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 I personaggi di "Deserto rosso"... di Carla
 

"Sei proprio un mistero impenetrabile, piccola Anna." Deserto rosso - Abitanti di Marte

 

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 06/02/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 271 volte)

Premetto che non mi interessano i videogiochi. L’ultima volta che ci ho giocato è stata nel 1998 su un pc con Windows 95. Quindi non conosco quello da cui è tratta questa serie. Ve ne parlo da spettatrice amante della fantascienza.
 
Si tratta di una serie di fantascienza militare/space opera, ambientata in un futuro lontano, piena di belle astronavi, pianeti dalle caratteristiche più disparate e una specie aliena nemica con cui l’umanità è in guerra. E uno degli strumenti di guerra più potenti di cui gli umani dispongono è costituito dagli Spartan, dei guerrieri umani potenziati e privati di emozioni. Tra questi c’è il protagonista, John-117, conosciuto col nome di battaglia Master Chief.
 
Non vi dico altro della trama, perché credo sia meglio scoprirla passo per passo nell’arco delle nove puntate della serie. Mi limito a chiarire, piuttosto, che mi riferisco solo alla prima stagione. Nel vederla, infatti, ci si rende subito conto che tutti i filoni narrativi iniziati non hanno abbastanza spazio per essere conclusi. Sembra quasi tutta una grande introduzione al resto delle stagioni. In ogni caso, ci sono degli aspetti che vengono chiariti. Inoltre, ho trovato il finale con colpo di scena (quasi un cliffhanger) molto soddisfacente. Con una struttura narrativa così complessa, c’era il rischio che certi filoni venissero chiusi in maniera troppo frettolosa, ma così, tutto sommato, non è stato.
 
 
La trama contiene tutta una serie di elementi che mi sono particolarmente congeniali.
Uno di questi è senza dubbio il fatto di avere un protagonista che non conosce affatto la propria identità e la rivelazione di quest’ultima è centrale all’interno della serie.
Un altro elemento interessante è l’uso dell’intelligenza artificiale (Cortana), che nasce come strumento per controllare, ma che a un certo punto si fa delle domande su quanto sia giusto o meno seguire gli ordini che riceve. Qui l’IA, che all’inizio ha una connotazione inquietante e apparentemente negativa, poi si rivela un personaggio positivo.
Poi c’è la presenza di un personaggio profondamente ambiguo (ancora più dell’IA) nelle mani dei supercattivi (gli alieni), che ha un’evoluzione particolare. Peccato che debba cadere vittima del solito spietato karma delle produzioni americane, in cui il pentimento non basta mai per redimersi.
Ma gli alieni non sono gli unici cattivi. Sono appunto solo i supercattivi, cioè quelli che sono cattivi e basta, senza ulteriori approfondimenti. Anche tra gli umani c’è qualche personaggio decisamente negativo, come la dottoressa Halsey, che è a capo del programma Spartan. Però nel suo caso vengono messe alla luce delle motivazioni che, per quanto eccessive, hanno una logica intrinseca che fornisce al personaggio un certo spessore.
 
Infine, gli effetti speciali sono per gran parte veramente notevoli. Gli alieni mi hanno ricordato diverse creature viste nella saga di Star Wars. Forse solo l’ambientazione dello scontro nell’ultima puntata è un po’ povera.
L’unica cosa che mi ha lasciato perplessa è la collocazione del dispositivo che sopprime le emozioni degli Spartan: nella parte bassa della schiena. Mah!
 
Nel complesso mi sono divertiva a vedere questa serie. La storia è intrigante e ben sviluppata. E alla fine della visione rimane la curiosità di poter al più presto tuffarsi nella seconda stagione.
 
“Halo” è disponibile su Paramount+ e quindi anche per chi ha il pacchetto cinema di Sky.
Dall’8 febbraio 2024 si potrà vedere anche la seconda stagione.
 
Tutte le immagini sono proprietà di Paramount+ (© 2022).
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Di Carla (del 31/12/2023 @ 22:15:00, in Propositi, linkato 305 volte)
È di nuovo arrivata la fine dell’anno e con essa il tempo di farne un bilancio e definire degli obiettivi per quello che sta per iniziare.
Ma è davvero necessario?
 
Recentemente ho riorganizzato buona parte dei contenuti di questo blog e mi sono resa conto che i post dedicati ai propositi per il nuovo anno erano addirittura dodici, vale a dire che questo è il tredicesimo anno che decido di chiudere scrivendo un articoli del genere. E mi sono chiesta se abbia ancora senso farlo.
Certo, si tratta più che altro di un esercizio per rinfrescarmi le idee sulle cose che ho fatto negli ultimi dodici mesi, ma è nato originariamente come un modo per spronarmi a portare avanti i miei progetti relativi alla scrittura e poi all’editoria.
Per quanto quest’anno abbia concluso dei progetti editoriali preesistenti (ve ne parlerò fra poco), è almeno dalla fine del 2020, quando ho finito di scrivere e pubblicato il mio ultimo libro in italiano, che non ne ho iniziato alcuno di nuovo.
 
Come vi avevo già accennato un anno fa, infatti, al momento ciò che desidero di più in ambito editoriale è portare a termine tutto quello che ho iniziato, in modo da tirare una riga sul mio lavoro, prima di capire finalmente in che direzione indirizzare i miei sforzi. In poche parole, ho assoluto bisogno di completare una volta per tutte i propositi degli anni passati prima di poterne definire dei nuovi.
A questo scopo all’inizio del 2023 ho compilato una lunga lista che li includeva tutti, più tante altre cose che consideravo da un po’ di tempo, ma non avevo mai elencato in un unico posto, e da quel momento in poi ho iniziato ad affrontarne ogni punto, possibilmente in ordine, per poi depennarlo una volta completato. La lista contiene qualcosa come una cinquantina di voci, alcune delle quali hanno numerose sottovoci. Finora ne ho depennato diciotto, mentre sei sono in fase di svolgimento (qualcuna molto vicino alla conclusione).
Insomma, la strada è ancora lunga, ma non ne faccio un problema, finché si continua ad andare avanti.
 
