perciò la mia principale occupazione al momento è programmare promozioni e sperimentare piattaforme pubblicitarie. Spero di vedere i primi frutti di tutto questo lavoro prima nella pubblicazione del secondo libro, in modo da avere poi un buon effetto domino sul terzo.
Allo stesso tempo, sto esplorando altre possibilità di sfruttare i miei diritti sui libri, ma non voglio entrare nei dettagli, anche per una questione di scaramanzia. Ve ne parlerò per bene in futuro, se vedrò concretizzarsi qualche opportunità.
 
Come avrete forse notato, non ho fatto alcun cenno all’eventuale prequel della trilogia (“La prova”, che in inglese sarebbe stato “Evidence”). Ebbene, come temevo, non ho avuto minimamente il tempo di occuparmene. Non che avessi tanta voglia di scriverlo, sia chiaro, ma, anche se ne avessi avuta un po’, non sarebbe servita a nulla.
Non ho del tutto escluso la possibilità di scriverlo nel prossimo futuro, anche perché ho sempre l’outline del libro pronta nel cassettoletteralmente in un foglio scritto a mano conservato in un cassetto), ma, se voglio anche soltanto pensare di farlo, devo prima completare il lavoro iniziato con la trilogia. Si vedrà!
 
Di positivo c’è che delle numerose voci di quegli elenchi di cui vi ho accennato prima almeno la metà sono state sbarrate, il che significa che inizio a vedere la luce alla fine del tunnel.
Vi giuro che stento a crederci!
 
C’è anche da dire, però, che non è che abbia passato dodici mesi sempre di fronte al PC a lavorare. A parte che ovviamente d’estate mi sono fatta un bel po’ di mare (e qui l’estate dura da maggio a ottobre), a luglio sono andata in vacanza fuori della Sardegna (era ora!) e, incredibilmente, ho rimesso piede all’estero, anche se solo per qualche ora.
Ho passato una bellissima settimana in Alto Adige, in particolare in Val Pusteria, da cui ho fatto una doverosa capatina in Austria.
(La foto accanto è stata scattata sulla cabinovia che collega Valdaora alla sommità del Plan de Corones, in quella sotto si riconoscono le Tre Cime di Lavaredo riprese dal punto di osservazione vicino a Dobbiaco.)
 
La parola bellissima, però, è assolutamente riduttiva nel descrivere quanto sia stata bene durante questa vacanza. Dovete sapere che ho soggiornato a lungo da quelle parti con i miei genitori per la prima volta quando ero ancora poco più che una bambina (stiamo parlando di più di tre decenni fa), in un paesino che si chiama Villabassa (Niederdorf). Ci sono poi tornata nella prima metà degli anni novanta e poi mai più fino allo scorso luglio. Sono stata di nuovo in Alto Adige negli anni zero: una volta nel 2001 per due giorni a Bressanone (per vedere un concerto) e poi qualche giorno nel 2007 in Val Gardena, dove il Cagliari (la squadra di calcio) era in ritiro.
Be’, nel rimetterci piede dopo tanto tempo, ho scoperto con grande piacere che Villabassa non è affatto cambiato. Nonostante i decenni passati, mi ricordavo tutto, ho riconosciuto ogni strada (non è precisamente una metropoli!) e ho provato di nuovo quella grande sensazione di pace che solo la montagna riesce a darti, unita in questo caso a piacevoli reminescenze di un tempo della mia vita che era sicuramente molto più spensierato del presente.
Eravamo lì da meno di un giorno quando io e il mio compagno ci siamo detti: dobbiamo tornare!
E credo proprio che lo faremo.
 
Se poi siete curiosi di sapere come ho trascorso il tempo rimanente del 2022, oltre a quello passato a occuparmi della mia attività editoriale, delle traduzioni, della mia vita da spiaggia e delle mie vacanze in montagna, be’, l’ho trascorso guardando un sacco di tennis!
Eh, sì, pare che questa mia dipendenza, di cui vi avevo già accennato un anno fa, continui. Ma, d’altronde, se avete per caso tenuto d’occhio la mia pagina su Facebook o il mio profilo su Twitter o le mie storie su Instagram, ne eravate di certo già al corrente.
Anzi, questo dicembre di astinenza (!) è stato abbastanza duro. Comunque, mi sono consolata col pattinaggio di figura (!!) e, ovviamente, col calcio, anche se il Cagliari in questi anni ci sta facendo tribolare un po’.
Inoltre, non sono mancati bei film e soprattutto belle serie TV a contornare il tutto, con l’aggiunta di qualche buon libro, anche se non tantissimi (ultimamente sto leggendo poco).
 
E, infine, non paga della necessità di usare sempre di più l’inglese, ho deciso di dare una rinfrescata al mio tedesco, ormai zoppicante dopo anni di poco uso anche nelle traduzioni. Ci ho rimesso mano poco alla volta dalla scorsa primavera, senza particolare fretta. Mi piacerebbe almeno riportarlo al livello che avevo una decina di anni fa, per poterlo sfruttare di più in ambito lavorativo (e non solo, come ho fatto a luglio, per origliare indisturbata le conversazioni tra la proprietaria dell’hotel e i clienti germanofoni durante il mio soggiorno in Alto Adige).
Visto che ci sono, non sarebbe male se facessi altrettanto anche col francese.
 
Sto dimenticando qualche cosa?
Ah, sì, anche quest’anno ho seguito alcuni MOOCs (corsi online aperti su larga scala) su FutureLearn: tre in tutto. Faccio sempre più fatica a trovarne qualcuno interessante che non abbia già seguito, ma non demordo e continuo a cercare.
 
 
Okay, diciamo che il resoconto dell’anno che sta per concludersi, per quanto un po’ caotico, può definirsi completo. Adesso resta solo l’ultima parte: definire i propositi per il prossimo anno.
E anche stavolta ho intenzione a limitarmi all’essenziale.
 
1)      Terminare la preparazione e la pubblicazione dell’edizione inglese della trilogia del detective Eric Shaw. E riuscire a ottenere il massimo possibile dalla promozione, senza però prendermela più di tanto se non riuscirò a raggiungere tutti i lettori che vorrei.
Ammetto che per me è già un successo riuscire a pubblicarla, dopo tutto il lavoro fatto per tradurla. Una volta che sarà lì a disposizione del pubblico anglofono, avrò qualcosa di tangibile su cui lavorare per sfruttarne al meglio i diritti.
2)      Finire di aggiornare tutti i miei siti per renderli adatti ai dispositivi mobili e introdurre una nuova grafica, col mio nuovo logo. Avevo già iniziato a farlo nel 2021. Poi, durante il 2022, ho creato dei minisiti per le edizioni inglesi dei miei libri (inclusa la trilogia). Adesso mi restano da convertire quello principale sia in italiano (Anakina.net) che in inglese (Anakina.Eu) e quello italiano dedicato al Ciclo dell’Aurora.
Dovrei anche farmi una nuova foto ufficiale, visto che quella che uso adesso ha più di otto anni.
3)      Fare più attività fisica. Lo voglio proprio prendere come un impegno serio.
 
Se tutto va come atteso, dovrei portare a compimento i primi due propositi in un tempo inferiore a un anno, considerando che sono entrambi avviati. Ciò significa che ci sarà tempo per altro, ma, a tal proposito, non voglio assolutamente fare programmi.
Uno dei miei più grandi desideri, infatti, è completare tutto, ma proprio tutto, quello che sto facendo e trovarmi un giorno con zero progetti iniziati. E a quel punto decidere, in base a come mi sentirò in quel momento, quale sarà il prossimo cui dedicarmi.
 
 
Succederà nel 2023?
Staremo a vedere e, se tutto va bene, fra un anno vi racconterò come è andata.
 
 
Anche per quest’anno è tutto.
Come mia consuetudine chiudo ringraziando tutti voi che mi seguite: familiari, amici, lettori, colleghi e collaboratori.
Grazie di cuore per il sostegno che mi date.
 
