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L'AUTRICE

Ho sempre amato leggere, ma non sono una di quelle persone che afferma di aver sempre voluto diventare una scrittrice e di scrivere da tempo immemorabile.
In realtà io sono una che ha sempre amato inventare storie. Mi veniva naturale. Dopo aver visto un film o letto un libro, ci tornavo su, soprattutto la notte, e immaginavo cosa sarebbe successo dopo oppure cosa sarebbe potuto succedere se qualcosa della trama fosse stato diverso. Altre volte immaginavo me stessa all'interno di storie che non avrei mai potuto vivere.
In entrambi i casi mi divertivo tanto e i ricordi nati dalle storie inventate diventavano indistinguibili da quelli molto meno emozionanti della vita reale.
Ed è per questo che adesso scrivo: per creare nuovi ricordi e condividerli col mondo. Scrivo per vivere avventure che la vita non mi potrà mai offrire (per fortuna!), emozionandomi insieme ai miei personaggi, provando a vivere la loro, e per visitare luoghi lontani nello spazio o nel tempo, altrimenti irraggiungibili, senza muovermi dalla pace e dalla sicurezza della mia amata terra, la Sardegna.
Scrivo anche per creare dei libri che una lettrice (o un lettore) come me, con dei gusti un po' fuori dalla norma (qualcuno li definirebbe alieni), vorrebbe leggere.
Infine scrivo per trovare là fuori persone che siano in sintonia con il mio modo di sentire, che riescano a sentire le mie storie almeno in parte come le sento io. È per questi lettori, ovunque siano, che io scrivo.
Spero che tu sia uno di loro.

Per saperne di più su di me e sugli altri miei libri, visita il mio sito www.anakina.net.



INTRODUZIONE A "DESERTO ROSSO"

La storia

Tutto è nato da un’immagine che si è formata nella mia mente. C’era un astronauta - non sapevo se fosse un uomo o una donna - che vagava da solo nel deserto marziano in un rover pressurizzato, desideroso di conoscere di più di quel pianeta bello e letale. Mi chiedevo dove stesse andando, perché fosse solo, quando le sue riserve d’aria sarebbero finite. Stava forse sacrificando se stesso per andare laddove nessuno era mai stato?
Da questa idea è nata la storia di Anna Persson, l’esobiologa svedese, membro dell’equipaggio della missione di colonizzazione marziana Isis, che una mattina di nascosto fugge dalla base abitativa, la Stazione Alfa, e si addentra in questo deserto rosso, con una scorta di provviste e aria per soli due giorni, affermando di non aver alcuna intenzione di tornare.
Da questo atto incomprensibile ha inizio “Deserto rosso”. Non si tratta, però, del vero inizio della storia. Con una serie di flashback sia nel primo che nel secondo episodio si scoprirà ciò che è accaduto prima del lancio della missione e negli oltre mille giorni di permanenza sul pianeta, precedenti alla fuga di Anna, fino a capirne le motivazioni.
Ciò che Anna non sa è che Marte avrà però in serbo per lei una scoperta incredibile, alla base di un mistero nascosto nelle profondità del più grande canyon del Sistema Solare, Valles Marineris.

“Deserto rosso” coinvolge il lettore, portandolo a sperimentare le emozioni di un’antieroina in lotta per la propria sopravvivenza nell’ostile pianeta rosso, in un’ambientazione descritta con il rigore tecnico-scientifico tipico della hard sci-fi.
È anche la storia di un gruppo di persone normali, obbligate ad affrontare situazioni al di là dei loro limiti e delle loro aspettative. Costretti a vivere in uno spazio ristretto all’interno di un enorme deserto in un pianeta insidioso, lontano dalle convenzioni e dalle regole della Terra, ognuno di loro finirà per lasciar emergere con sempre meno controllo il proprio lato più oscuro, finché la morte non si abbatterà sulla piccola comunità, sconvolgendone per sempre i già difficili equilibri.

Ma il centro di tutto resta sempre e comunque Anna, della quale il lettore conoscerà ogni più intima emozione e ne sperimenterà ogni dubbio e incertezza. “Deserto rosso”, infatti, porta avanti in parallelo la lotta interiore della protagonista e quella esteriore verso un nemico inafferrabile, che finiscono per convergere nell’ultimo dei quattro libri contenuti in questo volume.
Alla fine di tutto Anna non si redimerà dal suo ruolo di antieroina, rimanendo fino all’ultimo coerente col suo modo di vedere la vita, ma comunque crescerà. E questa crescita avverrà grazie al suo rapporto particolare con un altro importante personaggio, che a un certo punto si rivelerà quasi un co-protagonista, e all’interazione con qualcosa di altro, che in un certo senso diventerà parte di lei.
Pur nell’ambito di un racconto fantascientifico trovano prepotentemente posto i sentimenti dei personaggi, l’amore e l’odio i cui confini spesso si confondono, l’amicizia e la fratellanza, la fede e la speranza, l’intolleranza e il pregiudizio, il dubbio e la fiducia, fino al desiderio e la passione.