Guardando la lista adesso, potrebbe sembrare che abbia fatto poco. In realtà, alcune delle voci includono impegni tutt’altro che rapidi, a partire da quelli che erano stati i propositi che mi ero posta alla fine del 2022.
Li ricordate? Erano tre in tutto.
Il primo, e più corposo, era completare la preparazione e pubblicazione della trilogia del detective Eric Shaw in inglese. Alla fine del 2022 avevo pubblicato la nuova traduzione di “The Mentor”, mentre, come avevo programmato, “Syndrome” e “Beyond the Limit” sono usciti rispettivamente il 28 febbraio e il 31 maggio.
Come potete immaginare, in questo modo i primi cinque mesi dell’anno e buona parte del sesto sono stati occupati da tutto il lavoro di preparazione, dalla pubblicazione e dalla promozione.
 
 
Sono molto soddisfatta dei libri, sia per quanto riguarda il contenuto e che il confezionamento.
Rispetto alle versioni italiane ho fatto poche modifiche alle copertine, principalmente riguardano il carattere usato per il mio nome e, nelle versioni cartacee, il dorso, dove è visibile sia il mio nuovo logo che il fiore di loto stilizzato, con all’interno il numero del volume, che rappresenta la trilogia.
Anche per questi due libri ho creato cinque edizioni diverse (una ebook e quattro cartaceo, di cui due in copertina rigida), ognuna delle quali ha richiesto qualche modifica per venire incontro alle linee guida delle diverse piattaforme. Inoltre, ho preparato delle immagini promozionali di presentazione, sulla falsariga di quella creata per “The Mentor”, che potete vedere in questo articolo.
 
La promozione è andata più o meno come me l’aspettavo: finché ho promosso i libri, questi hanno venduto, appena ho smesso, anche loro hanno smesso. Ma purtroppo è così in generale, ancora di più in un mercato sconfinato come quello anglofono.
È stato però divertente realizzare un blog tour e leggere le recensioni dei blogger che vi hanno partecipato e di quelli che ho contattato separatamente: tutti hanno sembrato apprezzare i libri. Ho inoltre seguito con interesse le varie attività promozionali, in particolare le newsletter a pagamento, tra cui ho avuto un Bookbub Featured Deal internazionale (su Regno Unito, su Canada e Australia), che è andato meglio di quanto mi aspettassi. Guardando i numeri, ho notato con piacere che buona parte dei lettori che acquista il primo libro procede poi col secondo e successivamente col terzo.
 
 
Non mi aspettavo di ripetere il successo che “The Mentor” aveva avuto con AmazonCrossing nel 2015, perché stavolta ero da sola, non potevo contare sulla spinta promozionale di Amazon Publishing, ma il mio intento principale era proprio portare a termine il progetto di avere l’intera trilogia in inglese, in modo da permettere a chi ne iniziava la lettura di arrivare fino alla fine della storia. Inoltre, solo avendola tutta in inglese avrei poi potuto pensare a nuovi modi per raggiungere altri lettori.
Nella prima metà di quest’anno ho anche provato a muovermi verso uno dei miei sogni, che probabilmente non verrà mai realizzato (anche se mai dire mai!), cioè vedere qualcosa di scritto da me riportato sullo schermo (grande o piccolo). Ci ho provato proprio con la trilogia. Ho riscontrato un certo interesse nell’Europa continentale, mentre è stato nullo quello nel Regno Unito, nonostante in quest’ultimo avessi racimolato molti più contatti nel corso di questi anni passati. Alcuni produttori hanno anche letto il primo libro. Uno di questi (di una casa di produzione di serie TV con sede in Germania) ne era persino entusiasta e ha valutato la possibilità di opzionare il libro (o l’intera serie).
Purtroppo, come potete immaginare, visto che non ve ne ho parlato, alla fine non se n’è fatto nulla. Mi è dispiaciuto, ma un po’ me lo aspettavo. Certo, un’opzione non significa che poi se ne sarebbe fatta una serie, ma sarebbe stata una soddisfazione personale (oltre che, entro certi limiti, economica).
E va bene: l’importante per me era non lasciare nessuna strada intentata. Sono contenta di averci provato e non escludo di provarci ancora.
 
Tutto questo per dirvi come è volata via metà del 2023.
E cosa è successo nell’altra metà?
Be’, non sono riuscita a completare l’aggiornamento di tutti i miei siti per renderli adatti alla navigazione sui dispositivi mobili.
Ci sto ancora lavorando, anche se almeno per quanto riguarda il sito principale in italiano (Anakina.net) sono molto vicina a completare il lavoro. Sul sito al momento non si vede nulla di tutto ciò, poiché lo sto rivoluzionando e quindi le modifiche andranno online solo quando sarà tutto pronto. Però ormai la sua struttura generale è completa. Devo solo finire di inserire i contenuti di alcune pagine sui miei libri (nello specifico quelle dei vari generi) e compilare le pagine degli eventi (che per ora conterranno solo quelli passati), dei contenuti extra (alcuni dei quali devo ancora realizzare) e dei contatti.
Realizzare la versione in inglese dovrebbe essere relativamente rapido, visto che il sito sarà uguale ma con gli elementi grafici in inglese e i libri disponibili in questa lingua, che sono solo otto sul totale di quindici in italiano (cui si aggiungono i libri di Richard J. Galloway che ho tradotto nella nostra lingua).
Infine, mi resterà da fare il sito del Ciclo dell’Aurora. Non cambierà il contenuto, ma mi limiterò a crearne una versione alternativa fruibile per i piccoli schermi.
In aggiunta a ciò, dovrò fare qualcosa di simile anche per il mio sito da traduttrice freelance.
 
Cos’altro ho fatto nel 2023?
Ho continuato ad aggiornare i vecchi libri in modo da eliminare link non funzionanti e informazioni datate. Ciò ha riguardato il mio saggio sull’autoeditoria, “Self-publishing lab. Il mestiere dell’autoeditore”, che per sua natura richiederebbe aggiornamenti ogni pochi mesi, ma sto almeno provarlo ad aggiornarlo una volta l’anno.
Sono poi passata alle edizioni in inglese, in particolare ai libri della serie di Deserto rosso (Red Desert). Qui, oltre ad aggiornare il front e il back matter (cioè le pagine prima e dopo del testo del romanzo), mi sono avventurata in una rilettura per provare a scovare qualche errore sfuggito all’editor e alla correttrice di bozze. Ovviamente ciò richiede un po’ più di tempo. Comunque, i primi due libri sono stati aggiornati e le versioni corrette sono ora online. Del terzo sto in questi giorni rivedendo l’ultimo capitolo, quindi conto di finirlo entro gennaio. Poi resta il quarto, che è il più lungo, ma posso dire che anche questo impegno potrò portarlo a termine in tempi brevi.
 