Se volete, raccontatemi nei commenti di questo articolo, o dei social network dove lo condividerò, come è andato il vostro 2022 e cosa vi proponete di fare nel 2023.
Buona fine e buon inizio!
 
 
Di Carla (del 13/10/2022 @ 15:28:42, in Scrittura & Lettura, linkato 1771 volte)


 Una breve lettura obbligatoria per tutti gli amanti del tennis

Questo libro include due piccoli saggi di Wallace. Nel primo racconta l'atmosfera e gli aneddoti di una giornata degli US Open. Nel secondo si concentra su Federer e sul suo meraviglioso tennis.
Gli appassionati di tennis si ritroveranno in ogni sua parola, mentre vengono catapultati a bordo campo, e talvolta proprio dentro il campo, ma potranno scoprire anche tanti interessanti dettagli, leggendo le lunghe note a pie' di pagina.
Da leggere.

Aggiungo che è un libro davvero molto breve, circa una novantina di pagine, che quindi si legge in pochissimo tempo. Viste le dimensioni è però un po' caro, persino nella versione ebook. Se lo si vuole soltanto leggere e non si è interessati a conservarne una copia, probabilmente è meglio prenderlo in prestito in biblioteca (o da un amico, come ho fatto io). Ma può essere un graditissimo regalo da offrire a un appassionato di tennis.

 

Il tennis come esperienza religiosa (Kindle, cartaceo) su Amazon.it.
Il tennis come esperienza religiosa (Kindle, cartaceo) su Amazon.com.

Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su:
aNobii:
http://www.anobii.com/anakina/books
Goodreads: http://www.goodreads.com/anakina

 
La storia di “Saranythia” entra nel vivo in questa terza parte del racconto. I protagonisti iniziano un viaggio che li porterà a imbattersi in antichi misteri, non dimenticando di far divertire i lettori.
La lettura scorre piacevole tra ironia e colpi di scena, mentre la storia si dipana su tre linee narrative che si intrecciano tra di loro.
Mentre nelle prime due parti abbiamo familiarizzato con nuovi e vecchi personaggi e abbiamo assistito a ciò che li ha portati a questo punto della storia, ne “I segreti dei Margspakr” l’azione si muove più in fretta, tenendoti incollato alle pagine, e i vari elementi precedentemente introdotti iniziano a interagire tra di loro e ad assumere una collocazione chiara nella trama.
Non mancano i momenti di ilarità, grazie alle battute taglienti di alcuni personaggi e, soprattutto, alle vere e proprie gag dei gemelli Erik e Dag.
Come sempre Richard J. Galloway riesce a fondere elementi del fantastico che sembrano appartenere alla magia o al sopranaturale con vera scienza, usata come spiegazione degli stessi elementi. È molto affascinante il modo in cui spiega un fenomeno fisico reale, relativo al comportamento della luce, e poi lo usa come base per la straordinaria teoria sulla natura dell’universo proposta da uno dei personaggi.
Insomma, una lettura appassionante che ha un unico difetto: dover attendere la pubblicazione del volume successivo per sapere finalmente come si concluderà la storia!
Nel frattempo, ho chiesto a Richard di presentare a suo modo il libro e di rispondere ad alcune mie domande.
Ecco cosa mi ha detto.
 
 
 
Il tempo passa. I ricordi degli eventi svaniscono.
La storia ricordata a metà, offuscata dagli abbellimenti, diventa mito.
Passa ancora più tempo. Generazioni di persone nascono e muoiono.
Il mito viene diluito, edulcorato e relegato a storie di eroi e re di tanto tempo fa.
Epici eventi del passato ridotti a favole della buonanotte dell’infanzia ricordate a metà. 
 
E così è stato per i Margspakr. Per alcuni erano saggi fin dai tempi antichi, che consigliavano l’eroe prima della battaglia e lo curavano dopo di essa, e sarebbero diventati la base delle storie dei loro primi anni.
Altri, come i Frati Rossi dell’Ordine Saratariano, sapevano chi erano veramente i Margspakr, ma non quello che facevano. Per loro, i Margspakr erano un mistero irrisolto, una società segreta che era svanita senza lasciare traccia, portando con sé i propri segreti.
 
Ad Amantarra si presenta l’invito a un viaggio. Una trappola? È molto probabile, ma, col rivelarsi di un nuovo giocatore, sembra che non ci sia altra alternativa che finirvi dentro. È durante questo viaggio che trovano le prove dei Margspakr, insieme ad alcuni dei loro segreti.
 
Le storie dalla Terra nascondono i loro misteri cui il nuovo giocatore è molto interessato. Afferma di avere spiegazioni sulle vere origini dei fantasmi e sulla contorta causalità, ma esattamente come si fa a vincere una medaglia per essere caduto da una cassa di birra?
 
Con questa terza parte di “Saranythia” superiamo il punto centrale della storia. Al termine della parte precedente, un colpo di scena aveva spinto i protagonisti a un nuovo corso degli eventi, ovvero a intraprendere un lungo viaggio per visitare la Strega di Fossrauf. Ed è proprio attorno al viaggio che si sviluppa questa parte della storia, cui si affiancano una coppia di personaggi davvero interessanti: i gemelli Dag ed Erik, guerrieri imbattibili, ma anche grandi chiacchieroni.
Hai tratto ispirazione da qualcosa o qualcuno in particolare nella creazione di questi due personaggi?
Dag ed Erik, sì, hanno avuto un’evoluzione interessante, che inizia con la loro discussione di apertura su quale nome dovrebbe essere detto per primo quando si presentano. Una discussione che ben presto si trasforma in farsa. Questa salva di apertura è basata sui personaggi di Pincopanco e Pancopinco, che sono stati interpretati da Matt Lucas nel film del 2010 “Alice in Wonderland” (nota: diretto da Tim Burton e tratto dal libro di Lewis Carroll). Dunque, Dag ed Erik sono gemelli identici nati in un mondo in cui leggere la mente è la norma. Per me era ovvio che sarebbero diventate due menti che funzionano come una sola. Non hanno buone prestazioni quando sono separati, ma insieme, in un combattimento due contro due, sono imbattibili. Allo stesso modo, la loro spiegazione del motivo per cui stanno partecipando a una spedizione per visitare la strega sembra sceneggiata, con un guerriero che finisce le frasi dell’altro, mentre lavorano per ottenere un obiettivo comune.
 
Dopo esserci immersi nel contesto medievale di Setergard (a parte qualche piccolo esempio di tecnologia dei Bruwnan), nella terza parte di “Saranythia”, come i tuoi lettori possono già intuire dalla copertina del libro, i nostri protagonisti si imbattono in alcune tecnologie avanzate. Uno degli aspetti più affascinanti è il modo in cui i personaggi di Pheenar reagiscono alle tecnologie il cui funzionamento è al di là della loro comprensione. E le loro reazioni sono divertenti, ma soprattutto sembrano realistiche.
Come ti metti nei loro panni? Ti viene spontaneamente o usi dei trucchi particolari per immedesimarti?
La premessa su cui si basa la storia è che alle culture primitive tutta la tecnologia avanzata sembra magica o, nel caso della gente di Pheenar, divina. Le tecnologie Bruwnan cui sono esposti sono doni del loro Dio e non sono destinate a essere comprese. I visitatori della Terra portano nuovi oggetti da ammirare e, poiché non sono divini, forse possono essere compresi. Le reazioni della gente del posto a cose che diamo per scontate sono del tutto spontanee: io sono molto bravo a capire male le cose. L’umorismo deriva dai malintesi che sorgono tra i personaggi di fronte a ciò che viene loro mostrato. Il comandante Vartii è particolarmente affascinato da come funzionano le cose, ma tende a essere sopraffatto dai concetti, vedendo le cose nel loro insieme invece di scomporle in componenti più comprensibili. Così, le funi, le pulegge e i contrappesi di una semplice piattaforma elevatrice lo riempiono di stupore e meraviglia. È attraverso i suoi occhi che introduco il fatto che la gente di Pheenar una volta era più avanzata di quanto non lo sia ora.
 