Non mi piace usare i miei libri per inviare un messaggio o trasmettere una morale. “Deserto rosso” si ritrova a veicolare, invece, una sorta di non-messaggio, quello della tolleranza verso qualsiasi messaggio e il rispetto nei suoi confronti.
In questa storia non c’è il buono o il cattivo assoluto, i personaggi vivono costantemente in una zona d’ombra e il loro modo di pensare, le loro usanze, le loro credenze, la loro morale, anche quando opposti, sono tutti giusti dal loro punto di vista, tanto che quasi ognuno di loro nello scontrarsi con la diversità altrui finisce prima o poi per metterli in dubbio.
Nel suo complesso “Deserto rosso” è una storia di fantascienza che si vuole distaccare il più possibile da certi cliché della narrativa di questo genere.
Nella serie c’è un’antieroina che non è proprio una brava persona e che non aspira a riscattarsi, né lo farà. Non si capisce bene chi sia il cattivo e, dopo averlo capito, ci si accorge che la sua cattiveria è solo relativa al punto di vista da cui la si guarda. Il bene e il male diventano qualcosa di soggettivo e, di fatto, tutto è rovesciato, portando il lettore a tifare per un personaggio perché anche lui al suo posto penserebbe solo a salvare la propria pelle e quella di chi ama. E chi se ne frega di salvare il mondo!

E poi c’è Marte.
Marte in questa serie non è solo un’ambientazione in cui si svolge la storia, ma è esso stesso parte della storia, come un vero e proprio personaggio, che interviene sugli altri, determinandone la vita e la morte, portandoli di fronte a incredibili scoperte e allo stesso tempo meravigliandoli con la sua cruda bellezza.
Lo si capisce già dal titolo, “Deserto rosso”, che è l’appellativo con cui i personaggi principali si riferiscono a questo mondo alieno. Ognuno di loro finisce per instaurare un rapporto intimo, quasi affettivo, col deserto marziano e al contempo ambivalente. Marte è meraviglioso e terribile. I suoi paesaggi mozzafiato arrivano a commuovere Anna, che si sente parte di essi, ma anche a terrorizzarla, poiché è consapevole che dietro quella meraviglia si nasconde l’imminente minaccia di morte recata da un luogo inospitale e refrattario alla vita.
Ed ecco che grazie a questa interazione Marte finisce esso stesso per assurgere al ruolo di personaggio, che, proprio come tutti gli altri, è definito dalle sue contraddizioni, dal suo essere insieme buono e cattivo o, meglio ancora, nessuna delle due cose.

Nel parlare di Marte, dello spazio, dell’astronautica e di biologia, inoltre, ho cercato di cogliere degli spunti all’interno della storia per approfondire in maniera sintetica e comprensibile alcuni argomenti puramente scientifici.
Una mia piccola ambizione è che la lettura di questo libro porti il lettore ad avvicinarsi a questi argomenti o, perlomeno, ad arrivare alla fine con la sensazione, oltre che di essersi divertito, di avere anche imparato qualcosa.
Per raggiungere questo obiettivo ho cercato di documentarmi, dando anche fondo alle mie competenze, e alla fine di questo libro riporto una breve bibliografia di saggi, romanzi e siti web, che potranno tornare utili a chiunque volesse approfondire queste tematiche.

Tutti questi elementi costituiscono “Deserto rosso”, i cui ingredienti principali comprendono l’avventura, l’azione, la suspense, ma soprattutto la scienza e le emozioni, rendendola una lettura finora apprezzata anche da chi non è necessariamente un amante della fantascienza.
All’interno della serie non è stata indicata alcuna data, ma nella mia immaginazione il lancio della missione Isis avviene in un prossimo futuro, fra circa cinquant’anni.

Nascita ed evoluzione della serie

Ho iniziato a scrivere il primo episodio di “Deserto rosso”, “Punto di non ritorno”, all’inizio del gennaio 2012. Non avevo idea di cosa ne sarebbe venuto fuori. Il mio intento iniziale era quello di scrivere un racconto, evocato dalla lettura di un romanzo, “First Landing”, e di un saggio, “The Case for Mars”, di Robert Zubrin, il fondatore della Mars Society. Il racconto è poi diventato una novella, da cui, durante la lunga fase di editing, ho deciso di far scaturire un romanzo a puntate, sulla falsa riga dei serial pubblicati da alcuni autori americani su Amazon.
Il progetto è andato ben oltre questi propositi.
Già durante la stesura del secondo episodio, “Abitanti di Marte”, mi sono resa conto che la storia aveva bisogno di più spazio e aveva di fatto tutte le caratteristiche di una serie vera e propria. Nonostante abbia continuato a definirlo per lungo tempo un romanzo a puntate, “Deserto rosso” è in realtà una quadrilogia di fantascienza costituita da una novella e tre romanzi. È vero che i singoli episodi non sono autoconclusivi, ma ciò si trova anche in altre serie di libri. Comunque sia, ognuno di essi è nato da un processo creativo indipendente, ha una sua struttura specifica, e inoltre presenta un arco narrativo ben preciso con un inizio e una fine definiti, sebbene quest’ultima nei primi tre sia caratterizzata da un classico cliffhanger.
“Punto di non ritorno” è il viaggio della protagonista verso una possibile autodistruzione, quello di una persona così disperata che sente di non avere più nulla da perdere. L’episodio completamente narrato in prima persona da Anna è in un certo senso intimista, ma allo stesso tempo ricco di mistero.
“Abitanti di Marte” è il romanzo delle rivelazioni, dove si scopre ciò che ha indotto Anna a quel gesto incomprensibile e si viene per la prima volta a conoscenza di una realtà del tutto inaspettata. Questo secondo libro alterna il punto di vista di Anna al presente, con quello di altri personaggi nel passato, dandoci un quadro ben più completo della storia, tra presente e passato, tra Terra e Marte.
“Nemico invisibile” è il romanzo delle risposte e dell’azione. A cavallo tra due pianeti, seguiamo da una parte Anna che su Marte in prima persona vive in pochi giorni tutta una serie di eventi drammatici e concitati, tra un colpo di scena e l’altro, dall’altra sulla Terra al controllo missione osserviamo altri personaggi che in parallelo vengono influenzati direttamente da questi eventi.
“Ritorno a casa”, infine, è il romanzo della resa dei conti. Esso è conclusione della storia e allo stesso tempo possibile prologo di altre storie. Qui si affianca la lotta interiore di Anna a quella esterna che coinvolge gli altri personaggi, conferendo a questo episodio un’impronta thriller più marcata, accompagnata all’elemento fantastico.
Tutti e quattro nel complesso fanno della serie di “Deserto rosso” un techno-thriller fantascientifico, con un forte accento sui personaggi, che cerca di raccontare un futuro plausibile, strizzando nel contempo l’occhio alla space opera.

