Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Carla (del 23/01/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 3152 volte)
    Godibile noir
Con questo libro ho iniziato la lettura della trilogia noir di Richard Matheson, che si distacca parecchio dalla sua produzione successiva legata ai generi del fantastico.
“Ricatto mortale” è un breve romanzo caratterizzato dal fascino del noir vintage (d’altra parte è stato originariamente pubblicato nel 1953).
Alcune parti sono forse un po’ affrettate, anche se, tutto sommato, sono quelle in cui non era necessario soffermarsi più di tanto.
Come spesso accade nei suoi libri, abbiamo il solito protagonista maschile nei guai che è coraggioso ma un po’ debole.
La trama in sé non è intricatissima, ma gli eventi accadono così in fretta che non si ha il tempo di pensare. Più che altro non si capisce cosa facciano nella vita i personaggi. Il protagonista è uno scrittore, ma non lo si vede mai scrivere nell’arco della storia.
Il finale non è prevedibile, anche se in parte il lettore può arrivare a immaginare chi è il colpevole.
La prosa, come sempre, è molto bella e la traduzione, che è decisamente più recente, è ottima.
Di Carla (del 10/01/2017 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2846 volte)
    Perfettamente costruito, ma troppo calcolato e freddo sul finale
Questo romanzo mi è piaciuto molto, finché non sono arrivata alla parte finale su New London, di cui non sono proprio riuscita a digerire la conclusione. E ciò ha per forza di cose un’influenza negativa sul mio giudizio generale.
Come sempre Hamilton è un maestro nel gestire trame complesse in un contesto elaborato e a farvi interagire più personaggi ben caratterizzati. In questo senso “The Nano Flower” è l’anello di congiunzione tra la sua prima produzione ambientata sulla Terra nel prossimo futuro e la space opera dei suoi libri successivi.
Sebbene la serie venga definita la trilogia di Greg Mandel, in questo libro Mandel ha un ruolo da comprimario, poiché è in scena quanto gli altri personaggi, o addirittura meno. Devo dire che questo aspetto mi ha un po’ deluso, poiché mi piace parecchio questo personaggio, che nei libri precedenti era senza dubbio il protagonista, e mi aspettavo almeno un suo ruolo più decisivo nella risoluzione della storia, cosa che invece non si è verificata. Il fulcro di questo romanzo è senza dubbio Julia Evans, sebbene neanche lei possa esserne considerata una protagonista. Più semplicemente può essere definito un romanzo corale.
Meno investigativo dei precedenti, fatto che non è necessariamente positivo, e più immaginifico, pur essendo più lungo presenta un ritmo più incalzante e coinvolgente, reso possibile dalla sempre ottima prosa di Hamilton.
Gli avrei dato cinque stelle, ma ho trovato tutta la storia di Royan, incluso il finale, abbastanza deprimente. Non sono riuscita in alcun modo a farmi piacere le sue scelte egoistiche nei confronti della propria famiglia. Le sue motivazioni continuano a non avere senso. E allo stesso modo ho trovato Julia troppo fredda nel reagire alla conclusione drammatica della storia di questo personaggio. Ho avvertito nel comportamento di entrambi qualcosa di profondamente sbagliato a livello di emozioni umane, che mi ha dato la sensazione che il finale fosse stato quasi elaborato a mente fredda, senza alcun coinvolgimento, perdendo ogni contatto con l’umanità dei personaggi. E tutto ciò stride col modo in cui Hamilton aveva scavato fino a quel momento nella loro mente e nella loro psicologia.
Inoltre ho difficoltà a considerare credibile il fatto che un personaggio così potente come Julia Evans pensi davvero soltanto al bene dell’umanità e solo secondariamente ai propri interessi. È a dir poco utopistico, soprattutto se paragonato col futuro tutt’altro che roseo che viene descritto in questa trilogia.
Entrambi questi aspetti hanno fatto sì che in me crollasse la sospensione dell’incredulità. Peccato.
Di Carla (del 20/12/2016 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2687 volte)
     Il segreto custodito dai sicomori
Questo romanzo di Grisham, pur essendo ambientato nello stesso luogo e pur avendo lo stesso protagonista de “Il momento di uccidere”, non è un vero seguito e può essere letto senza conoscere la storia del primo, di cui vengono fatti dei brevi cenni solo laddove necessario.