Parliamo dei Margspakr. Questa è una parola in norreno, giusto?
Raccontaci qualcosa in più sulla sua origine e sul perché hai deciso di dare un nome così a queste figure del passato che compaiono nel libro.
Sì, è norreno. La parola “Margspakr” può essere suddivisa in due parti: “Marg” (una versione abbreviata di “Margr”), che significa “molti”, e “Spakr”, che significa “saggio”, quindi la sua traduzione letterale è “molti saggi” o, presa nel suo insieme, “molto saggi”. Mi sono preso la libertà di applicarla a un collettivo per dare il significato di “saggi”.
Perché il norreno? Be’, il 16,3% del mio DNA è scandinavo, quindi ho deciso di dare voce al mio vichingo interiore e quindi basare vagamente la società presente su Pheenar sulla cultura norrena, be’, almeno per quanto riguarda i nomi. Questa decisione è stata confermata da una conversazione parzialmente unilaterale che ho avuto con la mia dentista sugli strani toponimi che abbiamo qui nel nord-est dell’Inghilterra. Non essendo di queste parti, era curiosa di sapere quale fosse la loro origine ed è stata affascinata nell’apprendere, tra le pause della perforazione, che sono norreni.
Anche “Fossrauf” è norreno: “Foss”, che significa “cascata”, e “Rauf”, che significa “buco”. Quindi ora sai che la nostra intrepida banda sta viaggiando verso “Buco della Cascata” per visitare la strega. Se ti stai chiedendo cosa voglia dire “Setergard”, be’, significa “Fattoria di alpeggio”.
 

 
Foto di Richard J. GallowayCresciuto tra l’industria pesante del nord-est dell’Inghilterra con Star Trek, Doctor Who e i romanzi fantasy, RICHARD J. GALLOWAY si è ribellato al destino segnato dalle scuole frequentate, secondo cui il lavoro industriale sarebbe stata la sua vocazione. Dopo aver esaurito l’unica opzione apparente, il suo insegnante era disperato. “Visto che non vuoi lavorare nelle acciaierie, dove vuoi lavorare?” La sua risposta era sempre: “Non lo so.” Il settore in cui sarebbe finito non si concretizzò che dieci anni dopo. Nessuna meraviglia che il suo insegnante si preoccupasse. Dalla scuola, passando attraverso l’ufficio di disegno e l’architettura, alla fine si è trovato a lavorare con i grandi sistemi informatici.
Carriera a parte, il filo che legava tutto insieme era la fantasia. Non ha mai perso la sua fascinazione per le immagini che un buona storia possono evocare. Dopo tutto, gli avevano mostrato dei mondi al di là di questo, e le possibilità al di là delle acciaierie. E continuano a farlo.
Richard vive ancora nel nord-est dell’Inghilterra con la moglie, la famiglia, e un grosso gatto chiamato Beano. L’industria pesante si è ridotta, ma il mondo della fantasia di Richard è cresciuto. Spesso si chiede quale consiglio avrebbe ricevuto, se il suo insegnante avesse letto un po’ di fantascienza.
 
 
Il primo romanzo di Richard “Amantarra” è stato pubblicato nel 2012 (in Italia nel 2013), seguito nel 2017, nel 2018 (gennaio 2019 in Italia) e nel 2021 (2022 in Italia) dalle prime tre parti del sequel “Saranythia”: “Le porte di Setergard”, “I Varton” e “I segreti dei Margspakr”.
 
Visitate il sito di Richard all’indirizzo (disponibile anche in italiano): www.richardjgalloway.com
E seguitelo su Facebook e Twitter.
 
Di Carla (del 13/06/2022 @ 12:30:00, in Scrittura & lettura, linkato 2625 volte)
Copertina del libro Saranythia Parte 3
Le nuove vicende dei protagonisti di “Amantarra” (pubblicato in Italia nel 2013), sviluppatesi nelle prime due parti di “Saranythia” (“Le porte di Setergard” nel 2017 e I Varton” nel 2019), continuano ora in “Saranythia Parte 3: I segreti dei Margspakr”.
I quattro libri fanno parte della serie intitolata L’ascensione di Valheel dell’autore inglese Richard J. Galloway e tradotta in italiano da me.
 
Avevamo lasciato Amantarra, l’aliena appartenente alla specie dei Bruwnan, John, Elleria, Scott e tutti gli altri sulla luna di Pheenar di fronte alla novità del mancato attacco a Setergard, dopo oltre duemila anni, da parte dei Faeialar, esseri umanoidi dall’aspetto simile a quello di demoni. Questo evento insolito aveva spinto il comandante Vartii a decidere di preparare la spedizione per Fossrauf, allo scopo di incontrare la strega Seethka. Ed è proprio a questo viaggio che è dedicata gran parte de “I segreti dei Margspakr”.
Parallelamente seguiremo le peripezie della copia in carne e ossa del Bibliotecario, finita sulla stessa luna e costretta a sfuggire a una terrificante caccia, mentre, nella città virtuale di Valheel, Artullus e Jack sono alle prese con strani fenomeni e con la copia di Harry, che di tanto in tanto si estrania per intrattenere bizzarre conversazioni con una sinistra entità di nome Uzpanax. Quest’ultimo sembra essere coinvolto in tutti gli avvenimenti che interessano i protagonisti della serie, ma qual è il suo reale scopo?
Mentre viene alla luce qualche elemento relativo alla sua identità, i membri della spedizione si imbattono in un luogo segreto, originariamente creato da un’antica società di saggi: i Margspakr.
 
Mescolando elementi tipici del fantasy con tecnologie fantascientifiche, le opere di Richard J. Galloway rientrano in quel filone di fantascienza soft in cui la magia e i prodigi sono solo un’interpretazione degli eventi da parte di chi non conosce ancora la scienza in grado di spiegarli.
 
 
Saranythia Parte 3: I segreti dei Margspakr” di Richard J. Galloway e tradotto da me è ora disponibile su Amazon a soli 1,99 euro!
 
Eccovi la breve descrizione del libro.


Amantarra e i sopravvissuti sono ospiti dei Varton, un esercito di guerrieri religiosi medievali. Gli eventi sembrano aver cospirato per spingerli a intraprendere un nuovo viaggio. Sospettano che si tratti di una trappola, ma le limitate scelte a loro disposizione fanno sì che l’unica opzione sia affrontarla.
Ma le cose non sono sempre come sembrano: esistono segreti che neppure i Varton conoscono, e una storia persa nelle sabbie del tempo. Un nuovo giocatore è entrato nel gioco e le regole sono cambiate, o forse hanno sempre giocato secondo le regole di qualcun altro?
 
 
 
Per la comprensione della storia è essenziale almeno la lettura di “Saranythia Parte 1: Le porte di Setergard” e di “Saranythia Parte 2: I Varton”, ed è suggerita anche quella di “Amantarra”.
 
Per maggiori informazioni visitate il sito di Richard J. Galloway (disponibile anche in italiano): http://www.richardjgalloway.com
 
Di Anna Persson (del 07/06/2022 @ 09:30:00, in Scrittura & Lettura, linkato 2965 volte)
Dieci anni! Ma davvero?
Okay, lo ammetto. Nonostante i geni alieni, vi confesso che inizio a sentirmi vecchia. Mi sembra ieri che uscivo di nascosto dalla Stazione Alfa per avventurarmi da sola su un rover pressurizzato nel deserto marziano. E invece è passata già una decade.
Quando la mia creatrice mi ha detto che, se volevo, potevo prendere il controllo del blog per l’anniversario, sono rimasta interdetta. Di solito devo agire alle sue spalle, scrivere in fretta l’articolo e programmarlo prima che se ne accorga. E invece stavolta è stata lei a ricordarmelo proprio perché si tratta di un’occasione speciale.
 