Ma la vera peculiarità di questa serie è dovuta, da un parte, alla breve distanza tra l’uscita di due libri consecutivi - appena cinque mesi - e, dall’altra, al modo in cui l’interazione con i lettori ne ha influenzato la scrittura.
Ogni libro è stato scritto, editato e revisionato in ogni dettaglio proprio durante quei cinque mesi, con un sistema di scadenze che ha messo a dura prova le mie abilità scrittorie e soprattutto la mia autodisciplina. Il tipo di impegno preso con i lettori, che attendevano con ansia di leggere il seguito, è stato ciò che mi ha permesso di rispettare sempre i termini, facendo nel contempo del mio meglio per fornire loro un prodotto editoriale di qualità.

Ma l’interazione con i lettori non si è fermata ai loro feedback sul libro precedente e alla loro attesa di quello successivo. È stata molto più profonda.
Sebbene avessi gran parte della storia già in mente prima di pubblicare “Punto di non ritorno” e abbia, nei periodi successivi, continuato costantemente a prendere appunti e definire l’andamento della trama negli altri episodi ben prima di scriverli, il rapporto con i lettori è stato fondamentale. Da una parte perché mi ha spronato a mantenere l’impegno preso e dall’altra perché mi ha fornito sempre degli ottimi spunti.
Durante la stesura di ogni episodio, infatti, mi sono spesso rivolta a loro con sondaggi e discussioni relative alla trama, per comprendere quali aspetti avessero preferito di più o cosa pensavano sarebbe accaduto dopo, ottenendo dei riscontri sempre molto entusiasti, nonché utilissimi. Ho fatto tesoro dei loro commenti pubblici o di quelli riferitimi in privato, che più di una volta mi hanno guidato in maniera più o meno consapevole nello sviluppo di certi aspetti della storia.
“Deserto rosso” è stato insomma un esperimento letterario interattivo davvero ben riuscito e i suoi lettori hanno contribuito attivamente a creare un mondo, che è diventato parte di loro così come è parte di me.

Molti mi hanno chiesto perché abbia scritto una serie ambientata proprio su Marte. Per me non c’è grossa differenza tra il ricordo di qualcosa che ho vissuto e quello di qualcosa che ho immaginato e di cui, poi, ho scritto. Talvolta il secondo è più vivo e vero nella mia mente del primo, proprio perché ho indugiato a lungo su di esso.
E così ho scritto una storia ambientata su Marte per esplorare in prima persona il pianeta rosso. Per me scrivere un libro è vivere situazioni e vite diverse dalla mia, che desidero provare solo con la mente senza troppo impegno - e senza alcun rischio - e con la possibilità di avere il massimo controllo su ciò che accade. Pubblicare i miei libri significa permettere ad altre persone di vivere e viaggiare insieme a me, rendendoli partecipi del genere di storie che vorrei io stessa leggere.

E adesso tocca a voi, nuovi lettori, affrontare il deserto marziano e godere dei frutti del lavoro svolto da me in oltre sedici mesi insieme ai vostri predecessori, ma questa volta senza attese.
Davanti a voi si prospetta un viaggio lungo centinaia di milioni di chilometri, o magari anche di più, e circa diciotto anni, o forse decisamente molti di più. Non vi resta che indossare la vostra tuta, attivare l’unità del casco, controllare le riserve d’aria, e poi salire sul rover insieme ad Anna, per condividere con lei questa avventura.
Buon viaggio!

 

INTRODUZIONE A "L'ISOLA DI GAIA"

La prima volta che immaginai la storia di questo libro era addirittura il 2006. Come spesso mi capita, avevo fatto un sogno di quelli in cui ti sembra di essere finita dentro un film. Da lì nacque un’idea che iniziò a svilupparsi molto più avanti, nel 2009, ma già da allora a quell’idea avevo dato un titolo: “L’isola di Gaia”.
Il suo significato è duplice. Nella storia c’è un personaggio che si chiama Gaia, ma col termine Gaia mi riferivo anche al nostro pianeta e in particolare alla cosiddetta Ipotesi Gaia (1979) di James Lovelock, che a sua volta prende il nome dalla divinità greca, detta anche Gea, che si riferisce alla Terra. In questo senso mi sono fatta influenzare dal mio background scientifico di biologa ecologa e all’interno della storia ci sono infatti alcuni elementi di carattere ecologico (ecologia intesa come scienza che studia le interazioni tra gli esseri viventi e l’ambiente non vivente, e non come ambientalismo), sebbene non riguardino nello specifico la teoria di Lovelock, e più in generale biologico.
Tra il 2009 e il 2011 scrissi la prima stesura di questo romanzo, prima ancora di cimentarmi in “Deserto rosso”. Solo successivamente, nel 2013, nel rimettere mano a quel manoscritto mi resi conto che i fatti in esso narrati, con qualche opportuno aggiustamento, potevano essere inseriti nello stesso universo immaginario della serie ambientata su Marte. E così decisi di espandere questo universo dando luogo a un ciclo fantascientifico più ampio, chiamato Aurora.