Anche il tema è lo stesso, cioè quello del razzismo. Questa volta Jack Brigance, avvocato di Ford County, una contea del sud degli Stati Uniti dove il razzismo era ancora un grosso problema trent’anni fa (e suppongo che lo sia ancora), è alle prese con un testamento olografo scritto da un ricco bianco che, prima di suicidarsi (stava morendo di cancro), decide di diseredare i figli e lasciare il 90% del patrimonio, 24 milioni di dollari, alla propria cameriera di colore. Da ciò nasce una guerra legale per impugnare il testamento.
Mi è piaciuta molto, come sempre, la caratterizzazione dei personaggi, sia principali che secondari, e la ricostruzione dell’ambientazione (Ford County negli anni ’80). A ciò si aggiunge la solita bravura di Grisham nel raccontare le mille astuzie dietro la preparazione di una causa in grado di fare molto clamore.
Mentre i figli diseredati fanno di tutto per accusare Lettie di captazione (cioè di aver spinto l’uomo a cambiare il testamento, approfittando delle sue condizioni di salute, affinché lasciasse tutto a lei), nessuno sembra domandarsi perché l’abbia fatto, cosa ci sia sotto.
E così, in sordina, si dipana una sottotrama che porta alla verità e che è legata al titolo.
Si tratta di un racconto di qualcosa che potrebbe essere davvero accaduto, realistico in maniera sconvolgente. È una storia che appassiona e lascia il sorriso sulle labbra al momento dell’epilogo.
Ho una sola nota negativa da riferire. Amo il modo in cui Grisham vuole farci entrare nell’ambientazione, raccontando anche tutti i meccanismi legali e i dettagli sui personaggi. In questo libro, però, ho avuto l’impressione che l’info-dump fosse davvero un po’ eccessivo o comunque raccontato in maniera poco coinvolgente.
Di Carla (del 21/11/2016 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 3366 volte)
    Intenso, violento, scioccante
Questo è un romanzo estremamente complesso e ambizioso, che di certo ha richiesto all’autore un enorme lavoro di ricerca sulle dinamiche del traffico di droga tra Messico e Stati Uniti. Non conosco bene l’argomento, ma l’impressione che ho ricevuto dalla sua lettura è che l’autore racconti fatti reali, anche se ovviamente i personaggi e i dettagli delle loro specifiche storie sono inventati. Sono però assolutamente plausibili.
Durante la lettura ho rivisto nella mia mente alcune scene del film “Sicario” e ho provato la stessa sensazione di disagio, ma mille volte amplificata dal potere evocativo della parola scritta.
La storia sa essere coinvolgente, e quindi scioccante, laddove si arriva a raccontare efferati atti di violenza e omicidio. Alcune sequenze lasciano col fiato sospeso e ti spingono a continuare la lettura finché non sai come va a finire. Essa contiene tanti di quei doppi e tripli giochi che è difficile vedere un colpo di scena mentre arriva. Magari sai che sta per arrivare, ma non hai proprio idea di cosa succederà.
Ho particolarmente gradito, poi, il collegamento tra l’inizio del romanzo e la fine di uno degli ultimi capitoli.
In generale si tratta di un libro che va affrontato con l’intenzione di leggerlo in un breve periodo, poiché l’abbondanza di dettagli mette a dura prova la memoria del lettore. Personalmente trovo che questo sia un aspetto positivo per un romanzo, poiché segno di un gran lavoro di strutturazione della trama e perché mi stimola come lettrice.
Di contro ci sono alcuni aspetti che mi hanno impedito di dargli il massimo dei voti.
Il romanzo presenta tantissimo info-dump sui traffici di droga, la politica e tutto ciò che ci gira attorno. Capisco che sia essenziale per far comprendere il contesto in cui si svolge la trama, ma ho avuto difficoltà a leggere tutte queste informazioni e tendevo a saltarle, senza che questo mi facesse perdere nulla di essenziale sulla comprensione della storia, perché ero più interessata ai personaggi. Tutto ciò spezza parecchio l’azione, facendo sì che nel libro si alternino pagine raccontate, che tendono ad annoiare (a meno che tu non sia interessato all’argomento), ad azione vera e propria.