Dieci anni fa usciva “Deserto rosso – Punto di non ritorno”, l’inizio della mia avventura, che si è conclusa ufficialmente nel novembre 2020 con la pubblicazione dell’ultima parte del ciclo dell’Aurora, “Nave stellare Aurora”, ma che continua a vivere nella fantasia nuovi e vecchi lettori.
Parliamo di circa 16.600 persone.
 

 
Che avventura è stata!
Ero una semplice esobiologa che cercava di immaginare la vita al di là della Terra, ma sono diventata un’astronauta, mi sono trasferita su Marte per colonizzarlo e lì mi sono messa nei guai.
Be’, non che non lo fossi già prima di partire! Ma di certo non avrei mai immaginato di fare la più grande scoperta del mio campo e, in un certo senso, di diventarne parte.
 
Le mie vicende, insieme a quelle degli altri protagonisti del ciclo dell’Aurora, in particolare Hassan, Melissa, Alicia e Susy/CUSy, si sono svolte tra Marte, la Terra (addirittura in Antartide), la Luna, lo spazio profondo oltre il Sistema Solare, fino ad arrivare alla destinazione finale della nave stellare chiamata Aurora. E i lettori le hanno seguite libro dopo libro. Hanno sofferto e gioito con tutti noi. Sono stati testimoni di amicizie, tradimenti, omicidi, inganni, dell’emergere della coscienza in un’intelligenza artificiale e del conflitto tra questa e la sua creatrice, la cui natura è ancora più complessa.
 
La mia creatrice mi ha confidato che diversi lettori le hanno chiesto di continuare la mia storia, ma io sono d’accordo con lei nel lasciare a voi il compito di immaginare il mio destino e quello degli altri protagonisti del ciclo nel modo che preferite.
L’universo che lei ha creato e in cui io esisto è così vasto che forse un giorno ve ne mostrerà qualche altro aspetto, un po’ come ha fatto con il romanzo “Per caso”, anche se voi all’epoca non lo sapevate.
 

 
Il ciclo dell’Aurora comprende cinque parti: “Deserto rosso”, “L’isola di Gaia”, “Ophir. Codice vivente”, “Sirius. In caduta libera” e “Nave stellare Aurora”.
 
Se l’avete già letto tutto, vi lascio alla vostra immaginazione. Magari potete passare a trovarmi qualche volta sul mio profilo Twitter, dove condivido articoli sull’esplorazione spaziale.
Se, invece, non l’avete ancora letto, non posso che invitarvi a salire a bordo del mio rover per intraprendere con me questo viaggio!
 
Con questo articolo mi accomiato da voi ufficialmente. Non so quando tornerò su questo blog. Forse fra cinque anni o fra altri dieci. Chissà!
 
Ci vediamo su Marte o da qualche altra parte… là fuori.
 
 
 

libro affinità d'intenti pistola e proiettili

Esattamente sette anni fa, il 21 maggio 2015, usciva il mio action thriller “Affinità d’intenti”, un romanzo un po’ diverso dai precedenti, poiché frutto di un’idea improvvisa e di una prima stesura molto rapida.
 
fronte del libroEra la fine dell’ottobre 2013 quando decisi di partecipare di nuovo al NaNoWriMo. Si tratta di una sfida contro se stessi a scrivere 50 mila parole di un romanzo tra il primo e il 30 novembre. L’anno prima ci ero riuscita con “Il mentore”, la cui prima stesura avevo poi completato nel mese successivo, partendo da un’idea che mi frullava in testa dal 2010 e che avevo avuto tempo di elaborare. Ma nel 2013 non avevo la più pallida idea di cosa scrivere.
 
Non ricordo esattamente quando accadde, ma a un certo punto immaginai la scena di apertura di “Affinità d’intenti”, che si apre con un proiettile che sfiora la testa della protagonista. Riflettendoci un po’, riuscii a individuare la fine della storia, ma mi mancava tutto quello che stava in mezzo!
E così mi buttai nella scrittura, seguendo un po’ i suggerimenti dei personaggi (Amelia Jennings e Mike Connor), che si trovano in una situazione di pericolo dietro l’altra, con poche pause, molti morti ammazzati e un bel po’ di humour nero.
 
Ne completai la prima stesura il 28 novembre, cioè in 28 giorni tondi. Ricordo che ero così ispirata da riuscire a macinare circa 2000 parole in poco più di un’ora, per cui non dovetti fare tanta fatica per arrivare alla fine. Ripensandoci adesso, mi sembra impossibile. I dettagli degli eventi mi si dipanavano nella mente da un giorno all’altro. E non è un caso che questo romanzo così rapido si svolga in un arco di tempo di sole 24 ore. Non dà il tempo di pensare, proprio come quasi non ne ho avuto io quando l’ho scritto, e quindi tende a prendere di sorpresa il lettore con i suoi colpi di scena.
 
 
Adesso, dopo sette anni, ho deciso di rimettere mano a questo libro per proporlo in una nuova edizione (i cambiamenti riguardano solo i testi extra, non il romanzo), con una copertina nuova di zecca e un nuovo formato: la copertina rigida.
Essendo un romanzo non particolarmente lungo e non facendo parte di una serie, era quello che meglio si prestava a sperimentare con questo formato.
Ho colto l’occasione per rielaborare il concetto alla base della copertina originale, usando stavolta delle foto. A questo proposito ho utilizzato gli scatti di Sandro Williams Photography e di Aleksey Sokolenko, riunendoli in una nuova composizione grafica.
 
Il risultato è quello che vedete nelle immagini.
Facendo clic sulle foto, potete vederne una versione più grande su Facebook.
 
Quel simbolo visibile alla base del dorso è la versione a icona del mio nuovo logo, che presto comparirà anche qui sul mio sito, sia così che nella sua versione estesa.
 
Ho inoltre aggiunto degli elementi grafici all’interno, in particolare ho inserito una piccola immagine nel colophon, nei numeri dei capitoli e il capolettera all'inizio di ciascuno di essi.

La mia intenzione era quella di creare un libro che fosse anche bello da vedere oltre che da leggere. E che magari renderlo così una buona idea regalo per un appassionato o un’appassionata di thriller!
 
 
La nuova edizione in copertina rigida è acquistabile a 15 euro su Amazon e Giunti Al Punto.
Per quando riguarda l’ebook, anche questo è stato aggiornato alla nuova edizione, sia nei contenuti che nella copertina, ed è sempre disponibile nei principali retailer.
 
La vecchia copertina, cui sono comunque affezionata, poiché l’ho disegnata io, resta invece nell’edizione in brossura del 2015.
 
le due edizioni affiancate
 
Potete trovare maggiori informazioni sul libro e tutti i link per l’acquisto nel minisito a esso dedicato, che per l’occasione è stato anch’esso aggiornato e ampliato con qualche dettaglio in più: www.anakina.net/affinita
 
Di Carla (del 27/04/2022 @ 09:30:00, in Scrittura & Lettura, linkato 2775 volte)
Copertina de Il ragno di Michael Connelly
 Un detective formidabile e umano, che però si crogiola nelle proprie sfortune
 