Nel settembre 2013, con l’uscita di “Deserto rosso - Ritorno a casa”, si è chiusa la serie di “Deserto rosso”. Le stesse parole del titolo di questo romanzo, dall’aria così conclusiva, sono quelle con cui esso termina, ma allo stesso tempo fanno presagire che la storia non è affatto finita.
“Deserto rosso” è, infatti, solo la prima parte del ciclo dell’Aurora.
Questo comprende altre quattro parti, nella forma di romanzo singolo, che verranno pubblicate da qui al 2020. Il ciclo, cui ho dedicato un sito monotematico (www.desertorosso.net), include in tutto cinque parti, ognuna delle quali, a eccezione dell’ultima, può essere letta anche singolarmente, per quanto lasci degli interrogativi sospesi e un finale aperto che solo la lettura di tutte le altre può permettere di comprendere. Aggiungerei anche che, per evitare anticipazioni sulla trama, se si ha intenzione di leggere anche gli altri libri, è sempre meglio farlo in ordine di pubblicazione, che non corrisponde a quello dello svolgimento cronologico dei fatti.

La seconda parte è, appunto, “L’isola di Gaia”, che cronologicamente si inserisce 35 anni dopo la fine di “Deserto rosso”, quindi circa un secolo avanti rispetto al nostro presente. Non è però il suo sequel naturale. Tra questo e la serie originale avranno luogo gli eventi che verranno narrati nei libri successivi, “Ophir” e “Sirius”. Infine ci sarà l’ultimo libro del ciclo, da cui esso prende il nome, “Aurora”, la cui comprensione richiede per forza di cose la lettura dei precedenti.

È possibile leggere “L’isola di Gaia” anche senza aver letto “Deserto rosso”, poiché si inserisce nel ciclo dell’Aurora partendo da una prospettiva diversa, quella appunto della Terra. Questo romanzo, infatti, può essere considerato uno spin-off di “Deserto rosso”.
Qui vengono presentati nuovi personaggi, anche se qualche vecchia conoscenza fa la sua apparizione in un cameo, e si assiste a nuove situazioni e minacce. Ma, osservando da vicino gli eventi, chi ha letto “Deserto rosso” riconoscerà qualche dettaglio, avrà l’impressione di aver già sentito qualcosa del genere, mentre i personaggi del romanzo ne sono all’oscuro. La peculiarità di questa storia è che i suoi protagonisti non sanno nulla di ciò che è accaduto su Marte decenni prima, ma il lettore di “Deserto rosso” sì. E le sue conoscenze gli permettono di valutare i fatti con occhio ben diverso.

Non aspettatevi però un altro “Deserto rosso”.
A cambiare non sono solo luoghi, tempi e personaggi. Con questo romanzo si osserva un maggiore distacco dalla scienza reale, quindi dalla fantascienza hard, e ci si sposta appena verso un altro sottogenere, il cyberpunk. Ma si tratta più che altro di un techno-thriller, con numerosi elementi di suspense.

Cambiano anche gli equilibri tra i personaggi. “Deserto rosso” era essenzialmente la storia di Anna Persson e tutto alla fine girava intorno a lei, per quanto si potevano individuare alcuni comprimari d’eccellenza, quasi dei co-protagonisti.
Ne “L’isola di Gaia” esiste una voce narrante, la cui identità si scopre a circa un terzo del romanzo. La storia raccontata è la sua, ma non è l’unica protagonista, né il personaggio più in scena durante tutto il suo corso.
Oltre a lei ci sono dei veri e propri co-protagonisti, si chiamano Gaia, Andrew e Gabriel. Accanto a loro ci sono tutta una serie di comprimari, alcuni dei quali ritornano più volte lungo il corso del romanzo (come Rivus Gado, John Wright, Isabella Gredani, Raviv, Angelica, Samir), mentre altri appaiono per un solo capitolo per poi scomparire (come Virginia Logan, il cui nome dovrebbe ricordare qualcosa a chi ha letto “Deserto rosso”).

Come al solito nei miei libri non ci sono né buoni assoluti né cattivi assoluti, la maggior parte dei personaggi tira l’acqua al suo mulino. Chi è troppo buono o troppo cattivo è destinato a soccombere o a non ottenere ciò che vuole. Tutti comunque, volenti o nolenti, devono affrontare degli eventi più grandi di loro contro i quali provano a combattere, ma alla fine non possono vincere.

L’elemento sentimentale, che in “Deserto rosso” viaggiava parallelo alla trama fantascientifica, è qui meno importante. Dover orchestrare insieme più protagonisti con relativi filoni di trama rende quasi impossibile approfondirli tutti in questo senso. La particolare natura di ognuno di loro impedisce che abbiano un passato degno di questo nome. Ciò fa de “L’isola di Gaia” un romanzo corale.
Sfruttando il fatto che la storia è ambientata fra circa cento anni, mi sono spinta un bel po’ in là nel raccontare questo mondo del ventiduesimo secolo. Involontariamente si potrebbe scorgere qualcosa di distopico in esso e allo stesso tempo molti elementi utopici, perché in fondo io sono un’ottimista quando si parla di futuro. Da una parte c’è un mondo cinico e perverso e dall’altra chi almeno in apparenza agisce in buona fede secondo dei principi altruistici. Purtroppo, anzi direi ovviamente, però lo fa solo alla ricerca di un proprio appagamento, di fronte alla situazione di disagio in cui vive.
Come sempre, cerco di mostrare tutto questo senza dare giudizi. Non c’è nessun messaggio dietro le mie storie, se non quello che ogni punto di vista presenta del buono e del cattivo, ogni personaggio sa essere egoista e altruista secondo le circostanze e la propria convenienza.
Preferisco fornire degli spunti insoliti e lasciare al lettore il compito di trarne il proprio messaggio personale.