Ci sono inoltre troppi personaggi. Non è un problema di per sé, ma la loro eccessiva quantità rende faticosa l’immedesimazione in essi. È difficile riuscire a “sentirli” dentro di sé e, quando ci riesci, poi spariscono per decine di pagine.
In particolare la scelta di dedicare ognuno dei primi tre capitoli a un personaggio è abbastanza dispersiva. Sono stata sul punto di abbandonare il libro al secondo capitolo, perché non vedevo alcuna attinenza col primo. Era come se fosse un’altra storia. Solo alla fine del terzo ho iniziato a ricollegare le cose e ad apprezzare l’intreccio, ma non tutti i lettori riescono a spingersi così avanti, anche perché i capitoli sono molto lunghi.
Infine, c’è davvero molta violenza, mostrata in maniera molto diretta, che lo rende non adatto a persone facilmente suggestionabili. Io stessa sono stata contenta di averne finito la lettura, perché a tratti il libro mi stava deprimendo e impressionando. Anche questo aspetto non è di per sé negativo, poiché dimostra quanto il libro riesca a coinvolgere il lettore, ma personalmente non amo questo tipo di coinvolgimento così profondo con atti violenti e spesso disgustosi.
In altre parole, è un grande libro, un romanzo potente, ma avrei preferito non averlo letto, poiché mi ha lasciato con tanti sentimenti negativi. Per questo motivo non credo che leggerò il seguito.
Di Carla (del 12/11/2016 @ 07:52:26, in Lettura, linkato 3259 volte)
     Un action thriller… contagioso
La trama di questo romanzo è ben architettata e ha come fulcro un personaggio maschile, Jonathan Smith, molto carismatico e credibile. Jon, come si fa chiamare dagli amici, è un medico, ma anche un militare. È un uomo intelligente e pieno di risorse, ma non il classico uomo d’azione perfetto. Ha dei difetti, compie degli errori, ma poi alla fine è anche un po’ fortunato (come capita sempre nei romanzi).
Per quanto questo libro non sia stato scritto soltanto da Ludlum, che sarebbe morto l’anno dopo la sua pubblicazione, il suo tocco è evidente. Infatti, pur essendo un libro molto lungo, si legge altrettanto in fretta, creando quasi dipendenza, e presenta un giusto equilibrio tra azione e introspezione dei personaggi.
Il tema trattato, quello di una pandemia provocata volontariamente per ottenerne un ritorno economico, fa riflettere. Lo scenario, pur essendo estremo, è comunque realistico e, proprio per questo, mette i brividi.
La parte scientifica, nonostante non sia eccessivamente sviluppata (a beneficio del lettore, che non si deve sorbire alcun info-dump), è credibile.
Tra i personaggi mi è risultato particolarmente simpatico quello di Marty, un nerd affetto dalla sindrome di Asperger. È stato interessante seguire il fluttuare dei suoi pensieri come i livelli delle medicine variavano nel suo corpo.
D’altro canto, questo romanzo non è esente da aspetti negativi, a iniziare dall’eccessivo head hopping. Non è funzionale alla storia, perciò sembra quasi causale e a tratti fa perdere l’immedesimazione nei personaggi.
Purtroppo il testo è impestato da tanti errori e tante scelte infelici di traduzione (ho letto un’edizione precedente a questa, ma dubito fortemente che il testo sia stato revisionato, perché non lo fanno mai). Ma come si fa a scrivere M16 invece di MI6 (tutte le volte, quindi non è un refuso)? Possibile che nessuno tra traduttrici (sono due), revisore e correttore di bozze conoscesse l’agenzia d’intelligence britannica di 007?
Sempre riguardo a questa edizione, purtroppo c’è da dire che la quarta di copertina anticipa buona parte del libro. È quindi consigliabile non leggerla affatto.
Al di là di tutto, si vede purtroppo anche il tocco del secondo autore, che mette eccessivo ordine nel modo di narrare più carico e apparentemente caotico di Ludlum, facendo perdere spontaneità e imprevedibilità al testo.