 
Harry Bosch è senza dubbio uno dei detective letterari più riusciti in cui mi sia mai imbattuta. Fin dal primo libro di questa serie, “La memoria del topo”, mi sono subito trovata in sintonia con lui, con il suo fare a pezzi le regole per trovare il colpevole, con le sue debolezze e il suo triste passato. Ciò che rende questi romanzi di Connelly dei veri e propri crime thriller è il modo in cui il protagonista si trova coinvolto a livello personale nei casi cui lavora, tanto che gli stessi casi sono uno strumento di conflitto che contribuisce all’evoluzione del personaggio. Il problema nasce però nel momento in cui la serie si allunga e, per poter continuare ad avere un protagonista che si trascini dietro qualche demone (cioè un eroe difettoso), tutte le volte che in un romanzo la sua vita sembra prendere una svolta positiva, in quello successivo ciò che ha ottenuto deve andare a pezzi.
Era ciò che temevo accadesse ne “Il ragno”, motivo per cui dopo aver terminato la lettura di “Musica dura”, con tanto di lieto fine, ho esitato per anni, prima di affrontarlo. Purtroppo l’avevo già comprato, altrimenti mi sarei fermata al precedente.
Ovviamente il mio cattivo presentimento si è avverato.
Ne “Il ragno” vediamo Bosch alle prese con un omicidio avvenuto sulla funicolare Angels Flight (che è anche il titolo originale del romanzo). Il morto è un avvocato di colore famoso per le cause contro la polizia.
Come sempre, Connelly mescola con sapienza eventi e personaggi inventati con altri reali, fornendoci un’immagine realistica della tensione sociale a Los Angeles alla fine degli anni novanta. Ciò che apprezzo particolarmente di questo autore è proprio la cura che mette nei dettagli, segno di un lavoro di ricerca approfondito e di una notevole comprensione dell’argomento. In questo contesto credibile si muove il nostro Bosch, barcamenandosi tra la stampa, i colleghi che gli mettono i bastoni tra le ruote, l’insofferenza nei confronti delle regole e le persone oggetto delle sue indagini. Lo fa come sempre con arguzia, seguendo le prove e il proprio intuito, e rischiando anche la pelle.
In questo romanzo in particolare le indagini lo portano a scoprire verità scomode e inconfessabili, che tendono a condurlo fuori strada. Il colpevole alla fine salterà fuori. Ammetto che l’avevo intuito semplicemente andando per esclusione. Ma qui l’autore aggiunge un colpo da maestro, regalandoci un finale inaspettato e drammatico, e allo stesso tempo perfetto.
Ciò che non mi è piaciuto di questo libro, invece, riguarda la sfera personale relativa a Bosch. Come immaginavo, l’equilibrio e la felicità che aveva finalmente raggiunto in maniera inattesa (e forse troppo in facilmente) nel libro precedente vanno subito in frantumi, e alla fine lui si ritrova punto e a capo. Il suo personaggio subisce un’involuzione il cui scopo è far sì che continui a essere lo stesso eroe difettoso nei romanzi successivi (che non ho intenzione di leggere).
In particolare non ho apprezzato l’evanescenza di un personaggio importante come quello di Eleanor Wish, che nel primo libro della serie è stato cruciale nella definizione di Bosch agli occhi dei lettori, ma che sia in “Musica dura” che ne “Il ragno” sembra più una marionetta senz’anima, il cui scopo è portarlo in alto e poi farlo di nuovo precipitare (povero Bosch!). È un peccato, perché Eleanor mi piaceva e avrebbe meritato ben altro spessore.
 
Il ragno (Kindle, cartaceo) su Amazon.it.
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Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su:
aNobii: 
http://www.anobii.com/anakina/books
Goodreads: http://www.goodreads.com/anakina
 
 
Di Carla (del 18/03/2022 @ 09:30:00, in Scrittura & Lettura, linkato 2133 volte)
Copertina del libro L'inganno di Prometeo
 Profetico
 
Mi piacciono tanto i libri di Ludlum, nonostante mi renda conto di come l’autore riutilizzi spesso gli stessi tipi di personaggi (in particolare il protagonista, che, gira e rigira, è sempre lo stesso) e gli stessi temi. Ha la capacità, però, di riadattarli a situazioni, ambientazioni e trame che riescono a mantenere una certa dose di originalità. In particolare, sono affascinata dalle sue opere meno recenti, proprio perché raccontano un presente che si allontana molto da quello attuale e in cui la vita della spia (o figura simile) era resa un po’ più semplice dal fatto che la tecnologia non permeava ogni aspetto della realtà.
“L’inganno di Prometeo”, invece, è uno degli ultimi libri di Ludlum (il penultimo, se non erro), infatti è del 2000, per cui durante la lettura ci si muove in una realtà più familiare. Ciò è ancora più vero grazie alla capacità dell’autore di immaginare tecnologie invasive della privacy che, purtroppo, sono in gran parte diventate realtà. La cosa incredibile è che lui ne ha parlato prima che accadesse l’attentato dell’11 settembre 2001, ma a tratti si ha come l’impressione che abbia avuto la possibilità di dare una sbirciatina al futuro per trarne ispirazione.
A dire il vero, immagino che Ludlum non credesse realmente che ciò che si paventa nel suo libro avesse una possibilità di realizzarsi. Il suo era ovviamente uno sforzo creativo. Spesso chi scrive mostra scenari estremi solo per il gusto di cercare di inventarsene le conseguenze e di creare un conflitto in cui gettare i propri personaggi quasi allo sbaraglio, per vedere come se la cavano. Nel farlo, però, è stato a dir poco profetico.
Certo, si tratta di un libro lungo e con una trama veramente complessa, che si dipana attraverso una serie di voltafaccia dei personaggi e colpi di scena dietro ogni angolo. D’altronde, la parola “inganno” del titolo lo lasciava presagire. Bisogna avere pazienza e arrivare fino in fondo per poter unire tutti i fili. Quando mancano poche pagine alla fine, sembra davvero tutto perduto per i protagonisti, ma anche a quel punto arriverà un bel colpo di scena, che cambierà ogni cosa, di nuovo.
 
L’inganno di Prometeo (Kindle, cartaceo, audiolibro) su Amazon.it.
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Di Carla (del 07/02/2022 @ 09:30:00, in Scrittura & Lettura, linkato 2328 volte)
Nel 2017 poco prima dell’uscita nel libro finale della Trilogia del detective Eric Shaw, “Oltre il limite”, sono stata intervistata dal collega Jacques Oscar Lufuluabo per un sito web che purtroppo non esiste più. Quell’intervista si è quindi persa nel cyberspazio e allora ho pensato di riproporvene qui sul blog almeno una parte, quella in cui discuto con Oscar dell’origine della trilogia, delle ricerche svolte per ambientarla a Londra e delle scelte narrative, incluse varie licenze artistiche, che ho compiuto nello scriverla.
 
Mina davanti a una finestra che dà sul Big Ben con il riflesso di Eric sul vetro
 
 
1.      Ne Il mentore, primo volume di una trilogia, lasci entrare il lettore in un mondo londinese caratterizzato da delitti efferati, menti subdole e agenti dalle vite complicate. Nonostante il finale a chiusura, resta una porta aperta verso la vita privata del protagonista. Il che fa sorgere una domanda: la scelta di dar vita a una trilogia è scaturita dalla voglia di continuare la storia, che si prestava a proseguire, o era un progetto pianificato in precedenza?
 
Tutti i miei libri hanno un finale aperto, non perché io pensi sempre di scriverne un seguito, bensì perché non amo proprio le storie con la parola fine. Da lettrice mi piace immaginare ciò che accadrà dopo, senza che sia l’autore a dirmelo, e quindi questo si riflette anche nei miei scritti. Voglio che i miei lettori abbiano modo di ripensare al finale di un libro e creare un proprio seguito.
Anche “Il mentore” è nato come romanzo autoconclusivo. Non avevo nessuna intenzione di continuare la storia né di tradurlo in inglese. Poi è capitato che ha avuto più successo di quanto mi aspettassi (e l’aspettativa era bassissima, visto che fino a quel momento avevo pubblicato soltanto nell’ambito dei generi del fantastico) già in italiano, cosa che ha suscitato l’interesse di AmazonCrossing per l’edizione in inglese. A quel punto ho pensato che forse sarebbe valsa la pena continuare la storia. E così ho progettato gli altri due libri, “Sindrome” e “Oltre il limite”, che ho scritto a distanza di un anno l’uno dall’altro. Nel farlo mi sono resa conto che Eric Shaw meritava davvero un degno sviluppo e una degna conclusione della sua storia, indipendentemente da come sarebbero poi andati questi due libri a livello di vendite o di gradimenti di lettori. Diciamo che questi due libri sono stati scritti soprattutto per lui.
 
 
copertina del romanzo Il mentore2.      In alcuni passaggi de Il mentore viene messo a nudo l’istinto che spinge verso gli atti efferati. Dal suo blog, l’assassina afferma: “La sensazione di controllo che si prova è inebriante.” E ancora in un altro punto:  “È come se, da quando ho iniziato a farlo, tutto intorno a me avesse preso a muoversi seguendo un disegno da me creato.” Ci potresti spiegare questo strano desiderio di un serial killer di mostrare i suoi meccanismi interni al mondo?
 