Come ambientazione principale della storia ho scelto l’Antartide, che è senza dubbio il luogo del nostro pianeta che più di tutti sembra essere alieno.
Il romanzo, inoltre, comprende cinque parti, i cui titoli sono: “Sole a mezzanotte”, “Neve”, “BioSynth”, “L’isola che non c’è” e “Aurora australe”.
A differenza di “Deserto rosso”, le cui quattro parti erano dei libri individuali scritti separatamente, in ognuno dei quali alcuni aspetti della storia si chiudevano per lasciare posto a nuovi interrogativi, quelle de “L’isola di Gaia” non potrebbero mai essere concepite come unità singole. La trama si dipana attraverso di esse e solo alla fine si ottengono tutte le risposte.
Anzi, diciamo quasi tutte.

A questo punto non mi resta che darvi il benvenuto ne “L’isola di Gaia” e augurarvi una buona lettura. Spero che il viaggio sia di vostro gradimento.

 

INTRODUZIONE A "OPHIR. CODICE VIVENTE"

Dove eravamo rimasti?
Si tratta di una domanda importante, visto che sono passati ben due anni dall’uscita del volume precedente del ciclo dell’Aurora, “L’isola di Gaia”, che di per sé non è caratterizzato da una storia lineare e i cui molteplici dettagli tendono a sfuggire alla memoria del lettore. Io stessa ho dovuto rileggerlo, prima di cimentarmi nell’editing di “Ophir. Codice vivente”, proprio per evitare di incappare in qualche incongruenza. Ma in realtà “L’isola di Gaia” è inserita cronologicamente dopo il romanzo che state per leggere. Nonostante ciò una sua precedente lettura è essenziale, non tanto per la comprensione generale della storia di “Ophir. Codice vivente”, ma piuttosto perché quest’ultimo libro contiene delle informazioni sull’identità e sulle intenzioni di un personaggio, che rappresentano a tutti gli effetti degli spoiler per chi si appresti ad affrontare la lettura de “L’isola di Gaia”.
Perciò vi consiglio, se non l’avete già fatto, di leggere prima la seconda parte del ciclo dell’Aurora, ma anche di ridare una rapida scorsa all’ultimo capitolo della serie di “Deserto rosso”, poiché al suo interno sono presenti le premesse da cui parte la trama di “Ophir. Codice vivente”.

Ve lo ricordate? Avevamo lasciato i protagonisti della serie a Londra e a Ophir, mentre assistevano alla nascita di un nuovo programma spaziale chiamato Aurora.
Anna e Hassan si erano rincontrati e ci avevano fatto sapere che, nonostante lei fosse ancora sposata con Jan, la loro storia era tutt’altro che finita. L’incontro era avvenuto in occasione della nascita a Londra della figlia di Kirsten De Wit, sorella di Jan, e di Martin Logan: Virginia Logan, che poi avete rivisto da adulta, nel ruolo di detective della Polizia Metropolitana, in un capitolo de “L’isola di Gaia”.
Su Marte invece avevamo ritrovato Melissa, che, raggiunta la maturità, si era unita a un nuovo compagno: Nicholas.
Questi eventi sono avvenuti nel cosiddetto anno uno del programma Aurora. Tenete a mente questo riferimento cronologico, poiché è su di esso che si basa la datazione che ritroverete all’interno di “Ophir. Codice vivente”, riportata all’inizio delle prime due scene della prima parte del romanzo e all’inizio delle altre due parti dello stesso. Altri riferimenti al passaggio del tempo sono inseriti nella storia, a partire dalla citazione dell’età dei personaggi, soprattutto quella della piccola Virginia.
In “Ophir. Codice vivente” ritroverete tutti i protagonisti di “Deserto rosso”, in particolare Anna, Jan, Hassan, Melissa, Michael Gray e Martin Logan, cui si aggiungeranno la giovane Elizabeth Caldwell e la giovanissima Virginia Logan, che invece avete conosciuto ne “L’isola di Gaia”. Il romanzo stesso, essendo inserito cronologicamente tra gli altri due (tre e, poi, più di dodici anni dopo la fine di “Deserto rosso”, quindi oltre ventidue prima dell’inizio de “L’isola di Gaia”), presenta una miscela di elementi di entrambi, a iniziare dalla tecnologia, che deve simulare questo passaggio del tempo, ma anche nella struttura e nelle ambientazioni.

Circa metà delle vicende si svolge su Marte e in queste, come pure in una serie di scene ambientate sul lato lontano della Luna, ritroverete le difficoltà e l’avventura legate a confrontarsi con un mondo alieno, ostile e letale. Toccherete con mano la polvere cinerea del nostro satellite e quella rugginosa del pianeta rosso. Rischierete la vita insieme ai protagonisti e sarete testimoni delle loro scoperte.
Sulla Terra, invece, riconoscerete il futuro del nostro pianeta che avete visto nella Londra dove si svolge buona parte delle scene de “L’isola di Gaia”, sebbene non ancora in una sua versione così avanzata. Ma Londra non sarà l’unica città europea teatro degli eventi narrati.
Le due linee narrative si muoveranno parallele, con un andamento lineare (c’è solo un breve flash-forward all’inizio) e potrete avvertire la loro contemporaneità soltanto grazie ad alcuni piccoli dettagli disseminati al loro interno.
C’è però un elemento comune che cresce e si sviluppa durante tutto il corso del romanzo, un personaggio che abbiamo visto emergere in “Deserto rosso - Ritorno a casa” e fare un breve cameo nell’ultimo capitolo de “L’isola di Gaia”: CUSy, che viene anche chiamata semplicemente Susy.