Il finale apre a una serie di libri, che possono essere letti anche separatamente con una limitata o senza alcuna vera sottotrama, cosa che purtroppo sa di operazione commerciale. Per questo motivo non credo che leggerò altri libri di questa serie, anche perché i due successivi, cui Ludlum ha partecipato (non saprei dire in che misura), sono postumi, mentre tutti gli altri sono completamente scritti da altri autori.
Nonostante gli aspetti negativi mi sono molto divertita a leggere questo libro, perciò ho deciso comunque di dargli massimo dei voti.
Di Carla (del 09/11/2016 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 3615 volte)
     Si può cambiare il passato?
I romanzi di Matheson sono tutti speciali, in qualche modo. Ciò che mi affascina di questo autore è la sua capacità di presentare storie completamente diverse, spesso anche di generi diversi, che sembrano non sentire il passaggio del tempo. Quando apro un suo libro, qualunque sia il periodo in cui l’ha scritto, so già che rimarrò stupita.
“Appuntamento nel tempo” è tante cose: un romanzo sui viaggi nel tempo, ma anche d’amore, e un finto diario della discesa verso la follia di una persona affetta da una malattia incurabile. Sta al lettore decidere come interpretarlo. Qualunque sarà la sua scelta, si ritroverà in mano un’opera coinvolgente e intensa.
Durante la lettura mi sentivo davvero nella mente e nella pelle del protagonista (il solito quasi-eroe dei libri di Matheson, in cui ogni persona riesce a immedesimarsi per via del suo essere ordinario e fallibile) e anch’io mi sono lasciata trasportare nel passato dalla ricostruzione storica evocativa dei luoghi e delle usanze. Il coinvolgimento è stato tale che ho letto tutta la seconda parte, in cui la trama pare accelerare, in pochissimo tempo.
Come sempre nei suoi libri, anche in questo caso la storia raccontata è tremendamente moderna per essere vecchia di quarantacinque anni. Di storie sui viaggi nel tempo ne sono state scritte tante, ma qui il protagonista non trova un qualche dispositivo tecnologico o magico per andare in un’altra epoca. Qui il protagonista scopre per caso le tracce del proprio passaggio nel passato e si convince che è destinato ad andarci, e che per farlo deve solo crederci.
E Matheson ci fa vivere in maniera così realistica la sua vita interiore che finiamo per crederci pure noi.
La struttura della storia è davvero ben studiata. Non è facile raccontare tramite un diario, che presume una narrazione a posteriori degli eventi, e far sentire al lettore come se questi stessero accadendo in quel preciso momento. Per riuscirci l’autore inserisce delle pause all’interno della trama che il protagonista sfrutta per riportare brevemente ciò che è appena accaduto. In realtà di breve non c’è nulla, poiché le scene narrate sono spesso molto lunghe, ma si tratta comunque di un artificio letterario convincente.
Il finale è un po’ telefonato, ma in fondo la logicità del tutto e la poesia con cui viene espresso lo rende comunque soddisfacente.
Forse ciò che rende questo romanzo particolarmente riuscito è il fatto che, nonostante la storia appartenga al genere fantastico, dà comunque l’impressione che non sia solo plausibile, ma anche, grazie alla capacità di Matheson di mescolare fatti e personaggi storici reali con altri del tutto inventati, che sia davvero accaduta.
Di Carla (del 25/10/2016 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2664 volte)
    Un buon romanzo, non altrettanto buona l’edizione
Non mi capita spesso di leggere thriller italiani e ho deciso di cimentarmi nella lettura di questo libro di Riccardo Bruni, proprio perché pubblicato da Amazon Publishing. Ero curiosa di capire che quale fosse la loro linea editoriale in Italia.
Come immaginavo, mi sono ritrovata con un romanzo che, nonostante presenti numerose caratteristiche che richiamano alla memoria la realtà italiana, non soffre affatto di provincialismo. In altre parole, ritengo che sia un romanzo apprezzabile ovunque nel mondo e quindi da un pubblico di lettori abituato a spingersi oltre i confini.