Il blog di Mina, in realtà, non è rivolto al mondo, ma nasce dal desiderio di questo personaggio di condividere il suo stato d’animo con il protagonista, il detective Eric Shaw. Intimamente spera che un giorno lui si imbatta nel suo blog e la riconosca. E qui mi fermo, per evitare ulteriori anticipazioni a chi volesse leggere il libro.

 
3.      Come è nato il personaggio del detective Eric Shaw?
 
L’idea alla base de “Il mentore” è nata nel 2010, oltre due anni prima la scrittura della prima stesura del libro, avvenuta tra il novembre e il dicembre 2012 (il libro, poi, l’ho pubblicato nel 2014). Io sono un’appassionata del media franchise di CSI, in particolare della serie originale e di quella ambientata a New York, ma una cosa che non amo di queste serie pensate per una TV di tipo generalista (la CBS) è che i buoni e i cattivi sono ben definiti. Il poliziotto è talmente rispettoso delle regole da diventare del tutto irrealistico. E così mi sono ritrovata a immaginare una storia che avesse come contesto le scienze forensi in cui però il protagonista fosse un detective con un bel po’ di difetti: fabbrica delle prove false per incastrare i criminali, si interessa sentimentalmente a una sua collega oltre vent’anni più giovane di lui (che è anche una sua sottoposta) e addirittura finisce per mettere in dubbio la propria fede incrollabile nell’applicazione della giustizia a tutti i costi, quando tale fede va a cozzare con i suoi affetti personali.
Quando nel 2012 ho deciso di provare per la prima volta il NaNoWriMo (una sfida contro se stessi a scrivere 50 mila parole di un romanzo dal 1° al 30 novembre), ho pensato che fosse il momento giusto per dare vita a quella storia, interrompendo per un paio di mesi la mia immersione nell’ambientazione di Marte (ho scritto la prima stesura de “Il mentore” tra i primi e gli ultimi due libri della serie di fantascienza di “Deserto rosso”).

 
copertina del romanzo Sindrome4.      Perché hai scelto di ambientare il giallo in Inghilterra? E, inoltre, quanto ti sei documentata per adattarlo a un paese dove i sistemi di polizia sono differenti dal nostro?
 
Prima di tutto, questo libro non è un giallo, bensì un crime thriller. La differenza sta nel fatto che al centro della storia non c’è il delitto e la sua risoluzione, ma le vicende di chi investiga.
Per una trama così controversa, fuori dei soliti schemi, non solo come temi, ma anche riguardo alla loro risoluzione tutt’altro che convenzionale, ci voleva un luogo adatto, e Londra con la sua storia criminale, sia nella narrativa (tanto che “British detective” è un vero è proprio sottogenere letterario) che nella realtà (uno su tutti il famigerato Jack Lo Squartatore), era perfetta per questo scopo. Inoltre, Londra è la città che, tutto sommato, conosco meglio, dopo quella in cui vivo, ma per fortuna a Cagliari non ci sono mai stati serial killer nel senso moderno del termine e quindi non sarebbe stata una location credibile in ogni caso (né io avrei avuto voglia di scrivere di un luogo che vedo tutti i santi giorni… che noia!). E infatti sono stata di persona nella maggior parte dei luoghi reali in cui si svolgono le scene della trilogia o comunque ci saprei arrivare senza ricorrere a una cartina.
Per quanto riguarda l’organizzazione delle forze di polizia (ma anche del sistema giudiziario), il problema del confronto con quelle italiane non si è mai posto. Prima di tutto, non so proprio nulla di come funziona la polizia in Italia, mentre su quella britannica qualcosina ho finito per impararla tra libri, film e serie TV. In secondo luogo, sul web trovi davvero di tutto. Gli stessi siti ufficiali forniscono moltissime informazioni. Pensa che ho trovato persino come ci si rivolge a un giudice nei vari tipi di procedimenti (esistono tanti modi diversi), secondo che ci si trovi in aula o meno, e ho usato questa informazione nell’ultimo libro della trilogia, “Oltre il limite”. Mentre facevo, inoltre, l’editing de “Il mentore”, ho frequentato un corso online sulle scienze forensi organizzato dall’Università di Leicester.
 
Ma alla fine tutto questo importa fino a un certo punto, poiché ho deciso di non attenermi in maniera specifica alla realtà, bensì di piegarla alle necessità della trama, come spiego nella nota all’inizio di tutti i libri. Per esempio, i miei tecnici forensi di fatto sono anche investigatori della scena del crimine e poliziotti, mentre nella realtà nel Regno Unito queste tre figure sono spesso separate. Tra l’altro uso impropriamente il termine “criminologo” invece di “criminalista”, proprio come viene fatto in CSI, e la cosa è voluta, in quanto è ben noto al potenziale lettore dei miei libri. I poliziotti britannici, poi, raramente portano la pistola, poiché per farlo devono diventare specialisti nell’uso delle armi, sottoponendosi a un addestramento particolare. Guarda caso, i tre personaggi principali della storia pare che abbiamo fatto tale addestramento! Ancora, ne “Il mentore” non entro nel dettaglio riguardo ai gradi all’interno della Polizia Metropolitana di Londra. Mi limito a definire Eric Shaw e Miriam Leroux (della Omicidi) dei detective, ruolo che rappresenta solo un incarico, in pratica è un prefisso che si antepone al grado vero e proprio. Il primo libro è talmente concentrato sull’azione (ed è anche abbastanza breve) che non mi sono dilungata su questi dettagli, poiché la loro conoscenza non era essenziale alla trama, ma poi in “Sindrome”, tra le varie cose, si scopre che Eric è un detective ispettore capo e che Miriam è copertina del libro Oltre il limiteun detective ispettore, mentre altri personaggi salgono di grado da un libro all’altro, poiché vengono promossi, e così via. Ho cercato comunque di inserire questi dettagli in maniera non invasiva, limitandomi a citarli solo laddove fosse funzionale allo sviluppo della storia o alla caratterizzazione dei singoli personaggi.
 
In generale, è stato un lavoro di ricerca svolto man mano che avevo bisogno di certe informazioni.
Una cosa curiosa cui ho dovuto far fronte è che recentemente la sede della Polizia Metropolitana di Londra, vale a dire New Scotland Yard, si è trasferita, dopo molti decenni. Purtroppo, dovendo scrivere la storia di “Oltre il limite” con alcuni mesi di anticipo rispetto al suo svolgimento (la storia inizia proprio il 21 maggio 2017, vale a dire il giorno dell’uscita del libro), non potevo sapere se per quella data il trasferimento nel Curtis Green Building (in Victoria Embankment, sul Tamigi, proprio di fronte al London Eye, che ha un ruolo importante nella trama) sarebbe stato completato per quella data né se in tale edificio ci sarebbe effettivamente stata una sede del Servizio di Scienze Forensi (che invece esisteva nel vecchio edificio sulla Broadway). Al che sono stata costretta a decidere che ci sarebbe stata, poiché avevo bisogno di una location certa per la mia storia. Magari ci ho preso, in caso contrario sarà l’ennesima licenza!
 
Trilogia del detective Eric Shaw: www.anakina.net/detectiveshaw
 
 
Grazie ancora a Jacques Oscar Lufuluabo per le interessanti domande e per aver acconsentito a riprodurle l’intervista perduta sul blog.
Vi consiglio di dare un’occhiata al suo sito e scoprire tutto sui suoi libri: https://www.joloscar.com
 
Di Carla (del 31/12/2021 @ 09:30:00, in Scrittura & Lettura, linkato 1226 volte)
Siamo di nuovo arrivati alla fine di un anno senza quasi accorgercene, vero?
Devo dire che questo 2021 è stato molto particolare per me sotto vari aspetti. La mia attività editoriale è di certo uno di essi. Alla fine del 2020, infatti, avevo deciso di non scrivere niente di nuovo per almeno un anno, visto che non avevo più progetti in sospeso e, soprattutto, non ne avevo alcuna voglia. E di certo è stato facilissimo seguire questo proposito!
 