Tra le altre cose relative all’editoria che ho fatto quest’anno c’è stato che ogni tanto ho provato a rimettermi davanti al foglio bianco, anche se con una certa riluttanza (volendo usare un eufemismo). Si è trattato più che altro di un esercizio che, in una manciata di sessioni, ha portato alla scrittura delle prime due scene de “La prova”, cioè la novella prequel della trilogia del detective Eric Shaw.
Ma niente entusiasmi!
Come vi avevo raccontato, ho già l’outline completa di questo libro. Mi sono limitata a provare a trasformarne i primi due punti in pagine scritte e ammetto che far battibeccare Miriam Leroux e l’agente Mills (che non era ancora sergente in quel periodo) è stato divertente. Comunque, non so quando o se andrò avanti e non voglio prendere impegni in merito, poiché non muoio particolarmente dalla voglia di farlo.
 
Poi ovviamente c’è tutto ciò che non riguarda scrittura ed editoria, e neppure i lavori di traduzione (che svolgo comunque abitualmente).
Ci sono state le vacanze estive. Anche quest’anno sono voluta andare in montagna a luglio. Stavolta ho passato una settimana in Val Venosta, una delle poche valli del Trentino Alto Adige che non avevo mai visitato. Con il mio compagno siamo stati una settimana a Silandro (o meglio a Corzes, che ne è una frazione) e da lì ci siamo mossi in varie direzione per visitare luoghi come il lago di Resia (quello col famoso campanile che spunta dalle acque; foto in alto), le fonti dell’Adige, Glorenza, l’Abbazia di Marienberg, il passo dello Stelvio (foto in basso), la Val Senales, Merano e tanti altri.
Se seguite la mia pagina su Facebook, avrete visto le foto e i video. Potete recuperarli più facilmente sul mio profilo su Instagram, anche vedendo le storie in evidenza indicate come “Vacanze 2023”. Se poi siete tra i miei amici del profilo personale su Facebook, potete trovare un’enorme album di foto (esagero sempre!).
È stata una settimana davvero rilassante circondata dalla pace delle montagne, dedicata a lunghissime (e spesso faticose) camminate in luoghi bellissimi, molti dei quali non erano affatto gremiti da turisti. Anzi, nel camminare intorno ai laghi o nel fare uno dei tanti percorsi il più delle volte si incontrava gente del posto, magari con un cane al seguito, e allora era tutto un “Hallo”, “Bitteschön” e “Dankeschön” per salutarsi, lasciare il passo all’altro e ringraziare. Devo dire che eravamo molto bravi a mimetizzarci, grazie al nostro aspetto!
 
 
E, visto che sto parlando di lingua tedesca, posso dire di essere contenta dell’essere riuscita a rinfrescarla un po’ soprattutto nella seconda metà dell’anno. Sono ancora lontana dal livello che avevo una decina di anni fa, ma inizio a vedere dei miglioramenti. Ho anche preso in mano un libro (si fa per dire, visto che è su Kindle) di una collega svizzera. L’avevo scaricato diversi anni fa e adesso mi sto cimentando nella lettura. Vado lenta, perché non ricordo diverse parole che prima conoscevo, ma con l’aiuto del dizionario online e di un po’ di perseveranza stanno pian piano tornando.
Dovrei fare lo stesso anche con il francese, ma magari ne riparliamo più avanti. Una lingua per volta!
Il trucco per riuscirci è stato inserire lo studio nella mia routine prima di iniziare a lavorare. Non è stato difficile, perché per me studiare le lingue è un divertimento (come pure lo è tradurre). Il fatto che sia anche utile raddoppia la soddisfazione.
 
E sempre nella mia routine sono riuscita a inserire un po’ di attività fisica, che era poi uno dei miei tre propositi per l’anno.
Ammetto di non essere stata proprio costante. Ho interrotto più volte per un paio di mesi, ma ultimamente sto riuscendo a farlo appena alzata, per svegliare il fisico, mentre la testa è ancora un po’ addormentata.
Non immaginate però chissà qualche sforzo! Me la prendo con calma, dopo aver controllato le mail e le notifiche sul cellulare (ancora a letto), dopo essermi mangiata una banana (altrimenti svengo) e bevuta un succo di frutta. Poi mi metto davanti alla TV con una lezione di Zumba, che può andare dal quarto d’ora all’ora. Adesso che è iniziata la nuova stagione di tennis mi rimetterò anche a fare cyclette davanti alla TV.
 
E, a proposito di tennis, proprio come l’anno scorso, ne ho visto tantissimo, probabilmente anche di più. Devo dire che è stata da questo punto di vista una stagione molto soddisfacente per noi appassionati italiani e ciò ha contribuito al mio buonumore generale, in particolare negli ultimi mesi.
Ma non mi sono limitata a guardarlo da casa.
A maggio sono andata al torneo ATP Challenger 175 che hanno organizzato qui a Cagliari (Sardegna Open) e, soprattutto, a settembre, sono andata va vedere la fase a gironi della Coppa Davis a Bologna (anche di questo potete trovare le foto su Facebook e Instagram; qui sono potete vedere Lorenzo Sonego prima di un incontro) e ho colto l’occasione anche per fare un po’ la turista in città.
Avrei voluto andare anche a Malaga (e, visto come è andata alla fine, un po’ mi mangio le mani), ma, a parte che bisogna fare delle scelte (anche per ovvi motivi economici), c’era poco tempo per organizzarsi a livello logistico quando hanno messo a disposizione i biglietti dedicati ai tifosi di una specifica squadra nazionale. Il fatto di vivere in Sardegna e di dover prendere due voli, che non sono disponibili tutti i giorni, di certo poi non aiuta, ed è anche uno dei motivi che mi frena dall’andare a vedere altri tornei in giro per l’Europa. Spesso, infatti, i voli non esistono proprio fino a pochi mesi prima, quando poi non si trovano più i biglietti per i tornei.
Comunque i tre giorni a tifare Italia all’Unipol Arena sono stati fantastici, a parte una certa scomodità delle seggioline, che per una permanenza anche di dieci ore di fila può diventare abbastanza fastidiosa. Ma per il tennis si fa questo e altro!
 