In “Ophir. Codice vivente”, Susy è l’IA complessa che gestisce gli habitat marziani (come già accadeva in “Deserto rosso”), ma che si manifesta anche in altre sue eventuali copie e versioni semplificate. Susy è una presenza costante e a tratti inquietante lungo tutta la storia e da cui derivano i titoli delle singole parti del romanzo.
Di fatto Susy (o una sua copia) è uno dei pochissimi personaggi destinati a comparire in tutti i libri del ciclo dell’Aurora e svolgerà un ruolo fondamentale nella sua conclusione.
Come avrete intuito, in questo libro provo a esplorare il tema dell’intelligenza artificiale, anche se in maniera ancora abbastanza marginale. Inizio a chiedermi fino a che punto un software in grado di ragionare per conto proprio, apprendere, compiere delle scelte autonome ed evolversi possa essere considerato semplicemente uno strumento. Fino a che punto si può veramente essere certi di poterlo controllare? Fino a che punto ci si può fidare di esso?
In realtà non è un tema del tutto nuovo per i miei libri. In “Deserto rosso” viene toccato verso la fine dell’ultimo volume, quando l’entità estranea rivela di essere un biosoftware che, impiantato nel codice genetico dei suoi creatori, ne ha poi soppiantato la coscienza. Ciò che rischiamo di osservare adesso è il ripetersi di uno schema (quello delle macchine o più genericamente dei software che si ribellano a i propri creatori), le cui conseguenze, però, non sono necessariamente scontate e verranno affrontate nei ultimi due libri del ciclo: “Sirius” e “Aurora”.

Di certo in “Ophir. Codice vivente” scopriremo di più, invece, su questo codice alieno che si identifica in Melissa e su come esso sia ben diverso dall’entità implacabile e infallibile (campi magnetici permettendo) che ci ha fatto intendere di essere in “Deserto rosso”.
Ma, per saperne di più, a questo punto non vi resta che cimentarvi nella lettura del libro. Ancora una volta spero che il viaggio che ho preparato per voi possa essere di vostro gradimento.

 

INTRODUZIONE A "SIRIUS. IN CADUTA LIBERA"

Questo libro è la quarta, e quindi penultima, parte del ciclo dell’Aurora. Come quasi tutti i libri che anticipano la fine di una serie, oltre che narrare una specifica vicenda, ha anche lo scopo di convogliare i vari filoni della storia verso quello che sarà l’epilogo. Per questo motivo è importante avere le idee chiare su tali filoni. Io stessa, infatti, prima della stesura del romanzo ho dovuto rileggere i due precedenti, e prendere appunti, per evitare di inserire incongruenze.
Si sa, la memoria può fare brutti scherzi!
Perciò credo che sia doveroso da parte mia provare a rinfrescare un po’ la vostra memoria, prima di consegnarvi alla lettura di questa nuova storia. Che ne dite?

Okay, vediamo dove eravamo rimasti.
Nella terza parte del ciclo, “Ophir. Codice vivente”, sono stati svelati solo alcuni degli eventi che hanno portato la storia narrata in “Deserto rosso” a evolversi verso ciò che abbiamo visto ne “L’isola di Gaia”. Ma, come sapete, sono rimaste numerose faccende in sospeso.
Abbiamo lasciato Melissa su Marte, disperata per la morte di Nicholas, il suo compagno, e allo stesso tempo del tutto ignara che l’intelligenza artificiale CUSy (detta Susy), che gestisce l’intera comunità marziana, ne sia in realtà la responsabile, per quanto involontaria. Susy voleva uccidere Melissa, e Nicholas l’ha salvata.
Non è però la stessa Melissa di “Deserto rosso”. È una donna adulta che ha imparato a conoscere a fondo e ad apprezzare la propria umanità, tanto che è stata sul punto di abbracciarla completamente. Nonostante avesse trovato il codice del suo antico compagno, rimasto intrappolato in un bacino sotto la superficie di un cratere per miliardi di anni, era addirittura pronta a sopprimere la porzione aliena della sua coscienza. L’improvvisa morte di Nicholas, però, l’ha costretta a concentrarsi di nuovo sul proprio intento, che la spinge a portare avanti insieme ai terrestri il programma Aurora, ma allo stesso tempo a desiderare ancora di più di trovare un modo per accelerarlo.
A tal scopo aveva già reclutato la giovanissima Elizabeth Caldwell, quando questa era solo una bambina. Divenuta un’esperta hacker, Liz all’età di sedici anni è riuscita a farsi inviare da Marte una copia di Susy e, istruita da Melissa, ha cercato di caricarla nel principale nodo della rete globale terrestre. Il suo piano però è fallito, grazie all’intervento di Hassan e Anna, insieme a Michael Gray e Martin Logan, dopo un lungo inseguimento che da Londra li ha condotti fino a Francoforte. Ma, invece di consegnarla alle autorità, i massimi dirigenti dell’Agenzia Spaziale Internazionale (ISA) hanno deciso di accogliere la giovane hacker in seno all’azienda, per poterne sfruttare il talento.
Ciò che ignorano, però, è che Liz non ha mai smesso di essere fedele a Melissa.