Devo dire che di tanto in tanto col passare dei mesi, anche ultimamente, si è affacciato nella mia mente il pensiero di raccontare qualche nuova storia, ma l’idea di andare incontro al processo di scrittura e all’impegno prolungato che esso richiede ha fatto fuggire tale pensiero a gambe levate. C’erano altre cose che volevo fare, anche se non meno impegnative a livello di tempo impiegato, ma di certo più leggere e piacevoli a livello mentale (almeno per me).
Creare una realtà inventata è esaltante, ma l’incognita che si deve affrontare ogni giorno nel tirare fuori dal nulla qualcosa che sia interessante e che funzioni, e che magari diverta chi la leggerà, può essere estenuante e ansiogeno. Quando si tratta, invece, di riprendere in mano ciò che è già stato creato e definito (quindi non c’è più quell’incognita) e riproporlo in un’altra forma che gli consenta di raggiungere un pubblico più ampio, almeno in teoria, diventa tutto più misurabile e controllabile, e quindi rilassante, nonostante le ore di lavoro a esso dedicate ogni giorno.
Sto parlando di traduzioni.
 
Se andate a dare un’occhiata ai miei propositi per il 2021, vedrete che includevano la traduzione dei due libri mancanti della trilogia del detective Eric Shaw in inglese.
Be’, ce l’ho fatta! E ci sono riuscita nei tempi che mi sono proposta nel corso dell’anno.
Ho completato la traduzione della versione inglese di “Sindrome” (Syndrome) entro maggio e quella di “Oltre il limite” (Beyond the Limit) entro novembre. Al momento, il secondo libro della trilogia, dopo essere stato sottoposto a editing, è nelle mani della mia proofreader, mentre ho appena inviato il terzo alla mia editor.
 
È stato un lavoro lungo, di cui faticavo a vedere la fine. E la cosa era resa ancora più difficile dalla consapevolezza che quel testo su cui stavo lavorando sarebbe diventato un libro pubblicato in un futuro abbastanza lontano (ne parlerò più avanti) e, come sempre, con risultati incerti. Tutti gli impegni a lungo termine richiedono costanza e disciplina, e portare avanti tutto questo per 12 mesi (a partire dal dicembre 2020), senza avere una minima gratificazione a breve termine, non è stato facilissimo.
D’altra parte, però, il processo di trasformare i miei romanzi dalla loro forma originale in italiano a quella tradotta nella lingua parlata nel luogo in cui sono ambientati (Londra), e “sentire” i personaggi parlare in quella stessa lingua, è stato a tratti entusiasmante.
 
Per riuscirci nella maniera migliore, durante questi 12 mesi ho letto solo romanzi in inglese britannico (ho ripreso a leggere in italiano solo da un paio di settimane), ho visto quasi esclusivamente serie TV e film in questa lingua, insomma ho cercato di creare una sorta di full immersion per ciò che riguardava la narrativa e la finzione in generale. E la cosa mi è piaciuta, certo che mi è piaciuta. Fosse per me, passerei tutto il tempo a studiare e praticare lingue straniere (non solo l’inglese), perché mi diverte tantissimo. Magari preferisco farlo senza scadenze, ma queste ultime temo proprio che siano essenziali se si vogliono tradurre dei libri!
 
Insomma, ho portato a termine due propositi di quelli elencati un anno fa.
Purtroppo, non posso dire di averlo fatto per gli altri.
 
Sono parzialmente riuscita a non stressarmi, almeno in certi periodi, ma poi mi sono resa conto che, se non avessi stabilito almeno delle scadenze, non sarei riuscita a tradurre i due libri sopramenzionati. E con le scadenze per forza di cose un po’ di stress è arrivato. Comunque, negli ultimi mesi sono riuscita a rallentare e questo dicembre, nonostante qualche imprevisto (incluso il mio PC principale che ha fatto un breve soggiorno in assistenza), ho gestito il lavoro in una maniera più vicina a quelli che sono gli obiettivi che mi pongo riguardo al mio benessere personale.
Come già dicevo un anno fa, non ha senso per me concentrarmi completamente, anche a livello emotivo, sulla mia attività editoriale, se questa alla fine non mi fa stare bene. E ho tutta l’intenzione di mantenere fede a questo principio anche nel 2022. Mi rendo però conto che si tratta di un processo graduale che necessita di una certa organizzazione e della capacità di distinguere, tra i possibili obiettivi che intendo pormi, quelli che davvero contano e che hanno una minima possibilità di essere realizzati, anche se remota (volere è potere!).
Purtroppo, non si può fare tutto. Se dovessi dare retta a tutte le idee che mi saltano in testa e a tutti i progetti che solleticano la mia creatività, finirei per paralizzarmi di fronte all’impossibilità di perseguirli tutti. Ci vorrebbero forse dieci vite, se non di più, per riuscirci.
D’altra parte, rimandare all’infinito quei pochi cui tengo davvero nell’attesa di trovare il tempo e i mezzi per dedicarmici nella maniera migliore possibile significa non arrivare mai a farlo. Per cui, tanto vale decidersi una volta per tutte a programmarli e iniziare a lavorarci. Se alla fine di ognuno di essi non raggiungerò i risultati sperati, poco importa. Ci avrò comunque provato e sarò pronta a dedicarmi al progetto successivo, senza rimpianti.
 
Un altro proposito che ho portato a termine solo a metà è quello di continuare a scrivere sul mio blog dedicato al self-publishing su Medium, cioè Self-Publishing Lab. L’ho fatto fino a giugno, poi ho iniziato un periodo di vacanza che non è ancora finito.
Il motivo è semplice: non sapevo più cosa inventarmi.
Ovviamente avrei potuto affrontare uno dei mille argomenti esistenti sull’autoeditoria di cui parlano tutti, ma non era questo lo scopo del blog. La mia intenzione era creare un luogo virtuale in cui offrire un punto di vista diverso, originale, e dei suggerimenti utili e applicabili alla propria attività editoriale di cui nessuno parla, almeno sul mercato italiano, proprio perché sono delle strade un po’ meno battute. Ma, per poterlo fare, è necessario sperimentare in prima persona ciò di cui si vuole parlare.
La traduzione dei libri della trilogia, soprattutto del terzo (di circa 120 mila parole), non mi ha lasciato abbastanza tempo per approfondire ulteriormente la mia preparazione sul marketing editoriale né tanto meno per mettere in pratica tale approfondimento. Ho deciso di dare priorità al completamento della traduzione, mettendo completamente da parte qualsiasi altra attività promozionale sia sul mercato italiano che su quello estero, eccetto, almeno fino a novembre, le inserzioni pubblicitarie su Facebook (che però adesso sono in pausa).
Gestire più cose insieme e prendermi cura di me stessa non era semplicemente sostenibile.
E, ritornando al discorso di prima sull’evitare lo stress, mi sono resa conto che un modo efficace per riuscirci è smettere di cercare di portare avanti più progetti in contemporanea, rischiando di farlo in maniera talvolta approssimativa e trascinandoli per lunghi periodi, e provare a dedicarmi a uno di essi alla volta, ma concludendo ciascuno più in fretta.
Il blog non sarà comunque abbandonato per sempre. Appena avrò qualcos’altro da dire, aggiungerò nuovi articoli. Ma devo, prima di tutto, aggiornare per l’ennesima volta il libroSelf-publishing lab. Il mestiere dell’autoeditore”, di cui il blog omonimo può essere considerato un compagno, con le novità relative al mercato dell’autoeditoria che si sono accumulate dallo scorso luglio.
Inoltre, vorrei sfruttare il contenuto del blog in maniera creativa (vale a dire riciclarlo), in modo che possa raggiungere più persone. Ho alcune idee su come riuscirci, ma ne parlerò solo se e quando deciderò di metterle in pratica.
 