La trama è molto ben architettata a livello di struttura. Trovo che sia molto pregevole il modo in cui sono incastrate le scene per aggiungere man mano, senza fretta e al momento giusto, nuove informazioni alla storia. La prosa di Bruni accompagna il tutto, riuscendo a essere a tratti molto evocativa.
La scelta di raccontare al presente in terza persona per gran parte del romanzo è coraggiosa. Si tratta di una combinazione poco usata che può stranire il lettore, ma l’autore riesce a destreggiarvisi abbastanza bene.
Ho trovato, purtroppo, l’ambientazione un po’ evanescente. Non sono riuscita a visualizzare nella mia mente i luoghi in cui le vicende si svolgono. E allo stesso modo non sono riuscita a farmi coinvolgere in maniera particolare dai personaggi. In genere, quando leggo un libro, riesco a entrare in sintonia con uno di essi, che sia o meno il protagonista, ma questa volta non mi è capitato.
Anche per questo motivo mi sono ritrovata ad analizzare con freddezza la trama e a capire molto presto l’identità dell’assassino.
Queste ultime valutazioni sono comunque legate a gusti personali.
Ciò che, invece, mi ha lasciato perplessa è la qualità non particolarmente buona dell’edizione e devo dire che ne sono rimasta stupita, proprio perché si tratta di un libro pubblicato da Amazon Publishing, cioè un editore con dei mezzi, almeno in teoria, di un certo livello.
Al di là di qualche evidente refuso o altro errorino (cose che si trovano in tutti i libri di qualsiasi editore), possibile che nessuno nella catena di revisione del testo (editor, correttore di bozze) conosca la differenza tra “che” e “ché” o sappia che il vocativo deve essere separato da una virgola?
Quando errori di questo tipo appaiono una o due volte, si può invocare il refuso, ma una scusa del genere non regge quando l’errore si ripete tutte le volte (la forma “ché”, che introduce una causale, quindi col significato di “perché”, viene sistematicamente scritta senza accento) o quasi (nel caso del vocativo all’interno dei dialoghi).
Un altro aspetto che ha creato più di una distrazione durante la lettura è il fatto che i messaggi inviati sul cellulare non fossero adeguatamente segnalati e distinti dal resto del testo. Non so se si tratti di un problema tecnico del file nel mio Kindle (il che sarebbe un po’ ironico, visto che gli ebook e gli ereader li vendono loro) o di una scelta (in tal caso, una pessima scelta).
È anche possibile che da quando ho acquistato il libro a oggi siano state fatte delle correzioni, o almeno è quello che spero, altrimenti sarebbe davvero un peccato, poiché la qualità mediocre dell’edizione distrae dalla lettura e riduce la possibilità di apprezzare un libro che ha comunque un buon valore intrinseco.
Di Carla (del 18/10/2016 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2595 volte)
    Distopia e miti greci
Mi sono imbattuta in questo libro per caso, mentre ero in cerca di una lettura diversa dal solito, e mi ha subito incuriosito la cura con cui era scritta la sinossi.
Si tratta di un romanzo dalla spiccata originalità della trama, sviluppata in un contesto distopico che unisce elementi moderni alla mitologia greca. È evidente come l’autrice sia un’appassionata di questo argomento e ne fa grande sfoggio senza mai scadere nell’info dump né annoiare.
L’aspetto romantico della storia è marginale e questo a mio parere è un enorme punto a favore, poiché la trama possiede già in sé tutti gli elementi che servono per renderla appassionante. Dare più spazio a questo aspetto, in questo libro, sarebbe stata una forzatura. A ciò si accompagna un’ottima prosa e la presenza di pochissimi refusi (credo di aver notato solo qualche virgola fuori posto).
Non ho però dato il massimo della valutazione e ciò dipende da una serie di motivi, a iniziare dal fatto che ho trovato il ritmo un po’ troppo lento.