Quasi diciotto anni dopo questi eventi si inserisce la storia di “Sirius. In caduta libera”, che è a tutti gli effetti un sequel di “Ophir. Codice vivente”, ma allo stesso tempo rappresenta anche un prequel de “L’isola di Gaia”.
Ed è proprio a quest’ultimo libro che “Sirius. In caduta libera” è fortemente legato. Il motivo è soprattutto di natura cronologica.
Infatti, solo cinque anni dopo avverrà la fuga di Gaia (il clone di Liz) dall’isola di Hope in Antartide. Qui il dottor Brie (che poi si rivelerà essere Gabriel Asbury, marito di Liz) e la stessa Liz in accordo con l’ISA hanno creato una comunità di individui biosynth da utilizzare per il programma Aurora. Questi non sono altro che cloni di uomini e donne di talento nel cui DNA è stata inserita una copia del codice alieno, ricostruito a partire da quello delle persone contagiate da Anna e Hassan in “Deserto rosso” (i cosiddetti ex-contagiati), e nel cui cervello è stata impiantata un’espansione cerebrale con delle false memorie.
Risale, invece, a quattro anni dopo “Sirius. In caduta libera” la morte della stessa Liz per mano di Gaia e ad appena tre il suicidio di Willy Asbury, figlio dodicenne di Liz e Gabriel.
In tutto questo si inseriscono Anna e Hassan, che abbiamo visto tornare insieme in “Ophir. Codice vivente” e che, alla fine de “L’isola di Gaia”, faranno la loro comparsa nella base situata al polo sud, dove osserveranno stupiti (forse anche un po’ inorriditi) innumerevoli copie della biosynth Alicia che lavorano alla costruzione del modulo di comando della nave stellare Aurora.
Infine, “Sirius. In caduta libera” si svolge in concomitanza dell’inizio dell’evento naturale che ha provocato il raffreddamento globale menzionato ne “L’isola di Gaia”: l’eruzione simultanea e protratta per lungo tempo di cinque vulcani islandesi.

Che cosa ci aspetta adesso?
Ci troviamo nell’anno trentuno del programma Aurora, il che vuol dire che sono passati trent’anni dall’epilogo di “Deserto rosso” (anno uno). Ancora una volta vi chiedo di tenere d’occhio questo riferimento cronologico, poiché, anche se quasi tutta la storia di questo libro si svolge in una settimana, nell’ultimo capitolo andremo avanti negli anni.
Il protagonista stavolta è Hassan, che si trova sulla Stazione Spaziale Sirius nell’orbita bassa terrestre per partecipare a un importante incontro relativo al programma Aurora. Il ruolo di comprimario, quasi co-protagonista, è affidato all’astronauta inglese Miranda Caine, un tecnico che lavora sulla Sirius, ma si trova lassù anche per svolgere un altro misterioso incarico. A Londra, invece, nell’edificio della Biosynth troviamo i personaggi di Liz e Gabriel Asbury, cui si aggiungono il piccolo Willy e la copia terrestre dell’IA Susy (sincronizzata con quella marziana).
Infine abbiamo un ultimo filone, apparentemente separato dagli altri, che si svolge in Islanda e ha come protagonisti due vulcanologi, Eron e Rakel, che vivranno in prima persona l’inizio delle grandi eruzioni vulcaniche. La loro storia è quasi un pretesto per portarvi sul versante di un vulcano ad assistere con gli occhi della mente a un disastro naturale di cui finora si è soltanto parlato in maniera astratta.
Questa parte del libro è stata per me un vero e proprio viaggio, che mi ha spinto a scoprire di più su un paese affascinante, fatto di ghiaccio e di fuoco. Me lo sono immaginato solo in piccola parte modificato dall’avanzare della tecnologia del XXII secolo, come un luogo in cui la natura con la sua forza prorompente, letteralmente esplosiva, la fa da padrona, rendendolo per Eron e Rakel non meno ostile di quanto sia lo spazio per Hassan e Miranda.
Soprattutto quando, a causa di qualcosa di imprevedibile, la tecnologia fallisce.

E, infatti, il tema della sopravvivenza è senza dubbio centrale in questo romanzo, ma intorno a esso ne orbitano altri due: il codice marziano di Melissa e quello informatico di Susy.
In ultima analisi, è verso questa intelligenza artificiale, il cui avatar è una rappresentazione di Melissa in età pre-adolescenziale e che si considera la sua unica vera amica, che la storia del ciclo dell’Aurora si sta progressivamente spostando. La sua evoluzione, ignorata e sottovalutata dalla sua stessa creatrice, sarà un elemento fondamentale nell’epilogo del ciclo: “Nave stellare Aurora”.

Ma, prima di salire a bordo dell’Aurora e addentrarvi nello spazio profondo, soffermatevi per un’ultima volta ad ammirare il nostro pianeta dall’orbita e lasciatevi condurre da “Sirius. In caduta libera” in una nuova avventura.

 

INTRODUZIONE A "NAVE STELLARE AURORA"