 
Be’, direi che questo è più o meno tutto quello che ho fatto quest’anno.
Se date un’occhiata all’articolo dell’anno scorso, noterete che ho tenuto fede a due propositi su tre, quello di completare la pubblicazione della trilogia in inglese e di promuoverla e quello di fare attività fisica.
Inoltre, sono a buon punto con il terzo, cioè il rinnovamento dei miei siti web. Qui c’è ancora tanto da fare, ma rispetto a un anno fa la strada è ora tracciata. Devo solo continuare a lavorarci, una pagina alla volta.
 
Quali saranno invece i propositi per il 2024?
Vi confesso che stavolta non mi va tanto di definire una lista precisa, poiché finisco per mettere su di me una pressione assolutamente non necessaria.
Il mio obiettivo resta lo stesso: completare quella famosa lista di cui vi ho parlato. Sicuramente non posso riuscirci in un anno, poiché riporta alcuni obiettivi a lungo termine, ma vorrei almeno portare a termine le cose in sospeso.
E va bene: facciamo una lista!
 
1)      Completare l’aggiornamento dei siti web per renderli adatti alla navigazione sui dispositivi mobili, vale a dire l’unico proposito dell’anno scorso rimasto in sospeso. Se non vengo distratta da eventi inattesi, credo di potercela fare (speriamo!).
2)      Continuare a fare attività fisica e a togliere dal ruggine dal mio tedesco. Questo proposito è facile, perché è la parte divertente.
3)      Riuscire finalmente a mettermi davanti alla domanda “Cosa faccio adesso?” e provare a darmi una risposta.
 
Okay, questo proposito è un po’ generico, ma lo è volutamente, anche perché questo articolo sta diventando troppo lungo per approfondire l’argomento.
In realtà, la domanda mi frulla in testa da un po’, e alcune possibili risposte iniziano a presentarsi, ma ciò che mi manca è liberarmi prima delle faccende in sospeso per non dover affrontare nuovi progetti avendo a disposizione solo poche ore al giorno o magari neppure tutti i giorni.
Tra le varie cose che fluttuano nei miei pensieri c’è il desiderio di dedicare più tempo alla scrittura di articoli, che porto avanti probabilmente da quando ho iniziato a bloggare negli anni zero, però non voglio che sia un passatempo, anche perché tempo da “passare” non ne ho. Deve essere qualcosa di più articolato, con uno scopo, un po’ il blog dedicato all’autoeditoria con cui ho promosso il mio saggio nel 2020-2021. Non parlo di un progetto a tempo indeterminato, poiché solo il pensiero mi mette ansia! Bensì un’esperienza di scrittura breve e circoscritta, che mi consenta di scrivere senza imbarcarmi in un nuovo libro.
Quest’ultimo richiede un impegno mentale di ben altro livello, che al momento, e sicuramente finché avrò altro da portare a termine, non mi va di prendere.
In futuro si vedrà!
 
 
Come sempre, chiudo ringraziando di cuore tutti voi per il sostegno che mi date e vi auguro un 2024 ricco di soddisfazioni.
 
Se vi va, raccontatemi il vostro bilancio del 2023 e i vostri propositi per il 2024 nei commenti, qui o sui social network.
Buona fine e buon inizio!
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Di Carla (del 14/12/2023 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 286 volte)
The War of the Worlds, BBC, 2019
 
Questa miniserie della BBC del 2019 (diretta da Craig Viveiros, prodotta da Mammoth Screen), ambientata nel periodo edoardiano, è l’ennesimo adattamento nell’omonimo romanzo di Herbert George Wells (pubblicato nel 1898) ed è costituita da tre puntate di circa un’ora.
È considerata una delle trasposizioni più fedeli al libro sia per via dell’ambientazione storica (nonostante sia ambientata qualche anno più tardi, nel 1905), che mette ancora più in evidenza l’impotenza dell’umanità nel confronto con un’invasione aliena, sia per la stessa narrazione degli eventi.
Ciò che si va ad aggiungere alla trama originale è la storia personale dei due protagonisti, Amy e George, che vivono insieme nonostante il fatto che non siano sposati e che lui non riesca a ottenere il divorzio dalla moglie. Questi sostituiscono solo in parte il narratore del libro e la moglie, spostando però l’attenzione sul personaggio femminile, che nel testo era del tutto marginale. Sono interpretati da Eleanor Tomlinson (già vista in Poldark nel ruolo di Demelza e ne I Misteri di Pemberley) e Rafe Spall (figlio di Timothy Spall; visto in Prometheus, Jurassic World – Il regno distrutto e Men in Black International).
Inoltre, alla narrazione principale si intreccia quella nel futuro in cui vediamo Amy e il figlio vagare nel mondo devastato dopo l’invasione “fallita” dei tripodi.
 
The War of the Worlds, BBC, 2019
 
Pur non avendo letto il libro, ho subito percepito l’impronta wellsiana nella storia, a iniziare dal personaggio di Ogilvy, lo scienziato presente anche nel romanzo e qui interpretato dal grande Robert Carlyle, e continuando col tentativo di un approccio scientifico, per quanto limitato dalle conoscenze del tempo, nei confronti delle conseguenze dell’invasione, sebbene quest’ultima parte post-apocalittica dal punto di vista della protagonista femminile sia stata aggiunta alla storia.
 
Nel leggere varie recensioni in giro, le critiche principali riguardano un certo effetto deprimente della storia, la sua lentezza in alcuni tratti, la poca caratterizzazione dei personaggi dovuta al tempo limitato della narrazione (che forse, allora, non è tanto lenta) e addirittura l’interpretazione dei protagonisti. Qualcuno ha parlato di occasione persa.
Be’, non mi trovo affatto d’accordo. Personalmente ho apprezzato moltissimo questa miniserie, sia dal punto di vista visivo che da quello dell’interpretazione e del ritmo della narrazione.
 