 
In generale, credo comunque di dover in qualche modo portare avanti l’aspetto didattico relativo all’autoeditoria, perché è evidente che esiste una necessità di imparare da parte di chi si approccia a questo modello editoriale. A riprova di ciò c’è il fatto che, pur avendo messo in pausa tutte le inserzioni pubblicitarie e, appunto, lo stesso blog sull’argomento, Self-publishing lab. Il mestiere dell’autoeditore” continua a essere acquistato spontaneamente e, a quanto pare (dai messaggi che ricevo), apprezzato da chi lo acquista.
Comunque, continuo a farlo col laboratorio universitario che tengo in autunno all’Università degli Studi dell’Insubria (Laboratorio di self-publishing nei sistemi multimediali). Anche quest’anno, purtroppo, è stato svolto a distanza, ma ha raggiunto un nuovo record di frequenze, nonostante io abbia messo un limite più stretto alle iscrizioni rispetto al 2020.
Come al solito, gli studenti hanno proposto dei progetti di pubblicazione veramente originali (ne è un esempio la foto sopra). Qualcuno di loro sta davvero pensando di trasformare quella che era solo una simulazione in un vero prodotto editoriale, mentre proprio di recente ho saputo che un mio studente dell’anno scorso ha autoprodotto il suo primo libro e sta portando avanti delle attività promozionali offline molto interessanti con ottimi riscontri a livello locale.
Spero ovviamente che nel 2022 io possa tornare fisicamente a Varese e riproporre il laboratorio agli studenti di persona. Staremo a vedere.
 
Sono poi rimasti altri due propositi non del tutto realizzati.
 
 
Uno riguarda l’esplorare nuove possibilità per sfruttare i diritti sui miei libri. E a dire la verità ho fatto qualche ricerca in proposito, soprattutto riguardo agli audiolibri. È un aspetto che mi piacerebbe approfondire, ma mi rendo conto che richiede degli investimenti, e doverci investire dei soldi implica impegnarsi ad avere un ritorno economico adeguato. Tutto questo è possibile solo se c’è un progetto editoriale e soprattutto promozionale ben preciso alle spalle di cui non ho il tempo né le energie di occuparmi al momento.
Invece, per quanto riguarda altri tipi di sfruttamento dei miei diritti ho rimandato del tutto l’approfondimento al 2022.
 
L’ultimo proposito era quello di migliorare la mia immagine sul web.
A gennaio scorso ho messo un po’ mano al blog (questo blog!). Per quanto non sia ottimizzato per la lettura su dispositivo mobile, ne ho migliorato la fruibilità sugli schermi più piccoli aumentando la dimensione dei testi e delle icone.
Successivamente ho trovato dei template adeguati per il mio sito principale (statico). Uno in particolare mi piace molto. Ma poi non sono andata avanti e, come mi sono girata, l’anno stava già finendo!
Sono consapevole che aggiornare i miei siti è il primo passo fondamentale da compiere. Se ho intenzione di aumentare la mia attività sul web in modo tale da incrementare il traffico organico sui miei siti, devo creare un luogo virtuale accogliente e funzionale, ma allo stesso tempo non voglio che appaia uguale a mille altri, almeno per chi ha la possibilità di visualizzarlo su schermi più grandi.
 
Quindi, tirando le somme, in questo 2021 non sono poi andata tanto male. E ciò è ancora più vero, se si aggiunge che c’è un’altra attività cui mi sono dedicata durante l’anno: ho tradotto in italiano il nuovo libro di Richard J. Galloway, “Saranythia Parte 3. I segreti dei Margspakr”.
Ho completato la prima stesura all’inizio di dicembre e adesso sto revisionando il testo. A gennaio ci lavoreranno alcuni beta reader del mio team editoriale. E credo proprio che a febbraio il libro verrà pubblicato!
 
Cos’altro ho fatto quest’anno?
 
Ho seguito due MOOCs (corsi online aperti su larga scala) su FutureLearn. Pochini, a dire la verità. Ma non è stato per mancanza di tempo o voglia. Piuttosto, credo di aver già frequentato quasi tutti quelli che mi interessavano di questa piattaforma, quindi ho difficoltà a trovarne altri. Comunque ce ne sono alcuni ancora nella mia wishlist e attendo che vengano riproposti. Anzi, uno inizierà a fine gennaio.
 
Ho fatto una bella vacanza nell’Arcipelago di La Maddalena lo scorso luglio (più in alto potete vedermi in una foto scattata nell’isola di Spargi), ma soprattutto, dopo 24 mesi, a novembre sono finalmente uscita di nuovo dalla Sardegna per andare a Torino a vedere le ATP Finals! (E ho persino avuto la fortuna di beccare una partita con Djokovic, come potete vedere dalla foto che ho scattato.)
Devo dire che, anche se il tennis mi è sempre piaciuto, quest’anno, complice la presenza ad alti livelli di diversi giocatori italiani (in particolare Berrettini e Sinner), mi sono proprio appassionata. Qualcuno (?) mi definisce drogata di tennis! Credo che come dipendenza non sia affatto male e sono ben contenta di averla. Voi che ne dite?
Comunque, visto che ero a Torino, ho fatto un po’ la turista e sono andata a visitare alcuni luoghi in cui non ero ancora stata nei soggiorni precedenti, come la Basilica di Superga, i Musei Reali e la Reggia di Venaria, e in particolare il Mufant. Sì, lo so, per un’appassionata di fantascienza era una grave mancanza, cui finalmente ho posto rimedio.
(Ho trovato Vader un po’ ingobbito. Sarà l’età!)
 
Bene, dopo aver blaterato a lungo delle cose che ho fatto e di quelle che non ho fatto, è arrivato il momento di parlare dei propositi per l’anno che sta per iniziare.
A dire la verità ce n’è solo uno, che può essere definito senza dubbio l’obiettivo primario del 2022: completare la preparazione della versione inglese della trilogia del detective Eric Shaw. E con questo intendo:
1) preparare tutte le edizioni, vale a dire ebook, cartaceo con copertina flessibile e forse anche con copertina rigida (da valutare). Mi piacerebbe anche produrne un’edizione in audiolibro, ma è un investimento che richiede ulteriori riflessioni;
2) studiare un piano di marketing per il lancio e la promozione nel tempo della trilogia sul mercato in lingua inglese;
3) programmarne la pubblicazione. Nel 2022 (forse a novembre) ne pubblicherò al massimo uno, cioè la nuova traduzione de “Il mentore”. Gli altri due seguiranno a distanza di circa tre mesi l’uno dall’altro nel 2023. Le effettive tempistiche di pubblicazione dipendono dal punto precedente (senza un piano di marketing non ha senso pubblicare). Inoltre, mi sarebbe piaciuto scrivere, e tradurre, un breve prequel (una novella, di cui ho già titolo e outline da anni) da usare a scopo promozionale, ma ancora non so se avrò voglia (!) e tempo di scriverlo, e poi tradurlo. Staremo a vedere.
 
Tutto il resto, incluse le cose di cui vi ho parlato in questo articolo (e altre che per ora tengo per me), verranno dopo.
Se tutto va bene, alla fine del 2022 tirerò di nuovo le somme qui nel blog.
 
Per ora, però, mi fermo, anche perché questo post è diventato lunghissimo. Anzi, non so proprio come abbiate fatto ad arrivare a leggere fino a qui!
Come sempre, voglio ringraziare tutti voi, la mia famiglia e tutti i parenti, amici, lettori, colleghi, collaboratori… sto dimenticando qualcuno?
Grazie di cuore per il vostro apprezzamento e sostegno.
 
Se volete, fatemi sapere quali sono i vostri propositi per il 2022.
Intanto, auguro a tutti voi una buona fine e, soprattutto, un ancora migliore inizio!
 

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