Ci siamo. Il lungo viaggio che abbiamo iniziato nel 2012 è giunto alla sua ultima tappa. E gli anni in gioco sono molti di più, se consideriamo il punto di vista dei protagonisti del ciclo dell’Aurora.
Proprio col tempo, infatti, io stessa ho voluto giocare sin dall’inizio di questa avventura, facendovi mettere insieme le tessere di un puzzle, tra presente e passato, nei quattro libri di “Deserto rosso” e poi continuando a mescolare le carte nei volumi successivi di questa storia. Adesso però è arrivato il momento di tirare tutti i fili e riunire in quest’ultima parte i personaggi principali che avete imparato a conoscere in quelle precedenti.
“Nave stellare Aurora” si apre subito dopo la fine del libro di cui è il seguito cronologico, “L’isola di Gaia”, e in cui abbiamo assistito all’incontro nella Stazione Amundsen-Scott di Alicia e Gabriel con Anna Persson e Hassan Qabbani.
I due individui biosynth, reduci dalla liberazione dei loro simili nella struttura di Hope, al largo della penisola antartica, che ha portato la prima a prendere il controllo della propria vita e il secondo a scoprire di essere solo un clone, sono tornati in Antartide, seguendo le tracce sepolte nella memoria danneggiata di lei. E hanno scoperto che l’Agenzia Spaziale Internazionale non aveva mai smesso di collaborare con i loro creatori, il vero Gabriel Asbury (Brie) ed Elizabeth Caldwell (Liz), ma che proprio al polo sud, con l’ausilio di un esercito di cloni della stessa Alicia, stava costruendo il modulo di comando della prima nave interstellare umana: l’Aurora.
Per conoscere, invece, gli eventi che hanno condotto gli unici due essere umani tornati da Marte in uno dei luoghi più sperduti del nostro pianeta, abbiamo avuto bisogno di altri due libri.
In “Ophir. Codice vivente” abbiamo scoperto il legame tra Liz e Melissa Diaz, la leader marziana dominata da un’entità aliena vecchia di quattro miliardi di anni. Abbiamo visto l’intelligenza artificiale CUsy (Susy), iniziare a prendere coscienza di sé e causare involontariamente la morte di Nicholas, il compagno della sua creatrice, nel tentativo di uccidere quest’ultima. E abbiamo assistito agli eventi che hanno riportato Anna e Hassan insieme.
In “Sirius. In caduta libera”, mentre il pianeta viene messo in crisi dall’eruzione simultanea di cinque vulcani islandesi, che provocherà un raffreddamento globale per i cinque anni successivi, abbiamo seguito l’ultima missione di Hassan per l’ISA, prima del suo pensionamento. Ed è stata una missione molto più complicata di quanto lui si aspettasse.
Tra le guardie di sicurezza, gli uomini in nero, infatti, si nascondeva un sabotatore affiliato al gruppo dei cosiddetti ex-contagiati, che avevano già creato più di un problema nel libro precedente. Si tratta di un personaggio che avevamo visto proprio in quest’ultimo: Jason Duffy. Questi per nascondere le proprie tracce ha ucciso due membri dell’equipaggio, mentre intrecciava una relazione con il tecnico Miranda Caine, che a sua volta era stata pagata dagli Asbury per recuperare un misterioso oggetto proveniente da Marte. Al suo interno si trovavano due diversi campioni di un siero. Uno conteneva il codice alieno dell’entità che controlla Melissa e l’altro il codice che dominava il compagno del suo antico ospite, ritrovato su Marte nelle acque sotterranee intrappolate nella regione del cratere Janssen.
Dopo essere stata rinchiusa dall’amante, di cui aveva scoperto i crimini, Miranda, istruita da Susy, si è iniettata uno dei sieri, provocando l’emergere dentro di sé della prima entità aliena, la cui coscienza, già condivisa con Melissa, si è fusa alla sua. Quindi, ha deciso di utilizzare il secondo su Jason, riportando in vita la coscienza della seconda entità.
A un certo punto, però, Jason le si rivolta contro e lei è costretta a ucciderlo, per salvarsi la vita.
Ma i guai non sono finiti. Un’esplosione nell’area di attracco della Sirius porta al distacco della porzione più vecchia della stazione, in cui la stessa Miranda rimane intrappolata insieme ad Hassan. I due cercano di trovare una soluzione e alla fine l’entità aliena, dopo avergli rivelato la sua presenza nella coscienza di Miranda, decide di sacrificare la vita di quest’ultima per salvare quella di lui.
Hassan, dopo un’altra breve disavventura successiva all’atterraggio della capsula Libra in Francia, che porta a sgominare ciò che resta del gruppo degli ex-contagiati, può infine riunirsi ad Anna, che gli rivela di essere incinta.
Nell’ultimo capitolo di “Sirius. In caduta libera” veniamo a scoprire che Susy, una copia della quale è l’IA dell’edificio della BioSynth, è responsabile dell’esplosione avvenuta nella Stazione Spaziale Sirius. Non solo. Negli anni è diventata amica del piccolo Willy Asbury e, quando questi la allontana da sé, poiché è alle prese con i problemi psicologici causati dalla riproduzione del codice alieno inserita dai genitori nel suo genoma, lei fa leva sulla sua depressione e lo istiga a uccidersi.
Abbiamo, inoltre, l’opportunità di assistere di nuovo alla morte di Liz avvenuta a causa di Gaia, ma dal punto di vista della vittima, e di scoprire insieme a lei che a esasperare le emozioni del suo clone biosynth è stata ancora una volta Susy.
Infine, il libro si chiude con Anna e Hassan, che vivono a Tortola, nei Caraibi, insieme ai figli Birgit e Rashid, e che ricevono un invito in Antartide da parte dell’amministratore dell’ISA Liev Semyonov e del direttore del Goddard Institute for Space Studies Edward Ackerman.

Adesso è arrivato il momento di scoprire come si conclude questa storia.
Il libro che state per leggere è formato da quattro parti, ognuna delle quali è quasi un romanzo a sé stante. Dalla Londra del prossimo secolo, alla Luna, alla nave stellare fino a una destinazione ancora sconosciuta, seguirete le vicende conclusive dei personaggi del ciclo dell’Aurora attraverso gli occhi e la mente di quelli che sono stati i protagonisti dei quattro libri precedenti: Alicia, Hassan, Melissa e, infine, Anna.
E a osservarli dall’esterno, magari complicando qua e là le cose, ci sarà una nuova voce narrante in prima persona: Susy. Lei condividerà con voi i suoi pensieri, le sue sensazioni e persino i suoi sentimenti, o almeno ciò che crede che siano i suoi sentimenti.
Ma poi c’è davvero differenza tra provare un’emozione o essere soltanto convinti di provarla? Tra essere o sentirsi vivi?

Vi auguro buon viaggio.
Ci vediamo dall’altra parte.


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© 2012- Rita Carla Francesca Monticelli