The War of the Worlds, BBC, 2019
 
Ho visto questa serie in lingua originale e, come sempre in queste circostanze, ciò mi ha portato a concentrarmi completamente sulla storia senza la minima distrazione. Inoltre, nell’affrontarla, sapevo già che il finale sarebbe stato triste. Un po’ si intuiva da subito per via dei flash-forward della protagonista con il figlio in quell’ambientazione a dir poco infernale e un po’ mi era stato riferito proprio in questi termini.
Di fronte a tutto ciò io, però, mi sono soltanto divertita.
A me la Tomlinson piace tanto (sono una fan di Poldark) e ho apprezzato la sua interpretazione. E mi è piaciuto anche il modo in cui ha interagito con Spall e anche col personaggio di Ogilvy e di Frederick (Rupert Graves), il fratello del co-protagonista.
La storia tra i due protagonisti, che sfidano le convenzioni dell’epoca, si affianca perfettamente alle problematiche politiche, che ci vengono mostrate all’inizio della miniserie (con gli attriti tra l’Impero Britannico e la Russia), nel mettere in evidenza come tanti aspetti considerati importanti passino non solo in secondo piano, ma vengano del tutto spazzati via dall’incontro e lo scontro con una specie proveniente da Marte che ha intenzione di eliminare la nostra civiltà e impossessarsi del nostro pianeta.
Ovviamente poi l’inserimento delle vicende dei due protagonisti offre un ulteriore elemento di conflitto apprezzabile dal pubblico contemporaneo e ne aumenta il coinvolgimento.
 
The War of the Worlds, BBC, 2019
 
Per quanto riguarda il resto, ho trovato molto efficace sia la ricostruzione storica che gli effetti speciali. Vedere gli immensi tripodi muoversi per la Londra di inizio novecento è stato fantastico, proprio perché del tutto inusuale ed eppure estremamente realistico, e sottolinea ancora di più il senso della fragilità umana nei confronti di un avversario troppo più grande e tecnologicamente avanzato per essere anche solo affrontato. In qualche modo irride le mire espansionistiche dell’Impero Britannico, che si sente invincibile di fronte a qualsiasi nemico e che invece è costretto a ridimensionarsi.
Mi è piaciuta in particolare la parte in cui Ogilvy, insieme ai protagonisti, si mette a studiare quello che crede essere un meteorite e poi ciò che accade quando questo si sveglia, il guscio si apre e si vede al suo interno una sfera in grado di imprimere su di sé un’immagine riflessa. Per non parlare poi di ciò che accade dopo.
 
The War of the Worlds, BBC, 2019
 
Il senso di impotenza dei personaggi viene trasmesso in maniera efficace allo spettatore, come pure la paura nei confronti dei terrificanti alieni, in particolare nell’ultima puntata, quando si trovano braccati da questi ultimi (di cui finalmente vediamo l’aspetto) e la storia assume sfumature da horror.
Qui l’elemento drammatico raggiunge l’apice e l’inevitabile sacrificio ha un effetto molto forte a causa proprio del coinvolgimento che crea nello spettatore.
 
La parte ambientata nel futuro post-apocalittico, con cui poi si chiude la serie, ha effettivamente un che di deprimente. Io, in particolare, non amo le storie post-apocalittiche per questo motivo. Anche dal punto di vista visivo sembra quasi voler opprimere. Ma tutto viene salvato dal finale dolceamaro, che fa nascere nella protagonista, e nello spettatore, la speranza.
 
 
 
 
Chiudo con una curiosità. Sebbene questa versione sia in molte parti fedele al romanzo, ne esiste un’altra sotto forma di film che invece pare lo sia del tutto. È stata prodotta nel 2005 sulla scia della concomitante uscita del film di Spielberg interpretato da Tom Cruise e Dakota Fanning.
 
Numerosi sono stati gli altri adattamenti di quest’opera, che vanno dal primo famosissimo radiofonico di Orson Welles (1938), passando per musical e videogiochi, fino ad arrivare ai fumetti (incluso Topolino), oltre ovviamente ai film e alle serie TV.
 
 
Ecco il trailer in lingua originale della serie.
 
 
Questo articolo è tratto da un episodio fantasma di FantascientifiCast, registrato nel 2020 ma mai pubblicato.
Tutte le immagini sono proprietà della BBC (© 2019).
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Di Carla (del 24/11/2023 @ 10:30:00, in Serie TV, linkato 240 volte)
Mi è capitato in passato di parlare della serie TV “Westworld – Dove tutto è concesso” sia su FantascientifiCast che qui sul mio blog (vi invito a visitare i rispettivi link per approfondire). L’episodio del podcast e l’articolo erano però incentrati solo sulla prima stagione, poiché era l’unica ad essere stata realizzata fino a quel momento.
A essa sono seguite ben altre tre stagioni.
Se non avete visto la seconda e la terza stagione, non andate avanti nella lettura, poiché potreste trovare alcuni spoiler. Sulla quarta, invece, mi limito a fare alcune considerazioni, ma che hanno veramente senso solo per chi sa di cosa sto parlando. Insomma, questo articolo è principalmente rivolto a chi ha visto tutta la serie.
 
locandina della stagione 4 di Westworld
 
La seconda stagione rappresentava una vera e propria continuazione della prima, poiché la storia si svolgeva ancora all’interno del parco. A suo tempo trovai il suo finale entusiasmante, perché mi avrebbe soddisfatto anche se non avessero rinnovato la serie per altre stagioni. Ciò che desideravo era che la storia continuasse al di fuori del parco, nel mondo reale del futuro. Un finale aperto del genere, con la fuga di Dolores (o meglio della sua intelligenza artificiale), era almeno una promessa di questa continuazione.
Uno dei motivi per cui amo i finali aperti nelle storie in cui rimangono molti aspetti irrisolti è che posso sempre immaginare per conto mio ciò che accadrà dopo.
 