Un altro aspetto che mi ha spesso distratto durante la lettura è l’assenza del soggetto nelle attribuzioni di dialogo e nelle linee d’azione inserite all’interno del dialogo (la cui funzione sarebbe anche quella di identificare chi parla), quando nella stessa scena ci sono due personaggi che parlano. Ciò crea confusione, poiché, essendo il libro in terza persona, non si sa esattamente chi stia parlando o agendo. Affidarsi alla memoria del lettore va benissimo se c’è un semplice botta e risposta, ma in caso contrario è proprio necessario inserire come soggetto il nome del personaggio o un pronome che permetta di identificarlo.
Ho notato, inoltre, un’eccessiva ripetizione delle stesse azioni (puntare gomiti, arcuare sopraccigli e simili) lungo tutto il romanzo.
Infine, ho la sensazione che il finale sospeso non sia preceduto da un climax abbastanza potente in grado di dare un senso di chiusura al romanzo e sopperire al fatto di averlo terminato con un cliffhanger, senza che il secondo libro sia già disponibile.
Nonostante ciò, sono rimasta molto ben impressionata da quest’opera, che è senza dubbio un ottimo esempio della capacità del self-publishing di proporre trame e temi originali, e di farlo con dei prodotti editoriali di qualità, sia come forma che contenuto.
Dietro quello pseudonimo si cela una scrittrice che sa davvero il fatto suo.
Di Carla (del 07/10/2016 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2711 volte)
    I fantasmi non esistono?
Con Matheson non so mai cosa aspettarmi. Si muove liberamente tra i generi del fantastico, proponendo storie sempre fuori dagli schemi. Questo, rispetto ad altri libri suoi che ho letto, si differenza per la mancanza di un vero protagonista intorno a cui gira tutta la vicenda. Si tratta infatti di un romanzo corale che rientra pienamente nei canoni dell’horror, in cui uno per uno i personaggi che sembrano avere un ruolo primario muoiono, lasciandone sono uno o due alla fine. A ciò si aggiunge il paranormale che ritorna spesso nelle sue opere e che qui viene affrontato ancora una volta in maniera originale.
Nel complesso si tratta di un romanzo che pare quasi contemporaneo, poiché non ha paura di mettere insieme l’elemento violento, scabroso e blasfemo, nonostante i quarant’anni passati da quando è stato scritto.
La trama è coinvolgente, soprattutto in alcuni passaggi. La suddivisione delle scene tramite l’indicazione dell’orario, quindi senza capitoli, invoglia la lettura e incrementa l’effetto ansiogeno.
Purtroppo l’edizione che ho letto presenta una traduzione molto datata, anche se non inficia più di tanto la percezione della contemporaneità dell’opera, una volta che ci si abitua al linguaggio, ma ovviamente annulla l’illusione. A ciò si aggiunge un finale classico da storia dell’orrore che è abbastanza prevedibile e lascia un po’ con l’amaro in bocca.
Di Carla (del 30/09/2016 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 3174 volte)
     Il poliziotto corrotto
Un’altra bella storia complessa per il secondo libro della serie di Bosch.
Anche se ritroviamo lo stesso personaggio incasinato del primo, non c’è vera episodicità, poiché solo grazie alla lettura del primo libro lo si può capire a fondo.
Bosch è di ritorno dalla vacanza presa dopo il primo caso e adesso si avvicina il periodo natalizio, causa per lui di ulteriore depressione. Tutta la storia si svolge in pochi rocamboleschi giorni. C’è anche un breve accenno, senza fare il nome, a un personaggio del libro precedente, che, a quanto pare, tornerà nel successivo.
Stavolta l’argomento è il traffico di droga attraverso il confine col Messico e i suoi legami con la polizia. Le atmosfere mi hanno ricordato il film “Sicario”. Connelly ti mette davanti agli occhi tutti gli elementi, ma ti distrae con tanti e tali dettagli (bellissime le descrizioni e riflessioni su Los Angeles, come pure quelle sulle due città di confine: hai proprio l’impressione di sentirti lì) che ti accorgi dell’ovvio solo alla fine, quando te lo sbatte davanti quasi di soppiatto.
Non manca la parentesi romantica, sebbene come sempre sottesa da una certa malinconia e disperazione.
Mi è piaciuta la risoluzione della storia in cui il protagonista decide di non seguire le regole e il finale aperto sulla vita di Bosch.
Non vedo l’ora di leggere il successivo.
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