Ma poi è arrivata davvero la terza stagione ed è stata ancora meglio del previsto.
Ciò che ho apprezzato è proprio il modo in cui rappresenta un’estremizzazione della nostra realtà, in cui tutto ciò che facciamo potrebbe essere influenzato dai dati (informazioni, pubblicità, ecc…) che ci vengono mostrati in base alle nostre abitudini di navigazione e a ciò con cui interagiamo quando siamo sulla rete. Se a gestire ciò cui siamo esposti continuamente non fosse un algoritmo il cui scopo finale è solo indurci ad acquistare dei prodotti, ma una super-intelligenza artificiale, la sua capacità di condizionare la nostra visione della realtà per spingerci a diventare ciò che vuole (o che qualcun altro ha deciso) non sembra affatto qualcosa di impossibile.
Devo ammettere che durante la visione della terza stagione ho guardato più volte con sospetto il banner dei cookie che mi appare ogni volta che visito un sito per la prima volta!
 
Per il mio gusto personale, fino a quel punto il mio apprezzamento di Westworld era andato in crescendo, perciò temevo ciò che avrei trovato nella quarta stagione. Dopo aver finito di vederla, però, il mio primo commento è stato: wow!
Devo dire che mi sono goduta ogni minuto di tutti gli episodi e posso confermare che si tratta della mia serie di fantascienza preferita dopo Battlestar Galactica.
È praticamente impossibile entrare nel dettaglio senza spoilerare, perciò mi limiterò a qualche considerazione sparsa.
 
Dopo il finale della stagione tre, che in parte pareva prendere spunto dall’idea di base del film “Futureworld” (il sequel del film originale “Westworld” di Crichton), non sapevo cosa attendermi da questa quarta. Di certo non mi aspettavo di trovarmi di fronte a un vero e proprio ribaltamento dei ruoli tra umani e androidi. In realtà, il tema del condizionamento del libero arbitrio da parte di un’intelligenza artificiale (metafora degli algoritmi attuali che già influenzano la nostra vita), che è a me caro (e che potete trovare in alcuni miei libri), avrebbe dovuto mettermi in guardia. L’evoluzione che si ha nella quarta stagione, in fondo, ne sembra la conseguenza quasi naturale, in termini di logica di sviluppo di una storia. Solo che viene portata così oltre rispetto alle premesse iniziali da lasciare lo spettatore a bocca aperta.
 
A tutto ciò si aggiungono i numerosi elementi inseriti nella trama che mi riportavano alla mente elementi simili da me usati nei miei libri (non posso dirvi di cosa si tratta, perché sarebbe uno spoiler enorme!), sebbene in un contesto completamente diverso. Rivedere le mie fantasie mostrate in maniera simile da una serie di fantascienza di questo livello è stato davvero entusiasmante. È una sorta di convergenza creativa che mi ha fatto sentire in perfetta sintonia con questa opera di finzione. A momenti è stato come se la TV leggesse la mia mente e mi mostrasse la storia che desideravo vedere. Pazzesco.
 
Evan Rachel Wood nel ruolo di Christina/DoloresTutta questa esaltazione, però, non mi ha impedito di rilevare alcuni aspetti critici.
Prima di tutto, mi sono posta delle domande che non hanno trovato risposta.
Nel mondo è rimasta una sola città? Oppure ce ne sono anche altre e sono tutte fatte allo stesso modo? Da ciò che si vede nella serie, la prima opzione sembra quella corretta, ma nulla viene spiegato, il che è senza dubbio una mancanza.
Se è questa la situazione, mi sembra un po’ eccessiva, anche se sono trascorsi 23 anni.
E, parlando di eccessi, il precipitare degli eventi nell’ultima puntata mi è parso un tantino affrettato.
 
Onestamente, non amo i contesti apocalittici, perché di questo si tratta, e in particolare mi ha dato fastidio che in un certo senso la storia, che, una volta uscita dal parco, si era aperta a mille possibilità, adesso si sia richiusa tremendamente in se stessa.
 
Questi aspetti però non scalfiscono la bontà di tutto il resto della serie, che affronta temi attualissimi, che letteralmente ci circondano, e lo fa reinventandoli in un futuro distopico attraverso un intreccio complicatissimo (altro aspetto che mi è particolarmente congeniale). Insomma, ci obbliga a pensare a più livelli, sia per ritrovare in essa la nostra realtà odierna che per mettere insieme la miriade di tasselli che ci vengono mostrati in ordine non cronologico, in modo da riuscire a venirne a capo. La sua visione è una vera e propria sfida.
 
Inoltre, c’è da considerare che questa storia non è finita.
 
Il finale della stagione, in realtà, non è un finale. Gli autori l’hanno lasciato volutamente aperto nella speranza di un rinnovo per un’ultima stagione. Purtroppo però è arrivata qualche mese dopo la conferma che la serie è stata cancellata.
È un peccato, perché sarei stata proprio curiosa di vedere cosa ne avrebbero tirato fuori, poiché davvero, dopo i tragici accadimenti dell’ultima puntata, si erano infilati in un bel casino. Certo, avevano la possibilità di portare la storia dove volevano, visto che avevano praticamente fatto tabula rasa di tutto il resto, ma il rischio di uscirne con un epilogo inadeguato era altissimo.
 
In tutta onestà, se l’avessero rinnovata, non avrei mai voluto trovarmi nei panni degli ideatori e degli sceneggiatori.
 
Chissà, magari un giorno qualche casa di produzione ne acquisirà i diritti per portare a termine la storia. Oppure mi piacerebbe che ne pubblicassero il finale sotto forma di romanzo, così potrei immaginarlo nella mia testa con maggiore libertà e, nel caso non mi piacesse, far finta che non sia mai esistito.
O forse è meglio lasciarla così, come qualcosa che sarebbe potuto essere perfetto. Grazie all’assenza di un vero finale, niente potrà smentire tale impressione.
 
Di certo c’è una cosa che spero più di tutte, vale a dire che non ne facciano mai un reboot!
 
 
Le immagini sono © HBO.
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Di Carla (del 08/11/2023 @ 10:30:00, in Tennis, linkato 295 volte)
Potrei aggiungere: e me ne vanto!
 
No, aspettate, questo non significa che io giochi a tennis. Non ho mai giocato a tennis. Mio padre ha provato a insegnarmi qualcosa quando ero ragazzina, ma poi, per mancanza di tempo, non ho continuato.
No, non gioco a tennis. A me piace guardare gli altri che lo fanno, in particolare quelli bravi.
Ho scoperto questa mia passione solo da pochi anni. In passato osservavo questo sport con curiosità, ma solo di tanto in tanto avevo l’occasione di vedere un incontro, anche perché era oggettivamente più difficile beccarne uno in TV in chiaro prima dell’arrivo di SuperTennis (il canale della FITP). Però ogni volta venivo ipnotizzata da quella pallina che andava avanti e indietro sul campo e dalle prodezze di quei tizi e quelle tizie che la colpivano.
Probabilmente ciò deriva dal fatto che mio padre da giovane giocava e c’era un campo proprio nel nostro condominio, quindi tra i miei giocattoli non era raro trovare qualche pallina da tennis usata.
Ma successivamente mi sono concentrata sul calcio, sul tifare il Cagliari, cosa che faccio tuttora.
Poi è arrivata la pandemia, e il tennis, essendo uno sport senza contatto, è stato uno dei primi a riprendere. Così ho iniziato a seguirlo in maniera più costante e in breve tempo ne sono stata catturata.
 
Palline da tennis, Sardegna Open, Cagliari
 
Sono tante le cose che mi piacciono del tennis.
Prima di tutto, il fatto che sia fisica in azione: quella pallina va lì perché è stata colpita in un certo modo.
In secondo luogo, c’è che si tratta di uno sport estremamente psicologico. Ci sono i colpi, il talento, la forma fisica, la tattica, ma ciò che può fare la differenza è come si sente il giocatore in quel momento. Basta poco, quasi nulla, per far cambiare l’inerzia di un incontro solo per il fatto che il giocatore si senta in fiducia rispetto ai propri mezzi oppure perda questa fiducia. La forza mentale, che consente di dimenticare un proprio errore o una prodezza dell’avversario e riprendere a giocare come se niente fosse, può avere la meglio sul resto.
Inoltre, gli incontri di tennis sono come dei thriller. Talvolta basta un episodio, magari fortunoso, un colpo di scena, che può decidere le sorti di un game e creare i presupposti per ribaltare il risultato. Non è mai finita finché non è finita. Un giocatore può essere sull’orlo del baratro, con tre match point contro (anche di più, se si tratta di un tie-break), e annullarli, poi vincere il set e alla fine vincere l’incontro. Tutto può succedere.
 
E poi c’è tutto quello che avviene al di fuori del campo: la preparazione, la programmazione della stagione, l’impegno dei giocatori, l’ambizione, la capacità di migliorare se stessi per diventare più forti sotto tutti i punti di vista.
La cosa più bella è proprio vedere dei giocatori che dall’inizio della loro carriera ottengono i primi successi, accumulano punti, e pian piano salgono in classifica, si misurano con i grandi e poi magari diventano come o meglio di loro.
In tutto questo io trovo ispirazione.
 
Infine, il tennis ha la peculiarità di essere praticato tutto l’anno. A eccezione di dicembre, ogni settimana c’è almeno un torneo di tennis dei circuiti maggiori (ATP e WTA) e, con tutti gli italiani, sia uomini che donne, che stanno ottenendo ottimi risultati in questo sport, ciò significa che c’è sempre un incontro da vedere. Spesso faccio colazione davanti a un incontro in TV, magari in seguito a una levataccia proprio per non perdermelo, visto che i tour toccano tutti i continenti. In un certo senso, è confortante sapere che posso vedere qualcosa che mi piace anche tutti i giorni, se voglio.
 
Io alla Coppa Davis 2023 a Bologna
 
Inizialmente lo facevo di tanto in tanto, ma poi ho iniziato a conoscere meglio i giocatori, le loro storie, ad appassionarmi al loro gioco. Adesso mi ritrovo a organizzare la mia vita, sia quotidiana che gli impegni programmati, incluse eventuali vacanze, in modo tale da non perdere i tornei che mi interessano.
E, qualche volta, una mia vacanza non è altro che un viaggio per andare a vedere un torneo e poi, visto che ci sono, faccio anche la turista.
 
Ammetto che essere una lavoratrice autonoma mi facilita non poco le cose! Se avessi degli orari di lavoro fissi, sarebbe un bel problema vedere un incontro la mattina e il pomeriggio o, peggio ancora, durante la notte.
Potrebbe sembrare che il tennis mi porti via tempo, molto tempo. Da una parte è vero, poiché qualche volta, all’inizio di un grosso torneo come uno Slam, capita che ci sono anche quattro o cinque incontri di tennisti italiani in un giorno, alcuni dei quali non si sovrappongono e quindi che posso vedere. D’altra parte, però, avere questo tipo di impegno mi porta a sfruttare meglio il mio tempo.
 
Avere a disposizione un numero limitato di ore per lavorare a qualcosa, invece che genericamente tutta la giornata, mi spinge a essere più disciplinata, perché poi potrò avere la mia ricompensa. Per esempio, adesso che sto scrivendo questo articolo sono in attesa che inizi un incontro alla TV e ciò mi spinge a scrivere in fretta, invece di stare lì a pensarci tanto o, peggio, a mettermi a cazzeggiare su qualche social network!
Ma mi ha anche aiutato a rivedere le mie priorità. Mi sono resa conto che spesso mi occupavo di cose non necessarie più per abitudine che per reale interesse (ormai perso). Anzi, alla fine mi facevano sentire inutilmente insoddisfatta, poiché non mi procurava più piacere farle e allo stesso tempo non portavano ai risultati sperati. Molto meglio lasciarle da parte e guardare un po’ di tennis, per trovare il buonumore (soprattutto in caso di vittoria!) necessario per affrontare i miei doveri e nuove stimolanti sfide.
 
Lorenzo Sonego ed Elias Ymer a Bologna, Coppa Davis 2023
 
Ma devo ammetterlo: il tennis crea dipendenza. Me ne accorgo quando non ho nessun incontro da vedere per un paio di giorni. Non parliamo poi del mese di dicembre! Però in quel caso almeno mi consolo col pattinaggio di figura su ghiaccio.
Comunque si tratta di una bella dipendenza, una di quelle senza effetti collaterali.
 
Okay, adesso devo proprio andare: non solo l’incontro è iniziato, ma le ultime frasi le ho scritte durante un cambio campo!
 
 
 
Tutte le foto sono mie (©2023): 1) Sardegna Open (maggio 2023); 2) io a Bologna durante la fase a gironi della Coppa Davis 2023; 3) Lorenzo Sonego ed Elias Ymer (Bologna, Coppa Davis 2023).
Questo articolo inaugura una nuova sezione del blog. Altri articoli in altre sezioni in cui ho parlato della mia passione per il tennis sono:
Nuovo anno, nuovi propositi: 2022
Il tennis come esperienza religiosa - David Foster Wallace (mini recensione)
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Di Carla (del 28/10/2023 @ 10:30:00, in Video, linkato 210 volte)
In questo articolo sono raccolti alcuni video in cui si parla di me come autrice e autoeditrice o in cui vengono recensiti i miei libri.
 
 
Recensione di “Per caso”, su Leggendo si cresce (2018)
 
 
Analizzando il successo di Carla Monticelli, su Credi Nella Tua Storia (2018)
 
 
Recensione di “Self-publishing lab. Il mestiere dell’autoeditore”, su Credi Nella Tua Storia (2020)
 
 
Recensione di “Self-publishing lab. Il mestiere dell’autoeditore”, di Marco Freccero (2021)
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Di Carla (del 27/10/2023 @ 10:30:00, in Video, linkato 247 volte)
Dal 2013 in poi ho avuto il piacere di essere invitata a partecipare come relatrice a conferenze sulla fantascienza e sull’autoeditoria. Solo di alcune di queste esistono delle registrazioni video, che per semplicità ho raccolto in questo articolo in ordine cronologico.
 
Nella sezione Eventi di questo blog potete inoltre trovare gli articoli dedicati a ognuno di essi, inclusi quelli di cui non esiste una registrazione, ma dei quali ho comunque fornito un ampio resoconto (tra cui le conferenze che ho tenuto al Salone Internazionale dei Libro di Torino e alla Frankfurter Buchmesse).
 
 
COM:UNI:CARE Live Conference, Salerno (ottobre 2013)
Ulteriori informazioni sull’evento sono disponibili qui:
 
 
Festival Professione Giornalista, Bologna (marzo 2016)
Ulteriori informazioni sull’evento sono disponibili qui:
 
 
Più Libri Più Liberi, Roma (dicembre 2016)
Ulteriori informazioni sull’evento sono disponibili qui:
 
 
Scienza & Fantascienza 2018, Varese (dicembre 2018)
Titolo: “Marte: quando ci andremo e cosa troveremo?
Ulteriori informazioni sull’evento sono disponibili qui:
 
 
Scienza & Fantascienza 2019, Varese (ottobre 2019)
Ho partecipato alla conferenza col titolo “Il giorno della Luna”, che è disponibile online sul sito dell’Università degli Studi dell’Insubria al link accessibile facendo clic sull’immagine sotto.
Ulteriori informazioni sull’evento sono disponibili qui:
 
 
Scienza & Fantascienza 2020, Varese (ottobre 2020)
Questa conferenza si è tenuta online. Titolo: “Portatori di morte… ma anche no: i virus e la vita sulla Terra e oltre la Terra”.
Ulteriori informazioni sull’evento sono disponibili qui:
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Di Carla (del 26/10/2023 @ 10:30:00, in Video, linkato 220 volte)
In questo articolo sono raccolti i video utilizzati per promuovere alcuni dei miei libri.
 
 
Booktrailer dei volumi di “Deserto rosso” (2012-2013)
Scopri di più sui libri su www.desertorosso.net  
 
 
Booktrailer dei volumi di “Red Desert” (in inglese, 2014-2015)
Scopri di più sui libri su www.reddesert.eu (in inglese)
 
 
Teaser della Trilogia del detective Eric Shaw (2019)
Scopri di più sui libri su www.anakina.net/detectiveshaw
 
 
Teaser 2 della Trilogia del detective Eric Shaw (senza musica, 2019)
Scopri di più sui libri su www.anakina.net/detectiveshaw
 
 
Teaser di Red Desert (in inglese, 2021)
Scopri di più sui libri su www.reddesert.eu (in inglese)
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Di Carla (del 25/10/2023 @ 10:30:00, in Video, linkato 222 volte)
In questo articolo sono raccolte le interviste rilasciate dal 2013 che tuttora sono disponibili in formato video.
 
 
Intervista a Salerno durante COM:UNI:CARE Live Conference (ottobre 2013)
 
 
Intervista in diretta con la Biblioteca di Vernate (6 marzo 2021)
Disponibile anche su Instagram (l’audio si sente meglio) qui:
https://www.instagram.com/p/CMFOC77otzO/
 
 
 
Intervista su Scrittore Vincente (17 maggio 2021)
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Di Carla (del 23/10/2023 @ 10:30:00, in Audio, linkato 269 volte)
In questo articolo sono raccolte le interviste che ho rilasciato dal 2012 e che tuttora sono disponibili in formato audio.
 
 
Intervista su FantascientifiCast (25 luglio 2012)
(A partire dalla posizione 48:30)
 
 
Intervista su MVMI (21 febbraio 2014)
 
 
Interview and review of “Red Desert – Point of No Return” by Doug Turnbull (in inglese, 31 luglio 2014)
 
 
Intervista su M13 (in due parti, 16-18 febbraio 2015)
 
 
 
Intervista su MVMI (4 giugno 2015)
 
 
Intervista su Credi Crea (8 marzo 2017)
 
 
Interview at Origin Podcast (in inglese, 9 maggio 2018)
 
 
Intervista su Credi Nella Tua Storia (13 febbraio 2019)
 
 
Intervista su Credi Nella Tua Storia (20 febbraio 2019)
 
 
Intervista su Credi Nella Tua Storia (27 febbraio 2019)
 
 
Intervista su MVMI (8 giugno 2020)
 
 
Intervista su RadioScrivo (6 aprile 2021)
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29/03/2024 @ 00:14:00
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